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CAPITOLO I ANTROPOLOGIA DELL'ERRORE

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Academic year: 2024

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Ciò non toglie che l'istinto, che coincide con la parte corporea dell'essere, sopravviva nell'uomo e faccia valere quotidianamente il suo peso anche nelle scelte più banali. Possiamo aggiungere che l'istinto non riguarda solo il lato fisico dell'uomo, ma in un certo senso anche quello spirituale. L'istinto, infatti, è caratteristico di ogni essere vivente, l'intuito solo dell'uomo e, in rari casi, degli animali più evoluti.

Al contrario, la debolezza dell'intelligenza coincide con la superficialità della sua conoscenza, e la sua virtù con l'applicabilità universale del suo procedimento. È ciò a cui fa riferimento Ricoeur, sottolineando «una certa incoerenza dell'uomo con se stesso: questo. I primi sono del tutto indipendenti dalla volontà umana; non è infatti possibile scegliere di interrompere l'attività cardiaca o di non respirare.

Ad essa si contrappone la libertà della ragione, la quale, al contrario, ma anche il rischio insito dell'errore, conduce l'uomo alla verità. Va chiarito che il giudizio su un'azione non si dà in base all'osservazione di chi la compie. L'esaltazione dell'idea esposta si ritrova, in ambito giudaico-cristiano, nell'etica dell'amore.

La dialettica dell’errore tra istinto, ragione e volontà

Lo scopo dell'azione è il bene, che nell'uomo onesto risulta dalla convergenza tra il “buono in sé” e l'”apparentemente buono”. La volontà è dunque quel termine medio che si interpone tra l'attività teorica, cioè il giudizio, e l'attività pratica, cioè la scelta dell'azione. L'identificazione del bene con un oggetto può quindi avvenire attraverso l'esistenza o la presenza di determinati aspetti.

Da quanto detto consegue che il male non può essere considerato come una limitazione dell'essere (dell'esistenza): “o hai l'esistenza o non l'hai; non può essere concepito con limitazioni”113. Ciò dipende dall'uso che la persona fa dell'oggetto in questione, tanto che si può affermare che «l'unico oggetto autentico della volontà (…) è l'azione»115. Non si tratta infatti di oggetti, ma di categorie applicabili ad un'azione, che spetta all'uomo.

Il male è insito nell'uomo, in quanto è una possibilità concreta di azione; Il male, però, non è mai totale responsabilità dell'uomo, ma sta davanti a lui come una realtà inalienabile. Tommaso, il bene come caratteristica di ciò che aspira alla pienezza dell'essere e il male come possibilità di scegliere qualcosa di opposto all'essere, la volontà non può che aspirare al primo e fuggire dal secondo. Così facendo, negandola a un individuo, non si rifiuta la sua determinazione, ma quella dell'intera umanità, negando così la proprietà stessa.

Quest'ultimo aspetto, già classificato come bene speciale, nega una determinante essenziale dell'essere, vale a dire la libertà. In queste ultime riflessioni abbiamo spesso parlato delle proprietà essenziali dell'essere senza mai specificarle. Ciò sottolinea chiaramente quale sia lo scopo dello sviluppo e del consolidamento di una società, vale a dire bene comune, senza però dichiarare quali siano gli strumenti utili per individuare le modalità di azione e gli interventi finalizzati al suo raggiungimento.

Con questo aggettivo non si vuole in realtà indicare un uso utilitaristico o arbitrario dell'idea, quanto piuttosto pratico, cioè finalizzato all'azione. Da quanto detto finora possiamo cominciare ad avvicinarci alla definizione di errore in ambito antropologico.

La scelta come giudizio di valore

Qui l'utilitarismo può dunque «raggiungere soltanto la legalità»153, con la tragica possibilità di sviluppare una ragione egoistica dell'agire. Nel mondo greco, a livello generale, la giustizia era intesa come «una virtù essenzialmente definita dall’idea di uguaglianza»156. Per il filosofo «il giusto (...) è il bene in sé desiderabile e piacevole»159, il che sostiene la tesi della naturale inclinazione dell'uomo al bene.

In questa prospettiva, la giustizia diventa «diritto dell'uomo nello Stato»167, che si pone così come ideale fondamentale di ogni nazione. Possiamo a questo punto sostenere che è la componente morale dell'uomo a distinguerlo come persona, essendo comune a tutti ma non presente in nessun'altra specie animale. La promozione del benessere individuale non deve essere confusa con l’esaltazione degli interessi privati, che sfocia nell’egoismo.

Questa definizione ci apre una realtà nuova, cioè quella della dimensione sociale dell'uomo. Comprendere i limiti dell'uomo è un passo fondamentale nel quadro di una visione personalistica dell'uomo. Con questa espressione vuole sottolineare la posizione dell'uomo che non è né una parte del mondo delle idee né una cosa transitoria, ma piuttosto un essere umano.

Da quanto detto possiamo comprendere ancora meglio il vero significato che dobbiamo dare alla dimensione sociale dell'uomo come dimensione primaria dell'essere. Quale concetto dell'uomo rimane, quale immagine dell'uomo possiamo creare, se in fondo ha lavorato, quando crede di lavorare, se. Ne consegue che la casualità nasconde in realtà l’impossibilità del controllo umano.

ROUSSEAU, Emilio o l'educazione (traduzione dal francese), La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1995, soprattutto libri II e IV. In campo legislativo è stata raggiunta la dichiarazione universale dei diritti umani e sono state sviluppate linee riconosciute a livello internazionale per la tutela dell'ambiente. La seconda, appena illustrata, identifica l'errore con la scelta che impedisce all'uomo di realizzare il bene, attraverso la negazione di una delle dimensioni fondamentali dell'uomo.

Secondo noi è uno strumento che l'uomo ha a disposizione non per la conoscenza ma per l'azione.

L’errore come strumento di conoscenza

Ciò che dovremo fare qui è verificare l'applicabilità dell'errore nella ridefinizione delle strutture fondamentali della persona, quelle che la distinguono a livello antropologico. Per farlo con chiarezza, seguiremo lo schema individuato e intraprenderemo l'analisi dell'errore nel primo giudizio e nella seconda scelta. Tutto ciò ci incoraggia ad utilizzare l'istinto, uno strumento molto valido, con attenzione nel giudizio, soprattutto quando si passa da un giudizio dato dall'istinto ad un altro giudizio basato su di esso.

Possiamo notare a questo punto due differenze essenziali rispetto al caso dell'errore causato dall'istinto. Il metodo di rilevamento e generalizzazione degli errori, l'uso che se ne può fare una volta compreso. Sulla base della riflessione svolta, possiamo sostenere che, nel caso dell'errore derivante dalla ragione, sebbene sia impossibile sradicarlo definitivamente, nella maggior parte dei casi esso può essere previsto ed evitato.

Pertanto, sebbene gli errori siano endemici sia della ragione che dell'istinto, nel primo caso sono più soggetti a controllo, poiché richiedono caratteristiche specifiche per verificarsi. Al termine di questa riflessione sull'uso degli errori derivanti dal giudizio, possiamo dire che esso si presenta come uno strumento di conoscenza, perché dà origine a elementi da ricordare e da tenere in considerazione per il futuro, se lo usiamo sull'istinto . Non pochi autori, infatti, considerano l’errore della scelta “come una mancanza di sensibilità morale”241.

L'avventatezza dell'atto, l'urgenza del momento e la spinta esercitata dall'interesse personale non sono componenti favorevoli per una scelta prudente. In questo senso la prudenza può essere apprezzata come «obiettivo finale di ogni sforzo educativo»242, e in particolare dell'educazione morale. Pertanto, «la saggezza e l'esperienza umana (...) aiutano anche a sopportare il peso dell'errore»249, che apparentemente non è un adattamento passivo ad esso, che mortificherebbe la natura umana, costretta in una situazione e incapace di modificarla.

Dopo aver provato ad approfondire la tesi dell'errore come strumento di conoscenza, possiamo fare alcune considerazioni conclusive. Tutti dovrebbero sentire l'errore dentro di sé come una scarica di adrenalina che, nonostante provenga dal sentimento di paura, si traduce in un catalizzatore e un potenziatore dell'energia che ognuno possiede.

L’uomo come essere capace di riscattarsi dall’errore

Inoltre, per tornare ad un tema a noi ormai caro, la negazione della suddetta apertura negherebbe all'uomo la libertà, annullata dall'inizio del fallimento nella vita. L'idea di un percorso aperto alle possibilità è la condizione necessaria per la percezione dell'uomo come essere caratterizzato dall'educazione. Se è vero che il percorso umano può essere cambiato e che il contributo degli altri a questo processo ha un peso significativo, è necessario che la persona partecipi attivamente a questa attività, poiché un atteggiamento di chiusura e di rifiuto invaliderebbe ogni tentativo di rifacimento. .

La redenzione può quindi essere considerata un processo che nasce dal passato (rottura dell'equilibrio), avviene nel presente (azione riparatrice) ed è orientato al futuro (ripristino dell'equilibrio). Essere conosciuti non garantisce però la conoscenza degli oggetti analizzati; abbiamo già visto quali possono essere le cause degli errori di stima e come è possibile riutilizzare l'errore. La redenzione nel giudizio, cioè il processo che risolve la situazione di errore, non comporta quindi alcuna questione di particolare importanza, a parte l'identificazione dell'errore e il problema sempre urgente di elaborare un nuovo giudizio.

A tutto ciò fa seguito la convinzione che «lo scopo (...) non è l'eliminazione dell'errore, ma piuttosto la tolleranza del sistema all'errore stesso»267. Solo quando non saremo più insensatamente gravati da un peso che non ha ragione di esistere potremo realizzare il tanto desiderato riscatto dell’errore di giudizio. L'errore di scelta, lo abbiamo capito, consiste nella realizzazione di un atto che non va nella direzione della completezza dell'essere e che si oppone a quelli che abbiamo individuato come nostri valori di riferimento.

Se parliamo di elezioni, come abbiamo già sottolineato, non possiamo evitare di notare una dose più o meno elevata di volontarietà nell’esecuzione della legge. L'atteggiamento abituale dei terzi si incarna nello stupore di questo atto e nell'associare l'atto ad una psicopatologia dell'individuo. Come abbiamo già detto, potremmo considerare una situazione redenta quando viene ricreata esattamente prima che si verificasse l'atto malvagio.

Accenneremo ora solo ad una breve riflessione al riguardo, tenendo presente che quest'opera non intende trattare il tema dell'errore dal punto di vista cristiano. Spesso, quando cerchiamo e chiediamo la redenzione, preghiamo, partendo dall'idea che «la preghiera è una 'fede' (audemus dicere), una richiesta che le avversità siano.

Riferimenti

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