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Accessibilità, economicità e attori rilevant

2. I PROFILI ECONOMICO-AZIENDALI DELL’ACCESSIBILITA’

2.2. Accessibilità, economicità e attori rilevant

In ambito economico aziendale, il funzionamento duraturo ed autonomo di qualsivoglia azienda richiede il rispetto di specifiche condizioni sinteticamente riferibili al cosiddetto principio di economicità44 da intendersi

come una regola fondante valida per ogni tipologia di azienda,

44 «L’economicità, pertanto, è una regola di condotta che trova proprio nel perseguimento dei

fini economici o nel rispetto delle condizioni di funzionamento la sua concreta traduzione. In particolare le condizioni da rispettare simultaneamente nel funzionamento delle aziende appartengono a due gruppi di ordini:

a) il primo attinente alla dimensione più propriamente reddituale, comprende quelle condizioni che hanno impatto sull’equilibrio tra componenti positivi e negative di reddito; nelle imprese nella capacità di produrre convenienti rimunerazioni; nelle famiglie e negli istituti pubblici territoriali nella capacità di risparmio;

b) il secondo ordine di condizioni riguarda, invece, la dimensione monetaria, cioè accoglie quelle condizioni che assicurano la continuità soddisfacendo, momento per momento, l’equilibrio tra entrate e uscite di mezzi monetari.», Airoldi, G., Brunetti, G. e Coda, V. (1994) Economia Aziendale, Il Mulino, Bologna, p. 177.

In merito alla definizione del principio di economicità si veda tra gli altri, a: Cavalieri, E. (1970) Dimostrazioni sperimentali di economia aziendale e ragioneria. Bozzi, Genova; Onida, P. (1971) Economia d’azienda. Utet, Torino; Cattaneo, M. (1973) Economia delle

aziende di produzione. Etas Libri, Milano; Amaduzzi, A. (1981) L’azienda nel suo sistema e nell’ordine delle sue rilevazioni. Utet, Torino; Zanda, G. (2006) Lineamenti di economia aziendale. Kappa, Roma; Ricci, P. (2012), Le condizioni di esistenza delle aziende. In: Ricci,

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indipendentemente dall’istituto45 di riferimento (famiglia, impresa, pubblica

amministrazione, ente non-profit)46.

In particolare, l’economicità – spesso definita anche come equilibrio economico – riflette la capacità di generare risorse in modo da remunerare congruamente tutte le condizioni di produzione e di consumo necessarie alla realizzazione dei fini istituzionali47. Numerosi sono gli studi condotti in

45 «Le società umane che assumono caratteri di istituzioni, ossia di regole e di strutture di

comportamento relativamente stabili, sono denominate istituti. In tal senso, sono istituti le famiglie, le imprese, i partiti politici, i sindacati, lo Stato e così via. […] In tutti gli istituti, almeno in linea di principio, si svolge in qualche misura attività economica ossia attività di produzione e di consumo di beni economici. L’economia aziendale ha per oggetto gli istituti in cui l’attività economica è particolarmente rilevante manifestandosi con evidenza ed intensità in ricavi, costi, consumi, risparmi, investimenti, movimenti di moneta, rapporti di debito e credito, patrimoni e capitali.», Airoldi, G., Brunetti, G. e Coda, V. (2005) Corso di

economia aziendale. Il Mulino, Bologna, pp. 44-45.

In merito si veda anche Nobolo, A., Guarini, E. e Giorgino, M.C. (2016) La gestione delle aziende di produzione. In: Nobolo, A. (a cura di), Economia aziendale. Pearson, Londra.

46 Al riguardo, Ferrero osserva: «Le aziende di per sé stesse non dotate di economicità non

sono economicamente operative: a sé stanti, esse non hanno durabilità e sono prive di autonomia economica, ossia del loro “carattere di sistema compiuto” che le rende economicamente vitali e atte ad operare come duraturo strumento economico volto alla realizzazione del sistematico processo di produzione per il mercato o di consumo per l’erogazione che le caratterizza nell’oggetto perseguito.

Siffatte aziende non hanno “capacità propria di esistenza” e sono destinate a dissolversi; esse possono tuttavia sopravvivere in quanto trovino sostegno in altre economie, di erogazione o di produzione per il mercato, capaci di attribuire loro una vitalità economica riflessa. In queste circostanze, l’economicità, come caratteristica attitudinale, è un attributo correttamente riferibile soltanto al “complesso” in seno al quale le singole unità aziendali, di produzione o di erogazione, che lo compongono costituiscono parti complementari di un “sistema compiuto” che le rende prive di contenuto economico autonomo. Ne deriva che l’operatività economica di codesto “complesso” – sia esso privato o pubblico – non può essere consapevolmente intesa, né tanto meno apprezzata, quando venga fatto esclusivo riferimento a singole unità aziendali, isolate dal sistema che esse costituiscono.», Ferrero, G. (1967) Le

determinazioni economico-quantitative d’azienda. Giuffrè, Milano, pp. 66-67.

47«L’economicità considera l’insieme delle condizioni essenziali cui devono ispirarsi gli

obiettivi di indirizzo comportamentale di carattere specifico. Questi ultimi, dal canto loro, sono rappresentativi delle attese associabili a una significativa articolazione spazio/temporale dell’impresa e, pertanto, tendono a configurare condizioni di efficacia parziale strumentali per il rispetto dell’efficacia globale.

È dunque possibile affermare che con l’economicità si puntualizzano le norme di comportamento dalla cui consonante realizzazione dipendono l’incremento interno delle risorse e il costante ottenimento dei necessari consensi sociali. D’altra parte, i consensi – come abbiamo già osservato – si correlano alla capacità di attrazione esterna delle risorse necessarie e sufficienti a integrare la produzione interna. Specificamente, le imprese devono poter realizzare nel tempo il bene comune dei soggetti aziendali in un ambiente instabile e dinamico (durabilità dell’impresa), operando con connotazioni di autonomia perdurante e nel pieno

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ambito economico aziendale che affrontano il tema dell’economicità aziendale; al riguardo, si ricorda – tra gli altri – Onida che – con riferimento all’azienda di produzione – precisa: «in generale, l’economicità dell’impresa si giudica in relazione alle condizioni economiche cui l’impresa deve soddisfare perché possa avere durevole esistenza, ed ai risultati economici cui essa perviene»48. Al riguardo, Ranalli – in uno studio interamente

dedicato al tema dell’economicità aziendale – precisa: «riferita all’intera attività, l’economicità della condotta aziendale si estrinseca, invece, nella capacità dell’impresa di soddisfare i vincoli che ne qualificano le condizioni di durevole esistenza. In altre parole, tale concetto indica la capacità dell’impresa di vivere in condizioni di equilibrio economico. Infatti, l’attività aziendale è finalizzata, nel senso che ogni impresa sviluppa le proprie coordinazioni produttive alla ricerca di condizioni di equilibrio a valere nel tempo»49. Altri autori50 hanno fornito una definizione del concetto di

economicità con riguardo all’azienda pubblica; in tale ambito, Giannessi precisa: «il fine aziendale non è, né il conseguimento del lucro, né il soddisfacimento di bisogni umani, ma il conseguimento di un determinato equilibrio economico a valer nel tempo»51. Del pari, Cassandro sottolinea

come: «sia nel consumo che nella produzione, insomma, si agisce economicamente comparando utilità consumate con utilità create e scegliendo, fra le possibili alternative, quelle che rendono più alto il rapporto tra utilità create e utilità consumate»52. Borgonovi ritiene, invece, opportuno

rispetto delle condizioni di equità sociale e di tutela dell’ambiente. Ciò ha attuazione se si realizza un costante positivo orientamento verso il mantenimento congiunto di situazioni di equilibrio reddituale e monetario-finanziario tra loro strettamente interrelate e connesse al mantenimento dell’equilibrio patrimoniale.», Salvioni, D.M. e Franzoni, S. (2014)

Governance e controllo della gestione aziendale. Giappichelli, Torino, p. 10.

48 Onida, P. (1971) Economia d’azienda. Utet, Torino, p. 56.

49 Ranalli, F. (1988) Considerazioni sul tema dell’economicità aziendale. CLUA Editrice,

Pescara, p. 17.

50 La citazione di tali autori non ha valenza esaustiva, posto che numerosi sono gli studiosi

che hanno affrontato il tema dell’economicità delle aziende pubbliche. Al riguardo si segnala, tra gli altri: Pivato, G. (1967) L’efficienza delle imprese pubbliche. Giuffrè, Milano; Caselli, L. (1970) L’impresa pubblica nell’economia di mercato. Giuffrè, Milano; Cafferata, R. (1983) Pubblico e privato nel sistema delle imprese. FrancoAngeli, Milano; Marcon, G. (1984) Le imprese a partecipazione pubblica: finalità e economicità. Cedam, Padova; Buccellato, A. (1992) Il sistema informativo delle aziende pubbliche. Cedam, Padova; Anselmi, L. (a cura di) (1995) L’azienda Comune. Maggioli, Santarcangelo di Romagna; Farneti, G. (1995) Introduzione all’economia dell’azienda pubblica. Giappichelli, Torino.

51 Giannessi, E. (1961) Interpretazione del concetto di azienda pubblica. Cursi, Pisa, p. 26. 52 Cassandro, P.E. (1963) Le gestioni erogatrici pubbliche. Utet, Torino, p. 59.

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differenziare il concetto di economicità, «che implica la condizione di raggiungimento dei fini istituzionali» da quello di «equilibrio economico della gestione che appare immediatamente riferibile ad aspetti di determinazione quantitativa»53.

In generale, affinché le condizioni di economicità siano rispettate, è necessario che ciascuna azienda – nello sviluppo delle proprie combinazioni economiche – assicuri il rispetto dell’efficacia e dell’efficienza aziendale da intendersi rispettivamente come capacità di raggiungere gli obiettivi selezionati e come abilità a realizzare i risultati attesi con il minor dispendio di risorse. In tal senso, economicità, efficacia ed efficienza si configurano strettamente interconnesse, posto che un miglioramento dei livelli di efficacia e di efficienza è suscettibile di potenziare l’economicità aziendale nel tempo. Di converso, una scarsa attenzione a garantire un adeguato bilanciamento tra efficacia ed efficienza può pregiudicare l’economicità con ricadute sull’autonomia e sulla durabilità dell’azienda. Ad esempio, un’eccessiva focalizzazione sull’efficienza a detrimento dell’efficacia, può impedire la realizzazione degli obiettivi selezionati nel medio-lungo periodo; analogamente, una marcata enfatizzazione dell’efficacia non basata sull’ottimizzazione del rapporto tra risorse e risultati può generare situazioni di forte dipendenza da terze economie.

Il principio di economicità sebbene assuma validità generale, indipendentemente dalla natura (economica o non economica) delle finalità dominanti effettivamente perseguite, è variamente declinabile in relazione alla tipologia di azienda osservata. Ad esempio, nell’ambito delle imprese – che si caratterizzano per la dominanza dei profili economici – la condizione in esame trova attuazione nel contestuale rispetto degli equilibri fondanti il successo aziendale e precisamente quello reddituale e monetario- finanziario54.

53 Borgonovi, E. (1979) L’impresa pubblica. Giuffrè, Milano, p. 121.

54 «Nell’azienda di produzione si svolge una serie di accadimenti, tra i quali vengono ad

assumere particolare rilievo quelli di scambio con terze economie. Da questi scaturiscono infatti componenti positivi e negativi di reddito (in prima approssimazione, ricavi e costi) connessi rispettivamente all’acquisizione di fattori produttivi e al collocamento nel mercato di beni. Il fluire dei ricavi nel tempo alimenta la continuità dei processi produttivi che via via si susseguono con il sostenimento di costi. Poiché in genere nelle aziende di produzione i costi sono sostenuti «in via anticipata» rispetto ai ricavi, si manifesta un fabbisogno di capitale, la cui copertura con provvista di opportune fonti di finanziamento determina a sua volta un componente negativo di reddito, gli oneri finanziari, che i componenti positivi di reddito devono pure coprire. Solo se il fluire dei component positivi copre i componenti negativi risulta assicurata, in prima approssimazione la continuità dell’azienda.

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Con riguardo alle famiglie – dove i fini istituzionali sono prevalentemente non economici – il principio di economicità è, invece, rispettato se i redditi prodotti dal lavoro e dalla gestione patrimoniale sono sufficienti a garantire consumi coerenti con lo sviluppo sociale ed il tenore di vita della famiglia. Analogamente, nelle aziende composte pubbliche la valutazione dell’economicità richiede un’ampia analisi fondata su elementi economici e non economici e segnatamente: l’erogazione di beni pubblici idonei a consentire lo sviluppo sociale ed economico della collettività e la correlata imposizione di tributi; la congrua remunerazione del fattore lavoro. La rilevanza della dimensione sociale trova la massima espressione nelle aziende non-profit, la cui economicità è verificata in termini di capacità di soddisfare i bisogni degli associati e della collettività in generale, nel rispetto di finalità sociali, morali e culturali.

Il riconoscimento delle condizioni di economicità anche in aziende in cui le finalità istituzionali assumono natura in prevalenza non economica, induce a riflettere in termini di compatibilità ed equilibrata composizione tra economicità e ambiti aziendali che – ad un primo apprezzamento – presentano connotazioni di carattere squisitamente sociale ed etico.

Tali riflessioni assumono specifica rilevanza con riguardo alle scelte aziendali in materia di inclusione lavorativa e accessibilità dei beni forniti, dei servizi erogati e degli spazi-luoghi messi a disposizione di ciascun individuo. Più precisamente, è opportuno conoscere in che misura lo sforzo profuso al fine di agevolare l’accesso agli spazi e al mercato di lavoro,

[…] L’azienda deve operare secondo equilibrio tra componenti positivi e negativi di reddito, ma deve contemporaneamente esser sempre in grado, momento per momento, di far fronte agli impegni di pagamento.

[…] La gestione finanziaria gioca così da volano, da cuscinetto tra la dinamica reddituale e la dinamica monetaria, compensando i periodi cui si determinano squilibri monetari con quelli in cui si manifestano eccedenze di cassa.», Airoldi, G, Brunetti, G. e Coda, V. (1994)

Economia Aziendale. Il Mulino, Bologna, pp. 181, 187

In merito alle condizioni di equilibrio su cui il concetto di economicità si fonda, Onida precisa: «Da questa premessa, segue una fondamentale condizione alla quale la considerata impresa, se vuole essere vitale, deve soddisfare: è la condizione dell’equilibrio economico

dell’esercizio o, come anche si dice, dell’autosufficienza economica della impresa:

autosufficienza intesa in senso largo come attitudine della gestione a remunerare, con i ricavi, alle condizioni richieste dal mercato (o in generale, alle condizioni cui l’impresa di deve ritenere vincolata), tutti i fattori produttivi (compreso il capitale, qualunque forma esso abbia) onde l’azienda abbisogna perché possa avere vita continua e conveniente sviluppo. [….] L’autosufficienza economica (che è essenzialmente equilibrio tra i costi e i ricavi di gestione) non significa ovviamente autosufficienza finanziaria, nel senso che l’impresa debba essere finanziata in ogni momento e internamente dal fluire delle entrate per ricavi d’esercizio, così da non avere bisogno di finanziamenti da parte di altre economie o di non avere bisogno al di là del «capitale proprio», Onida, P. (1971) Economia d’azienda. Utet, Torino, p. 58.

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nonché la fruizione di beni e servizi a favore di tutti gli individui, non si limiti a soddisfare un’attesa di carattere esclusivamente sociale, bensì favorisca anche il successo aziendale nel suo complesso. L’investimento volto al miglioramento dell’accessibilità è stato spesso interpretato come un costo non suscettibile di produrre benefici nel medio-lungo termine e quindi, difficilmente compatibile con i princìpi di efficienza e di efficacia globale; di qui, la disattenzione registrata nell’ambito degli studi economico- aziendali italiani con riferimento al tema oggetto di analisi.

Nell’ambito del presente lavoro, si ritiene che l’accessibilità possa configurare una possibile modalità di attuazione dell’economicità; in tal senso, una questione di natura precipuamente sociale può contribuire alla creazione di valore, sia rispetto al successo della specifica azienda che con riguardo al sistema economico locale di riferimento. In altri termini, accessibilità ed economicità costituiscono due dimensioni di natura differente, ma accomunate dall’opportunità – se gestite secondo un approccio integrato – di produrre benefici economici ad ampia pervasività. Al fine dell’apprezzamento di tali benefici, il presente studio accoglie una nozione ampia di accessibilità55 identificativa della possibilità, per ciascun

individuo, di: partecipare attivamente al mercato del lavoro, nel rispetto delle proprie specifiche abilità e competenze, senza subire discriminazioni di qualsivoglia natura; fruire, in condizioni di autonomia, dei luoghi, dei beni e dei servizi prodotti, disponibili e necessari per il soddisfacimento dei propri bisogni.

La definizione sopra riportata afferma la centralità della persona e attribuisce rilevanza a due principali dimensioni e segnatamente: quella “interna” o “intra-organizzativa” relativa all’ambiente di lavoro, ossia all’opportunità di poter esprimere le proprie abilità professionali, in specie da parte delle persone con disabilità; quella “esterna” riferibile ai beni- servizi-luoghi variamente impiegati/fruiti dalla comunità. L’identificazione delle dimensioni in cui il concetto di accessibilità è articolabile consente, altresì, di individuare gli attori in grado di realizzare un effettivo miglioramento della qualità della vita degli individui che scontano – a vario titolo – limitazioni alla propria autonomia. Più precisamente, in tale ambito, gli attori chiave sono identificabili nelle imprese, nella pubblica

55 In merito alla nozione di accessibilità si rinvia a quanto precisato nell’ambito del capitolo

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amministrazione e negli enti non-profit56; tutte le tre categorie di soggetti

possono contribuire – sebbene con modalità differenti e nel rispetto delle proprie specificità – alla creazione di migliori condizioni di accessibilità.

In effetti, imprese, pubblica amministrazione e enti non-profit concorrono – secondo differenti prospettive – alla creazione di valore la cui natura assume carattere pervasivo e difficilmente misurabile, talora riferibile alla crescita del fatturato e della marginalità aziendale e, in altri casi, riconducibile ad una complessiva ed indiretta riduzione dei costi a carico della collettività57. Più precisamente, l’accessibilità dei luoghi a fruibilità

pubblica e di particolari tipologie di servizio (in specie quello a carattere socio-sanitario ed educativo) è principalmente affidata alla pubblica amministrazione, mentre l’accessibilità dei prodotti/servizi è, invece, riconducibile all’impresa e agli enti non-profit (questi ultimi assumono rilevanza, ad esempio, con riguardo ai servizi di carattere ludico e culturale). L’accessibilità al mercato del lavoro, riferibile alla dimensione intra- organizzativa, rappresenta, invece, un ambito che interessa indistintamente tutti gli attori sopra citati con particolare evidenza per gli enti non-profit che incentrano la loro mission sull’accoglimento di esigenze spesso trascurate o

56 Con specifico riferimento al profilo aziendale, gli istituti in oggetto sono generalmente

classificati in due principali sistemi:

• quello delle aziende di erogazione o di consumo (familiari, pubbliche territoriali), con l’obiettivo di erogare le proprie risorse per il diretto soddisfacimento dei bisogni; • quello delle aziende di produzione per lo scambio di mercato (o imprese) tese alla

produzione della ricchezza da destinare all’appagamento dei bisogni di erogazione. La coesistenza dei due aspetti sopra richiamati dà luogo alle cosiddette aziende composte o miste.

In merito Pollifroni precisa: «La distinzione tra aziende di consumo ed imprese serve come modello teorico di riferimento, dato che i processi di consumo, produzione e acquisizione, conservazione e distribuzione sono comuni a tutte le aziende e non esiste la “pura” azienda

di consumo, o la “pura” impresa.

Le imprese, ad esempio, affiancano agli scambi commerciali di mercato, marginali erogazioni e liberalità a contenuto sociale, assistenziale, di promozione culturale e così via nei confronti di dipendenti, soci, clienti, fornitori o di altri soggetti più o meno direttamente coinvolti ed interessati alla gestione.

Le aziende di consumo, a loro volta, spesso svolgono oltre alla loro attività erogativa altre operazioni a contenuto commerciale, nella forma dello scambio di mercato con la cessione, dietro un corrispettivo specifico, di beni e servizi per la raccolta di mezzi finanziari da destinare alle attività istituzionali.», Pollifroni, M. (2010) Green Public Accounting. Giappichelli, Torino, p.19.

Con riferimento alla distinzione sopra richiamata, si veda Onida, P. (1971) Economia

d’azienda. Utet, Torino.

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marginalizzate dalle imprese e dalla pubblica amministrazione58. Al

riguardo, si sottolinea come gli enti non-profit favoriscano, di frequente, l’inserimento lavorativo delle “fasce deboli” della comunità, costituite, ad esempio, da persone con disabilità, che vivono in condizioni di povertà materiale e disagio psichico, immigrati che non hanno trovato accoglienza nella società, e così via59.

Nell’ambito degli attori aziendali sopra richiamati, l’analisi del presente

lavoro si concentra, tuttavia, sulle imprese e sulla pubblica amministrazione in quanto soggetti maggiormente coinvolti nel processo di generale miglioramento dell’accessibilità.

La differente prospettiva adottata dalle imprese e dagli istituti pubblici per far fronte alle esigenze di maggiore accessibilità degli spazi e dei servizi- prodotti erogati deriva, in parte, dagli aspetti fondanti che differenziano le prime dai secondi. In effetti, come osservato da autorevole dottrina60, gli

istituti in oggetto si distinguono gli uni dagli altri con riguardo a:

• le finalità perseguite che per le imprese sono riferibili al benessere individuale o di uno specifico gruppo di soggetti, mentre per gli istituti pubblici territoriali si identificano nella realizzazione del benessere generale di una comunità;

• le misure espressive dell’efficienza economica che, con riguardo alle imprese, sono, in generale, riferibili alla produzione di congrue remunerazioni per i conferenti di capitale di rischio e per i prestatori di lavoro, mentre, con riferimento alla pubblica amministrazione assumono

58 «Mentre il modello dell’azienda «for profit» è basato sulla «internalizzazione» della utilità

create da condizioni esterne e mentre il modello dell’intervento pubblico è quello di appropriarsi di certe attività una volta anche esse sono state identificate o acetate come attività di interesse generale (logica cosiddetta di «statalismo» o di «istituzionalizzazione» dei bisogni), il modello dell’economia e dell’azienda non profit si fonda sulla «esternalizzazione» dell’utilità create da scelte autonome delle persone e dalla disponibilità ad intervenire sui problemi di cui altri soggetti non intendono darsi carico.», Zangrandi, A. (a cura di) (2000)

Aziende non profit. Le condizioni di sviluppo. Egea, Milano, p. 37.

59 In merito agli studi condotti in materia di enti non-profit e lavoro accessibile si rinvia tra

gli altri a: Borgonovi, E. (1994) Dalla storicizzazione dei fini e dalla flessibilità dei mezzi: il contributo delle aziende non-profit al progresso economico e sociale. In: L’elasticità

dell’azienda di fronte al cambiamento. Atti del convegno AIDEA, Torino, Clueb, Bologna;