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Čukoskij, Fëdorov e Aleksee

3. La teoria e la critica della traduzione

3.1 Gli anni Trenta

3.1.2 Čukoskij, Fëdorov e Aleksee

L’importanza del lavoro di redazione sul testo viene ribadito da Čukovskij anche nel 1930, quando il suo saggio, ampliato e rivisto, esce presso la casa editrice “Academia” con il titolo di

13 Čukovskij 1964: 349-350. 14 Čukovskij 1919: 8. 15 Čukovskij 1919: 22.

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Iskusstvo perevoda (Arte della traduzione)16, ancora una volta con il benestare di Gor’kij17. Ora che, con il finire della NEP, la politica culturale ha stabilito criteri più rigidi e definiti e ha portato alla centralizzazione delle case editrici, l’autore finisce per affermare il diritto del redattore ad apportare riduzioni a un libro in considerazione del lettore a cui è destinata la traduzione18. Da questo testo, il primo vero contributo alla traduttologia sovietica, emergono due elementi fondamentali che caratterizzeranno il settore della traduzione in URSS. Il primo è l’orientamento antiletterale e l’approccio libero al testo di partenza. Se Čukovskij nel 1919, si era limitato a definire il traduttore letterario come colui che “non fotografa l’originale, ma lo ricrea artisticamente”19, ora afferma categoricamente che: “la traduzione letterale è la meno fedele di tutte”20. Il secondo aspetto, che serve per avvalorare il primo, è la riscoperta dei classici della traduzione, di quegli autori che in epoche precedenti avevano adottato un approccio estremamente libero nei confronti del testo di partenza, fino ad arrivare a una totale rielaborazione e riscrittura dell’originale. Čukovskij, pur asserendo l’importanza di prestare attenzione a tutte le peculiarità dell’opera straniera e di non procedere ad aggiunte e rifacimenti, elogia le traduzioni di Dickens realizzate da I. Vvedenskij21 a metà dell’Ottocento:

Anche se ha cambiato quasi ogni frase, è stato l’unico in grado di trasmetterci Dickens, la sua atmosfera, il suo temperamento. […] Non ci ha restituito l’espressione letterale, ma la sua intonazione, i suoi gesti, la sua mimica verbale. […] Preferiamo la traduzione infedele di Vvedenskij […] poiché nella sua infedeltà […] è molto più vicina all’originale di quella che restituisce in maniera schiava la lettera22.

La traduzione sovietica, nell’affermare la propria diversità rispetto alla pratica dei modernisti di inizio secolo, cerca conferma delle proprie posizioni nel passato meno recente da cui attinge e recupera quelle traduzioni che erige a modello traduttivo.

Il saggio di Čukovskij rappresenta anche il primo tentativo di applicare al discorso traduttologico la visione marxista dei rapporti tra popoli e culture:

16 Čukovskij, Fëdorov 1930. 17 Iz pis’ma k Čukovskomu 1930. 18 Čukovskij 1930: 81-82. 19 Čukovskij 1919: 7. 20 Čukovskij 1930: 28. 21

Irinarch Ivanovič Vvedenskij (1813-1855), traduttore e scrittore. Si è dedicato in particolare alla traduzione dell’opera di Charles Dickens e di William Makepeace Thackeray.

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Il traduttore, anche il più talentuoso, non è in grado […] di infrangere quel canone estetico che gli è stato instillato da un determinato gruppo letterario (e quindi sociale) e a cui rimane inconsapevolmente fedele anche quando traduce uno scrittore appartenente al gruppo sociale nemico. Adattando inconsapevolmente questo suo opposto agli ideali e ai gusti del proprio gruppo sociale, il traduttore pian piano, senza nemmeno accorgersene, elimina anche le peculiarità stilistiche che sono state infuse a quell’autore dall’ambiente che lo ha generato23.

Dal momento che, secondo Čukovskij, “il traduttore riflette la propria ideologia di classe”, “traduce se stesso, cioè riflette nella sua traduzione la sua essenza sociale”24, allora egli dovrà di conseguenza astenersi dal lavorare su testi di scrittori che appartengono ad ambienti e strati sociali diversi dai propri25. L’autore sarà in seguito obbligato a rivedere e a correggere simili affermazioni dal momento che, benché aderiscano concettualmente alla ideologia marxista, una volta generalizzate, portano a ritenere ragionevolmente che esistano autori ed opere non “traducibili” anche all’interno dell’Unione Sovietica26.

L’adesione alla nuova ideologia e all’approccio marxista viene proposto, seppur in maniera diversa, anche da A. Fëdorov27 nel saggio contenuto all’interno dello stesso volume:

Le singole peculiarità dell’originale, che devono essere restituite in un’altra lingua, […] lottano per quel posto che devono occupare nell’opera del traduttore. E il traduttore, respingendone una, conservandone o modificandone un’altra, procede a una scelta tra le possibilità che gli si presentano e […] risolve questo conflitto delle forze in lotta28.

Il saggio di Fëdorov, caratterizzato da un’esposizione didattica nella trattazione di alcuni aspetti quali la sintassi, la sinonimia, i giochi di parole e i dialettismi, intende dimostrare che “la fedeltà di una traduzione è un concetto relativo e convenzionale”29, dal momento che il criterio

23 Čukovskij 1930: 16 24 Čukovskij 1930: 23. 25 Čukovskij 1930: 18; 20; 23. 26

I. Al’tman nel 1936 lo accuserà di aver affrontato il tema in una “forma sociologica approssimativa” e di non aver capito che “il traduttore sovietico dalle altezze della comprensione marxista della storia e della contemporaneità può comprendere e restituire in maniera perfetta le particolarità del pensiero e dello stile letterario di un autore straniero, anche se gli è del tutto estraneo dal punto di vista sociale e dell’appartenenza di classe” (Al’tman 1936b: 152)

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Andrej Venediktovič Fëdorov (1906-1997), traduttore, teorico della letteratura e della traduzione. Ha tradotto in russo numerosi autori francesi, tra cui Molière, Diderot e Flaubert. È uno dei fondatori della traduttologia sovietica e tra i primi ad adottare un approccio linguistico nella riflessione teorica di questo settore.

28 Fëdorov 1930: 91. 29

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per valutare la buona riuscita di un lavoro deve tenere in considerazione l’ambiente letterario in cui si colloca un testo straniero e, in particolare, il lettore a cui si rivolge30.

Questo orientamento verso il lettore, proposto da Fëdorov, viene ripreso l’anno successivo anche nello studio di M. Alekseev31:

Non ha senso parlare del valore estetico di una traduzione senza prendere in considerazione la cerchia di lettori a cui è destinata […]. Quindi la domanda “come è stato tradotto?” ne […] comporta un’altra: “per chi è stato tradotto?”32.

Mentre Fëdorov si era limitato ad osservare che “il nostro tempo è il tempo della traduzione rivolta al lettore di massa”33, Alekseev si pronuncia in questi termini:

il lettore medio […] non ha bisogno di una fedeltà letterale, parola per parola […], non ha nemmeno bisogno di tutto l’apparato di note che illustri i punti in cui la traduzione si allontana dall’originale, perché appesantirebbe la lettura. Le sostituzioni e le rimozioni sono salvifiche e necessarie: senza di esse non può esistere nessuna traduzione che pretenda di avere un significato letterale e una vita propria34.

Anche il secondo contributo teorico degli anni Trenta si pronuncia dunque apertamente contro l’approccio letterale all’opera straniera, utile solamente “per lo studio e la ricerca del filologo e del letterato”. In questo caso, l’atteggiamento di libertà nei confronti del testo trova una giustificazione nel compito che deve svolgere la traduzione letteraria, cioè rendere fruibile il testo al pubblico più ampio possibile. Alekseev passa quindi ad illustrare il ruolo della traduzione in Unione Sovietica:

La traduzione, in quanto strumento di iniziazione delle nazionalità più arretrate a una unica visione del mondo, acquisisce un enorme significato statale; un ruolo altrettanto importante viene svolto dalle traduzioni in quanto strumento di educazione alle abilità artistico-letterarie e mezzo di assimilazione di quelle ricchezze della cultura europea che devono essere utilizzate in maniera razionale per la costruzione di una nuova cultura e di un nuovo stile di vita35.

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Fëdorov 1930: 209-225.

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Michail Pavlovič Alekseev (1896-1981), critico e teorico della letteratura russa e occidentale. Ha prodotto i suoi lavori prevalentemente nell’ambito della comparatistica.

32 Alekseev 1931: 4. 33 Fëdorov 1930: 225. 34 Alekseev 1931: 20. 35 Alekseev 1931: 7.

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Se “l’epoca sovietica potrebbe essere definita l’epoca della traduzione organizzata”36 e l’attività traduttiva rientra tra le questioni di rilevanza statale è perché i dirigenti politici devono assicurare la diffusione dell’ideologia all’interno di uno stato multinazionale che raggruppa popoli dalle lingue e dallo sviluppo scientifico e culturale molto diversi. Se da un lato, è necessario diffondere i principali scritti marxisti nelle lingue dei territori dell’URSS, dall’altro, si impone la necessità di divulgare anche il patrimonio letterale, russo e straniero. La formulazione di Alekseev di “utilizzo razionale” pone l’accento sugli obiettivi educativi affidati alla letteratura tradotta che, al pari di quella nazionale, deve servire all’edificazione e all’educazione del nuovo cittadino sovietico.