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La guerra del borghese stregato

Nel documento Dino Buzzati scrittore-giornalista (pagine 175-178)

Il legame presente tra l’articolo Tuono dal sud, pubblicato sul «Corriere» il 15 maggio 1942, e il racconto Il borghese stregato, uscito sul «Corriere» il 21 giugno 1942, è dato dalla somiglianza delle ambientazioni e della vicenda.

L’articolo, raccolto in Il buttafuoco, è un momento di riflessione del giornalista, corrispondente navale, che, sceso a terra, si allontana dal porto, dirigendosi verso i boschi. Giunto «in cima a un piccolo colle, incombente sulla città e sul mare», sorprende un gruppo di bambini che si diverte tra i resti di un rudere.

Anche in Borghese stregato, raccolto in Paura alla Scala, il protagonista Giuseppe Gaspari, in vacanza con la famiglia in montagna, incamminatosi su «una ripida mulattiera» scorge alcuni ragazzi che giocano a ‘fare la guerra’.

Nell’articolo Buzzati descrive il paesaggio collinare che lo circonda:

Eppure che sito solitario: con queste muraglie abbandonate, i fiorellini incolti, certi speciali pinastri, il ronzio degli insetti, la rassegnata mestizia dei luoghi già abitati dagli uomini e ora non più.19

È piena estate:

E intanto, per azione del sole che oggi è bianco e meraviglioso, nascono le magie pomeridiane: quando, all’insaputa degli uomini (se nessuno le sta a spiare), le cose ritenute senz’anima cominciano a vivere e a patire. (A, 238)

Ecco invece l’incipit del racconto Il borghese stregato:

19 DINO BUZZATI,Il buttafuoco. Cronache di guerra sul mare, cit., p. 238. Le prossime citazioni tratte da

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Giuseppe Gaspari, commerciante in cereali, di 44 anni, arrivò un giorno d’estate al paese di montagna dove sua moglie e le bambine erano in villeggiatura. Appena giunto, dopo colazione, quasi tutti essendo andati a dormire, egli uscì da solo a fare una passeggiata.20

Il protagonista, una volta uscito, durante la passeggiata, si imbatte in una particolare radura, che suscita in lui un moto di entusiasmo:

Là dietro, sottratto agli sguardi di chi seguiva la via normale, si apriva un selvatico valloncello, dai fianchi di terra rossa, ripidi e crollanti. Qua e là un macigno che affiorava, un cespuglietto, i resti secchi di un albero. (R, 75)

Si tratta delle terre dei sogni così come lui se l’era immaginate e, proprio nell’istante in cui scorge il gruppo di cinque ragazzini, ha inizio la sua vera avventura.

Il Gaspari, ascoltando i loro discorsi, capì che giocavano ai selvaggi o alla guerra: i nemici erano più avanti, asserragliati in un ipotetico fortilizio, e Sisto era il loro capo, il più in gamba e temibile. (R, 75)

La stessa scena si era già profilata nell’articolo:

Il vento gira da una parte e dall’altra, muove le cime delle piante, mi porta dei frammenti di frase che bastano a far capire: i bambini giocano alla guerra. Alcuni stanno sulle mura, gli altri daranno l’assalto, o qualcosa del genere. (A, 239) Si tratta di giovani adolescenti, come viene precisato in entrambi i testi:

Seminudi e con strani berretti, fasce, cinture, a simulare vesti esotiche o piratesche. Uno aveva un fucile a molla, di quelli che lanciano un bastoncino, ed era il più grande, sui quattordici anni. (R, 75)

E, giocando, vi trovano la felicità che il cielo concede soltanto ai minori di quindici anni. (A, 239)

I ragazzi, attraverso il gioco, accedono a un mondo fantastico dove tutto ciò che loro immaginano diviene realtà:

Essi sono entrati ormai nell’incanto, posseggono corazze invisibili, statura da giganti, enormi piume sugli elmi, enormi spade. Il resto del mondo è scomparso. (A, 239)

20 DINO BUZZATI, Paura alla scala, cit., p. 74. Le prossime citazioni tratte da questo racconto verranno segnalate con la sigla R seguita dal numero di pagina.

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Gaspari è attratto nel racconto dalla stessa magia, che pian piano lo coinvolge sempre più nella “guerra” che sta combattendo. Stranamente, infatti, egli si dimostra fin da subito ben disposto a partecipare ai giochi di guerra dei giovani:

Una ridicola cosa venne in mente a Giuseppe. Balzò giù per il valloncello e, affondando i piedi nelle ghiaie sotto di lui frananti, discese a salti verso i ragazzi; i quali si alzarono in piedi. Ma lui disse loro:

«Mi volete con voi? Porterò la tavola, per voi è troppo pesante.» (R, 76)

E man mano che l’assalto procede egli rimane sempre più invischiato nel mondo creato dalla fantasia:

“Che strana storia” pensava “solo due ore fa ero in albergo, con la moglie e le bambine, seduto a tavola; e adesso in questa guerra inesplorata, distante migliaia di chilometri, a lottare con dei selvaggi”. (R, 78)

Fino alla completa immedesimazione, che risulterà fatale:

Ma, dalla socchiusa porta coperta di oscuri segni (che non esisteva), il Gaspari vide uscire uno stregone, incrostato di lebbre e di inferno. Lo vide rizzarsi, altissimo, gli sguardi privi di anima, un arco in mano, sorretto da una forza scellerata. Egli lasciò allora andare la tavola, si trasse con spavento indietro. Ma l’altro già scoccava il colpo.

Colpito al petto, il Gaspari cadde tra i rovi. (R, 78-9)

Il gioco si è tramutato in realtà, in una guerra vera e propria, in cui si viene feriti e si muore, una guerra come quella che si sta combattendo in lontananza in Tuono dal sud:

Forse era una suggestione. Poteva darsi però che di là delle ultime acque visibili, molto più in là, nella circolare solitudine donde non si scorgono rive, poteva darsi che si facesse battaglia. (A, 241)

Come è stato già rilevato, lo scarto tra il reale e l’immaginario viene segnalato da perturbanti rumori che provengono da un luogo non meglio precisato. Ecco il momento in cui ha inizio l’immedesimazione da parte di Gaspari:

Ma qui il Gaspari si fermò, come assorto (la nube ristagnava ancora, da lungi si udì un grido lamentoso che assomigliava a un richiamo). (R, 78)

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Allo stesso modo in Tuono dal sud, se le “schioppettate” del cacciatore vengono incluse nella finzione, il brontolio che si ode in lontananza pone bruscamente fine ai giochi dei ragazzi, segnando il ritorno alla realtà:

Quand’ecco improvvisamente, dal sud, laggiù dove il mare si incurva sulla gobba del mondo, là donde ci vennero i miti, da quelle cerulee solitudini, giunse voce di tuono. Non tuono temporalesco di certo, non fenomeno meteorologico. Non c’era nube nel cielo, a cercarla per l’intero universo. Era un brontolio di rovina, uscito dall’apocalisse, come se una città avesse cominciato a crollare. Ne derivavano inquieti pensieri, non dovuti all’intensità del rumore; ma piuttosto perché non si riusciva a capirlo. Non violento come le cannonate di prima, eppure più tenebroso, contenendo un enigma. Vuoto era infatti sotto di noi lo specchio del porto e nude le banchine, mentre ancor ieri vi riposavano grandi navi da guerra.

E allora i bambini si fermarono. Non c’erano più saraceni o cristiani, né assedi, né mura da violare. L’illusione si era finalmente spezzata. (A, 241)

Si è rotto quindi l’incantesimo che gravava sul «castello stregato» di Tuono dal sud, ma non quello che ha “stregato” Gaspari. La potente magia che ha colpito il protagonista non si può più richiamare, perché egli ha violato la dimensione fantastica entrandovi senza avere più il permesso di farlo:

Sì, lui, quarantenne, si era messo a giocare coi bambini, credendoci come loro; solo che nei bambini c’è una specie di angelica leggerezza; mentre lui ci aveva creduto sul serio, con una fede pesante e rabbiosa, covata, chissà, per tanti anni ignavi senza saperlo. Così forte fede che tutto si era fatto vero, il vallone, i selvaggi, il sangue. Egli era entrato nel mondo non più suo delle favole, oltre il confine che a una certa stagione della vita non si può impunemente tentare. (R, 79-80)

Nel documento Dino Buzzati scrittore-giornalista (pagine 175-178)

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