3. Le crisi del gas russo-ucraino
3.3 La terza crisi ucraina
109 Identities and Vulnerabilities: The Ukraine Crisis and the Securitisation of the EU-Russia Gas Trade, M. Siddi, dicembre 2017
Le tensioni energetiche con la Russia persistettero, e quasi ogni inverno sorgeva qualche conflitto110. All’inizio del 2010, si riaccese un’altra disputa tra Russia e Bielorussia sui prezzi del gas naturale e sulle tariffe di transito. Nel giugno 2010, la Russia tagliò parzialmente le forniture di gas alla Bielorussia, il che comportò una diminuzione a breve termine del 40% delle forniture di gas alla Lituania e al territorio russo di Kaliningrad111. Tre anni più tardi, nel 2013, davanti all’accentuarsi dell’avvicinamento dell’Ucraina all’Unione Europea, le tensioni con la Russia si inasprirono.
Nel marzo del 2014, i cittadini russi furono chiamati a votare per un referendum - giudicato successivamente illegittimo dalla Comunità europea - riguardo l’annessione dei territori ucraini della Crimea e di Sebastianopoli. Tale referendum, indetto dall’attuale presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, ebbe esito positivo.
I mesi successivi videro l’accentuarsi delle tensioni dal momento in cui Putin minacciò l’Ucraina di interrompere le forniture di gas russo qualora questa non avesse ripagato i suoi debiti. Ciò rappresentò allo stesso tempo un’aperta minaccia alla sicurezza degli approvvigionamenti dei paesi europei. In risposta a queste minacce l’Ucraina, pur ritenendole inammissibili e strettamente legate alla sua opposizione all’annessione russa della Crimea, si dimostrò disposta a pagare i suoi debiti – che ammontavano a 2,2 miliardi di dollari – soltanto a seguito del ripristino del prezzo del gas stabilito dall’accordo del 2013, pari a 268,5 dollari per 1000 metri cubi112.
La Russia, in seguito all’insolvenza ucraina e al conflitto militare che stava avendo luogo nella zona orientale della stessa, nel giugno del 2014 interruppe nuovamente le forniture di gas per il consumo interno.
La Commissione Europea intervenne tempestivamente per salvare l’Ucraina dal gelo dell’inverno che si stava avvicinando, per cercare di far raggiungere un’intesa tra i due paesi.
I negoziati trilaterali portarono alla stipula di un accordo riguardo le forniture di gas il 30 ottobre 2014. Questo prevedeva la pianificazione del pagamento e le relative modalità; una garanzia per il debito ucraino e il raggiungimento di un’intesa sul prezzo delle forniture di gas per il periodo invernale.
110 The New Geopolitics of Natural Gas, Harvard University Press, Agnia Grigas 2017 111 Belarus has restricted Russian gas supplies to Lithuania, Verslo žinios, 23/06/10 112 Putin sconta il gas all’Ucraina, rai news 17/03/13
La disputa si concluse con il pagamento rateizzato da parte dell’Ucraina di 3,1 miliardi di dollari alla Federazione Russa entro la fine di quell’anno.
L’accordo includeva inoltre la garanzia da parte della Russia della fornitura di gas naturale all’Ucraina ad un prezzo decisamente inferiore rispetto a quanto richiesto da Gazprom nel marzo di quell’anno: la tariffa passò da 485 dollari per 1000 metri cubi di gas a 378 fino alla fine del 2014.
Nonostante i negoziati avessero evitato una grave crisi energetica, la presa della Crimea da parte della Russia - la prima annessione del territorio di un altro paese europeo dalla Seconda Guerra Mondiale - portò le relazioni del Cremlino con l’Occidente in un territorio inesplorato. Mentre la crisi si approfondiva, i governi occidentali, guidati dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, imposero sanzioni senza precedenti contro il governo del presidente Vladimir Putin, escludendo però un’azione militare a sostegno dell’Ucraina. La prima ondata di sanzioni ha preso di mira individui e organizzazioni che avevano promosso e sostenuto l’annessione della Crimea.
Quando il conflitto entrò in una fase più violenta dell’aprile 2014, e in particolare a seguito dell’abbattimento del volo MH17 il 17 luglio, l’Occidente impose una seconda ondata di sanzioni. In particolare, vennero prese ampie misure a livello economico che andarono a limitare l’accesso di Mosca al sistema finanziario globale e la sua capacità di operare all’interno dei mercati internazionali, impedendo contemporaneamente gli investimenti stranieri verso la Russia113.
I leader europei sottolinearono che le sanzioni furono un mezzo per un fine. L’allora presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, nel marzo 2014 disse:
“le sanzioni non sono una questione di ritorsione, sono uno strumento di politica estera. Non un obiettivo in sé, ma un mezzo per raggiungere un fine. Il nostro obiettivo è quello di fermare l’azione russa contro l’Ucraina, per ripristinare la sovranità dell’Ucraina e per ottenere questo abbiamo bisogno di una soluzione negoziata”
Dopo la crisi Ucraina, nonostante la Commissione europea continuasse a porre l’accento sulle sanzioni contro la Russia, le differenze all'interno dell'UE su tale questione divisero gli stati membri in gruppi filo-russi e filo- americani114.
Il primo sosteneva la riduzione del grado e delle tempistiche delle sanzioni, cercando di ripristinare ed espandere la cooperazione energetica con la Russia. A causa degli stretti
113 The New Map: Energy, Climate, and The Clash of Nations, Daniel Yergin, 2020, pp. 95-96
114 The Ukraine crisis and the demise of the European security order, P. Ivan, European Policy Centre, 01/12/15
effetto significativo sulla loro economia interna.
Il secondo gruppo sostenne fermamente la linea politica dell'UE e degli Stati Uniti, asserendo che l'UE avrebbe dovuto ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di gas naturale russo, garantendo così la sicurezza energetica attraverso la diversificazione delle importazioni di gas naturale.
In questo contesto il primo gruppo è riuscito a prevalere ed è stata un'importante forza trainante per promuovere la ripresa della cooperazione nel settore del gas naturale tra la Russia e l'Europa.