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La prova contraria

Nel documento Il nuovo redditometro (pagine 85-88)

3.3 Redditometro come strumento di controllo e compliance

3.3.4 La prova contraria

Nell'ordinamento tributario, sono molte le fattispecie in cui l'onere della prova ricade sul convenuto (inversione dell'onere della prova) e questo avviene, essendo il fenomeno fortemente legato alle presunzioni, a maggior ragione nell'accertamento sintetico.

In particolar modo, come ampiamente discusso nel paragrafo 2.2.2, nell'ambito del redditometro, la disponibilità dei beni o servizi previsti all'intero del DM 10 settembre 1992, è sempre stata riconosciuta come presunzione legale relativa di capacità contributiva, dispensando così l'Amministrazione Finanziaria dal dover portare prove ulteriori alla disponibilità, nella sfera del contribuente, dei beni indice; si è sempre ritenuto, dunque, che spettasse al contribuente dover dimostrare in quale modo effettivamente incidessero tali beni e servizi nella determinazione del reddito, tra l'altro, dovendo fare ciò tramite prova documentale.

Inoltre, ai sensi del comma n. 6, art. 38, DPR 600/1973, del vecchio testo, la prova contraria soggiaceva ad una rigorosa disciplina, non solo per la richiesta espressa di prove documentali, ma anche perchè limitata alle ipotesi di «redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o da smobilizzi patrimoniali»144; inoltre, l'art. 38, prima della riforma, disponeva

solamente la facoltà del contraddittorio anticipato, e non l'obbligo, come invece è ora stabilito. La riforma operata dal DL 78/2010, ha portato a dubitare della natura delle presunzioni alla base del redditometro; innanzitutto, una famosa sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13289 del 17 giugno 2011, ha affermato, assimilando il redditometro agli studi di settore, che «in ordine alla pretesa fiscale fondata sulla utilizzazione dei “coefficienti” … le Sezioni Unite (sentenza 18 dicembre 2009, n. 26635) hanno affermato che “la procedura di accertamento standardizzato costituisce un sistema di presunzioni semplici (…)”; e che “il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dell’ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente” stesso. La condivisione di siffatti principi, costituisce la chiave obbligata di lettura degli “avvisi di accertamento” concernenti la determinazione sintetica del reddito complessivo”».

Questa sentenza, così come il nuovo testo dell'art. 38, hanno portato, se non ad un mutamento dell'orientamento giurisprudenziale nei confronti della natura delle presunzioni redditometriche,

almeno ad un notevole passo in avanti verso questo senso; infatti, nonostante negli anni si siano viste sentenze di orientamente completamente opposti, prima della riforma dell'art. 38, non era facilmente ipotizzabile, seppur auspicabile, una posizione della giurisprudenza a favore della natura di presunzioni semplici.145

Come evidenziato, le sentenze discordi sono state molte. La Suprema Corte ha infatti affermato, nell'ottobre del 2012, che «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la determinazione del reddito effettuata sulla base dell’applicazione del cosiddetto redditometro dispensa l’Amministrazione finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti-indici di maggiore capacità contributiva, individuati dal redditometro stesso e posti a base della pretesa tributaria fatta valere, e pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base del redditometro non esiste o esiste in misura inferiore. Sarebbe spettato dunque alla parte contribuente fornire la prova contraria rispetto alla presunzione stabilita ex lege».146

Nel dicembre dello stesso anno, invece, ha disposto che «il comma 7, art. 38, si limita a porre una presunzione semplice e non a delimitare l’ambito oggettivo dell’accertamento sintetico.…»147 e l'ha

ribadito nel febbraio 2013 affermando che «ai fini della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo la previsione dell’art.38 del D.P.R. 600/1973 – che consiste nell’applicazione di presunzioni semplici, in virtù delle quali (art. 2727 c.c.) l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto (nella specie l’esborso di rilevanti somme di denaro per l’acquisto di quote sociali) a quello ignorato (sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva) – la presunzione semplice genera l’inversione dell’onere della prova».148

Della stessa opinione si è mostrata la Commissione Tributaria Provinciale di Genova, la quale si è pronunciata affermando che «il risultato dell’applicazione del redditometro rappresenta un possibile indizio di evasione, uno spunto di indagine che richiede di essere approfondita, di essere sostenuta e di essere corroborata da altri elementi, prima di poter essere tradotto in rettifica della dichiarazione».149

Infine, è stata sottolineata l'importante novità portata da nuovo comma n. 4 dell'art. 38, il quale ha riconosciuto al contribuente una nuova e più ampia prova contraria; infatti è ora prevista la possibilità di dimostrare che le spese siano state finanziate con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, e non più solamente con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta.

145Cfr. Bruno E., Cammaroto G., Piacentini V., Valente A., Il “nuovo” redditometro, Assago (MI), 2013, p. 200-202 146Corte di Cassazione, sentenza n. 18604/2012, concordi: n.14896/2012, n. 14168/2012, n.9549/2011.

147Corte di Cassazione, sentenza n. 23554/2012. 148Corte di Cassazione, sentenza n. 2806/2013.

È stato osservato come questa disposizione sia quasi una prova (contraria) senza limiti a favore del contribuente, ma ritenuta importante visto il potere concesso all'Amministrazione di ricostruire il reddito partendo dalle spese.

Ritenendo, dunque, necessario per il soggetto poter dimostrare, senza alcun limite, soprattutto senza che sia obbligatorio che la prova contraria risulti da idonea documentazione, e ciò non è più previsto all'interno del novellato art. 38, che il reddito, a differenza di quanto possa essere stato valutato sinteticamente, non si sia prodotto in quel periodo d'imposta o che non abbia rilievo a fini imponibili o che sia di minor entità, cioè senza che ciò divenga una “prova diabolica”.150

Nel documento Il nuovo redditometro (pagine 85-88)