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A bordo del Trieste

Nel documento Dino Buzzati scrittore-giornalista (pagine 195-199)

Mettiamo ora a confronto il racconto Una stupefacente creatura, pubblicato sul «Corriere della Sera» il 21 maggio 1941, e l’articolo Non tradirà le navi il vecchio “fuochista”, pubblicato sempre sul «Corriere» il 17 agosto 1947.

Buzzati, voce narrante nel racconto, si trova a bordo di una regia nave, identificabile con il Trieste, e assiste nella notte alla scalata della parete della propria cabina da parte di un piccolissimo scarafaggio. L’ambientazione nell’articolo è la stessa, poiché Buzzati si trova a bordo di una nave, anche se in questo caso la cabina è quella dell’incrociatore “Garibaldi”. Questi due testi hanno per soggetto lo stesso animale, una blatta, e il collegamento con il racconto viene direttamente suggerito da Buzzati:

Come ebbi aperto gli occhi – il bastimento stava ancora muovendo dalla baia della Maddalena – subito lo scorsi, alla luce del “lampadino”, che passeggiava sull’orlo metallico della cuccetta. No, mi dissi, quella non era una faccia nuova.

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Ma dove l’avevo mai incontrato? Diavolo, sul “Trieste”, ai tempi della guerra, quando zampettava su e giù per le mie coperte con meravigliosa petulanza, tutte le sante sere.43

Buzzati riconosce nell’articolo lo stesso animaletto che aveva descritto in Una stupefacente creatura:

Era piccolo allora, uno scarafaggio di minime dimensioni, da confondersi con una formica. Adesso lo rivedevo adulto, magretto a dir la verità, eppure in gamba, di un bel colore biondo, quasi autorevole. (A, 318)

Non ci sono dubbi sulla coincidenza con la blatta nel racconto, che viene descritta così:

C’era una bestiolina piccolissima, lunga circa un millimetro, di colore biancastro, quasi trasparente. […]Propendo a ritenerla uno scarafaggio estremamente giovane, appena uscito dall’uovo, se non dico eresie, ma già compiutamente formato e per così dire cosciente.44

Si tratta di un particolare tipo di blatta, come poco dopo chiarisce Buzzati:

Gli scarafaggi di bordo, chiari di mantello, a differenza dai neri e abbietti omonimi che infestano le cloache, sono di razza fina e natura benigna; nessun marinaio manifesta per essi avversione o ribrezzo. (R, 60)

Così come in Non tradirà le navi il vecchio “fuochista”:

Non sono neri e schifosi come quelli delle nostre case gli scarafaggi delle navi. Appartengono a un’altra razza. Sono più snelli, più chiari, puliti, dimostrano confidenza con l’uomo e l’uomo non gli vuole male. La Marina, è lecito dire, li ha in forza. (A, 319)

Il racconto si sviluppa come una telecronaca dei progressi dello scarafaggio alle prese con la parete verticale, tanto che il paragone con la montagna viene spontaneo in uno scalatore come Buzzati:

Fatte le debite proporzioni, era come se un alpinista di media struttura affrontasse un paretone a picco di oltre un migliaio di metri, dopo il primo tratto precipitasse giù fino alla base, subito si riprendesse, risalisse, cadesse di nuovo, indomito si ostinasse ancora. (R, 61)

43 DINO BUZZATI,Il buttafuoco. Cronache di guerra sul mare, cit., p. 318. Le prossime citazioni tratte da

questo articolo verranno segnalate con la sigla A seguita dal numero di pagina.

44 DINO BUZZATI, Bestiario, cit., pp. 59-60. Le prossime citazioni tratte da questo racconto verranno segnalate con la sigla R seguita dal numero di pagina.

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Il fascino che determina l’impresa del piccolo animale, colpisce enormemente lo scrittore:

Tenace, non c’era che dire. Sì da far nascere in me un sentimento di vago rispetto. Qualsiasi desiderio o utopia lo traesse lassù, l’animaletto dimostrava una forza di volontà stupenda. (R, 60)

In particolare bisogna segnalare che la parola ‘stupefacente’ ricorre in Buzzati proprio quando si trova di fronte a manifestazioni di tenacia, come nel caso di Una caso stupefacente, in cui una giovane donna vedova e disoccupata deve trovare lavoro per sfamare i propri figli. Con ‘stupefacente’ Buzzati vuole sottolineare la grande capacità di resistenza da parte di certi individui che fronteggiano le difficoltà della vita e continuano a persistere nell’andare avanti.

Il piccolo “fuochista” infatti ne ha superate davvero tante: è sopravvissuto all’affondamento stesso del Trieste:

«Ancora vivo? » gli chiesi. «E come hai fatto a cavartela? » (Il “Trieste” fu affondato, proprio nelle acque della Maddalena, dalle fortezze volanti americane, con un paio di sganci.) (A, 318)

La narrazione prosegue, e tramite le parole dello scarafaggio capiamo anche quale sia la motivazione che ha portato Buzzati a ricordare la nave, a bordo della quale aveva assistito ai più importanti scontri navali della Seconda Guerra Mondiale:

Mi spiegò che il giorno dell’affondamento aveva potuto lasciare il moribondo “Trieste” e raggiungere incolume la riva a bordo di un’assicella, che aveva poi vissuto nel “riposto” del circolo ufficiali della Maddalena, che quindi era riuscito a imbarcarsi su una cisterna, a raggiungere Taranto e a intrufolarsi sul “Garibaldi” il quale gli ricordava, disse, il suo incrociatore scomparso. (A, 319)

È quindi la somiglianza della nave a risvegliare in Buzzati ricordi come quelli narrati in Una stupefacente creatura. Le emozioni e le riflessioni fatte quella notte riaffiorano: per Buzzati l’insistenza del piccolo scarafaggio era cosa di tale grandezza che, al confronto, le titaniche imprese umane impallidivano. Ma si tratta anche di una allegoria della vita, non solo militare, sugli sforzi che l’uomo compie inutilmente in previsione della morte.

Il fiero veterano, nel momento in cui stanno attraversando il punto in cui si è inabissato il Trieste, supplica Buzzati:

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«Scommetto che ci stiamo passando davanti! » disse, senza spiegarsi meglio. «Per piacere, apri l’oblò… vorrei vedere. »

«Che vuoi vedere? In navigazione è proibito aprire gli oblò. La guerra è finita da un pezzo, ma non si sa mai. »

«La corazzetta! apri almeno la corazzetta che veda attraverso il vetro! » (A, 321) Ed ecco un altro stupefacente panorama, in cui lo sguardo dello scarafaggio si sovrappone fino a coincidere con quello di Buzzati:

«È là, è là! vedi?» avvertì con vocetta ansiosa. In un angolo di mare in mezzo agli scogli si vedeva galleggiare una fila di cilindri arrugginiti, il resto di un recinto parasiluri, come rotta ghirlanda. Proprio là sotto, invisibile, giaceva morto il “Trieste”. (A, 321)

Il momento di commozione passa presto e lo scarafaggio, ligio al proprio dovere, sparisce improvvisamente nelle profondità della nave, lasciando Buzzati solo:

Al galoppo guizzò giù dalla parete. «Un momento! Senti! » chiamai. Ma lui già si era imbucato in qualche misteriosa fessura. (A, 321)

Allo stesso modo si conclude il racconto, preannunciando però, con l’ultima parentesi, l’atteggiamento più militaresco, da veterano, che caratterizzerà lo scarafaggio dell’articolo. Infatti, in chiusura di Una stupefacente creatura la tenacia della insetto assume il lessico di uno scontro vero e proprio:

Prima che lo potessi fermare, scivolò di fuori, precipitò nell’abisso, a capofitto scomparve verso ignota sorte. Addio dunque, prode bestiola. (Ma che adesso sia ancora lì, dopo giorni e giorni, con la sua piccola volontà di ferro, e continui a cadere a cadere, lottando per una vittoria che non potrà mai essere sua?) (R, 64)

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Nel documento Dino Buzzati scrittore-giornalista (pagine 195-199)

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