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Accertamento basato su qualunque spesa: gli investiment

Nel documento Il nuovo redditometro (pagine 77-80)

3.3 Redditometro come strumento di controllo e compliance

3.3.2 Accertamento basato su qualunque spesa: gli investiment

Ai sensi del vecchio testo dell'art. 38, comma n. 5, DPR n. 600/1973 dispone che «qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti».

La nuova versione dell'art. 38, invece, applicabile dal periodo d'imposta 2009, prevede la possibilità per l'Amministrazione Finanziaria di ricostruire il reddito del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel periodo d'imposta; nonostante non siano espressamente menzionate nel testo, ovviamente, tra le spese di qualsiasi genere rientrano quelle per incrementi patrimoniali. Secondo quanto riportato nella tabella A del DM 24 dicembre 2012, gli incrementi patrimoniali o investimenti, una delle due macro-categorie citate nel paragrafo precedente, si riferiscono a diverse tipologie di beni e servizi:

1) immobili (fabbricati e terreni), 2) beni mobili registrati (autoveicoli, caravan, motoveicoli, minicar, natanti e imbarcazioni, aeromobili), 3) polizze assicurative (investimento, previdenza, vita), 4) contributi previdenziali volontari, 5) azioni, 6) obbligazioni, 7) conferimenti, 8)finanziamenti, 9) capitalizzazioni, 10) quote di partecipazione, 11) fondi d’investimento, 12) derivati, 13) certificati di deposito, 14) pronti contro termine, 15) buoni postali fruttiferi, 16) conti di deposito vincolanti, 17) altri titoli di credito, 18) altri prodotti finanziari valuta estera, 19) oro, 20) numismatica, 21) filatelia, 22) oggetti d’arte o antiquariato, 23) manutenzione straordinaria delle unità abitative, 24) donazioni ed erogazioni liberali, 25) altro.

Nel nuovo testo dell'art. 38, non essendo più prevista la ripartizione per quote, si evince che, per il nuovo redditometro, gli investimenti sono valorizzati interamente nell'esercizio in cui si sono manifestati; il suddetto decreto ministeriale, attuativo del redditometro, invece, all'art. 3, prevede che, « l’Agenzia delle entrate determina il reddito complessivo accertabile del contribuente sulla base», tra le varie, «della quota relativa agli incrementi patrimoniali del contribuente imputabile al periodo d’imposta, nella misura determinata con le modalità indicate nella tabella A».

La tabella A, per quanto attiene gli incrementi patrimoniali, prevede che siano valorizzati come «ammontare degli investimenti effettuati nell’anno, meno ammontare dei disinvestimenti effettuati nell’anno e dei disinvestimenti netti dei quattro anni precedenti all’acquisto dei beni, risultante da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria», riprendendo quindi la vecchia disposizione

dell'art. 38.

La classificazione operata dalla suddetta tabella, quindi, non è una mera elencazione di elementi indicativi di capacità contributiva, ma presenta anche le modalità attraverso le quali valorizzare gli investimenti ai fini redditometrici.

La regola generale è quindi: l'incremento patrimoniale è calcolato come differenza tra ammontare degli investimenti effettuati nell'anno e ammontare dei disinvestimenti, considerando tra quest'ultimi sia quelli avvenuti nell'anno, sia quelli netti dei quattro anni precedenti all'acquisto. Va però evidenziato che, appunto, è una regola generale, perchè si differenzia a seconda della tipologia di bene o servizio.

Per quanto riguarda la prima sotto-categoria, immobili, comprensiva di fabbricati e terreni, la spesa per investimenti è calcolata sottraendo dall'incremento patrimoniale (che è il differenziale tra investimenti e disinvestimenti) l'ammontare totale dell'eventuale mutuo contratto per l'acquisto. Stessa regola vale per i beni mobili registrati, autoveicoli, caravan, motoveicoli, minicar, natanti e imbarcazioni, aeromobili, per i quali all'ammontare dell'incremento patrimoniale va sottratto il finanziamento contratto per l'acquisto.

Tutte le altre categorie di beni, a partire dalle polizze assicurative, per arrivare alle donazioni ed erogazioni liberali, passando per le azioni, le obbligazioni e i fondi d'investimento, sono valorizzati considerando il solo incremento patrimoniale, non essendo previsto che si possa diminuire il relativo ammontare con alcuna ulteriore spesa.

Nella circolare n. 24/E dell'Agenzia delle Entrare, emessa in data 31 luglio, firmata Attilio Befera134,

sono stati presentati chiarimenti anche a riguardo degli incrementi patrimoniali, visto l'ampia discussione dottrinale e mediatica.

All'intero di essa è stato ribadito che «la misura relativa agli incrementi patrimoniali del contribuente imputabile al periodo d’imposta è determinata, come previsto dalla Tabella A, dall’ammontare degli investimenti effettuati nell’anno, meno l’ammontare dei disinvestimenti effettuati nell’anno e di quelli netti dei quattro anni precedenti all’acquisto dei beni, come da risultanze dell’Anagrafe Tributaria.

In sede di contraddittorio il contribuente potrà fornire la prova relativa:

a) alla formazione della provvista, che potrebbe anche essersi realizzata nel corso di un periodo diverso rispetto ai quattro anni indicati nel decreto;

b) all’utilizzo della provvista per l’effettuazione dello specifico investimento».

Avendo già ampiamente discusso della regola generale, quello che qui interessa è la seconda parte della disposizione; secondo quest'ultima, dunque, il contribuente deve assumersi l'onere di provare, non solo la formazione della “provvista” utilizzata per l'investimento (eventualmente realizzata in un periodo diverso rispetto ai quattro anni del decreto), ma anche che quella stessa provvista sia stata utilizzata per quello specifico investimento.

La prima difficoltà in cui potrebbe incorrere il contribuente è, quindi, il dover dimostrare l'effettiva esistenza della provvista, dovendo risalire anche indietro nel tempo, la quale potrebbe essere composta ad esempio da una donazione o una successione, ma anche dalla quota di risparmio formatasi durante l'anno.

A proposito di quest'ultima, già nella circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, l'Agenzia delle Entrate si trovò a rispondere al quesito riguardante i termini in cui rilevi, ai fini del redditometro, la quota di risparmio riscontrata, prevista dal decreto attuativo all'art. 3, comma n. 1, lett. e.

L'agenzia affermò che «la quota di risparmio formatasi nel corso dell'anno e non utilizzata per spese di investimento o per consumi concorre alla determinazione del reddito complessivo accertabile, come previsto dall'art. 3 del DM 24 dicembre 2012».

Quindi, dalla lettura incrociata delle due circolari, si deduce che, in caso di contraddittorio, il contribuente, a proposito della quota di risparmio, dovrà dimostrare che essa è andata a formare la provvista e di conseguenza, quale parte della quota di risparmio è andata a finanziare i suoi consumi, quale è andata a confluire nella provvista per l'investimento e quale, invece, continui ad essere effettivamente quota di risparmio.

Infine, all'interno della circolare 24/E, sono stati forniti ulteriori chiarimenti a riguardo della già analizzata categoria dei beni mobili registrati; infatti ha affermato che « Per i veicoli posseduti in leasing o noleggio rilevano i canoni pagati nell’anno, comunicati dagli operatori del settore. In proposito va precisato che al contribuente vengono attribuiti, quali spese effettivamente sostenute, i canoni di leasing o noleggio relativi ai contratti nei quali risulta essere “cliente” ovvero “beneficiario”. Qualora nel corso dell’anno in relazione ai contratti di leasing o noleggio, siano state pagate somme a titolo di maxirata o riscatto, le stesse non rilevano quali spese “correnti” (come i canoni), ma come spese per “investimenti”, analogamente alle spese per l’acquisto di veicoli in proprietà. Infatti, il prezzo di acquisto in proprietà di un veicolo, al netto dell’eventuale finanziamento (come espressamente indicato nella Tabella A), viene considerato una spesa per investimento, mentre i ratei pagati nell’anno per la restituzione delle somme finanziate, sono considerate spese “correnti” come i canoni di leasing e noleggio».

3.3.3 Nuovi strumenti di difesa del contribuente: obbligo di contraddittorio

Nel documento Il nuovo redditometro (pagine 77-80)