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2 Inquadramento generale dell’area di studio

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Academic year: 2021

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2 Inquadramento generale dell’area di studio

2.1 Inquadramento geografico

Il comune di Forte dei Marmi è ubicato sulla costa settentrionale della provincia di Lucca, al confine con quella di Massa-Carrara. Fa parte della regione storico/geografica della Versilia unitamente ai Comuni di Seravezza, Stazzema e Pietrasanta.

Il nome Versilia deriva dall'omonimo fiume che in parte segna il confine del territorio di Forte dei Marmi da quello di Seravezza e Pietrasanta prima di raggiungere la foce interamente nel territorio comunale di Montignoso (MS). La zona di Forte dei Marmi, un tempo paludosa, si trova completamente in pianura.

La particolare disposizione del sistema stradale limitrofo, inoltre, impedisce lo sviluppo in dimensioni della città.

Il territorio è caratterizzato da una forte presenza di verde, soprattutto pinete e qualche macchia superstite di leccio, antica specie arborea tipica di questa zona.

Infatti, sebbene i parchi pubblici non siano molti, la città è guarnita da viali alberati e ville con grandi giardini. L'urbanistica comunale da qualche anno ha irrigidito le norme che regolano la costruzione di edifici, quindi la preservazione delle aree naturali è pressoché garantita.

Il territorio comunale di Forte dei Marmi è situato nella pianura versiliese, una stretta fascia costiera ubicata nella Toscana nord-occidentale, delimitata dal Mar Ligure a SW e dalla catena montuosa delle Alpi Apuane a NE. La pianura versiliese è un’area particolare: infatti nel giro di pochi chilometri si può passare da un ambiente costiero ad un ambiente alpino vero e proprio, con vette che sfiorano i 2000 m di quota (ad esempio il M. Pania della Croce, 1858 m s.l.m.).

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7 L’area geografica oggetto del presente lavoro di tesi si colloca all’interno del territorio comunale di Forte dei Marmi (località Vittoria Apuana), a una distanza di poco più di un chilometro dalla linea di costa, appena a Sud-Ovest del tracciato autostradale (figura 2.1).

Figura 2.1 - Immagine satellitare dell’area di interesse (tratta da Google Earth).

2.1.1 Rete idrica

In corrispondenza dell’area di studio sono presenti numerosi corsi d’acqua (sia a regime permanente che intermittente) che costituiscono una rete idrica superficiale piuttosto articolata (figura 2.2).

Il corpo idrico principale è il Fiume Versilia, che scorre a poche centinaia di metri di distanza dalla zona di intervento, assieme al suo scolmatore di sinistra. Si tratta di corsi d’acqua a deflusso permanente che vanno a sfociare nel territorio comunale di Montignoso (località Cinquale).

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8 Parallelamente al tracciato autostradale si trovano due fossi, denominati Fosso Fossetto e Fosso Scialo, alimentati da alcuni canali di irrigazione e scolo realizzati in passato anche a scopo di bonifica, i quali scorrono in direzione SO-NE. Questi canali, a regime per lo più intermittente, sono visibili in superficie per diverse centinaia di metri: alcuni finiscono per terminare bruscamente, mentre altri vanno ad immettersi in tratti tombati procedendo in direzione della costa.

Tutte le acque di questi corsi d’acqua minori vengono richiamate da un’idrovora ubicata a pochi metri dalla sponda sinistra del Fiume Versilia (figura 2.2), andando così ad alimentare il Versilia stesso e il suo scolmatore di sinistra.

Pertanto, il verso complessivo della corrente (come è possibile osservare in figura 2.2) è interamente orientato in direzione del Fiume Versilia.

Figura 2.2 - Canalizzazioni nei pressi

dell’area di realizzazione dell’intervento (su immagine satellitare tratta da Google Earth).

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2.2 Quadro tettonico dell’Appennino settentrionale

L’area di studio si colloca in Versilia, una stretta fascia pianeggiante che sorge al margine meridionale della finestra tettonica delle Alpi Apuane. L’intera area è geologicamente inserita nel contesto tettonico regionale della catena appenninica.

L’Appennino settentrionale è una catena a falde, originatasi in seguito alla chiusura nel Terziario dell’Oceano Ligure-Piemontese, dovuta alla collisione tra la micro-placca adriatica e il blocco sardo-corso (Kligfield, 1979) (figura 2.3).

Figura 2.3 - Schema strutturale dell’Appennino Settentrionale e

Alpi Apuane con relativa legenda allegata (Carmignani et al., 2000).

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10 La deformazione compressiva che si è propagata, a partire dal Miocene, da occidente verso oriente fino al Mar Adriatico (Merla, 1952) ha visto una successiva fase distensiva che ha interessato le precedenti strutture, aumentando d’intensità da nord verso sud. Attualmente, strutture distensive interessano la parte occidentale dell’Appennino settentrionale e quelle compressive il margine esterno della catena lungo la Pianura Padana e l’Adriatico (Carmignani et al., 1993).

Figura 2.4 - Sezione dell’Appennino settentrionale (Carmignani et al., 2000).

Complesso metamorfico delle Alpi Apuane

Le Alpi Apuane sono un apparato montuoso distaccato dalla catena appenninica (figura 2.3). La loro formazione, tuttavia è strettamente connessa con quella dell’Appennino settentrionale.

Le geometrie di deformazione che caratterizzano il Complesso metamorfico delle Alpi Apuane, infatti, sono il risultato di due principali eventi tettono-metamorfici (Fasi D1 e D2 di Carmignani e Kligfield, 1990), inquadrabili all'interno di una storia di deformazione progressiva sviluppatasi attraverso gli stadi collisionali e post-collisionali che hanno caratterizzato l'evoluzione tettonica delle porzioni interne dell'Appennino Settentrionale.

Durante l'evento D1 si ha la messa in posto delle unità tettoniche più superficiali non metamorfiche (Unità liguri e Falda Toscana), accompagnata dalla

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11 deformazione, underthrusting e iniziale esumazione delle unità tettoniche più profonde. Durante la fase D2 le precedenti strutture vengono deformate da differenti generazioni di pieghe alle quali sono associate localizzate zone di taglio ad alta deformazione. Queste strutture determinano sia il progressivo

“unroofing” delle unità metamorfiche, sia il completamento dei processi di esumazione delle stesse verso livelli strutturali più superficiali.

A livello di contesto geologico regionale in cui si colloca il complesso metamorfico delle Alpi Apuane c’è un sostanziale accordo tra le opinioni dei ricercatori. Tuttavia esistono ancora numerosi elementi di discordanza, in particolare per quanto riguarda i meccanismi di esumazione dell’Autoctono e i suoi significati geodinamici.

Carmignani e Kligfield, a partire dagli anni novanta, interpretarono le Alpi Apuane come una struttura regionale tipo Core-Complex. Essi sostengono la formazione e il rapido inspessimento di un cuneo orogenetico (Oligocene superiore), formatosi durante la fase compressiva causata dalla collisione tra micro-placca adriatica e blocco sardo-corso (datazione radiometrica a 27 Ma - Kligfield et al., 1986- ). Successivamente tale cuneo avrebbe subito un collasso gravitativo che, determinando l’inizio di una fase distensiva, avrebbe permesso la progressiva esumazione delle unità metamorfiche profonde verso livelli strutturali più superficiali, dando luogo così alla finestra tettonica delle Apuane.

In questa fase di rifting, che interessa tutto il margine interno dell’Appennino settentrionale, si ha l’apertura del Mar Tirreno e lo sviluppo dei graben del Serchio, della Versilia e dei bacini neogenici della Toscana meridionale.

A nord la tettonica distensiva a basso angolo è riferibile ad almeno 14 Ma, in base alle datazioni K/Ar nel complesso metamorfico (Kligfield et al., 1986), mentre quella ad alto angolo è databile solo in base a dati stratigrafici al Villafranchiano per la presenza dei depositi continentali dei graben della Garfagnana e del Magra.

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12 Figura 2.5 - Stralcio della carta geologica di Forte dei Marmi e Pietrasanta (foglio 260 a) e relativa legenda. Cerchiata in rosso è evidenziata

l’area di studio (Carmignani et al., 2007).

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2.2.1 Inquadramento geologico e geomorfologico della Versilia

Il territorio della Versilia sorge al margine meridionale della finestra tettonica delle Alpi Apuane (figura 2.6). Il territorio collinare e montuoso di questa zona è caratterizzato da formazioni dell’Unità di Massa, della Falda Toscana e dell’Autoctono Apuano (Auct.) (Carmignani et al., 2000). La pianura versiliese è invece caratterizzata da depositi alluvionali o marini olocenici, depositi quaternari ed attuali.

Figura 2.6 - Schema strutturale dell’Appennino Settentrionale e Alpi

Apuane con relativa legenda allegata (Carmignani et al., 2000). Cerchiata di rosso è evidenziata la zona della Versilia.

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14 La zona versiliese è caratterizzata da due domini strutturali e geomorfologici ben distinti:

 le Alpi Apuane;

 il Bacino Neotettonico della Versilia.

Quest’ultimo comprende la pianura versiliese, formatasi principalmente in seguito a cicli trasgressivi e regressivi marini, e l’attuale zona di spiaggia. Le tappe dell’evoluzione paleogeografica di quest’area possono essere brevemente riassunte come di seguito.

Le conoidi del pedemonte apuano sono state costruite in più cicli deposizionali, durante il Pleistocene e l’Olocene (Bini et al., 2007). Circa 6000 anni fa, la trasgressione Versiliana ha portato il mare a lambire le colline a ridosso della pianura attuale (Federici, Mazzanti, 1995) ma successivamente, benché il livello del mare sia continuato a salire (Alessio et al., 1994), l’incremento del trasporto solido dei maggiori corsi d’acqua ha consentito la progradazione della pianura, con la formazione di una serie di cordoni dunali. Il primo di questi è probabilmente emerso intorno a 3500 anni fa, in concomitanza con un raffreddamento climatico dovuto alla fase subboreale (Menozzi et al.,2002) e con un rallentamento della velocità di risalita del mare (Alessio et al., 1994) e comunque prima dell’VIII secolo a.C., quando è documentata la sua frequentazione (Federici, Mazzanti, 1995). Alle spalle di questo cordone doveva estendersi un’ampia area lagunare (Bini et al., 2007), le cui evidenze sono riscontrabili nell’area del Lago di Massaciuccoli, nelle zone umide alle spalle della città di Viareggio e presso l’ex Lago di Porta (territorio comunale di Montignoso). Alcuni scavi recenti, effettuati per la realizzazione di infrastrutture (come il sottopassaggio nei pressi della stazione di Capezzano Pianore), hanno messo in luce una successione stratigrafica nella quale si è potuto osservare che i depositi superficiali della conoide giacciono sopra quelli torbosi: è evidente, dunque, che recenti fasi di attività della conoide hanno sepolto, almeno nella porzione marginale, i depositi palustri derivanti dal progressivo interramento dell’area umida (Bini et al., 2007).

Verso mare, infine, l’emersione progressiva di una successione di cordoni

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15 litoranei sormontati da dune, intervallati da depressioni retrodunali, ha esteso la pianura litoranea fino alla configurazione attuale (figura 2.7).

Figura 2.7 - Schema geologico della piana versiliese (Da Federici, 1993, modificato).

Lo studio di Blanc (1934) sui depositi marini del sottosuolo della Versilia, assieme alla documentazione paleobotanica del carattere glaciale di una torba profonda (Marchetti, 1934), ha fornito importanti dati per l’interpretazione stratigrafica di tali giacimenti, ed è stato il primo di numerosi lavori che hanno permesso la completa ricostruzione della serie sedimentaria versiliese, attribuendola alla trasgressione flandriana (Marchetti e Tongiorgi, 1936). Tale serie sedimentaria è stata ricostruita sulla base di alcuni sondaggi situati presso il Lago di Massaciuccoli, nei dintorni di Viareggio e di Capezzano Pianore.

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16 Alla profondità di circa -90 m rispetto al piano campagna è stato intercettato uno orizzonte marino, che con ogni probabilità viene attribuito all’inizio della fase trasgressiva flandriana (Mazzanti, 1984). A partire da questo livello e procedendo verso la superficie si trovano sedimenti alternanti tra continentali e marini. Nello specifico:

 depositi continentali (1), da -90 m a -70 m;

 depositi marini (2), da -70 m a -65 m, che corrispondono alla prima oscillazione temperata verificatasi dopo la prima acme dell’ultima glaciazione (Würm I);

 depositi continentali (3), da -65 m a -26 m, costituiti da argille, argille torbose e torbe (Blanc, 1934), corrispondenti a un periodo in cui il clima andava evolvendo verso un tipo continentale freddo (Würm II, con acme intorno ai -30 m di quota);

 depositi marini a Purpura (4), da -26 m a -13 m, contenenti blocchi di torba “spiaggiata” che corrisponde alla seconda oscillazione temperata;

 dune antiche (5), corrispondenti al periodo epiglaciale;

 argille depostesi durante la terza acme dell’ultima glaciazione (livello continentale attribuito al Würm III);

 dune attuali, presenti solo nella fascia più propriamente litorale.

Questa successione stratigrafica presenta più di un ciclo, con la presenza di almeno tre fasi marine a cui succedono rispettivamente tre fasi continentali, le quali passano verso occidente ad un’ unica successione marina indifferenziata. Le fasi continentali corrisponderebbero ai tre apici dell’ultima glaciazione (Würm) (Mazzanti, 1984).

Un’ulteriore conferma di questa ipotesi fu fornita dalle datazioni radiometriche col metodo del 14C (Ferrara et al., 1961) sulle conchiglie contenute nel livello 4 (depositi marini a Purpura), e sui frammenti di torba forati dalle Foladi presenti come grossi clasti alla base dello stesso. Si sono così ottenute età di, rispettivamente, 5.646 ± 220 anni e circa 17.000 anni. Poiché quest’ultima età si avvicina molto a quella comunemente accettata per l’acme dell’ultima fase di

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17 espansione glaciale würmiana (20.000 – 18.000 anni) si può affermare che i depositi marini a Purpura rappresentano l’ultima fase trasgressiva marina e, conseguentemente, che tutti gli strati superiori alla base del livello 4 sono sicuramente posteriori al Pleistocene.

Dal punto di vista morfologico la Versilia è un territorio sostanzialmente pianeggiante; nello specifico, l’area interessata dall’intervento presenta quote massime intorno a 2.8 m s.l.m.. Nella zona di Vittoria Apuana (e non solo) è ancora riconoscibile il cordone dunale, che si estende per circa 350 m verso l’interno a partire dalla spiaggia attuale.

In molte zone le dune sono state completamente smantellate e/o rese indistinguibili dall’intensa attività antropica del secolo scorso. Le pinete sono elementi diagnostici dell’andamento del cordone dunale, in quanto si sviluppano a ridosso di esso. Tuttavia, la sua identificazione risulta a tratti difficile (e talora impossibile) dal momento che l’estensione di tali pinete si è notevolmente ridotta negli ultimi decenni (Mazzanti, 1984). Le dune (almeno quelle più interne) risultano essere di età romana, in base ad alcuni reperti archeologici rinvenuti lungo il litorale (Repetti, 1833-45, vol. III, Schmiedt, 1972 e Neppi Modona, 1956).

Come indicato nel lavoro di Repetti (1833-45, vol. III), nel Medioevo la linea di costa si ritrova in posizione più interna rispetto a quella di età romana, dal momento che il Forte di Motrone (frazione di Marina di Pietrasanta), risalente agli inizi del XII secolo, è posto a circa 1.200 m dall’attuale linea di riva. Questa struttura, così come la Torre Matilde a Viareggio (posta a 1.000 m circa dall’attuale linea di riva), fu edificata per l’allarme e la difesa costiera, evidentemente a pochi metri di distanza dalla linea di costa. Dal momento che l’edificazione della torre risale al XVI secolo se ne deduce che la posizione della linea di riva dell’epoca era più spostata verso monte rispetto a quella attuale.

Altri ritrovamenti di reperti archeologici di età romana testimoniano che la posizione della linea di costa fosse più arretrata rispetto a quella attuale (Schmiedt, 1972 e Neppi Modona, 1956).

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18 Spostandosi nell’interno, alle spalle della fascia dunale è presente una zona depressa che termina con l’inizio dei sedimenti continentali lacustri, limite che segna il passaggio da un ambiente marino ad uno continentale.

Proseguendo verso monte cominciano ad affiorare ghiaie, e si riscontra un progressivo aumento della pendenza. Tali sedimenti appartengono alle conoidi alluvionali messe in posto dall’azione deposizionale dei principali corsi d’acqua versiliesi, le quali si espandono dagli sbocchi pedemontani verso il mare. Tali conoidi risalgono senza dubbio al Pleistocene (Mazzanti, 1984), in corrispondenza degli apici delle fasi glaciali würmiane. Si può verosimilmente sostenere che il loro sviluppo è continuato durante le fasi climatiche più umide dell’Olocene (Sestini, 1950).

Come si vedrà in seguito, anche nei sondaggi realizzati nell’area di studio sono stati intercettati i depositi continentali di conoide, a profondità medie di circa 25 - 30 m.

Come detto in precedenza, i lavori di Blanc e Marchetti (1934) sono stati tra i primi che hanno permesso la completa ricostruzione della serie sedimentaria versiliese, attraverso la realizzazione di sondaggi stratigrafici e lo studio dei depositi intercettati.

Tra gli studi più completi e significativi realizzati fino a oggi citiamo quello di Federici (1993) che, attraverso sette sondaggi profondi al massimo 187 m (figura 2.9), ha messo in evidenza i principali aspetti stratigrafici.

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19 Figura 2.8 - Ubicazione dei sondaggi effettuati nella pianura versiliese e dintorni (da Federici, 1993 - modificata). 1 = Viareggio, 2 = Villa Puccini, 3 = La Costanza, 4 = Bonifica Ginori, 5 = Pietrasanta, 6 = Serrelle 1, 7 = Serrelle 2.

La stratigrafia, dal basso verso l’alto stratigrafico, è la seguente:

 ghiaia e conglomerato (g)

 argille grigiastre (cineree) (c4)

 sabbie marine e ghiaie (s3)

 argille lacustri e torbe (c3)

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 sabbie marine (s2)

 argille lacustri e torbe (c2)

 sabbie marine silicee (s1)

 argille torbose lacustri (c1)

 torba (p)

Figura 2.9 - Stratigrafia dei principali pozzi perforati nella pianura della Bassa Versilia (da Federici, 1993): 1 = Viareggio, 2 = Villa Puccini, 3 = La Costanza, 4 = Bonifica Ginori, 5 = Pietrasanta, 6 = Serrelle1, 7 = Serrelle2.

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21 Di seguito si riporta una breve descrizione delle suddette litologie:

Ghiaia e conglomerato (g)

Spessa formazione clastica costituita da ghiaie e materiale più fine, attribuibile, secondo Mazzanti (1983), al Pleistocene superiore. Questo livello affiora nell’intera dell’intera fascia pedemontana in corrispondenza dei coni di deiezione ed è il livello più antico intercettato dalle perforazioni. Esso si trova a profondità crescenti sia andando verso il mare, sia radialmente da Nord a Sud allontanandosi dall’apice delle conoidi. Questo livello identifica un acquifero ad alta permeabilità.

Argille grigiastre (cineree) (c4)

Argille compatte di color cenere che sono attribuibili alla fase cataglaciale Würm I (Federici, 1993).

Sabbie marine e ghiaie (s3)

Livello che contiene sedimenti grossolani, testimonianza di una trasgressione marina avvenuta in una fase di clima temperato tra i due periodi freddi Würm I e Würm II (Federici, 1993; Mazzanti, 1994).

Argille lacustri e torbe (c3)

Livello formato da argille e torbe di origine lacustre e palustre. La presenza di un cordone sabbioso emerso (collocato più a largo dell’attuale linea di riva) ha determinato la formazione di un vasto ambiente lagunare, fenomeno testimoniato dall’estendersi della sedimentazione continentale in un periodo in cui il clima andava evolvendosi verso un tipo continentale freddo (Würm II).

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22 Sabbie marine (s2)

Livello costituito da sabbie, che testimonia un evento trasgressivo per innalzamento del livello del mare a causa di un’oscillazione temperata del clima avvenuta circa 40 mila anni fa.

Argille lacustri e torbe (c2)

Livello continentale costituito da argille grigie e/o azzurre con lenti di torba e livelli di ghiaia, ghiaietto e sabbia formatosi in periodo di clima freddo tra 35 mila e 18 mila anni fa (Würm III).

Sabbie marine silicee (s1)

Sabbie marine ed eoliche risalenti alla trasgressione versiliana (9 mila – 5 mila anni fa) a causa dell’aumento di temperatura posteriore all’ultimo acme glaciale.

Argille torbose lacustri (c1)

Livello di argilla lacustre che giace al di sopra delle sabbie versiliane ed è attribuibile ad un’oscillazione fredda che si è verificata circa 2500 anni fa.

Torba (p)

Torba con spessore variabile da pochi centimetri fino a 6 – 8 metri in prossimità dei rilievi (Ferrari e Duchi, 1984). Questo livello ancora oggi è in fase di formazione nel territorio che circostante il Lago di Massaciuccoli ed affiora ad Est di Viareggio, nell’area di bonifica compresa tra le sabbie costituenti il cordone dunale a Ovest e i rilievi collinari ad Est.

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2.3 Inquadramento climatico

Il clima della costa versiliese si presenta sostanzialmente mite ma, vista la posizione a ridosso delle Alpi Apuane, viene influenzato notevolmente dalle correnti umide atlantiche, che impattando nelle vicine catene montuose portano abbondanti precipitazioni, concentrate soprattutto nelle mezze stagioni.

Il clima dell’area di interesse è influenzato dalle Alpi Apuane circostanti. Si hanno temperature basse in inverno, con occasionali precipitazioni anche nevose. Al contrario, in estate il clima è mite, anche se si registrano tassi di umidità piuttosto elevati che accentuano i valori di temperatura percepita. Per quanto riguarda le precipitazioni, si hanno mediamente due picchi nel corso dell’anno:

uno in autunno (che mediamente è il periodo più piovoso) e un altro in primavera (www.sir.toscana.it).

I dati relativi alle precipitazioni e alle temperature sono stati acquisiti da alcune stazioni meteorologiche gestite dal Servizio Idrologico Regionale (S.I.R.) e sono disponibili direttamente sul sito web www.sir.toscana.it. Come si può osservare in figura 2.10, per quanto riguarda le precipitazioni sono stati utilizzati i dati registrati dalle stazioni meteorologiche costiere, denominate “Forte dei Marmi”

(1 m s.l.m.), “Massa” (39 m s.l.m.), “Pietrasanta” (14 m s.l.m.), e “Ponte di Tavole” (11 m s.l.m.) e dalle stazioni meteorologiche a quota più elevata denominate “Azzano” (447 m s.l.m.), “Cardoso” (407 m s.l.m.), “Cerreto” (488 m s.l.m.), “Pomezzana” (590 m s.l.m.), ”Retignano” (440 m s.l.m.) e “ Terrinca” (610 m s.l.m.).

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24 Figura 2.10 – Ubicazione delle stazioni pluviometriche (immagine tratta da Google Earth).

Per quanto riguarda la temperatura (figura 2.11), invece, sono stati utilizzati i dati registrati dalle stazioni meteorologiche denominate “Forte dei Marmi” (1 m s.l.m.), “Ponte di Tavole” (11 m s.l.m.), “Massa” (39 m s.l.m.) e “Seravezza” (63 m s.l.m.).

Figura 2.11– Ubicazione delle stazioni termometriche (immagine tratta da Google Earth).

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25 Tabella 1 – Valori medi di precipitazione mensile registrati dalle stazioni considerate, in un periodo che va dal 1996 al 2009. Si tenga presente che non tutte le stazioni presentano un’acquisizione continua lungo quest’arco di tempo, a tal proposito si consultino gli allegati) (dati ricavati dal sito web www.sir.toscana.it).

Tabella 2 – Valori medi di temperatura mensile relativi solamente alle stazioni di Forte dei Marmi, Ponte di Tavole, Massa e Seravezza, in un periodo che va dal 1996 al 2008. Anche in questo caso si riscontrano delle lacune di acquisizione per alcune stazioni, durante l’arco temporale considerato. Per dettagli si consultino gli allegati (dati ricavati dal sito web www.sir.toscana.it).

FORTE DEI MARMI PONTE DI TAVOLE MASSA SERAVEZZA temp. Media (°C) temp. Media (°C) temp. Media (°C) temp. Media (°C)

gennaio 8.9 8.5 9.5 8.2

febbraio 8.3 8.4 8.9 8.2

marzo 10.0 11.0 11.6 10.5

aprile 13.2 13.7 13.9 13.1

maggio 17.5 18.4 19.0 17.6

giugno 21.0 21.8 22.2 20.9

luglio 23.4 24.0 27.4 23.1

agosto 23.4 23.6 24.8 22.8

settembre 19.8 20.1 21.8 19.5

ottobre 17.0 17.2 17.3 16.5

novembre 13.0 12.3 12.0 11.9

dicembre 9.2 8.7 8.8 8.6

Media annuale (°C) 15.4 15.7 16.4 14.9

PIETRASANTA FORTE DEI MARMI PONTE DI TAVOLE MASSA AZZANO CARDOSO CERRETO POMEZZANA RETIGNANO TERRINCA MEDIA mm di pioggia mm di pioggia mm di pioggia mm di pioggia mm di pioggia mm di pioggia mm di pioggia mm di pioggia mm di pioggia mm di pioggia mm di pioggia

gennaio 73.08 107.16 88.07 91.79 175.72 173.83 82.76 229.87 181.10 198.47 140.18

febbraio 73.50 46.64 65.92 57.42 121.11 154.03 74.45 158.25 112.78 170.08 103.42

marzo 65.46 66.56 83.42 63.82 160.46 200.78 104.17 180.48 145.01 177.22 124.74

aprile 71.00 102.60 72.76 91.24 139.89 152.99 98.18 168.68 130.22 148.11 117.57

maggio 65.63 53.28 53.62 47.13 75.95 90.10 52.44 86.85 75.85 110.03 71.09

giugno 46.18 46.08 41.84 64.73 79.78 70.54 40.65 71.88 88.18 96.67 64.65

luglio 40.60 26.96 19.88 27.80 44.68 62.27 29.27 47.40 40.63 62.40 40.19

agosto 67.41 48.16 48.50 51.42 57.56 70.93 88.14 77.25 66.82 67.28 64.35

settembre 114.40 72.76 114.91 96.00 132.81 163.83 157.26 149.25 145.52 149.74 129.65

ottobre 153.81 168.68 164.22 133.93 194.18 244.88 151.20 224.76 197.72 216.21 184.96

novembre 190.13 169.30 153.20 151.18 244.78 317.92 152.84 315.90 296.95 282.42 227.46

dicembre 118.40 104.24 109.45 96.81 224.85 280.02 166.15 277.56 228.72 296.90 190.31

CUMULATA ANNUALE (mm) 1079.58 1052.42 1015.78 973.29 1651.77 1982.09 1197.58 1988.14 1709.45 1975.53 1462.56

(21)

26 0

50 100 150 200 250 300 350

gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre

Cumulate di pioggia medie mensili (mm)

PIETRASANTA FORTE DEI MARMI PONTE DI TAVOLE MASSA

AZZANO CARDOSO CERRETO POMEZZANA RETIGNANO TERRINCA

Da quest’ultime tabelle sono stati ottenuti i grafici che seguono, relativi, rispettivamente, all’andamento delle precipitazioni e delle temperature in funzione del tempo ( figure 2.10 e 2.11).

Figura 2.12 - Grafico delle cumulate di pioggia medie mensili registrate da stazioni di pianura (Forte dei Marmi, Massa, Pietrasanta e Ponte di Tavole) e di collina/montagna (Azzano, Cardoso, Cerreto, Pomezzana, Retignano e Terrinca) (da www.sir.toscana.it).

Come si evince dal grafico in fig. 2.12, le precipitazioni maggiori sono nei mesi autunnali con un picco positivo nel mese di novembre con valori di pioggia medi compresi tra 151 mm e i 319 mm, mentre le precipitazioni minori sono nei mesi estivi, con un picco negativo nel mese di luglio in cui i valori di pioggia sono compresi tra 62 e 20 mm. Complessivamente la media annuale è compresa tra circa 973 mm e 1988 mm.

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27 Figura 2.13 - Andamento delle temperature medie mensile nel periodo 1996-2008 presso la stazioni di Forte dei Marmi, Massa, Ponte di Tavole e Seravezza (da www.sir.toscana.it).

Come si può notare dal grafico della fig. 2.13, temperature minori si hanno nei mesi invernali (dicembre, gennaio e febbraio) con valori di circa 8.7 °C, mentre temperature maggiori si osservano nei mesi estivi, con un picco positivo in luglio e agosto dove si registrano valori medi di circa 24°C. La temperatura media annuale risulta essere 15.6 °C circa.

Si può affermare che il clima dell’area di interesse presenta, grazie alla vicinanza della costa un clima mite, precisamente un clima temperato-marittimo di tipo mediterraneo.

0 5 10 15 20 25 30

Temperatura media (°C)

Forte dei Marmi Ponte di Tavole Massa

Seravezza

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2.4 Inquadramento idrogeologico

La pianura costiera versiliese è formata essenzialmente da depositi incoerenti di origine continentale (fluviale, lacustre ed eolica) e marino – transizionale. Tali depositi costituiscono gli acquiferi, acquitardi e acquicludi che danno luogo all’acquifero multistrato della Versilia (Tessitore, 2006).

L’alternanza stratigrafica delle litologie più permeabili descritte nel precedente paragrafo (potenziali sedi di acquifero) con i sedimenti acquicludi rappresentati dalle argille e torbe, conferiscono all’acquifero versiliese una struttura multistrato (Tessitore, 2006).

Spostandosi dalla porzione meridionale della pianura verso Nord sono osservabili livelli sabbiosi e argillosi che passano progressivamente ad un orizzonte ghiaioso, il quale costituisce la base degli stessi sedimenti sabbiosi e argillosi.

I livelli argillosi vanno ad intercalarsi tra gli orizzonti sabbiosi e ghiaiosi (potenziali sedi di acquifero), impedendo a tratti il collegamento idraulico tra questi ultimi.

La copertura impermeabile di torba e argilla presenta un’estensione limitata alla parte interna della pianura, conferendo un carattere freatico sostanzialmente a tutto il primo acquifero in sabbia (ad eccezione delle suddette zone in cui è presente la copertura impermeabile di torba e argilla), il quale si estende su quasi tutta la superficie della pianura fino a collegarsi idraulicamente con gli apparati di conoide pedemontani. Nonostante la presenza dei livelli argillosi le sabbie sono pressoché sempre in comunicazione con le ghiaie sottostanti e, insieme, danno luogo ad un unico acquifero che si estende, da Sud-Ovest verso Nord-Est, dalla fascia litorale fino a quella pedemontana (figura 2.14). Lo spessore del livello sabbioso aumenta da Nord verso Sud e da monte verso mare.

In corrispondenza dell’area di studio le profondità massime dal piano campagna di suddetto livello sono pari a circa 30 metri.

In prossimità dei rilievi si riscontra un’intercalazione di spessi livelli di argilla tra il livello superiore delle sabbie e quello inferiore delle ghiaie, che determinano una vera e propria differenziazione tra le due strutture acquifere. Limitatamente a

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29 queste aree, in particolare nella fascia morfologicamente depressa delle zone lacustri bonificate (zona intermedia della pianura), l’acquifero assume un carattere confinato o semi-confinato.

La ricarica della struttura acquifera, sia superficiale che profonda, avviene in parte attraverso l’infiltrazione diretta delle acque meteoriche nelle dune costiere (alto morfologico della pianura), oltre che negli apparati delle conoidi pedemontane e, indirettamente, con le perdite di subalveo dei principali corsi d’acqua alimentanti. Un ulteriore contributo alla ricarica si ha nella fascia pedecollinare da una circolazione più profonda, proveniente dalle formazioni permeabili carbonatiche del substrato e dei margini della pianura (Tessitore, 2006).

In sintesi, l’acquifero versiliese ha sede in diversi livelli litologici costituiti da sedimenti incoerenti di origine continentale (fluviale, fluvio-lacustre, palustre ed eolica) e marino-transizionale, che danno luogo ad un unico acquifero freatico, il quale assume caratteristiche di falda confinata o semi-confinata solo in aree limitate.

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30 Figura 2.14 - Sezioni idrogeologiche che illustrano le geometrie degli acquiferi versiliesi e relativa ubicazione

(da Tessitore, 2006).

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