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La polemica tra Kaškin e Šengel

3. La teoria e la critica della traduzione

3.2 Dal dopoguerra al Secondo Congresso

3.2.2 La polemica tra Kaškin e Šengel

Nel 1948, Kaškin, a capo della Sezione dei Traduttori che ha appena ricostituito, ha a disposizione nuovi strumenti per ripartire all’attacco contro Lann che, prima della guerra, aveva illustrato in due articoli il proprio metodo traduttivo106:

Lann scrive nel suo articolo: “Noi respingiamo categoricamente quei sinonimi della nostra lingua madre, la cui origine risale a un’epoca posteriore rispetto a quella dell’autore”. Stando alle sue parole, questo significa che Cervantes e Shakespeare, secondo Lann, vanno tradotti con la lingua dell’epoca di Ivan il Terribile o di Boris Godunov. E con Omero? Lann prosegue: “Noi rifiutiamo categoricamente l’interpretazione dei punti oscuri che possono essere presenti in un testo”. Questa è un comodo paravento per il traduttore […] una comoda giustificazione per evitare uno sforzo artistico di comprensione dell’originale. Che cosa ottenga in questo modo il lettore sovietico non è un aspetto che interessa il traduttore “fedele”. E inoltre nello stesso anno dice: “Noi non accettiamo i russismi lessicali, noi non saltiamo nessuna parola e ripetiamo questa parola tante volte quante la si incontra nell’originale”. […] La preoccupazione per lo stile è una cosa buona, ma non bisogna […] trasformarla in un feticcio che fa passare in secondo piano il significato sociale e umano di un’opera107.

Parallelamente, all’interno della Sekcija perevodčikov, si scatena un acceso dibattito tra Kaškin e Šengeli che si riverserà sulla stampa a partire dai primi anni Cinquanta.

106 Lann 1937; Lann 1939.

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Nel 1947 viene pubblicata la traduzione del Don Giovanni di Byron108 realizzata da Šengeli a cui il critico E. Levontin109 fa seguire una recensione positiva che eleva l’approccio utilizzato dal traduttore a paradigma della scuola traduttiva sovietica.

Nel 1948, durante una riunione della Sezione, Kaškin afferma:

Sappiamo che i principi e i metodi dell’arte traduttiva sovietica si sono rafforzati attraverso la lotta serrata contro quelle opinioni estranee e pericolose lasciate in eredità dai tempi del decadentismo, del formalismo e dai tempi bui della […] NEP. […] Proprio per questo, è necessario opporre resistenza a tutti i tentativi di […] falsificare la definizione di “principi della traduzione sovietica” e di “scuola di traduzione sovietica”, e ai tentativi di attribuirle lavori estranei a questo concetto110.

La pratica traduttiva di Šengeli viene completamente disapprovata da Kaškin, che, rimproverandogli una resa troppo aderente all’originale, gli contrappone, così come aveva fatto durante la discussione con Lann, il metodo dei vecchi traduttori:

[…] alcune vecchie traduzioni, fatte da grandi scrittori, pur nella loro evidente infedeltà […], comunque guidavano con maggior leggerezza il lettore all’essenza stessa dell’autore tradotto. Queste traduzioni […] devono essere sostituite da traduzioni esaurienti e compiute. Ma, […] alcuni traduttori pretendono in maniera dogmatica, spesso senza alcun fondamento, di restituire il 100% delle peculiarità del testo. Tuttavia, in questo modo si finisce per imbrogliare il lettore; le minuzie e i dettagli fanno passare in secondo piano l’originale. Ne deriva una falsa fedeltà […] che offusca il significato ideo-artistico dell’opera e che […] porta all’infedeltà111.

Il presidente della Sekcija perevodčikov si pronuncia ancora una volta contro la traduzione letterale, ma, mentre nella prima parte della sua invettiva, si basa su questioni metodologiche e si concentra sull’approccio traduttivo di Šengeli, nella seconda parte Kaškin sposta l’argomentazione dall’ambito letterario a quello politico. Dal Don Giovanni di Byron emergerebbe, infatti, un’immagine non troppo favorevole di A. Suvorov112, il condottiero del Settecento, considerato uno dei migliori strateghi della storia militare russa. Kaškin, nel riportare i passi del testo che trattano di Suvorov, arriva ad insinuare che le frasi citate non appartengano alla penna di Byron, ma che vadano attribuite a Šengeli:

108

Bajron 1947.

109

Ezra Efimovič Levontin (1891-1968), poeta, critico letterario e traduttore.

110

RGALI, f. 2854, op.1, ed. chr. 116, l. 14.

111 RGALI, f. 2854, op.1, ed. chr. 116, l. 14. 112

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Šengeli ha sottolineato quel tono supponente e sprezzante da cui trapela un gusto estetico di falsa esoticità. La scuola di traduzione sovietica insegna forse o si permette semplicemente di offendere il lettore conservando un’immagine travisata del grande condottiero, o ancora peggio, di deformarla di propria iniziativa? […] Šengeli sostiene di aver restituito fedelmente l’immagine di Suvorov nel timore che gli si potesse rimproverare di aver abbellito il testo, ma è strano che non sia assolutamente preoccupato di come il lettore sovietico venga urtato da questa immagine sminuita in maniera esotica113.

Per colpire il suo avversario, Kaškin si avvale di tre elementi: la svalutazione della figura del lettore, componente essenziale della riflessione teorica in URSS; l’esotismo nella pratica traduttiva, che di fatto equivale a un’accusa di servilismo nei confronti dell’Occidente e, infine, l’atteggiamento irrispettoso nei confronti di Suvorov e dell’esercito russo. La discussione perde definitivamente le peculiarità di un dibattito metodologico e culturale e assume connotazioni politiche rese ancora più evidenti dal fatto che Suvorov era notoriamente tra le figure storiche più amate da Stalin114.

La strategia messa in atto da Kaškin si rivela vincente. Nel 1950, quando si procede alle elezioni per rinnovare il Bjuro, Kaškin raccoglie la maggioranza dei voti, mentre Šengeli, personaggio di spicco della Sezione dei Traduttori negli anni Trenta, non ne ottiene nessuno115.

Qualche mese dopo, Šengeli, tenta di difendere la propria posizione e sostiene di aver tradotto alla lettera tutti i passi incriminati per evitare una reazione da parte dell’Occidente, nonostante la redattrice E. Egorova gli avesse esplicitamente suggerito di censurare Byron:

Ho l’impressione che si tratti di una campagna preparata. […] Sono stato accusato di aver offeso l’orgoglio nazionale dei russi perché in questa traduzione del Don Giovanni ci sono alcuni passaggi in cui si parla in toni negativi di Suvorov […]. Ecco quello che mi ha consigliato Egorova: falsifichi Byron, se Byron ha parlato ironicamente di Suvorov, il popolo russo si potrebbe offendere. Questo libro è stato letto dai recensori, dai redattori, dagli impiegati del Glavlit, da decine di migliaia di lettori e nessuno si è offeso per il popolo russo, poiché tutti sanno che il popolo russo è abbastanza grande per rispondere a qualsiasi ironia con un sorriso ironico. La compagna Egorova non ha pensato alla risonanza politica di una simile falsificazione. Provate a pensare a cosa avrebbero detto […], avrebbero detto che in URSS falsifichiamo Byron. […] Kaškin […] ha affermato che nella traduzione […] ho scritto quello che nell’originale non c’era, che ho offeso Suvorov e l’esercito russo. […] Confermo che letteralmente tutti i passaggi che offendono Suvorov sono presenti

113

RGALI, f. 2854, op.1, ed. chr. 116, l. 2; 17-18.

114 Perel’muter 2010: 192-193. 115

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nell’originale, che io li ho tradotti in maniera fedele e che Kaškin avrebbe dovuto dirlo. Constato che un critico mi ha chiesto di falsificare, un altro non ha detto la verità 116.

Šengeli, tuttavia, sa quanto poco efficaci possano essere simili argomentazioni ora che l’ostilità nei suoi confronti ha assunto i tratti di una vera e propria campagna di stampo politico. Quindi, rassegna le dimissioni dalla Sezione dei Traduttori, chiedendo che le ragioni del suo gesto vengano trasmesse alle istanze competenti117.

Anche Levontin, il critico che lo aveva elogiato e sostenuto in precedenza, pienamente consapevole del rischio professionale e personale a cui andrebbe incontro, è ora costretto a ritrattare alcune sue posizioni:

Riconosco qui davanti a voi che sicuramente Byron non ha capito bene la figura di Suvorov e che ha frainteso. Ma voi cosa avete sentito nella valutazione del mio articolo da parte di Kaškin? […] È evidente che non avete letto il mio articolo e che avete avuto l’impressione che, scrivendo sulla traduzione di Šengeli, avessi attribuito a Byron la piena comprensione della figura di Suvorov118.