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Per descrivere al meglio il senso di sradicamento e di ansia che prova Gertie Nevels dopo il trasferimento a Detroit, vari studiosi, tra i quali Arnold Goldsmith e Kathleen R.

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68 V

THE DOLLMAKER : Natura vs Macchina

Nel capitolo 4 si è ampiamente discusso del ritratto alquanto deprimente che Arnow ci propone della vita in una grande città industriale americana nei primi anni Quaranta, e di come l’amore profondo della protagonista del romanzo per le bellezze naturali del Kentucky sia in forte contrasto con il suo disprezzo per la bruttezza del quartiere di case popolari in cui si trasferisce a Detroit. Arnold L. Goldsmith sostiene che “It is her vivid memory of the former that enables Gertie Nevels to survive the latter, and it is the cost of this survival which is the theme of Arnow’s novel.”

1

In questo capitolo si cercherà di approfondire alcuni dei motivi più frequenti nella tematica del contrasto tra vita agreste e vita urbana; in altre parole, si vedrà come il progresso irrompe nell’ambiente naturale sconvolgendo l’esistenza dei personaggi.

Per descrivere al meglio il senso di sradicamento e di ansia che prova Gertie Nevels dopo il trasferimento a Detroit, vari studiosi, tra i quali Arnold Goldsmith e Kathleen R.

Parker, si affidano al concetto di “macchina nel giardino” elaborato da Leo Marx nel suo

“The Machine in the Garden: Technology and the Pastoral Ideal in America” (1964)

2

. Analizzando gli anni dell’Indipendenza americana e i successivi decenni dell’Ottocento, Marx si è infatti occupato del rapporto tra paesaggio naturale e progresso industriale. Ha dimostrato come in America l’idea dello sviluppo economico durante la nuova era manifatturiera sia riconducibile all’universo simbolico del paradiso terrestre, del giardino incontaminato. Secondo il critico questa attenzione riservata alle macchine, intesa come

11

Cfr.

Goldsmith, Arnold L., The Modern American Urban Novel: Nature as “Interior Structure”, Detroit,

Wayne State University Press, 1991, p. 84.

2 Cfr. Marx, Leo, The Machine in The Garden: Technology and the Pastoral Ideal in America (1964), cit. in Goldsmith, Arnold L., op. cit, 1991, p. 86, e in Parker, Kathleen R., op. cit., 1995, p. 205.

(2)

69 elemento di novità e di rottura del mondo naturale, permea gran parte della letteratura americana dell’Ottocento.

Goldsmith afferma che:

Arnow’s novel is a striking example to support Marx’s claim that “it is difficult to think of a major American writer upon whom the image of the machine’s sudden appearance in the landscape has not exercised its fascination.” Using as his touchstone Hawthorne’s description of the intrusion of a train whistle into the idillic quiet of Sleepy Hollow in the woods of Concord, Massachusetts, Marx explains how “the disturbing shriek of the locomotive changes the texture of the entire passage. Now tension replaces repose: the noise arouses a sense of dislocation, conflict, anxiety.” To Marx, the experience is “nothing more complicated than noise clashing through harmony.”3

Sarà l’intrusione dell’automobile, dell’aeroplano e, soprattutto, del treno, che violerà la qualità della vita pastorale di Gertie e le arrecherà dolore.

5.1 – Gertie come figura mitica

Arnow introduce nel suo romanzo l’antitesi macchina vs giardino già nella bellissima scena di apertura descritta nel capitolo precedente, in cui troviamo Gertie in groppa al suo mulo, Dock, nei pressi della Cumberland National Forest, mentre si sta dirigendo sulla statale dove ha in mente di chiedere un passaggio fino al più vicino studio medico per curare il figlio gravemente malato. Il mulo si allontana dal manto stradale, preferendo camminare sugli spessi aghi di pino che ricoprono la cresta della collina vicino alla strada, ma Gertie, con calma, manovra l’animale recalcitrante sulla traiettoria di una macchina militare proveniente dalla direzione opposta che, di conseguenza, sbanda e va a finire sull’orlo della scarpata. Sebbene lo scontro con l’auto abbia provocato qualche ferita lieve all’animale (nonché le rimostranze dell’ufficiale all’interno del veicolo), una Gertie determinata più che mai, ignora ferite e insulti e si mette all’opera per liberare il mezzo e rimetterlo in strada. Goldsmith afferma che in questo episodio Arnow ci presenta la sua protagonista come una sorta di figura leggendaria che usa la grande forza datale dalla sua

3 Cfr. Goldsmith, Arnold L., op. cit, 1991, p. 86.

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70 corporatura amazzoniana per spingere la macchina in salvo e poi restare “a moment in the mud, her knees doubled under her, her hands dropped flat on the earth, her drooping head between her arms, her whole body heaving with great gasping breaths” (10).

La donna appare qui come una figura mitica: “Gertie is like Antaeus, her strenght coming from the Kentucky soil, the rich black earth deposited annually by the Big South Fork of the Cumberland River on her father’s riverbottom fields.”

4

Ed è proprio questa forza immensa che le dà il coraggio e la sicurezza per eseguire una tracheotomia su Amos.

Mentre l’ufficiale codardo sviene, Gertie spiega all’autista: “Once I saved a cow that was choked – and in her windpipe I put a piece of cane” (16). In pochi minuti, Gertie ha tagliato e forato un rametto di pioppo e l’ha inserito nella gola del bambino. Perfino il dottore che più tardi si occuperà di lui resta colpito dal coraggio di questa donna. Questo episodio iniziale, tuttavia, è l’unico esempio nel romanzo in cui tutto ciò che è naturale e pastorale trionfa su ciò che invece è meccanico e urbano.

In Kentucky Gertie si sente un tutt’uno con l’ambiente naturale e in un episodio si sente addirittura in colpa per la sua felicità, mentre osserva con orgoglio che tutto il cibo sulla tavola della cena era il prodotto delle sue fatiche. Come è già stato detto, non necessita di orologi o calendari per capire l’ora o il mese in cui si trovano, poiché le sue attività sono guidate dalla posizione del sole e dai cicli delle stagioni, misurate dalla fioritura di un certo tipo di piante e dal periodo di preparazione della melassa. La stella del mattino è la sua guida mentre si fa strada nell’oscurità, verso la sorgente che sgorga non distante dalla baracca che lei e il marito hanno preso in affitto.

4 Cfr. Ibidem, p. 87.

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71 Anche in questo episodio, secondo Goldsmith, troviamo un accenno alla mitizzazione del personaggio di Gertie, con l’immagine di lei che beve da un secchio come se fosse il Santo Graal:

without being able to see where stone ended and water began she squatted by the pool and dipped the bucket in, then lifted it and drank easily and soundlessly from the great thick rim as […]. The water, cold with faint tastes of earth and iron and moss and the roots of trees, was like other drinks from other springs, the first step upward in the long stairs of the day […] (85).

Ci sono poi diversi episodi nella prima parte del romanzo in cui Gertie può essere vista come una sorta di Madre Terra per il modo in cui, per esempio, cerca di preservare la fertilità del terreno circostante: “Twice she stooped and scratched at the earth with her fingers. Each time she smiled, for the soil was black and loose still, almost as good as fresh new ground” (53).

Nella fattoria abbandonata dei Tipton, infatti, lei trova alcuni

ancient black-trunked dying apple and pear trees, almost lost in the sumac and scrub pine that were smothering the growth of sage grass. One tree with a few knotty red apples still clinging leaned tipsily like a tree not quite blown down, but on going closer she saw the gully, deeper than she was tall, a red wound in the hillside stealing the earth from the tree (53).

Gertie allora getta alcuni rami secchi e alcuni sassi nel fosso, borbottando fra sé:

“That’ll hold back a little dirt, an keep the hillside frum bleeden to death” (53). Dopodiché, in un’area riparata vicino al cancello, nota dei bellissimi crisantemi gialli fuori stagione e si sente ancor più felice. Per Gertie la fattoria Tipton è la sua personale Terra Promessa, un luogo in cui “it was forever spring” (57).

L’arrivo a Detroit contrasta decisamente con l’immagine idilliaca della fattoria

Tipton: giunti in Michigan i figli di Gertie sono lesti nel sottolineare che “Detroit’s

diff’rent” (172) Dopo una rapida perlustrazione del nuovo territorio fuori dalla stazione,

Enoch torna dalla madre per riferirle: “I seed Dee-troit, Mom. It’s snowen like I ain’t never

seed. The snow in Detroit don’t fall down. It goes crosswise. […] An, Mom, I seed a

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72 million cars” (175 – 6). Il vento soffia così forte da strappare con i suoi artigli il cappello di Gertie e la neve vortica intorno a lei simile a sabbia bianca. La prima persona con cui hanno modo di conversare nella nuova città è il tassista che li porterà a Merry Hill e che Goldsmith associa a una sorta di Caronte: “the cab driver is the mythical ferryman who informs the Nevels that Detroit is not like the city pictured in the children’s easy readers.”

5

Per prima cosa li informa che essi non sono i primi immigrati dal Sud che carica sul suo taxi e, da che si ricorda, tutti loro hanno sempre detto di voler risparmiare il denaro necessario per poter tornare a casa e comprarsi una fattoria. Lungo il tragitto verso la nuova casa a Merry Hill, i Nevels vengono introdotti ai suoni della città: “sounds such as they had never heard; sometimes a broken clanking, sometimes a roar, sometimes no more than a murmuring, and once a mighty thudding that seemed more like a trembling of the earth than a sound” (183). Il paesaggio è caratterizzato da edifici indistinti e ciminiere avvolti dal fumo e da una sorta di luce rossastra. A completare il quadro, auto, camion e treni descritti come strane creature mostruose: “as if all these were alive and breathing smoke and steam as in other places under a sky with sun or stars the breath of warm and living people made white clouds in the cold” (184). Sullo sfondo, le acciaierie e la loro

“faint reddish light […] as if somewhere far away a piece of hell had come up from underground” (184). Quando il taxi completa l’ultima parte del viaggio dal Kentucky a Detroit, il tassista lascia i Nevels in quella che Goldsmith definisce “the land of the living dead.”

6

Durante la corsa in taxi, Enoch si domanda se Merry Hill sia davvero una collina e, ingenuamente, Gertie gli assicura che sarà proprio così, ma ben presto si renderanno conto che “the only hills the Nevels will see in Detroit are huge piles of coal.”

7

5 Cfr. Ibidem, p. 89.

6 Ivi.

7 Cfr. Ibidem, p. 90.

(6)

73 Da questo momento in poi, la macchina e il progresso prevarranno sulla figura del giardino.

5.2 – Passato e presente a confronto

Il ritmo di TD è ora prodotto dal contrasto tra il passato rurale di Gertie, sempre vivo nella narrazione attraverso i ricordi della protagonista, e le realtà urbane del presente.

A questo proposito, Goldsmith scrive, appunto, che “the vibrant sensuosity of Arnow’s prose is marked by her recording on every page the different sounds, sights, and odors of country versus city.”

8

A riprova di questo possiamo osservare la scena in cui Gertie ha difficoltà ad addormentarsi: ascolta i suoni notturni di Detroit, il brusio meccanico del frigorifero e il ticchettio della sveglia, ma preferirebbe sentire lo scorrere dell’acqua, il vento tra i pini e i pioppi, l’abbaiare dei cani da caccia nei boschi, oppure il verso di una civetta.

The night sounds of Detroit came between her and the thing in the wood, but worse than any noise, even the quivering of the house after a train had passed, were the spaces of silence when all the sounds were shut away by the double windows and cardboard walls, and she heard the ticking of the clock, louder it seemed than any clock could ever be. She had never lived with a clock since leaving her mother’s house and even there the cuckoo clock had seemed more ornament than a god measuring time; for in her mother’s house, as in her own, time had been shaped by the needs of the land and the animals swinging through the seasons. She would sit, the knife forgotten in her hands, and listen to the seconds ticking by and the clock would become the voice of the thing that had jerked Henley from the land, put Clovis in Detroit, and now pushed her through days where all her work, her meals, and her sleep were bossed by the ticking voice (231).

Clovis si alza al suono della sveglia, alle sei, per prepararsi ad andare in fabbrica.

Nell’ora e mezza successiva fa ancora buio come fosse notte, e Gertie giace sveglia a ricordare con nostalgia “the warm feel of a cow’s teats or the hardness of a churn handle, or better beyond all things, the early morning trips in star light, moonlight, rain or snow, to the spring – the taste of spring water, the smell of good air, earth under her feet” (230). In città, al massimo cammina su superfici di cemento ghiacciate per andare a prendere un

8 Ivi.

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74 secchio di carbone. Non si prende neanche la briga di guardare le stelle, dal momento che non se ne vede nessuna per via del fumo delle fabbriche.

Gli odori sgradevoli nel nuovo appartamento dei Nevels dicono a Gertie che è l’ora del giorno che un tempo amava di più, ma che ora odia. Nelle sue fantasie vede il sole tramontare “behind the hills across the river. The cedar trees above the creek whispered among themselves in a rising night wind. The new milk was cooling on the porch shelf”

(293). La fantasia di Gertie viene bruscamente interrotta dal litigio dei bambini su chi debba usare la radio e dalla voce del conduttore radiofonico che, al notiziario, descrive la distruzione di un battaglione di carri armato in Europa e i dettagli raccapriccianti di un recente omicidio. Mentre sgrida i bambini odia perfino il suono della sua stessa voce, che però viene presto inghiottita dal frastuono di un aeroplano: “The plane, like the man’s voice, the trains, the heat, the smelly sticking fish, the damp grease-gommed snow pants, seemed inside her, clawing through her head, tearing her into pieces with gripping, many- fingered hands” (294).

Più di ogni altra cosa, Gertie sente la nostalgia degli alberi. Le dispiace che non ci siano alberi vicino ai brutti edifici che ospitano la scuola mobile temporanea per i figli degli operai delle fabbriche belliche. Secondo lei “There must be a tree. One tree for the children to see come spring, some flowering bushes, like the mock orange they’d set by Deer Lick School when she was a girl, some flowers, something” (219). A Natale è rattristata dall’albero di Natale che odora di lucido per scarpe dopo che Clytie l’ha spruzzato di neve artificiale.

Purtroppo, anche quando giunge la primavera le cose a Merry Hill non migliorano

granché:

(8)

75

The hard-packed ice and snow changed soon into black water that, held up by the deeply frozen ground beneath, lay in a sheet, sometimes inches deep, over all of Merry Hill. There floated on it, mercifully hidden until now by the layers of ice and snow, all the debris of the winter – newspapers, paper wrappings, orange rinds, and other garbage, lost and broken toys, and the frozen feces of the many wandering dogs and cats. There was even one dead dog around which a bevy of mud- splattered children congregated, but it, like everything else after the long burial in the sooty snow, was sooty gray” (415 – 6).

Vari capitoli dopo, in una calda giornata d’estate, Enoch esorta la madre ad andare con lui a cercare scarti di legno che lei possa lavorare con la sega a traforo che Clovis le ha comprato qualche tempo prima per produrre in serie bambole o sculture. Così, insieme a Enoch e Amos, Gertie raggiunge il posto di cui le ha parlato il figlio. In un primo momento Gertie non trae alcun conforto dall’ambiente naturale: “The mosquitoes were bad and so were the flies, and the whole place smelled like a garbage can on a hot day when the collectors are a week overdue” (548). Poi, però, raccoglie un mazzo di fiori rossi che crescono vicino a una pozza di acqua inquinata e maleodorante e si ferma sotto i germogli appassiti di un pioppo: “if she kind of shut her eyes and forgot the smell, it was a little like having a whole tree between her and the sky […]” (548).

Goldsmith riporta un altro esempio presente nel capitolo 23 nel quale, dopo la fuga

di Reuben da Detroit per fare ritorno alla fattoria dei nonni in Kentucky, Gertie, ancora

ignara, esce a cercarlo in una notte fredda e ventosa e si allontana dal quartiere di case

popolari e dall’acciaieria. Guardando il cielo nota che le stelle sembrano più fitte,

probabilmente perché non più celate dal fumo delle ciminiere o dal bagliore vermiglio

dell’acciaieria: “Detroit seemed far away. If Reuben were close by, he would be in such a

place, as far away as he could get from the city” (396). Per un attimo, con l’alto sottobosco

sopra la sua testa, Gertie sente che “if a body stood still and didn’t listen too hard, it was

like being in a little woods where twigs instead of smokestacks and telephone poles stood

between her and the sky” (396). Tuttavia, appena accende la torcia e vede l’immondizia, si

rende conto che Detroit è ancora lì.

(9)

76 5.3 – La Macchina nel Giardino

L’intrusione della macchina nel giardino è ben rappresentata, nel romanzo, da due

immagini in particolare: quella dell’aeroplano e quella del treno. In alcuni dei passi già

citati, ci sono stati riferimenti al suono degli aerei che decollano e atterrano nell’aeroporto

non lontano da Merry Hill. Vanno citati almeno altri due brani in cui si vede l’aereo come

un intruso, che viola il giardino della mente di Gertie e le immagini di tranquillità della sua

vecchia vita in Kentucky. In una scena, mentre le donne di Merry Hill chiacchierano

nell’appartamento di una di loro, il ruggito dei motori di un aereo di passaggio che vola

particolarmente basso spaventa Amos, che corre a rifugiarsi nel grembo della madre. Lei lo

stringe al seno e gli copre le orecchie con le mani, ma “she herself was never able to keep

from cringing and shivering at the sounds” (259). Ancor più significativa è la scena del

funerale di Cassie, dove assistiamo alla disperazione silenziosa di una madre e al suo senso

di colpa. È una scena triste, intima e, all’improvviso, tale intimità viene sconvolta dal

rombo di un aeroplano. Una volta giunti al cimitero, Gertie, sotto shock, comincia a

rimuginare sull’erba del prato: “the grass showed green under thin scatterings of April

snow. She had wanted very much to see the earth, something real – but there was a green

thing like paper spread over all the good earth” (471). Dopo qualche considerazione sul

legno della piccola bara, è assalita dalla voglia di gridare: “She wanted to cry out, to tear

off the cloth, see the wood, touch the earth; but […]” (472). Stanno tutti piangendo e lei,

confusamente, si domanda per quale motivo tutte queste persone che conoscevano a

malapena Cassie piangono. Anche Clytie, seduta accanto a lei, piange nel momento in cui

la bara viene fatta scendere nella fossa. Ed ecco che “Then everything was drowned,

blotted out by an airplane coming in low and loud, for, as Clovis had promised, the

cemetery was close to the project” (472). In riferimento a questa scena Goldsmith afferma

che: “The artificial turf, from which Gertie will not escape even in death as long as she

(10)

77 lives in Detroit, and the abrasive sound of the plane overhead, are the objective epitome of all that Arnow hates in the big city.”

9

Altro esempio dell’intrusione della macchina nel giardino è sicuramente la sega da traforo che, a un certo punto del romanzo Clovis acquista per Gertie. Come abbiamo già detto in precedenza, il titolo del romanzo fa riferimento all’abilità naturale della protagonista di creare dal legno manici, maniglie, bambole, statue e così via. Lei lo chiama semplicemente “whittlen,” manifestazione concreta dell’impulso creativo che proviene unicamente da dentro di sé. Il risultato è un’espressione artistica autentica che, secondo Kathleen R. Parker, verrà quasi annientata dall’eterno interesse di Clovis per i macchinari.

Clovis, infatti, insiste affinché lei smetta di intagliare bambole col suo coltellino, per produrne di piatte col seghetto da traforo: in tal modo, le bambole saranno tutte uguali, occorrerà meno tempo per realizzarle, e potranno essere dipinte a colori vivaci. Così, sempre secondo il marito, potrà venderne di più e ricavarne un maggiore profitto. Ma per Gertie, tempo e denaro non sono poi tanto importanti. Gertie crede che le bambole piatte, senza caratteristiche proprie, non siano l’espressione della sua arte indigena, né tanto meno le creazioni uniche, tridimensionali, di legno venato che sono il suo marchio distintivo:

“Gertie’s carved creations are inspired by her love of what is ‘natural’; they come from her personal connection to a rural world,”

10

diventano anche oggetto dell’ammirazione degli abitanti di Merry Hill, che non hanno mai visto opere tanto uniche. Parker sostiene che le bambole intagliate, che la stessa Gertie definisce, quasi con tono di scusa, “whittlen’

foolishness,” sono “the only fundamentally pastoral expression of her former life in the

9 Cfr. Ibidem, p. 93, corsivo mio.

10 Cfr. Parker, Kathleen R., op. cit., 1995, p. 209.

(11)

78 mountains that she is able to sustain in her new circumstance; further, they are the only manifestation of who she once was that others in this new life seem to value.”

11

Tuttavia, la più minacciosa fra tutte le macchine che disturbano l’immagine del giardino nella mente di Gertie è rappresentata dal treno. Si tratta di una figura che compare ripetutamente nel romanzo, a partire dal capitolo 10, dove si racconta la partenza di Gertie e dei figli dal Kentucky verso Detroit, fino all’orribile tragedia nel capitolo 26, dove Cassie perde prima le gambe e poi la vita finendo sotto un treno. E riappare sporadicamente fino alla fine “like the aftershocks of an earthquake.”

12

Sull’affollato treno per Detroit, rumoroso e maleodorante, Gertie sogna a occhi aperti gli odori puliti che si è lasciata alle spalle: “She’d go outside and smell the good clean air; there would be a melting snow smell and a pine smell on the ridge tops, and by her own house the smell of cedar through the creek fog” (161). L’attuale fetore di vomito, il puzzo pesante di fumo di sigaretta e l’odore di cibo stantio nei vagoni afosi le fanno venire la nausea. Nel bagno delle signore, “she flung up the toilet seat, and knelt, and vomited. Cold air like water bubbling from a spring came through the open hole. She knelt a long while, savoring the rushing air” (162 – 3). Dopo essere tornata a sedere al suo posto, Gertie nota una macchia di fango rossastro sulla scarpa di una donna addormentata. Non aveva mai visto quel tipo di terriccio prima di allora: “redder than any earth she could remember, and sandy […]” (163), e non può fare a meno di strofinarlo tra le dita, scoprendone la consistenza “Sandy and poor it was; scrub pine and saw briers would grow in it, but so would sweet potatoes” (163). La donna di colore seduta di fronte a lei, la prima che Gertie abbia mai visto, conferma la sua opinione, e Gertie le chiede: “I wonder […]

what the ground around Detroit is like? Will it grow sweet taters?” (164). L’amichevole

11 Ivi.

12 Cfr. Goldsmith, Arnold L., op. cit., 1991, p. 93.

(12)

79 donna di colore, tanto ingenua quanto Gertie, prevede ottimisticamente che “Detroit’s goen to be nice” (165). Suo marito ha trovato un posto tutto per loro chiamato Paradise Valley.

Secondo Gertie, “Paradise” è “a pretty word […]. When the woman spoke it in her soft rich voice, it made her think of peaches, pure gold on one side, red in the gold on the other, soft, juicy, warm in the August sun, warm-tasting like the smell of muscadine above the river in October” (165 – 6). Goldsmith sostiene che: “There is a touch of sadness in Arnow’s irony. Gertie will soon discover the sterility of the earth around Detroit. It is not fit to nourish children like Cassie and Reuben. The black woman will discover the anxieties of life in a ghetto that is no paradise.”

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La prima notte che Gertie e i suoi figli trascorrono a Detroit, Clovis si addormenta velocemente, ma lei giace sveglia nel tentativo di far sparire i cattivi odori della città attraverso il ricordo dei suoni prodotti dal mormorio dei pini vicino a casa loro, in Kentucky. “The talking rose, became the roar of a fast through train, its screeching whistle rising above the roar as it neared the through street. This was followed at once by the tumultuous sound of its passing, so close it seemed in the very house” (208). Sedici capitoli dopo, la scena si ripete quasi identica. Stremata dal dolore per la perdita di Cassie, Gertie cerca di visualizzare nella sua mente il cielo e le nuvole del Kentucky, le viole del pensiero, gli alti pini, i fiori rossi sugli aceri, la terra nera, incontaminata, l’acqua limpida, quand’ecco che la sua concentrazione viene disturbata dal chiasso prodotto da “A fast train roared by, and she sat bolt upright. Telephone poles, a row of chimneys, smoke, and an airplane tore apart her sky” (485).

In un altro episodio, qualche mese dopo il loro trasferimento in città, Gertie osserva con tristezza Amos intento a far veleggiare – a volte nel lavandino, a volte nella tazza del gabinetto – le due barchette di legno scolpitegli dalla madre. Desiderosa di ricordargli gli

13 Cfr. Ibidem, p. 94.

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80 spazi aperti del Kentucky lei gli domanda: “You recollect back home, th trees, an runnen through th woods with Gyp, an a runnen down th hill to th spring” (287). Sfortunatamente lui ha dimenticato sia il cane che la loro fattoria in Kentucky. La conversazione viene interrotta dal fischio di un treno, “sharp, hard jabs of sound followed by the roaring rush that rattled the windows and set the house atremble” (287). Quando Amos dice, pieno di entusiasmo: “That train carried people,” Gertie risponde rassegnata: “You’re learnen your trains, son” (287).

Un altro passo degno di nota è quello in cui troviamo la descrizione dei bambini che vanno per la prima volta alla brutta scuola con le aule container: “The children were piling up like leaves against a cedar tree, and the cars and trucks were stretching out as far as a body could see, but the train stood there puffing like some great iron beast with no skin to hurt in the cold” (215). Secondo Goldsmith “The organic image of the leaves and trees in contrast with the mechanized monster is characteristic of Arnow’s technique throughout the novel.”

14

Il più tragico esempio di treno visto come mostro meccanico coinvolge Cassie.

“After Gertie Nevels, Keziah Marie (Cassie) would have been Hawthorne’s favorite character in TD. Cassie is Arnow’s Pearl, Hester’s elf child.”

15

Cassie è, infatti, una bambina birichina, creativa e piena di immaginazione, tant’è vero che preferisce la compagnia dell’amica immaginaria, Callie Lou, a quella degli altri bambini. Felice e in perfetta sintonia con i campi e le colline del Kentucky, una volta trapiantata nelle case popolari di Detroit, diventa tristissima. Nella parte del romanzo ambientata in Kentucky, viene descritta come una creatura piena di vita, una sorta di uccellino selvatico che svolazza di qua e di là, senza sosta. Nel capitolo 3, per esempio, Gertie cerca invano di

14 Cfr. Ibidem, p. 95.

15 Ivi.

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81 raggiungere “for a cocklebur on the child’s dress tail; but Cassie had darted out of arm’s reach, and was now tiptoeing for a late-hanging crimson saw-brier leaf near the tumble- down rail fence by the lane” (49). Ancora in questo capitolo, a un certo punto la piccola inciampa in una radice e cade, ferendosi la bocca. Dopo che la madre le lava la ferita con l’acqua della sorgente, entrambe bevono dalla stessa coppa. Questa scena serve a mostrare al lettore il legame speciale che intercorre tra i due personaggi.

Cassie ha un problema dovuto al fatto che è bravissima a memorizzare ma non riconosce le lettere e quindi non riesce a imparare a leggere. Così, in una scena, vediamo che mentre gli altri bambini Nevels hanno le loro lezioni di lettura, impartitegli dalla madre, Cassie è l’unica che non presta attenzione. Non proverà a leggere nemmeno il sillabario preferendo, invece, esplorare con la mano la bocca del paziente cane di famiglia, Gyp. Il cane, dal canto suo, “would have clamped his teeth hard on a hand of any of the others could they have managed to get so much as a finger into his mouth, but for Cassie, […], he was ever a patient, smiling friend, even when she put her bonnet on his head and called him Callie Lou’s Granma” (100). Come sua madre, Cassie ama il cielo della sera e un giorno chiede a Gertie se “them men that ride them airplanes […] ever hit the stars?”

“Nobody can hurt the stars, honey,” la rincuora Gertie, “they’ll allus be there” (134).

Quando Cassie le chiede cosa stanno dicendo le stelle, Gertie le spiega che dicono:

Different things to different people; fer one thing they say, ‘We’ll never change, an we’ll never go away – all the nations on this earth with all their wars, they cain’t cut us down like we was trees.’

And they say to Cassie Marie, ‘Little girl, if’n you lost all yer friends an kin you’d still have us an th sun and th moon” (135).

In questa maniera, secondo Goldsmith, non solo Gertie infonde nella figlia l’amore per la natura, ma le dà altresì “a religion more attractive than the hell and brimstone Protestantism of her maternal grandmother.”

16

Clovis non condivide questa sorta di

16 Cfr. Ibidem, p. 96.

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82 religione naturale con la moglie e la figlia e forse è anche per questa ragione che Cassie è molto più legata alla madre che al padre. Probabilmente questo è anche il motivo per cui troverà molto difficile mettere radici a Detroit. Con la madre condivide perfino l’amore per il ceppo di ciliegio da cui Gertie sta intagliando la figura di un Cristo ridente. Sarà l’unica dei suoi figli a raccomandarle di portarlo con loro a Detroit: “Only Cassie had begged for the wood, hugged it as if it had been human” (164). A questo proposito Glenda Hobbs osserva che “Callie Lou is as real and as important to Cassie as the laughing Christ in overalls to Gertie.”

17

Per la bambina, sostiene ancora Hobbs, Callie Lou è “more than an imaginary friend: she betokens Cassie’s individuality, her ebullient creativity, and her love for Kentucky, where Callie Lou was born.”

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A Detroit, come già osservato in precedenza, Cassie è una bambina infelice e isolata. Questa condizione è ben rappresentata da un suo disegno appeso alla parete dell’asilo, che mostra “a green hill with a black tree” (233). Una concatenazione di eventi porteranno al triste epilogo della morte della bambina e alla prepotente intrusione del treno nella quiete del giardino di Gertie. Enoch racconta alla madre che gli altri bambini prendono in giro Cassie per via di Callie Lou. Clytie, a sua volta, si lamenterà con la madre quando Cassie taglia il bell’abito azzurro della nuova bambola regalatale per Natale dal padre per metterlo alla bambolina di legno che Gertie le aveva scolpito tempo prima, in Kentucky. La ben intenzionata maestra d’asilo raccomanderà per Cassie l’acquisto di occhiali da vista. Anche Clovis contribuirà a precipitare gli eventi, insistendo affinché la figlia smetta una volta per tutte di parlare con l’amica immaginaria, per agevolarne l’“adattamento” a Detroit, ma almeno questa volta, Gertie lo convincerà a concedere alla piccola un po’ più di tempo, fino a primavera: “The real spring with grass and flowers and

17 Cfr. Hobbs, Glenda, “A portrait of the artist as mother: Harriette Arnow and The Dollmaker”, in Chung, Haeja K. (ed.), Harriette Simpson Arnow – Critical Essays on Her Work, Michigan State University Press, 1995, p. 176.

18 Ivi.

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83 budding trees would come and Callie Lou would have to go away, but let her live now in this short false spring” (421). Ovviamente Gertie non poteva prevedere che il tempo rimasto a Cassie sarebbe stato ben poco. Quando anche una vicina di casa, la signora Anderson, si unisce al coro di voci che la esortano ad aiutare la piccola a crescere dal suo mondo di sogni, la frustrazione e una preoccupazione crescente spingono Gertie al passo decisivo di negare l’esistenza di Callie Lou. L’intrusione della macchina nel giardino culmina nella tragica scena della morte di Cassie, scena che Goldsmith descrive come “one of the most powerfully tragic scenes in all of American fiction.”

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Nella rappresentazione della natura antitetica della cultura rurale e di quella urbana, l’uso del treno da parte di Arnow è dunque, come sostiene Parker, “both poignant and stunning, but its ultimately lethal role illustrates the great extent to which Arnow goes to depict the industrial threat to rural values.”

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La morte di Cassie Nevels è un po’ il cuore del romanzo di Arnow. “Just as Cassie’s life is lost, so are Gertie’s dreams.”

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Malgrado ciò, TD continua per altri dodici capitoli, quasi un terzo dell’intero volume.

5.4 – L’importanza dei fiori

La perdita di Gertie è insopportabile, ma lei è una persona forte e sopravvive. Dopo un lungo periodo di torpore ed estraniamento farmacologico, si riprende sia grazie alla sfida rappresentata dal ceppo di ciliegio incompleto, sia al bisogno di essere una buona madre per i figli. Il contrasto ritmico della vita naturale in Kentucky e lo squallore meccanizzato di Detroit continua a essere alla base della tecnica dell’autrice, tuttavia un motivo che richiede un’attenzione speciale, in particolar modo nell’ultima sezione del

19 Cfr. Goldsmith, Arnold L., op. cit., 1991, p. 97.

20 Cfr. Parker, Kathleen R., op. cit., 1995, p. 206.

21 Cfr. Goldsmith, Arnold L., op. cit., 1991, p. 98.

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84 romanzo, è quello dei fiori. Goldsmith afferma che Arnow usa i fiori “to symbolize an ineluctable life force, a cyclical growth and change that cannot be denied.”

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Alcune settimane dopo la morte di Cassie, quando Gertie si decide a uscire di nuovo per andare a vedere il bambino appena nato della sua vicina, la signora Daly, la protagonista di Arnow viene paragonata alle violette selvatiche che la signora Schultz, un’altra vicina, aveva piantato qualche tempo prima, e che non si sarebbe mai aspettata che avrebbero superato l’inverno. C’è un passo nel romanzo in cui la signora Schultz, trionfante, richiama l’attenzione di Gertie su “the violet leaves, still blue and rolled against the cold; but living leaves” (508). Poi prosegue spiegandole che “I put that rock around them to keep the children from squashing them after they’d brought them to me from that vacant land on the other side of the railroad tracks. And now they’ve pulled through”

(508). Ma in realtà, secondo Goldsmith, Gertie somiglia più al cactus resistente che viene citato all’inizio della pagina successiva, dove vediamo una donna “bent lovingly over a crepe-paper-swathed pot in which a dusty gray and prickly cactus stood” (509). La donna le sorride dicendole: “A whole new leaf it gives, since Christmas” (509) Si tratta della stessa donna che nell’ultimo capitolo del romanzo, costretta ad abbandonare il quartiere a causa di un infortunio sul lavoro del marito, rivede Gertie e le dice: “Ain’tcha du one wot grows such pretty flowers? I been t’inking – couldcha keep mu cactus? I’ve had it su long;

it’s older’n mu kids. Yu’d unnerstand wot it needs better’n most around” (670).

Sebbene il motivo floreale sia molto più frequente nell’ultimo quarto del romanzo, specialmente dopo che l’amministrazione del complesso di case popolari distribuisce gratuitamente sementi e fertilizzante, e offre la possibilità di prendere in prestito attrezzi da giardinaggio, Arnow introduce un importante motivo floreale già nel capitolo 4, dunque molto prima che Gertie lasci il Kentucky. Si tratta di una pianta di capelvenere e può essere

22 Ivi.

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85 identificata con la stessa Gertie in conflitto con la madre, una donna di vedute ristrette, la cui religiosità funziona come una forza che nega la vita. Gertie ne descrive il volto come

“pale beyond any face she knew, almost never touched by sun or wind, seeming always close to death and God” (63). I gerani e le begonie della signora Kendrick sembrano altrettanto costretti, ingessati, come la loro proprietaria: “many were blooming, but in a sad, halfhearted way, as if they were tired of the red clay pots, tied with crêpe paper, that cramped their roots like too tight shoes” (69). Su una pedana costruita da suo padre ci sono molte altre piante, ma fra tutte spicca l’enorme capelvenere, alla quale i visitatori hanno paura di avvicinarsi. Gertie ricorda vividamente molte gite nei boschi per scavare “the black rich earth from generations of leaves dying on limestone ledges, for the dirt must be scraped from a damp limestone ledge where other ferns grew, so that every few years the plant had been repotted and divided, with rooted fronds going out to all the neighbors”

(69). Qualche tempo dopo il suo matrimonio con Clovis, sua madre “had given her a good- sized piece of it, rooted in a large red pot. She had on the way home stopped by a limestone ledge above the creek and there set the fern where it belonged to be” (69 – 70). È opinione di Goldsmith che anche Gertie, come quella pianta, abbia messo radici profonde nel suolo ricco del Cumberland e che quindi, presto, si sentirà soffocare nell’ambiente opprimente di Detroit, con l’unica differenza che nel suo caso nessuno andrà a salvarla come invece lei ha fatto con la capelvenere.

Sarà il richiamo delle piante e dei fiori che alla fine aiuterà Gertie a uscire dal suo

prolungato e autoimposto isolamento dopo il trauma causato dalla morte di Cassie. In un

primo momento resta indifferente di fronte al lavoro di Enoch, impegnato da qualche

giorno a creare un piccolo giardino improvvisato, aiutato dal vicino di casa, Victor,

anch’egli amante dei fiori. La moglie di Victor, Maxine, la esorta a uscire poiché ha

bisogno di un po’ d’aria fresca. Poco alla volta, Gertie sarà sempre più attratta dalla terra in

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86 fondo alle buche di Enoch, ed è sorpresa che la sabbia abbia lo stesso odore pulito di quella che si è lasciata alle spalle l’anno precedente. E mentre la signora Schultz inizia a seminare le petunie e le viole del pensiero in giardino, Gertie si vergogna perché “she was the only woman in the alley who had no growing thing” (504).

I fiori sono identificati anche con Cassie, come quando Gertie mostra interesse per le piante che il fruttivendolo italiano trasporta sul furgoncino: “Among them were some tiny lavender flowers such as Gertie had never seen. They make her think of the wild Sweet Williams back home – something wild for Cassie’s grave […]” (514). L’uso del motivo floreale per evocare in Gertie un pensiero di Cassie è, secondo Goldsmith, naturale e spontaneo, come lo è il sottile simbolismo che Arnow utilizza per descrivere la reazione di Gertie al dono di una cassa di violette del pensiero e fiori di lavanda un po’ sciupati che aveva ammirato in precedenza: “the flowers were only a little battered, a little wilted; the roots were damp and living” (514). A tal proposito Goldsmith afferma che: “This organic image beautifully follows the grain of Arnow’s materials and hints at Gertie’s eventual recovery.”

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Il contrasto tra la flora del Kentucky e quella di Detroit continua con un piccolo, ma significativo cambiamento. Quando Clytie porta a casa dei lillà presi a casa di un’amica, in un primo momento Gertie afferma che i susini selvatici e i caprifogli del Kentucky hanno un profumo più intenso, ma pochi giorni dopo cambia idea, quando si rende conto che il dolce profumo dei lillà riesce perfino a scacciare l’odore di gas e di cloro dall’acqua. Dopo che i figli dei vicini portano a casa mazzolini di lillà presi da una pianta che cresce accanto ai lampioni arrugginiti del quartiere, “the sweetness hung over the alley like the steelmill smoke” (520). In effetti, il profumo dei lillà sembra permanente come l’odore dell’olio del treno sulle mani di Gertie dopo la morte di Cassie: “[…] but still there’d be the smell – like

23 Cfr. Ibidem, p. 99.

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87 the train grease on her hands. She hadn’t smelled it then, but now she knew it would be forever on her hands” (524). Con questa giustapposizione dell’elemento pastorale, rappresentato dal profumo dei fiori, e dell’elemento industriale, rappresentato dall’olio del treno, Goldsmith ritiene che Arnow stia alludendo al sottile cambiamento che sta avvenendo nella protagonista, preparando il lettore all’azione simbolica che concluderà il romanzo nove capitoli dopo.

Il simbolismo del fiore rafforza in maniera efficace tale tematica anche quando Maxine decide di abbandonare il marito per andare a vivere sull’oceano, suo sogno da sempre. Prima di partire, dà a Gertie venti dollari per comprare dei fiori. Victor esprime la sua rabbia e il suo dolore gettando gli amati lillà nella spazzatura. Quando i figli dei vicini li vanno a ripescare dal bidone dell’immondizia perché vogliono provare a seminarli per farne un giardino, Gertie è tentata di spiegare ai ragazzi che l’erba non può crescere su un terreno così rovinato, ma poi decide di tacere: “Children needed earth as well as grass and flowers” (525). Malgrado le sue premonizioni, l’erba cresce, anche se poi, qualche pagina dopo, i bambini calpesteranno le petunie e le calendule che aveva piantato. Così i segnali risultano un po’ contrastanti: Gertie mostra segni di ripresa, a volte perfino di adattamento all’ambiente ostile, ma c’è quella che Goldsmith chiama “an aesthetic loss,”

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rappresentata, appunto, dalla devastazione del nuovo giardino.

Infine, Arnow è molto abile nel fondere tre motivi fondamentali per il libro – i fiori, la tecnologia e la Bibbia – per creare la seguente descrizione poetica dell’acciaieria, la notte in cui Gertie è fuori a cercare il figlio scappato di casa, Reuben:

her eyes were like they had used to be when she looked too long at a bright sunset. Though now instead of suns before her eyes there were streams of steel, bright as the sun but not sunlike, more like a fiery fountain out of Revelation, springing in the land where might have walked the angel with the feet of burnished brass and the golden girdle, and above it the angel might have stooped to

24 Cfr. Ibidem, p. 100.

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gather flowers. For out of the beds of flame and smoke the flowers came; long gracefully drooping stems would for an instant hang out of the kettle, lean earthward, blooming on the end into the blood-red flower, blooming, dying all in an instant, their seed a tiny lump of smoking steel (400).

In questa sorta di inno di lode alla produzione dell’acciaio, Arnow evoca “awe, spirituality, power, gentleness, beauty, hurt, birth, and death – a kaleidoscope of conflicting images and emotions that stir Gertie’s artistic response […].”

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L’acciaieria ispirerà anche la pittrice frustrata Lena Anderson, ex-vicina di casa tornata a Merry Hill per una visita, la quale nell’ultimo capitolo dice a Gertie: “I wish the steel-mill light would show. I liked to look at it and dream sometimes of painting it at twilight when the red was like blood on the children” (633). Secondo Goldsmith, in conclusione, TD è “the painting Lena Anderson never put on canvas, the carving of a laughing Christ turned to Judas, which Gertie never finished.”

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Questo probabilmente per via del finale aperto del romanzo nel quale, come già descritto qualche pagina fa, Gertie decide di utilizzare il ceppo di ciliegio per poter creare le statuine che le sono state ordinate dalla signora Anderson, accantonando, in tal modo, la ricerca di un volto per il suo Cristo. È un finale che molti hanno descritto come

“ambiguo” o anche “deludente”, poiché secondo certi critici Gertie, così facendo, avrebbe rinunciato ai propri sogni e ceduto allo spirito capitalista della grande città. Tuttavia, da quel che sappiamo dal romanzo successivo, The Weedkiller’s Daughter, la protagonista di TD, qui nota come The Primitive, alla fine è riuscita a realizzare il suo sogno: si è infatti

trasferita con la famiglia in un sobborgo di Detroit dove ha acquistato una fattoria. Non sarebbe stato giusto tornare in Kentucky, come invece succede nel finale del film tratto dal libro, dato che ormai i figli si erano perfettamente adattati alla città e Clovis aveva più opportunità di ritrovare lavoro in città piuttosto che sulle montagne. Pertanto, alla fine, Gertie ha mostrato ancora una volta il suo pragmatismo adattandosi in parte a Detroit senza rinunciare ai propri sogni che alla fine si sono, appunto, realizzati.

25 Cfr. Ibidem, p. 101.

26 Ivi.

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