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La traduzione letteraria in Unione Sovietica (1930-1955)

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Academic year: 2021

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DOTTORATO DI RICERCA IN

Lingue, Culture e Comunicazione Interculturale

Ciclo XXIII

Settore Concorsuale di afferenza: 10/M2

Settore Scientifico disciplinare: L-LIN/21

LA TRADUZIONE LETTERARIA IN UNIONE SOVIETICA (1930-1955)

Presentata da: Ilaria Lelli

Coordinatore Dottorato

Relatore

Prof. Marcello Soffritti

Prof. Maria Zalambani

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INDICE

INTRODUZIONE 6

1. POLITICA E CULTURA IN URSS (1930-1953) 10

1.1 Il contesto storico-culturale 10

1.2 Il Glavlit 20

1.3 L’Unione degli Scrittori 31

1.4 Il mondo editoriale 41

1.5 Il realismo socialista e la critica editoriale 50

2. TRADUZIONE E ISTITUZIONI 60

2.1 La Sezione dei Traduttori 60

2.2 La Commissione Straniera 79

2.3 Il Reparto Straniero del Glavlit 98

2.4 Il mondo editoriale e la traduzione 107

3. LA TEORIA E LA CRITICA DELLA TRADUZIONE 125

3.1 Gli anni Trenta 126

3.1.1 Il ruolo di Gor’kij 126

3.1.2 Čukoskij, Fëdorov e Alekseev 127

3.1.3 La Prima Conferenza Moscovita dei Traduttori – 1933 131

3.1.4 La Literaturnaja Enciklopedija 133

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3.1.6 L’opposizione a Smirnov e alla casa editrice “Academia” 136

3.1.7 Il caso Lann 138

3.1.8 Il caso Radlova 140

3.2 Dal dopoguerra al Secondo Congresso 142

3.2.1 Sedjučenko 142

3.2.2 La polemica tra Kaškin e Šengeli 145

3.2.3 Il cosmopolitismo in traduttologia 148

3.2.4 Letterati e linguisti 154

CONCLUSIONI 161

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Introduzione

L’Unione Sovietica, “un paese che si chiudeva in maniera nevrotica al mondo”1. Questa la definizione di B. Dubin che ci ha spinto ad indagare le complesse dinamiche socio-politiche che hanno regolato il sistema culturale sovietico determinandone l’assoluta specificità rispetto alle altre realtà europee. L’interesse di chi scrive per il mondo della traduzione ci ha portato a interrogarci sul tema della ricezione della letteratura straniera all’interno di un contesto che prevedeva un controllo rigido e ferreo sulla produzione scritta e sulle modalità di entrata e di diffusione di ogni forma di alterità linguistica e culturale.

Se esistono studi di più ampio respiro sul rapporto tra cultura e letteratura in URSS, mancava una ricerca che problematizzasse le complesse interazioni tra il mondo politico e quello della traduzione. Abbiamo ritenuto necessario presentare innanzitutto nel primo capitolo il contesto storico del periodo staliniano e dei primissimi anni dell’era chruščeviana, focalizzando la nostra attenzione prevalentemente sulla politica culturale del partito dal Primo al Secondo Congresso Pansovietico degli Scrittori. Abbiamo quindi passato in rassegna i diversi enti preposti al controllo della produzione letteraria dalla cui analisi emerge lo stretto rapporto di dipendenza tra il mondo politico e il mondo artistico: l’attività e il funzionamento del Glavlit, il massimo istituto censorio, la struttura e le peculiarità dell’Unione degli Scrittori e, infine, le dinamiche del mondo editoriale sovietico, centralizzato e statalizzato. Siamo poi passati a ripercorre le tappe principali dell’evoluzione della critica letteraria e della formazione del canone estetico del realismo socialista, l’unico metodo artistico consentito in Unione Sovietica, per individuare il sistema di codici etici ed estetici a cui deve attenersi la letteratura del periodo preso in esame.

Nella seconda parte abbiamo esaminato gli organi incaricati di gestire la letteratura straniera e la traduzione. Siamo partiti dallo studio della Sezione dei Traduttori, l’organizzazione che, all’interno dell’Unione degli Scrittori, si incarica di formare i nuovi quadri e parallelamente di elaborare un teoria e una critica della traduzione. Questo ente, pur svolgendo funzioni censorie attraverso un primo controllo delle traduzioni, si impegna a migliorare le condizioni materiali e di lavoro dei propri membri e a tutelarli nelle controversie con le case editrici. Abbiamo ricostruito

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l’attività della Commissione Straniera, l’organo che coordina l’attività della Sezione dei Traduttori e che gestisce i rapporti dell’Unione degli Scrittori con il mondo culturale straniero. La Commissione, attraverso gli scambi epistolari, gli incontri con gli scrittori occidentali e il reciproco scambio di materiale, redige i profili di ogni autore con cui entra in contatto e stabilisce quali libri debbano essere tradotti. Abbiamo preso in esame l’attività del reparto straniero del Glavlit, l’ente incaricato di controllare tutto il materiale a stampa proveniente dall’estero, la sua distribuzione e le modalità di consultazione. Il reparto effettua una prima censura sul testo originale prima di procedere alla spedizione, ritagliando o strappando alcune pagine dalle edizioni straniere, e in seguito procede alla verifica delle traduzioni che devono essere pubblicate. Infine, abbiamo descritto il mondo editoriale legato alla traduzione a partire dalla pratica della “Vsemirnaja literatura”, che, subordinata al Goslitizdat, propone al lettore sovietico nuove traduzioni o rielabora quelle realizzate nel periodo prerivoluzionario. “Academia”, che raccoglie l’eredità della “Vsemirnaja literatura”, nonostante si attenga alle indicazioni del Comitato Centrale nel redigere i propri piani editoriali, finisce per essere assorbita dalle edizioni di stato. L’unica rivista incaricata di diffondere la letteratura straniera è posta sotto il controllo del Komintern. La “Internacional’naja literatura”, in qualità di organo di stampa dell’associazione internazionale degli scrittori proletari, seleziona gli autori sulla base delle loro posizioni ideologiche e diventa ancor più politicizzata nel contenuto quando, finendo sotto la sfera di influenza dell’Unione degli Scrittori, perde il proprio comitato di redazione internazionale.

Nel terzo capitolo abbiamo ricostruito l’evoluzione del pensiero traduttologico dagli anni Trenta fino al Secondo Congresso dell’Unione degli Scrittori. Gor’kij, in qualità di promotore di una riflessione teorica in questo ambito, influenza le teorie di K. Čukovskij, incaricato di porre le basi della traduttologia sovietica: l’importanza del lavoro di redazione sul testo in considerazione del destinatario dell’opera, il rifiuto della pratica letterale dei predecessori di inizio secolo, la riscoperta dei classici della traduzione e del loro approccio libero all’originale. Se nella prima metà degli anni Trenta, per aderire all’ideologia dello stato bolscevico, i contributi proposti da A. Fedorov, A. Smirnov e M. Alekseev tentano di applicare al discorso traduttologico l’approccio marxista, all’interno della Sezione dei Traduttori si avverte la necessità di conformare e ricondurre la riflessione nell’ambito di quella sulla letteratura nazionale. La prima Conferenza Pansovietica dei Traduttori del 1936 introduce così il principio del realismo socialista in ambito traduttivo e precisa le peculiarità e i tratti distintivi della traduzione sovietica: accessibilità, semplicità e chiarezza del testo. Il dibattito che ne segue conferma l’esistenza di due schieramenti: il primo, rappresentato E.

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Lann e A. Radlova, rifiuta l’eredità del passato e afferma il principio di precisione letterale, il secondo, rappresentato da I. Kaškin e K. Čukovskij, basandosi sull’elogio del classico, proclama la necessità di un approccio libero all’opera straniera. Nel dopoguerra, quando il discorso politico e ideologico prende il sopravvento su quello artistico e letterario, i contributi, come quello di G. Serdjučenko, si limitano ad avvalorare la pratica editoriale sovietica, caratterizzata da un’accurata selezione delle opere sulla base del ruolo di propaganda affidato alla letteratura e, al contempo, da un approccio libero nei confronti del testo di partenza. La traduzione letterale, accomunata prima al metodo formalista e poi al cosmopolitismo nel dibattito tra G. Šengeli e Kaškin, diventa ideologicamente sospetta. Si afferma la “traduzione realista” cioè quella che aderisce ai criteri del realismo socialista e che come tale viene proclamata al Secondo Congresso Pansovietico degli Scrittori. Il Congresso del 1954 riconosce alla traduttologia lo status di ambito disciplinare autonoma e apre le porte alla discussione tra le due correnti che hanno cominciato a delinearsi all’inizio degli anni Cinquanta grazie ai contributi di Stalin nell’ambito della linguistica. I traduttologi che intendono sviluppare la riflessione solo all’interno della teoria della letteratura e coloro che avvertono la necessità di avvalersi dell’apporto della linguistica continueranno ad affrontarsi nei due decenni successivi.

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1. Politica e cultura in URSS (1930-1953)

1.1 Il contesto storico-culturale

All’inizio del XX secolo, fra il 1905 e il 1917, la Russia attraversò una fase storica che poteva aprirle la strada verso il nouveau régime, colmando quella distanza che separava lo stato zarista dal resto dell’Europa, ma la rivoluzione di ottobre, riportò bruscamente il paese in pieno ancien

régime. Il lasso di tempo che intercorse fra la rivoluzione del 1905 e quella dell’ottobre 1917 fu il

momento in cui la Russia poté aspirare ad una modernizzazione di stampo europeo. Si trattò di un periodo di liberalizzazione, caratterizzato dall’abolizione della censura preliminare e dalla conseguente fioritura del mercato culturale. In particolare, i mesi che seguirono la rivoluzione di febbraio furono i più fervidi e floridi che il mercato culturale russo avesse mai conosciuto.

Lo sviluppo economico, l’industrializzazione degli anni Novanta del XIX secolo e la nascita di una cultura popolare basata sul processo di alfabetizzazione avevano prodotto effetti significativi che contribuirono a mutare radicalmente la fisionomia del campo letterario1. L’abolizione della censura preventiva2 liberò la parola da una ancestrale schiavitù, che lo stato secolarizzato russo aveva ereditato dalla chiesa. In questa atmosfera di libertà di stampa, il campo letterario fu invaso da una molteplicità di nuovi agenti, che provocarono un cambiamento nello status dello scrittore. L’autore divenne un professionista, membro di una intelligencija autonoma, finanziariamente indipendente3. Egli potava firmare contratti con editori diversi, prendere parte a dibattiti letterari, scrivere articoli e saggi in quotidiani e riviste, tenere conferenze, insomma era diventato una personalità pubblica al punto tale che, per la difesa di questo suo nuovo status, nel 1896 sorse la prima Unione degli scrittori russi4.

Con l’ingresso nel campo letterario di nuovi intellettuali, provenienti da stati sociali inferiori, mutò anche la composizione sociale della classe degli scrittori. Da strati sociali più bassi emersero anche nuovi editori e distributori5 così che la comparsa di nuovi agenti culturali sconvolse il campo in modo radicale, comportando cambiamenti che riguardavano la produzione, 1 Brooks 2003; Lejkina-Svirskaja 1981. 2 O vremennych pravilach 1906. 3 Nivat 1987; Rejtblat 1997. 4 Lejkina-Svirskaja 1981: 135-139. 5 Brooks 2003: 80-108.

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la distribuzione e la ricezione dei prodotti letterari. Un importante elemento di questo catena era ovviamente il nuovo lettore, proveniente dalla classe contadina o dagli strati più bassi della popolazione urbana, che divenne il fruitore privilegiato della letteratura popolare.

La radicale trasformazione che coinvolse la produzione e le circolazione dei prodotti letterari toccò anche i quotidiani e le riviste. I tolstye žurnaly (Vestnik Evropy, Russkoe bogatstvo,

Obrazovanie) che, sin dai tempi di Nikolaj Karamzin, avevano dominato la scena letteraria russa,

aumentarono la loro distribuzione, mentre, contemporaneamente, si assisteva alla fioritura di settimanali illustrati diretti ad un pubblico più ampio (Niva, Rodina, Ogonëk) e di quotidiani popolari (Svet, Gazeta kopejka) tendenti ad oscurare la florida tradizione dei quotidiani letterari, il cui declino era iniziato dalla seconda metà del XIX secolo.

Questi nuovi agenti culturali coabitavano all’interno del campo letterario con la vecchia

intelligencija, dando vita alla consueta lotta fra elementi tradizionali e agenti innovatori per il

dominio del campo. L’intelligencija ebbe una reazione di rigetto verso la nuova letteratura commerciale6, ma nonostante ciò, i nuovi scrittori popolari, creatori di romanzi a puntate, romanzi di avventure e polizieschi, andavano guadagnandosi un pubblico sempre più ampio.

Il risultato fu stupefacente: alla vigilia della rivoluzione il campo letterario russo aveva raggiunto un’autonomia di cui non aveva mai goduto in precedenza. L’esistenza di due culture, una elitaria e l’altra popolare, in lotta tra loro per definire i confini stessi del campo, era dovuta al fatto che una straordinaria metamorfosi era intervenuta nelle attitudini e nell’immaginario della gente comune. Il processo di istruzione e la liberalizzazione avevano mutato il campo letterario e quello sociale, minacciando la stessa struttura letteraturocentrica della cultura russa. La comparsa di nuovi agenti sembrava preparare la strada per la fine del vecchio regime e avrebbe potuto aprire la via ad un nuovo tipo di economia culturale di stampo occidentale, se non fosse intervenuta la rivoluzione d’ottobre.

Alla Rivoluzione di Ottobre succede il Comunismo di guerra (1918-1921), che segue la fine del conflitto mondiale e vede il governo bolscevico adottare una serie di misure ‘straordinarie’ per far fronte alla guerra civile. Un esperimento particolarmente interessante, che mostra come nella fase di incubazione della Rivoluzione di Ottobre, la socialdemocrazia russa abbia attentamente studiato il modello del capitalismo tedesco che, in Germania, si stava riorganizzando sotto forma di capitalismo di stato. Partendo dal presupposto che la guerra aveva accelerato il passaggio verso il capitalismo monopolistico di stato e che la rivoluzione avrebbe consegnato la nuova macchina

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statale al proletariato, Lenin e la socialdemocrazia individuavano in questo modello di stato la base di un nuovo ordine socialista. Il comunismo di guerra non è, come ha a lungo sostenuto la storiografia sovietica, un tentativo del governo di dare un’immediata forma comunista all’organizzazione economica dello stato e non è neppure un complesso di provvedimenti congiunturali dettati dalla necessità di far fronte alla guerra civile; il voennyj kommunizm è frutto di questi due processi (uno congiunturale, l’altro ideologico) che generano la concezione di stato socialista moderno, al cui interno produzione e distribuzione vengono organizzate secondo i criteri della razionalizzazione economica occidentale. È così che i nuovi principi organizzativi del sistema tedesco vengono assunti come base per la costruzione del socialismo7.

La progettualità che, in ambito politico, si cela dietro al comunismo di guerra investe anche la cultura. I decreti (ukazy), le delibere (postanovlenija) e le direttive del partito riguardanti le riviste, le biblioteche, le case editrici, le scuole dimostrano che il partito bolscevico in questa fase non intende solo effettuare un controllo dall’alto di tali istituzioni, ma vuole gestirle in modo diretto8. Se si supera lo schema interpretativo che vede le azioni del potere bolscevico in ambito culturale come mere misure repressive (chiusura dei giornali d’opposizione, requisizione delle tipografie, censura) si vede come esso agisca anche e soprattutto in modo propositivo. Così come sul versante politico Lenin è disposto ad ‘andare a scuola’ dal capitale tedesco per formulare un modello di capitalismo monopolistico di stato, allo stesso modo in ambito culturale egli è disposto ad apprendere dai tecnici borghesi tutto il sapere necessario per la nascita e lo sviluppo del giovane stato sovietico: La coesistenza di forze culturali legate alle tradizione (simbolisti, acmeisti, immaginisti) e di altre, pervase di spirito rivoluzionario, non va intesa come tolleranza dello stato sovietico nei confronti delle vecchie élite culturali, bensì come fase di apprendimento: anche in campo artistico i bolscevichi sono disposti ad appropriarsi del sapere della vecchia intelligencija. L’incontro fra rappresentanti statali e intelligencija (6 ottobre 1918), in cui Anatolij Lunačarskij invita gli intellettuali a collaborare con lo stato sovietico, così come i continui tentativi di attirare i

poputčiki sulla strada rivoluzionaria sono una prova di ciò. L’operazione dello stato sovietico

consiste dunque nell’apprendere da tutte le forze in campo possibili strategie atte a consolidare lo stato, attribuendogli un’identità culturale, tramite l’espunzione di tutti i ‘discorsi’ non pertinenti al progetto sovietico.

7 Salomoni 2001.

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All’inizio del 1921 la guerra civile era terminata e il regime consolidato. La situazione del paese era però più catastrofica che mai. Alla fine della rivoluzione, la Russia si ritrovò molto più rurale, più contadina di prima della guerra. La direzione del Partito sviluppò al VIII Congresso, l’idea che avrebbe guidato, fino alla fine degli anni Trenta, la politica di reclutamento di nuovi iscritti, secondo la quale l’afflusso di autentici proletari era l’unica garanzia contro la “burocratizzazione” degli apparati. Il X Congresso del partito cominciava i suoi lavori (8 marzo 1921) e avrebbe votato 2 decisioni fondamentali: inaugurazione della NEP, creazione di piccole imprese private e libertà nel commercio interno9.

Anche l’Orgbjuro, delegato a tutte le questioni di organizzazione all’interno del Partito, assunse un’importanza crescente, come il Segretariato, che controllava tutti i dipartimenti del Comitato Centrale. Nel marzo del 1922 Stalin fu nominato Segretario generale, con Molotov e Kujbyšev come collaboratore. Questa carica, apparentemente tecnica, avrebbe in realtà permesso a Stalin di controllare le nomine dei dirigenti e di assicurarsi solidi appoggi negli apparati10.

L’epoca staliniana fu caratterizzata dal consolidamento del realismo socialista, il cui programma estetico aveva attinto ai diversi manifesti letterari dei due decenni precedenti. Lo scrittore era diventato l’esecutore anonimo del mandato sociale ed il suo lavoro si svolgeva sotto l’egida del partito. Quando la RAPP finì di portare a termine questo progetto essa stessa fu messa da parte, assieme agli altri gruppi letterari, tramite la risoluzione del 1932. La scena era ormai pronta per l’istituzionalizzazione di un unico metodo creativo che non lasciasse spazio a dibattiti e lotte interne. Il realismo socialista nasce dunque come pratica istituzionale, dal momento che la critica letteraria e la teoria della letteratura in Unione Sovietica non funzionavano solo a posteriori, ma soprattutto a priori, non esercitando solo funzioni descrittive, ma prevalentemente prescrittive e attivando una serie di norme e di ingiunzioni che regolavano l’intero sistema culturale. Il risultato fu che da metà degli anni Trenta fino a metà degli anni Cinquanta il discorso scientifico che riguardava l’arte e la letteratura fu dominato dal paradigma lavoro-vita, secondo il quale la vita ed il lavoro dovevano essere descritti come una questione pubblica, sullo sfondo della vita collettiva sovietica che si sviluppava sotto la regia di Stalin e del partito11.

Negli anni Trenta il campo letterario sovietico acquisì un rigido ordine costituito, un codice specifico, un sistema di norme accettate, la conoscenza e il riconoscimento delle quali era tacitamente imposta a coloro che prendevano parte al gioco. Per mantenere la “credenza 9 Werth 2000: 199-200. 10 Werth 2000: 203. 11 Guldberg 1990: 162.

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collettiva nel gioco (illusio) e nel valore sacro delle sue poste in palio”, necessarie al funzionamento del gioco stesso, bisognava esercitare il potere di consacrazione che permetteva agli artisti consacrati di elevare determinati prodotti al ruolo di oggetti “sacri”12. Il processo di formazione dello scrittore sovietico rientra proprio in questa economia del mercato letterario.

La creazione e consacrazione dello scrittore sovietico vennero realizzate e portate a termine durante gli anni Trenta e l’istituzione che giocò un ruolo fondamentale in questo processo furono i giornali letterari. Essi costituirono il canale di reclutamento privilegiato del nuovo autore e l’appello ai lavoratori d’assalto in letteratura (prizyv udarnikov v literaturu) fu un momento importante di questo reclutamento tramite il quale, a partire dal 1930, si realizzò la “bolscevizzazione della letteratura”13.

Riviste e quotidiani quali la Pravda, Udarnik Literatury, Oktiabr’, Na literaturnom Postu,

Literaturnaja Gazeta, Literaturnaja učëba e altri realizzarono la chiamata, attingendo scrittori alla

classe operaia e insegnando loro l’arte di scrivere. Essi offrirono agli scrittori d’assalto uno spazio su cui pubblicare i loro numerosi contributi, organizzarono consultazioni letterarie (lit-konsultacii), che avevano il compito di insegnare l’arte della scrittura ai potenziali nuovi scrittori che inviavano i propri contributi in modo spontaneo (samotëk), e realizzarono corsi di insegnamento letterario (lit-učëba). La risposta fu enorme, le redazioni furono sommerse da contributi e le consultazioni letterarie furono organizzate presso tutti i maggiori giornali del tempo, fra cui il più significativo fu

Literaturnaja učëba, la cui sezione per le consultazioni letterarie era diretta da Gor’kij.

Quest’ultimo divenne il leader del processo di produzione del nuovo scrittore, promuovendo l’insegnamento letterario, le brigate letterarie (il caso più esemplare è Istorija stroitel’stva

Belomorsko-Baltijskogo kanala,1934) ed infine trasformandosi nel fautore del realismo socialista,

fornendogli quella base estetica di cui il programma politico di Stalin necessitava.

Il modello dei lavoratori d’assalto in letteratura funzionò per i primi anni Trenta, ma quando nel 1934 il partito richiese “ingegneri dell’anima”, il loro dilettantismo fu respinto per un ritorno al “criterio estetico” ed alla “maestria della produzione artistica”, così come proclamato da A. Fadeev14.

Dopo il 1934 l’insegnamento letterario si basò sul ritorno ai classici e fu realizzato con la collaborazione dei maestri della letteratura sovietica (Dem’jan Bednyj, Marietta Šaginjan, Aleksandr Fadeev, Fëdor Gladkov ed altri), che pubblicarono nuovi manuali sull’arte della scrittura. 12 Bourdieu 2005: 305-306. 13 Dobrenko 1999: 318-332. 14 Fadeev 1937.

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Nel 1937, con la riabilitazione di Puškin, il realismo socialista trovò la sua definitiva legittimazione nei classici; il processo di produzione del nuovo scrittore sovietico stava giungendo a compimento. La promozione di una nuova generazione di autori che avevano interiorizzato il controllo, il mandato sociale e gli slogan del realismo socialista si era compiuta15. Questa nuova intelligencija, costruita da zero, possedeva ormai il dominio del campo letterario e questo fu il risultato più importante ottenuto dal sistema istituzionale stalinista; le istituzioni di stampo repressivo (Glavlit, polizia segreta) attraverso purghe e repressioni svolgevano una funzione secondaria, liberando il campo da “effetti indesiderati”.

Nel frattempo era sorta l’Unione degli scrittori, una organizzazione che avrebbe svolto un ruolo centrale nella politica letteraria del paese. Essa nacque nel 1932, dopo la pubblicazione della risoluzione del partito secondo la quale tutte le organizzazioni artistiche venivano abolite e sostituite dalle unioni artistiche che dovevano realizzare la politica letteraria del partito16. La risoluzione poneva fine alle lotte fra scrittori proletari e poputčiki, nonché all’egemonia della RAPP, ma privava definitivamente il campo di autonomia, aprendo la strada al socrealizm. L’Unione degli scrittori rimase la più politicizzata ed influente fra le unioni artistiche nell’arco di tutto il periodo sovietico17. Il suo compito era di trasferire la politica culturale del partito nel campo letterario; essa aveva il potere di definire lo status dello scrittore, decidendo chi era scrittore e chi aveva l’autorità di proclamare uno scrittore e aveva inoltre funzione censorie, dal momento che decideva chi immettere nel mercato librario e chi espungere da esso. L’unione era organizzata a immagine e somiglianza del partito e l’ammissione dipendeva maggiormente dall’affidabilità politica che dal talento letterario. Per mantenere il completo controllo sull’organizzazione il partito, per l’elezione dei membri della direzione dell’Unione, si serviva della

nomenklatura18.

L’analisi di queste istituzioni permette di smascherare l’ideologia carismatica della creazione dello scrittore sovietico e capire “chi creava il creatore”. Lo scrittore era forgiato nel campo di produzione da coloro che lo reclutavano (komsomol, partito, Unione degli scrittori) e lo consacravano in quanto tale (critici, editori, commissioni dei premi letterari). L’Unione, immettendo un’opera nel mercato dei beni simbolici, assicurava all’autore una consacrazione

15 Dobrenko 1999. 16 O perestroike 1932. 17 Garrard 1990. 18 Voslenskij 2005.

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definitiva, che gli concedeva una serie di privilegi materiali19. Per questo motivo l’ammissione all’organizzazione seguiva una prassi molto complessa (una sorta di confine giuridico che richiedeva il possesso di requisiti prestabiliti), mentre la procedura di esclusione veniva usata come punizione per “membri non leali” e implicava la fine di ogni privilegio intrinseco allo status di autore e, soprattutto, l’impossibilità di poter continuare a svolgere la propria attività. Caso esemplare fu quello che coinvolse Anna Achmatova e Michail Zoščenko, espulsi dall’Unione nel 1946, a seguito di una risoluzione del partito che li condannava come autori “estranei alla letteratura sovietica”20.

Il processo di produzione del nuovo scrittore necessitava di un luogo deputato alla sua educazione; nacque così l’Istituto letterario “Gor’kij” (1933). In questo istituto gli scrittori imparavano la lingua, la cultura e l’ideologia che avevano il compito di produrre e perpetuare. Il modello era quello suggerito da Gor’kij. Dopo le lotte degli anni Venti fra il modello rivoluzionario e quello popolare per la nascita di una nuova lingua e una nuova letteratura, negli anni Trenta vinse il modello nazionale che affondava le sue radici nei classici (come dimostra il ritorno a Puškin) e nel folklore, contribuendo così a dare autorità alla cultura sovietica. Questo processo ebbe in Gor’kij il suo leader, che sosteneva l’idea secondo la quale col ritorno ai classici e al realismo pre-rivoluzionario, la cultura tradizionale russa avrebbe conferito autorità allo stato sovietico e avrebbe consolidato l’identità nazionale21.

L’incoronazione dello scrittore sovietico ebbe luogo nel 1934 con la convocazione del Primo congresso degli scrittori sovietici che sancì il futuro corso letterario sovietico22. Tali congressi divennero l’organo che coordinava l’attività delle Unioni degli scrittori nelle varie repubbliche; eleggevano la direzione dell’Unione degli scrittori sovietici e pianificavano l’attività di ogni singola branca dell’organizzazione.

Il congresso del 1934 fu aperto dal discorso di Andrej Ždanov, che definì il realismo socialista come l’unico metodo artistico da adottare in letteratura. Se prima era un censore esterno che decideva cosa espellere dal testo, da quel momento in poi fu il censore dell’anima a suggerire all’autore di cosa e come scrivere: lo stalinismo era passato dall’istituzionalizzazione degli organi culturali all’istituzionalizzazione delle menti e dell’anima, come suggerito dalla formula di Stalin (citata da Ždanov al congresso), secondo la quale gli scrittori dovevano diventare 19 Mitrochin 2003: 385-394. 20 Postanovlenie Orgbjuro 1946 21 Gorham 2003.

22 La storia di questo congresso in realtà cominciò molto tempo prima della sua realizzazione ed esso fu attentamente

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“ingegneri dell’anima” ed il metodo da adottare per la realizzazione di questo compito era il realismo socialista23.

Per completare la consacrazione dello scrittore sovietico fu consolidata un’altra istituzione, quella dei premi letterari (dal 1941 il più prestigioso divenne il “Premio Stalin”). Questo sistema, atto a definire i limiti del campo letterario, identificando e gratificando gli interni ed espellendo gli esterni, era iniziato negli anni Venti col conferimento di onori di stato; in epoca staliniana esso si consolidò rendendo ancora più chiari e definiti tali confini.

Anche il monopolio della stampa si accentuò. Per quanto concerne la cultura popolare, il tentativo di produrre una nuova ricezione e una nuova mentalità effettuato negli anni Venti per convertire il lettore comune alla causa rivoluzionaria, negli anni Trenta fu sostituito da un sistema di informazione pubblica orientato su un pubblico più ristretto e meno critico. Il ruolo dei media cambiò: se negli anni Venti erano stati un veicolo “di infiltrazione dal basso e di penetrazione delle varie gerarchie sociali”24, nel decennio successivo divennero un chiaro strumento di potere gestito dall’alto. Negli anni Trenta Stalin chiuse i più importanti quotidiani di massa (Krest’janskaja gazeta,

Rabočaja gazeta, Bednota), mentre i più autorevoli Pravda e Izvestija venivano attentamente

seguiti da Stalin stesso; essi contribuirono a consolidare il carisma di Stalin, facendo di lui non solo il padre della nazione, ma anche lo scrittore-insegnante del paese, le cui direttive sarebbero state adottate dai Congressi degli scrittori.

La riorganizzazione del processo letterario (rivolto ad un pubblico più elitario) puntò essenzialmente sulle riviste letterarie, che non solo reclutavano la nuova classe degli scrittori, ma orientavano anche i dibattiti letterari. L’Unione degli scrittori disponeva di 14 quotidiani letterari e 86 riviste letterarie e sociali; il suo organo principale, la Literaturnaja gazeta, diventò il Verbo della letteratura sovietica. L’organizzazione del processo letterario seguì due linee principali: da una parte i giornali letterari diffondevano la parola del partito sulle questioni culturali, dall’altra espungevano effetti o persone indesiderate dal campo letterario. I risultati di queste campagne diffamatorie sono noti, ma ancora più importanti, a nostro parere, furono gli effetti performativi che la lingua della stampa produsse in questi anni. Mentre i quotidiani più autorevoli lanciavano gli slogan della politica sovietica attraverso i loro editoriali e pubblicando le risoluzioni del partito, estratti del Primo congresso degli scrittori comparivano in Pravda, Izvestija, Literaturnaja gazeta,

Literaturnyj Leningrad, producendo e consolidando l’estetica del realismo socialista.

23 Pervyj S”ezd, 1934: 4.

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Quest’ultimo, dopo aver coniugato il progetto politico di Stalin con l’estetica del nuovo scrittore di massa, necessitava ora di un supporto filosofico. Il realismo socialista trovò la sua legittimazione teorica sulle pagine del Literaturnyj kritik dove, a partire dal 1933, ebbe luogo un dibattito sull’estetica marxista-leninista. I principali teorici furono i critici marxisti Michail Lifšic e György Lukács, che cercarono di attribuire al socrealizm una base filosofica derivante dalle teorie di Marx ed Engels, ripudiando il marxismo volgare della RAPP. Ma quando, più tardi, il realismo socialista si sviluppò come pratica letteraria dipendente dalle necessità politiche dello stato e costruita attorno alla genealogia degli “eroi positive” (che incarnavano proprio quelle astrazioni contro le quali si erano pronunciati Marx ed Engels) il Literaturnyj kritik non fu più necessario e, a seguito di una campagna portata avanti dalla Literaturnaja gazeta e Krasnaja Nov’, nel 1940 la rivista fu chiusa25.

I giornali letterari funzionavano anche come istituzioni repressive, conducendo campagne contro gli scrittori non allineati. Questa tattica era già stata adottata dalla fine degli anni Venti (come dimostrano i casi di B. Pil’njak e E. Zamjatin nel 1929) e nei decenni successivi diventò una pratica diffusa. Nel 1936 la campagna contro il formalismo ebbe inizio con un articolo sulla Pravda che denunciava la musica di Dmitrij Šostakovič di “formalismo” e “naturalismo”26 e proseguì sulle pagine dello stesso quotidiano con una serie di articoli che provocarono un dibattito che riguardò tutte le arti27. Questa campagna ideologica, portata avanti con la collaborazione delle Unioni artistiche, in letteratura mirava ad espungere definitivamente il formalismo (a cui era già stato inflitto un duro colpo nel 1927-1928) dalla critica letteraria e ad eliminare gli ultimi poputčiki che ancora sopravvivevano nel campo letterario. Pietra miliare di questa discussione fu il dibattito che ebbe luogo in seno all’Unione degli scrittori (13 marzo 1936) e le cui conclusioni furono pubblicate sul Literaturnyj kritik. Assumendo gli articoli della Pravda a dogma, i membri dell’Unione si ripromettevano di lottare contro il formalismo e, consapevoli del fatto che “lo strumento principale per la realizzazione della politica del partito in ambito letterario è costituito dalla stampa e dalla critica”, si ripromettevano di “sottoporre ad una discussione collettiva le singole opere dei poeti e dei prosatori”28. Questa campagna ideologica ebbe seguito su tutto il territorio, provocando denunce e pubbliche accuse e costituendo il prologo delle grandi repressioni degli

25

Klark 2000b.

26

Sumbur vmesto muzyki 1936.

27

Baletnaja fal’š’ 1936; Sobranie 1936; Grubaja schema 1936; Plenum 1936; Na sobranii 1936; Sobranie v Dome kino 1936; Soveščanie 1936.

28

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19

scrittori del 1937-1938, quando su 597 delegati al Primo congresso degli scrittori, 180 subirono repressioni29.

Nel 1946, dopo la tregua del periodo bellico, durante la quale stato, élites culturali e popolo si erano alleati contro il nemico comune, si aprì una nuova campagna repressiva che, ancora una volta, fu portata avanti dalla stampa. Il 21 agosto di questo anno sulla Pravda apparve una risoluzione che condannava le riviste letterarie Zvezda e Leningrad per aver pubblicato opere di Zoščenko e Achmatova. Come sempre la parola del partito si diffondeva tramite il suo portavoce, la Pravda, che forniva le indicazioni di politica culturale a tutti gli organi della stampa30. Furono proprio i periodici letterari a realizzare la politica di Ždanov (ždanovščina), conducendo una feroce battaglia ideologica che riguardò scienza, arte, filosofia, musica, letteratura e che suscitò ondate di terrore ideologico. La prassi comune era la seguente: il primo atto era costituito dalla pubblica accusa, che aveva luogo sulla stampa, a cui seguiva l’arresto. La Literaturnaja gazeta, in quanto organo dell’Unione, svolse un ruolo determinante nelle azioni di denuncia.

Naturalmente la politica culturale staliniana fu supportata dalla principale istituzione censoria, il Glavlit. Quest’ultimo, negli anni Trenta, su richiesta del CC del partito, subì una riorganizzazione tesa ad accentuare il controllo sui segreti bellici. Dal 1941 tutti i tipi di censura dipesero da una nuova carica: il Capo censore bellico (Glavnyj voennyj cenzor), così che il Glavlit assunse una struttura altamente militarizzata che si perpetuò durante la ždanovščina e la guerra fredda31. Lo scopo era quello di punire gli scrittori non allineati, così come proclamato già nel 1931 dall’allora capo del Glavlit Pavel lebedev-Poljanskij32. Mutando struttura il Glavlit cambiò anche la sua composizione interna: se fino al 1937 era sempre stato diretto da critici letterari (Lebedev-Poljanskij, Boris Volin, Sergej Ingulov), in seguito la sua direzione fu affidata ad apparatčiki (N. Sadčikov, K. Omel’čenko). L’organizzazione stessa fu sottoposta ad epurazioni, il che implicò nuovi reclutamenti: il primo criterio di assunzione era l’affidabilità ideologica ed il livello di professionalità diminuì sensibilmente.

Le divergenze fra Glavlit e servizi segreti (OGPU, 1923-1934, NKVD, 1934-1945) si acuirono. Durante gli anni Trenta l’OGPU controllò lo stesso Glavlit, vincendo l’eterno conflitto esistente fra le due organizzazioni. Il Glavlit divenne un’articolazione periferica dei servizi ed il suo ruolo spesso

29

Babičenko 1997: 126

30

Bachtin 1996; Bljum 1996; Bljum 2000: 203-211; Iofe 1996.

31 Bljum 2000: 132-148. 32

(20)

20

fu quello di fornire documenti necessari ad articolare le accuse di propaganda antisovietica all’OGPU.

Così la politica culturale staliniana liberò il campo dalla vecchia letteratura, sostituendola con il socrealizm, supportato da un rigido sistema istituzionale. Il campo culturale diventò altamente istituzionalizzato, ideologizzato e quindi in grado di trasmettere alla società quelle rappresentazioni politiche e culturali necessarie al partito33.

1.2 Il Glavlit

Fra le istituzioni censorie il Glavlit è l’organo principale. Esso non nasce all’indomani della rivoluzione, bensì cinque anni dopo, nel 1922, dopo un lungo periodo di gestazione della censura sovietica, iniziato nel 1917 con il Decreto sulla stampa34. Tale documento, a firma di Lenin, era rivolto alla stampa contro-rivoluzionaria, la quale veniva costretta a chiudere prima della fine del novembre dello stesso anno. Nei primi anni post-rivoluzionari, il governo sovietico non ripristina la

censura previa, abolita dallo stato zarista nel 190635, e si affida esclusivamente a quella repressiva; il 18 dicembre 1917 nasce un tribunale rivoluzionario per la stampa (revoljucionnyj tribunal

pečati), che può sancire la chiusura di giornali e redazioni, nonché l’arresto dei responsabili di

eventuali infrazioni36. La nazionalizzazione, la requisizione delle tipografie e la gestione della distribuzione della carta durante il comunismo di guerra consentono allo stato di tenere sotto stretto controllo la parola stampata anche senza ricorrere alla censura preventiva. Quest’ultima viene ristabilita nel 1922, quando il libero mercato della NEP permette la nascita di nuove case editrici, di nuovi giornali (ma non quotidiani che, per il loro valore propagandistico, preoccupano molto il governo bolscevico) e l’offerta libraria comincia ad essere più ampia e per questo densa di pericoli.

Un primo tentativo di ripristino della censura preventiva, in realtà, era già stato effettuato nel 1918 con l’introduzione della censura bellica37. Infatti, nonostante il decreto prescrivesse di sottoporre all’attenzione della censura solo i materiali che contenevano informazioni di carattere militare, fino alla costituzione del Glavlit, nulla viene pubblicato senza il timbro R.V.C. (razrešeno 33 Geller, Boden 2000. 34 Dekret o pečati 1917. 35 O vremennych pravilach 1906. 36 O tribunale 1918. 37 Prikaz revvoensoveta 1918.

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21

voennoj cenzuroj, approvato dalla censura bellica), retaggio dell’imprimatur ecclesiastico, in

seguito sostituito dal marchio del Glavlit38.

Il 6 giugno 1922, il Regolamento del Glavlit39 sancisce la nascita del supremo organo della censura sovietica e ripristina definitivamente la censura preventiva che accompagnerà lo stato sovietico fino alla sua morte. Il Glavlit sorge come articolazione del Narkompros (fino al 1936), affidando già al ministero della pubblica istruzione, e non a quello degli interni, la gestione della censura40:

Allo scopo di riunire tutti i settori della censura delle opere a stampa si istituisce la Direzione centrale degli affari letterari e dell’editoria presso il Narkompros e si istituiscono i suoi organi locali presso le sezioni dei governatorati dell’istruzione del popolo.

Compito del Glavlit e dei suoi organi locali è:

a. Il controllo preventivo di tutte le opere, dei periodici, degli spartiti, delle carte geografiche e di tutto ciò che è destinato alla pubblicazione41.

Il 2 dicembre 1922, viene emesso un documento che definisce le funzioni del Glavlit e delinea la fisionomia del massimo istituto censorio sovietico:

DIRITTI E FUNZIONI DEL GLAVLIT E DEI SUOI ORGANI LOCALI

Il Glavlit ed i suoi organi locali si occupano di tutti i tipi di censura (bellica, politica, ideologica, ecc.). Tutte le case editrici hanno l’obbligo di sottoporgli ogni opera a stampa per un controllo preventivo. La censura delle opere a stampa consta nel:

a) divieto di stampare articoli di carattere apertamente contrario al partito comunista ed al potere sovietico;

b) divieto di stampare qualunque tipo di opera che sia veicolo di un’ideologia a noi nemica riguardante questioni importanti (di ordine sociale, religioso, economico, artistico, ecc.);

c) nel togliere dagli articoli i punti più salienti (fatti, cifre, descrizioni) che compromettono il Potere Sovietico ed il Partito comunista.

Il Glavlit ha il diritto di bloccare singole pubblicazioni, di limitare la tiratura e anche di chiudere una casa editrice in caso di aperta attività criminosa, rinviando i responsabili colpevoli al tribunale, oppure trasmettendo il dossier all’ufficio locale del GPU.

38 Bljum 1994: 98-99. Bljum 2004: 11. 39 Položenie o Glavlite 1922. 40 Bljum 1994: 84. 41 Položenie o Glavlite 1922: 32.

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22

La sezione politica del GPU fornisce un aiuto tecnico al Glavlit nel controllo sulle tipografie, sul commercio librario, sull’importazione e l’esportazione di opere a stampa attraverso i confini della Repubblica42.

La sottosezione di letteratura si occupa di tutta la censura:

1) politica e bellica, di tutto quanto destinato alla stampa (pubblicazioni periodiche e non periodiche, cartelloni, manifesti, ecc.);

2) i compagni che svolgono il lavoro di censura e di redazione politica si dividono i libri da leggere a seconda del contenuto: un compagno che conosce le questioni economiche legge libri di carattere economico; un compagno che si interessa di letteratura legge poesia e belle lettere, ecc.

Deve essere fornito un ‘parere’, seguendo un modello specifico, che deve contenere una valutazione politica concisa e chiara dell’opera data, che va prima sottoposta ad una valutazione politica generale, per poi essere controllata nei dettagli, per poter fornire un’indicazione precisa dei punti più inaccettabili; l’opera va controllata tenendo presente l’’Elenco delle notizie vietate alla stampa’.

La sottosezione di letteratura compila l’elenco dei libri proibiti e dei libri ammessi43.

La sezione amministrativo-istruttoria svolge funzioni di controllo sulle case editrici, le tipografie, le librerie, le biblioteche. Fa un computo dettagliato di tutte le case editrici esistenti (private, di sindacato, settoriali, ecc.), indaga sul personale delle direzioni e delle redazioni, degli autori che vi collaborano, delle persone e dei gruppi sociali che le finanziano e le sostengono. In pratica, svolge il suo compito tramite il GPU.

Il capo del Glavlit Lebedev-Poljanskij Il presidente del GPU Ašmarin44.

In questo documento è contenuta tutta la storia futura della censura sovietica, le cui caratteristiche principali si possono così riassumere:

1. controllo totale di tutte le opere a stampa, con diritto a sanzioni molto gravi;

2. divieto di andare contro l’ideologia sovietica (qui ha inizio la genesi dell’opposizione binaria nemico/amico, e, contemporaneamente, si crea uno spazio dai labili confini fra ciò che è consono all’ideologia e ciò che non lo è);

3. costante partecipazione della polizia politica alle operazioni censorie; 4. sorveglianza sulla stampa nazionale ed estera;

5. professionalità dei censori;

6. importanza di una valutazione politica generale e sulle singole parti dell’opera; 7. compilazione dell’elenco dei libri non ammessi;

8. sorveglianza della polizia segreta su tutti coloro che, in un qualche modo, sono connessi

42

Il GPU si occupa anche della confisca dei libri censurati (Instrukcija 1923).

43 Cf. Bljum 2003a. 44

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23 al mercato librario.

Per perseguire questi obiettivi la macchina censoria si muove essenzialmente su due binari: da una parte quello amministrativo, che prevede la chiusura delle case editrici o il rinvio alla magistratura, dall’altra quello ideologico, che implica un rinnovo dei quadri dei censori non solo in base al loro profilo professionale, ma soprattutto secondo la loro affidabilità politica.

L’azione della censura si svolge secondo due principali linee di politica censoria: la prima si affida ad azioni giudiziarie che prevedono la soppressione di case editrici o di singole pubblicazioni, la limitazione della tiratura o il rinvio al tribunale dei responsabili, la seconda agisce tramite un’abile pressione ideologica, esercitata sulle redazioni tramite colloqui, introducendo persone adeguate ed eliminando quelle meno adatte45.

La censura preventiva si arricchisce così di un nuovo elemento, il filtro ideologico, che non è solo il metro in base al quale si sceglie quali libri immettere nella circolazione libraria, ma è anche lo strumento che utilizzato per determinare la composizione interna di tutti gli organismi censori, dal Glavlit46 alle redazioni delle case editrici. La figura che subisce la modificazione più profonda è quella del redattore. Mentre in epoca zarista quest’ultimo era diretto alleato dello scrittore, col quale condivideva il fine di rendere il testo ‘pubblicabile’, ora egli diviene un’articolazione periferica della censura.

Con la nascita del Glavlit si consolida una complessa tecnica di esame dei manoscritti che prevede, a livello di censura preventiva, la compilazione di una scheda da parte del redattore politico, contenente tutte le sue osservazioni (generali e particolari) e le eventuali correzioni da apportare al testo. In seconda istanza, la copia dello scritto, accompagnata dal suo “passaporto”, viene consegnata in tipografia, dove è sottoposta ad un ulteriore controllo da parte del rappresentante del Glavlit (upolnomočennyj Glavlit) e quindi data alle stampe. Ma l’operazione censoria non è ancora completa: espletata la censura preventiva entra in gioco quella repressiva, esercitata dal Glavlit in collaborazione col GPU (poi OGPU). La censura preventiva agisce sul testo in vari modi: 1. divieto assoluto di pubblicazione; 2. applicazione di correzioni e cancellazioni; 3. aggiunta di un’introduzione di stampo marxista. La censura punitiva prevede invece il diritto di confisca del testo e, soprattutto, il diritto di punire il ‘colpevole’, risalendo al nome del censore

45

Cirkuljarnoe pis’mo 1923: 70.

46 Un’istruzione inviata dal partito al Glavlit, impartisce l’ordine di sostituire i membri non iscritti al partito, con altri

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responsabile, fino ad arrivare al suo licenziamento. A partire dal 1926 è direttamente il Codice penale della Repubblica Russa ad occuparsi della censura repressiva:

Art. 58-10. La propaganda che esorta al rovesciamento, al sovvertimento o all’indebolimento del potere sovietico, oppure alla realizzazione di singoli atti controrivoluzionari, così come la diffusione, la preparazione o il possesso di letteratura di tale contenuto comportano la privazione della libertà per un periodo non inferiore a sei mesi. Le stesse azioni intraprese durante insurrezioni di masse, utilizzando pregiudizi religiosi o nazionali, o intraprese in condizioni di guerra, o in luoghi che si trovino in condizioni di guerra, comportano le misure indicate all’art. 58-2 del presente Codice (cioè le misure estreme di difesa sociale: la fucilazione o l’accusa di nemico dei lavoratori con la confisca dei beni e la privazione della cittadinanza della repubblica federale e, quindi, della cittadinanza dell’Unione Sovietica e l’esilio dalla stessa per sempre)47.

L’articolo 185 del medesimo Codice, in caso di infrazioni riguardanti la parola stampata, prevede i lavori forzati48.

Come abbiamo visto dal documento costitutivo del Glavlit, quest’organo, sin dalla sua nascita, stila l’Elenco delle notizie vietate alla pubblicazione sulla stampa (fra cui informazioni riguardanti insurrezioni, scioperi, disordini, manifestazioni, nonché l’operato della censura) che, ciclicamente aggiornato, diventerà il manuale dei censori49. Sostanzialmente, dal 1922 al 1929, lo stato sovietico mette a punto la propria macchina censoria, attribuendole una fisionomia definita che si conserva nel tempo, ma che diventa progressivamente sempre più surreale, in quanto nega la sua stessa esistenza. La ‘censura della censura’ fa sì che essa diventi un fantasma onnipresente, ma impalpabile e sfuggente.

Negli anni Trenta il Glavlit diventa un’articolazione periferica dei servizi segreti e si occupa di reperire e mettere a disposizione di questi ultimi il materiale necessario per confermare le accuse di propaganda antisovietica. Le principali funzioni della polizia politica sono le seguenti: profilassi, scelta dei quadri, epurazione delle biblioteche, censura della letteratura straniera50. In altre parole, essi hanno la facoltà di infiltrarsi a tutti i livelli del processo letterario per cogliere i pensieri (ancor prima delle parole) di tutti i lavoratori della carta stampata. La fase successiva è quella di occuparsi personalmente della liquidazione di ogni parola in forma scritta che abbia toni indesiderati e in questo lavoro di controllo totale non trascurano la letteratura straniera.

47

Ivi: 98. In base all’art. 58 furono giudicati milioni di persone negli anni del Grante terrore; l’articolo fu abolito solo nel 1960, ma fu sostituito dall’altrettanto tristemente famoso art. 70 (per agitazione e propaganda antisovietiche) che fu alla base dei grandi processi degli anni della stagnazione.

48

Izvlečenie iz Ugolovnogo kodeksa RSFSR 1926.

49 Prava i funkcii Glavlita i ego mestnych organov 1922: 37. 50

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25

Nel 1933, ha luogo una riorganizzazione del Glavlit che viene sottomesso al Soviet dei commissari del popolo (SNK SSSR). La richiesta di adeguamento parte dal CC e risponde ad una domanda di maggior controllo sui segreti di stato e sui segreti militari. Nel 1941, in prossimità della guerra, una delibera del CC del partito recita: “Al fine di consolidare la censura bellica in URSS, si crea la carica di Capo censore militare presso il SNK dell’URSS ed a lui vengono sottomessi tutti i tipi di censura”51. Il Glavlit conserverà questo carattere militarizzato anche dopo il termine del conflitto mondiale, quando la politica di A. Ždanov (ždanovščina52) prima, e la guerra fredda poi, imporranno un clima di massimo controllo.

Negli anni del disgelo il Glavlit viene parzialmente esautorato delle sue funzioni, che vengono trasmesse ad altri organismi, anche se questo non significa lo smantellamento definitivo della potentissima macchina censoria di stampo prevalentemente punitivo che lo stalinismo aveva messo in atto. Come dimostrano i documenti dell’epoca, la nuova situazione socio-politica, creatasi dopo il XX congresso del partito e caratterizzata dal clima di disgelo del periodo chruščëviano, non ha effetti particolarmente significativi sul sistema statale della censura e non ne allentano di molto la morsa. Anzi, l’atmosfera creata dal congresso sembra offrire l'occasione per mettere a punto i rapporti fra il partito e gli organi censori. Il partito accusa il Glavlit di non avere risposto prontamente ai compiti assegnatigli e, di conseguenza, viene deposto il capo dell'organizzazione, K. Omel'čenko, e al suo posto viene designato P. Romanov, abile uomo politico proveniente dal Settore propaganda e agitazione del CC del PCUS, nonché esperto censore. Nel 1957 viene approvata una delibera, O rabote Glavlita SSSR (Il lavoro del Glavlit dell’URSS), con la quale si chiede un miglioramento delle funzioni dell’istituto, tramite il consolidamento di una rete capillare di rapporti con gli organi locali, con le redazioni delle riviste, dei giornali e delle case editrici, "al fine di stimolare gli stessi operatori della stampa ad una più attiva partecipazione alla difesa dei segreti bellici e di stato"53. In base a questa delibera, il Glavlit deve cedere il controllo ideologico-politico al partito, per occuparsi prevalentemente dei segreti bellici e di stato, svolgendo così un ruolo secondario. Si tratta, di fatto, di una esautorazione del principale organo censorio, in base alla quale il Glavlit passa il testimone del controllo supremo al partito. Nel 1958 nasce la Commissione per l’ideologia del CC (Ideologičeskaja komissija CK), diretta da M. Suslov, che resta in carica per sei anni. A questo proposito ecco le parole di Solodin, per trent’anni capo

51

Bljum 2004: 314.

52

Con questo termine si intende la feroce lotta ideologica condotta da Ždanov nel periodo post-bellico in campo filosofico, scientifico, letterario, artistico, musicale che porta ai processi contro Zoščenko e Achmatova, e fa di Ždanov il fautore delle più dure repressioni degli anni Trenta e Quaranta.

53

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26 della sezione per il controllo della letteratura del Glavlit:

- A chi era sottoposto il Glavlit?

- Ufficialmente si chiamava Glavlit presso il Soviet dei Ministri, ma in realtà il Glavlit sottostava direttamente alla Sezione addetta alla propaganda del CC del PCUS, all’interno della quale c’era una persona che curava il Glavlit e da questa persona venivano tutte le istruzioni. Salendo nella gerarchia esso sottostava al segretario del CC responsabile delle questioni ideologiche (in genere ce n’erano due). A lungo si trattò di Suslov e Zimjanin. Quest’ultimo si occupava dei problemi di attualità e, in particolare, gestiva il Glavlit. […] Oltre alla sezione addetta alla propaganda del CC, il Glavlit in parte dipendeva dalle direttive emesse dalla Sezione per la cultura del CC54.

Per quanto riguarda l’andamento generale della politica censoria, si tratta di un periodo di continue oscillazioni: come tutte le epoche di transizione il disgelo non è un fenomeno omogeneo che lentamente ma inesorabilmente conduce ad un ammorbidimento della politica, è invece come un pendolo che oscilla da un estremo all’altro, così che ad ogni minima apertura corrisponde una reazione in senso contrario. Non va dimenticato che la stessa essenza dello stato sovietico è tale da non avere una tradizione in senso democratico analoga a quella dell’Europa occidentale. Per questo il potere è meno abile nell’annusare e cogliere gli umori della società civile al fine di addestrarli e metterli al proprio servizio, secondo il modello occidentale. In Unione Sovietica lo stato ha una struttura rigida, dominata da una mentalità poco eclettica e poco ricettiva di fronte ai cambiamenti. Così nel 1956, subito dopo il discorso di Chruščëv che smaschera il “culto della personalità”, il partito rafforza il controllo sulla sfera ideologica. Fino al 1964, anno in cui Chruščëv viene allontanato dalla direzione del partito, ogni anno si verifica qualche eccesso repressivo in ambito culturale. “Tutto ciò in modo del tutto logico portò ai processi politici ispirati dagli ideologi del partito e dal KGB: il processo contro Iosif Brodskij nel febbraio del 1964 con la sua espulsione da Leningrado e, esattamente due anni dopo, quello contro Sinjavskij e Daniel’”55.

Durante gli anni Sessanta il Glavlit continua ad essere subalterno al partito: cambiano i rapporti di forza fra gli elementi del triangolo Partito-KGB-Glavlit. Il potenziamento del partito va a sfavore del KGB e del Glavlit, in particolare fra il 1963 e il 1966. Ora le supreme decisioni censorie sono delegate al partito, mentre il Glavlit e il KGB sono articolazioni periferiche, atte a raccogliere umori e pensieri:

54 Gorjaeva 1995: 320-321. 55

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27

I membri del Glavlit, assieme a quelli del KGB, preparavano per il CC dettagliatissime informazioni sulla cultura e sulla vita sociale del paese, sulle opinioni e sui sentimenti dell'intelligencija, sui riflessi che tutto ciò aveva sulla stampa estera. In tal modo, il consolidato metodo incrociato di informazione e controllo produceva l'indispensabile risultato: permetteva al partito, in un periodo ragionevolmente breve, di monopolizzare l'ideologia, di spaventare coloro che credevano in possibili mutamenti, di relegare quelli che non erano d'accordo all'emigrazione interna o esterna56.

Il Glavlit, dal 1963 al 1966, viene inglobato e asservito al Goskompečat’, il comitato per la stampa, al quale vengono ora delegate le funzioni censorie. Il Glavlit conserva autonomia finanziaria, ma è privato di qualunque altra autonomia decisionale. La Delibera del CC del PCUS e

del Soviet dei ministri dell’URSS relativa all’organizzazione del Comitato statale del soviet dei ministri dell’URSS per la stampa [Goskompečat’] stabilisce di

1. Affidare al Comitato statale del soviet dei ministri dell’URSS per la stampa:

a. la gestione della stampa e del commercio librario e poligrafico, il controllo su scala statale del contenuto e dell’orientamento dei diversi tipi di letteratura da pubblicare, la definizione della politica tecnica dell’industria poligrafica […].

b. il controllo per la realizzazione delle decisioni del Partito e dello Stato riguardo alla stampa, alla poligrafia, al commercio librario, alla difesa dei segreti di stato e bellici. […]

6. Di accorpare il Glavlit nel Comitato statale del soviet dei ministri dell’URSS per la stampa.

Di riservare al Glavlit presso il Comitato statale del soviet dei ministri dell’URSS per la stampa tutti i fondi finanziari e materiali assegnatigli57.

La decisione suscita ovviamente il malcontento del Glavlit, che reclama la sua posizione dominante nel sistema della censura. In un documento del 1965, si lamenta infatti il mancato rispetto della delibera del 1963, che assicurava la copertura finanziaria e il mantenimento dei quadri:

Hanno avuto luogo anche altri fatti che testimoniano l’errata interpretazione da parte dei Comitati statali per la stampa di quelli che sono i compiti del Glavlit. […]

Bisogna notare che, in base ai due anni di lavoro dei comitati di stato per la stampa, i dirigenti di molti Glavlit regionali hanno ripetutamente parlato dell’inopportunità di creare nuove direzioni per la stampa in alcune regioni, della confusione dovuta alla fusione delle organizzazioni di partito dei Glavlit regionali con le organizzazioni di partito dei comitati e delle direzioni di stato per la stampa, del peggioramento dei rapporti con gli organi di partito a causa della nascita di istanze intermedie quali i comitati e le direzioni per la

56 Gorjaeva 2002: 330.

57

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28

stampa58.

La nuova fisionomia del Glavlit coinvolge i suoi stessi vertici: se fino al 1937 la direzione dell’istituto era sempre stata affidata a critici letterari (P. Lebedev-Poljanskij, B. Volin, S. Ingulov), da questo momento in poi ad occupare la direzione del massimo istituto censorio sono rappresentanti di partito, esponenti della nomenklatura, come N. Sadčikov e K. Omel’čenko. Anche per quanto riguarda la composizione sociale dei quadri inferiori del Glavlit intervengono dei cambiamenti. Fino all’inizio degli anni Cinquanta, il primo criterio discriminante era la fede di partito59, alla quale sottostava il livello di istruzione, che in quegli anni restava piuttosto basso. In seguito si forma una nuova intelligencija di partito che si insedia all’interno del Glavlit; si tratta di un gruppo soacile che si sostituisce ai quadri ampiamente epurati duranti gli anni Trenta.

I fondi speciali, inaccessibili al lettore comune, sorgono negli anni Venti – sul modello zarista - presso le maggiori biblioteche del paese per il contenimento della ‘letteratura antisovietica’ nazionale ed intenazionale. L’accesso è riservato ad un numero limitatissimo di lettori, costituito esclusivamente da membri del partito60. Gli specchrany vengono aperti soltanto durante la perestrojka: dal marzo 1987 all’ottobre 1988, 7930 opere vengono liberate dai fondi segreti, ove comunque restano “462 opere di chiara tendenza anti-sovietica”61. Contestualmente si aprono anche i fondi dell’emigrazione e si rendono finalmente disponibili le opere di autori quali I. Bunin, V. Nabokov, I. Brodskij. Gli specchrany diventano il grande archivio della censura sovietica, preziosi per la ricchezza di materiali ivi conservata, narrano così le modalità di azione della censura62.

Ecco un’altra testimonianza di Solodin:

- Chi emetteva l’ordine di trasferire i libri nello specchran?

- L’ordine veniva emesso dal Glavlit quando dal CC giungeva l’informazione che uno scrittore era stato privato della cittadinanza sovietica. L’ordine disponeva il sequestro di tutte le edizioni, di tutte le opere di un certo autore dalle sale pubbliche delle biblioteche ed il loro trasferimento nello specchran, nonché il loro sequestro dalla rete di distribuzione. I lavori degli autori proibiti pubblicati sui periodici, in genere, non venivano confiscati. L’unica eccezione fu fatta per Una giornata di Ivan Denisovič: il numero del “Novyj mir”

58

Iz spravki Glavlita 1965: 375-376.

59

Vypiski iz protokola soveščanija 1931.

60

Gromova 1995: 151-171.

61

Zapiska ideologičeskogo otdela 1988: 223.

62 Lo specchran della Biblioteca Pubblica di Pietroburgo, alla sua apertura, conteneva più di mezzo milione di

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che pubblicava il racconto fu sequestrato ovunque. Dopo l’emissione dell’ordine gli ispettori del Glavlit andavano nelle biblioteche e controllavano che fosse stato eseguito. Ma non in tutte le biblioteche esisteva lo specchran, per questo una gran parte di libri è stata semplicemente distrutta63.

Gli specchrany si sviluppano soprattutto fra gli anni Venti e Cinquanta, quando il Glavlit in collaborazione col il GPU porta a termine una lunga serie di epurazioni (očistki) nelle biblioteche del paese e molti libri vengono trasferiti nei fondi speciali. Le epurazioni iniziano nel 1923 per ordine della Krupskaja, allora a capo del Glavpolitprosvet, e continuano fino al 1929, in tre successive ondate che vedono una massiccia confisca di libri dalle biblioteche pubbliche, e culminano in quello che Bljum definisce il “bibliocidio totale” (total’nyj bibliocid) del periodo staliniano, il cui ultimo atto si consuma nel 1953 durante l’“affare dei medici”64. In particolare, negli anni del Grande terrore questi fondi si colmano di libri proibiti.

Fra gli anni Cinquanta e Sessanta, a seguito della riabilitazione di molti scrittori, numerosi libri lasciano gli specchrany e ritornano nelle sale di lettura. Tuttavia ancora molte opere sono deportate nei fondi speciali e, in particolare dalla fine degli anni Sessanta, questi si popolano delle opere della nuova ondata migratoria, dei dissidenti, dei nevozvraščency65. La selezione dei libri per gli specchrany avviene essenzialmente in base a due criteri: il primo è personale e riguarda il nome dell’autore (se è stato oggetto di repressioni politiche, se è esiliato, emigrato, o considerato persona indesiderata), il secondo invece concerne direttamente il contenuto dell’opera. Quest’ultimo è difficilmente definibile, in quanto, oltre ai temi tabù da tempo consolidatisi, ci sono variabili più difficilmente controllabili che dipendono dalla più recente linea politica e culturale del partito, dalle fluttuazioni della politica estera, nonché dai problemi contingenti che la censura si trova a fronteggiare di volta in volta (comparsa di nuovi samizdat, nuovi comportamenti giovanili, ecc.). Data la complessità e l’importanza del lavoro con gli specchrany, questi sottostanno contemporaneamente al controllo del Glavlit e del KGB:

Atto 1.12.1969. Noi, nella persona del collaboratore della sezione provinciale della direzione del KGB della regione di Leningrado Buzdnik K. K. e del direttore della sezione speciale della Biblioteca pubblica di stato Volkov P. I., alla presenza del capo della Sezione dei fondi speciali (Otdel specchranenija) Sokolova E. N.,

63

Gorjaeva 1995: 322.

64

Bljum 2004: 73, 110-111, 167-170, 289-294, 352-353, 357-358, 361. Bljum 2000: 94-123. Il 13 gennaio 1953 la “Pravda” annunciava la scoperta del complotto del “gruppo terrorista dei medici”, accusati di aver approfittato delle loro cariche per assassinare Ždanov. Dopo la morte di Stalin, la questione fu smontata.

65 Si tratta di cittadini sovietici che si recano all’estero (spesso come membri di delegazioni, o per eventi sportivi o

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abbiamo compilato il presente atto, attestante che è stato effettuato un controllo a campione sulle procedure di conservazione, utilizzo e concessione ai lettori della letteratura soggetta al fondo speciale. Nel corso del controllo sono stati esaminati circa 100 formulari, nei quali è registrata la letteratura data in lettura, verificata in base alle indicazioni fornite sulla richiesta. Si riscontrano infrazioni. Per esempio, l’insegnante della Scuola superiore del sindacato Filatova V. I., con dottorato in scienze filologiche, il cui tema di ricerca è ‘Il romanzo storico sovietico’, utilizza sistematicamente letteratura storica, pubblicata in epoca prebellica in Bulgaria, a Parigi ed in altri centri dell’emigrazione bianca. È possibile che questa letteratura le sia servita per una comparazione pratica col romanzo storico sovietico (!) Attira l’attenzione la relativa leggerezza con cui alcuni dirigenti firmano le richieste66.

L’attenzione che il Glavlit rivolge alla letteratura straniera negli anni della stagnazione è dovuta innanzi tutto alla comparsa di sam e tamizdat, ma anche ad altri elementi. Da un lato gli eventi di politica estera (in particolare quelli di Budapest del 1956, di Praga del 1968, dell’Afghanistan del 1979) hanno forte risonanza all’interno del paese e muovono l’opinione pubblica, dall’altra molte forme di dissenso hanno eco e risonanza all’estero. Le espulsioni coatte, la scelta dell’emigrazione, i nevozvraščency, spostano il fenomeno del dissenso sulla scena occidentale. Da un lato il tamizdat immette sul mercato internazionale molte opere censurate in Unione Sovietica, dall’altro l’Occidente attribuisce riconoscimenti internazionali a scrittori non ufficiali: l’assegnazione del premio Nobel ad autori come Pasternak (1958), Solženicyn (1970), Brodskij (1987) contribuisce a dare prestigio alla cultura rifiutata. Mentre il sistema sovietico legittima i suoi autori tramite il conferimento dei premi Lenin e Stalin, la seconda cultura viene ufficializzata sull’arena internazionale, particolarmente attenta ai suoi sviluppi. A questo concorre anche il fatto che molti autori underground utilizzano il riconoscimento internazionale come nuova strategia per il raggiungimento del successo. In particolare ciò si realizza a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, quando il contatto con l’Occidente comporta per l’autore provvedimenti meno duri da parte della censura rispetto agli anni precedenti. Così molti scrittori, come i poeti Viktor Krivulin, Elena Švarc, Jurij Kublanovskij, si orientano sul pubblico occidentale per superare l’esiguità del piccolo gruppo di riferimento a cui appartengono e raggiungere un pubblico più vasto67.

66 Cit. in Bljum 2005: 65-66. 67

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