• Non ci sono risultati.

Gli Accordi di riammissione conclusi dal Unione europea con

2.5 L'uso degli Accordi di riammissione da parte dell'UE come strumento per la

2.5.1 Gli Accordi di riammissione conclusi dal Unione europea con

Uno dei principali ambiti dell'esternalizzazione della politica migratoria da parte dell'Unione è rappresentato dalla sua collaborazione con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori nell'ambito della riammissione/rimpatrio dei cittadini stranieri irregolarmente presenti nel territorio dell’Unione, che si

190COM (2005) 338 def.

191Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, 5 aprile 2011 192Conclusioni del Consiglio europeo, Bruxelles 28 giugno 2016. pdf,

manifesta principalmente tramite la conclusione di accordi di riammissione193 L'obiettivo principale degli accordi è agevolare il ritorno dei cittadini stranieri irregolari nel Paese d'origine o di transito, delineando la procedura attraverso la quale dare attuazione all'obbligo di ogni Stato di ammettere nel territorio i propri cittadini, a prescindere dalla volontarietà o meno di tale ritorno194.

Tali accordi, dunque, stabiliscono procedure operative per accertare la nazionalità del migrante, presupposto necessario per la riammissione, e individuano misure idonee, rispondenti per quanto possibile ad esigenze di semplificazione e celerità, per rendere esecutivi i provvedimenti di allontanamento.

Negli ultimi anni si e assistito ad un aumento significativo della conclusione di questo tipo di accordi con Stati terzi, sia da parte di singoli Stati membri che da parte dell'Unione.

Il Consiglio europeo, nel patto sull'immigrazione e l'asilo del 2008, e altre volte negli anni seguenti ha incentivato la stipulazione e la piena applicazione, confermando il crescente interesse diffuso a livello europeo in materia di riammissione, richiamando sia allo sforzo volto ad armonizzare i diversi approcci nazionali in materia sia nel tentativo di trasferire a livello multilaterale l'attività negoziale, al fine di poter esercitare una pressione congiunta, e quindi più elevata, sui Paesi di emigrazione e/o di transito.

Sebbene tali accordi rappresentino un importante strumento per il contrasto dell'immigrazione irregolare, possono però essere causa di potenziali limitazioni nella garanzia dei diritti fondamentali, soprattutto rispetto agli individui cui il diritto internazionale riconosce una protezione particolare nei confronti dell'allontanamento come i richiedenti asilo.

Con il passare degli anni particolare rilievo e stato attribuito alle condizioni

193P. M. Cossu, Gli accordi di riammissione nel quadro della politica comunitaria, in P. Cuttitta,

F. Vassallo Paleologo (a cura di), Migrazioni, frontiere e diritti, Napoli, 2006, p. 109 ss.; M. Marchegiani, L'accordo di riammissione quale strumento integrato di cooperazione tra stati per il contrasto all'immigrazione irregolare, in G. Palmisano, Il contrasto al traffico di migranti, Milano, 2008, p. 113 ss.

194F. Pastore, L'obbligo di riammissione in diritto internazionale: sviluppi recenti, in Rivista di

richieste per la conclusione di tali accordi, passando dalla previsione di un semplice modello di accordo standard195, diffuso nei primi anni novanta quando la riammissione veniva prevalentemente trattata a livello bilaterale, per la cui redazione era richiesto soltanto il rispetto delle principali convenzioni internazionali in materia di diritti umani, a un'elencazione dei principi comuni su cui dovrebbero fondarsi gli accordi di riammissione.196

All'interno dagli accordi di riammissione un’importanza particolare assume la prevalenza del rimpatrio volontario rispetto a quello forzato, motivata non solo dall'obbligo di preservare il carattere umano della procedura, ma anche dal bisogno di ridurne i costi, e il rafforzamento dell'obbligo previsto dal diritto internazionale di riammissione dei propri cittadini.

Inoltre, e stato più volte sottolineato come prima di negoziare un accordo di riammissione, si dovrebbe considerare

sia la situazione politica e quella relativa al rispetto dei diritti umani nel Paese terzo, in virtù del principio di non-refoulement, sia l'interesse dell'Unione e dei suoi Paesi membri, definendo i criteri per selezionare i Paesi terzi con i quali gli accordi di riammissione devono essere negoziati in via prioritaria.197

195Cfr. Raccomandazione del Consiglio del 30 novembre 1994 relativa \ad un accordo tipo di

riammissione tra Stato membro e Stato terzo", in GUCE C 274 del 19 settembre 1996, p. 20 ss.; Raccomandazione del Consiglio del 24 settembre 1995 \sui principi generali da seguire nella stesura di protocolli esecutivi", in GUCE C 274 del 19 settembre 1996, p. 25 ss. Il modello di accordo prevede sia per lo Stato membro che per lo Stato terzo di richiedere la riammissione in due casi distinti: se lo straniero irregolarmente presente nel territorio e cittadino del Paese terzo; se lo straniero e cittadino di un altro Paese o apolide, ma abbia soggiornato o sia transitato sul suo territorio oppure possiede un visto valido o un'autorizzazione a risiedere nello Stato terzo.

196Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su una politica

comune in materia di immigrazione illegale, COM(2001) 672 def

197Nel Consiglio europeo di Salonicco del 2003 vennero indicati 11 Paesi terzi con i quali la

Commissione poteva negoziare degli accordi: Marocco, Sri Lanka, Russia, Pakistan, Hong Kong, Macao, Ucraina, Albania, Algeria, Cina e Turchia. La definizione dei criteri attraverso i quali individuare gli Stati terzi con i quali avviare negoziati in materia sono al centro di un intenso dibattito tra Consiglio e Commissione, portatori di due diversi approcci: il primo privilegia il ricorso a misure volte a incentivare la conclusione degli accordi e ad incidere sugli Stati terzi non disponibili alla cooperazione; il secondo, al contrario, sottolinea la necessità di collegare la conclusione degli accordi con l'esigenza di identificare ed eliminare le cause dell'emigrazione da Stati terzi, attuando un bilanciamento di interessi nei rapporti con i Paesi interessati. La circostanza che abbia prevalso il primo dei due approcci denota uno scarso bilanciamento tra gli stessi, con effetti sulle politiche esterne in materia di immigrazione e, quindi, nei rapporti con gli Stati terzi nella disciplina della riammissione.

Gli accordi di riammissione, inoltre, dovrebbero costituire la premessa per una gestione di favore dei flussi migratori con lo Stato terzo interessato attraverso una serie di incentivi, come la riserva di quote privilegiate d'ingresso per i lavoratori, la negoziazione di accordi in materia di lavoro e l'adozione di misure più flessibili per la concessione del visto ai cittadini del Paese terzo firmatario, al fine di favorire una collaborazione duratura tra i soggetti interessati.

Gli Stati membri, tuttavia hanno spesso mostrato una certa resistenza nel concedere misure compensative ai Paesi terzi, sottolineando come l'obbligo di riammissione di un cittadino costituisca un principio consuetudinario indiscusso, e anche laddove gli aiuti sono stati concessi, pochi Paesi sono riusciti a realizzare le azioni e gli interventi previsti per affrontare il rientro dei cittadini riammessi.

Inoltre, i Paesi terzi hanno più volte evidenziato come la negoziazione di tali accordi con l'Unione europea favorisca principalmente gli Stati membri e non risponda alle loro esigenze e, pertanto, hanno privilegiato la conclusione di accordi bilaterali con alcuni membri dell'Unione in virtù dei rapporti economici e politici esistenti.

In particolare, alcuni Paesi dell'area euro-mediterranea, tra cui il Marocco, l'Algeria e la Tunisia, partendo dal presupposto che l'immigrazione irregolare costituisca una responsabilità comune, hanno sottolineato che la questione della riammissione non possa prescindere da un approccio globale al fenomeno delle migrazioni, che includa programmi di cooperazione allo sviluppo a lungo termine, al fine di ridurre l'asimmetria esistente tra le due sponde del Mediterraneo.

Malgrado le numerose difficoltà evidenziate, negli ultimi anni sono stati conclusi diversi accordi di riammissione, tra l'Unione europea, da una parte, e singoli Stati di transito o di provenienza, dall'altra; i primi accordi sono stati stipulati con le regioni amministrative speciali cinesi di Hong Kong e Macao e, successivamente, con lo Sri Lanka, l'Albania, la Russia e i Paesi dei Balcani occidentali.

Il Global Approach to Migration and Mobility (GAMM) si può definire come la cornice dentro la quale si sviluppano tutti gli strumenti europei di dialogo e cooperazione con i Paesi terzi.

Nell’aprile del 2014 al “EU Africa Summit‐ 198” tenutosi a Bruxelles, è stata firmata dai Capi di Stato e di Governo una dichiarazione politica che rappresenta un documento chiave a livello continentale di promozione del dialogo e della cooperazione tra stati, in materia di mobilità e di lotta all’immigrazione irregolare.

La dichiarazione è stata ulteriormente rafforzata dal “Piano di Azione 2014‐ 2017” con il quale sono stati stanziati i fondi necessari alla sua implementazione.

Due sono i processi regionali di rilievo lungo le principali rotte migratorie africane. Il “Processo di Rabat” mira a promuovere e supportare il dialogo e la cooperazione tra e con i paesi lungo la rotta migratoria occidentale, mentre il “Processo di Khartoum” rileva per le iniziative relative ai paesi lungo la rotta migratoria orientale.

Il conflitto in corso in alcune zone del Nord Africa non permettono l’uso degli strumenti ordinari di cooperazione.

Sul piano politico, l’UE incoraggia la formazione di un governo stabili e di unità nazionale come nel caso della Libia per fronteggiare la difficile situazione migratoria. Negli ultimi anni l’UE ha destinato ai programmi di cooperazione con la Libia più di 42,7 milioni di Euro tra il 2011 e il 2014.

I programmi dell’UE di supporto alla gestione delle migrazioni si basano su tre pilastri:

– una gestione delle migrazioni basate sul diritto, – la lotta alla migrazione irregolare,

– l’assistenza alle persone che necessitano protezione internazionale. Dall'analisi svolta emerge un quadro assai variegato. Gli accordi, infatti, se

198Osservatorio europeo e internazionale, anno V, n. 3, 2015, data di pubblicazione: 25 ottobre 2015

impiegati in modo opportuno, costituiscono un efficace strumento di contrasto all'immigrazione irregolare e possono apportare un effettivo valore aggiunto per la riammissione dei cittadini nazionali, specie nei Paesi confinanti con l'Unione. Tuttavia, i ritardi e gli ostacoli nella conclusione e applicazione di tali accordi rendono necessaria l'individuazione di “una strategia rinnovata e coerente in materia di riammissione, che consideri l'insieme delle relazioni con il paese interessato e che preveda un approccio comune nei confronti dei Paesi terzi che non cooperano nella riammissione dei loro cittadini"199.

In una recente comunicazione200, la Commissione, partendo da una valutazione degli accordi stipulati dall'Unione, ha fornito una serie di raccomandazioni di cui tener conto in fase di negoziazione.

Gli Stati membri dovrebbero innanzitutto riunire gli incentivi a disposizione dell'Unione, quali le facilitazioni sui visti, l'assistenza finanziaria, le varie misure in tema di approccio globale e migrazione legale, in un pacchetto coerente di misure sulla mobilità, da offrire ai Paesi terzi all'inizio dei negoziati. Pertanto, le future direttive di negoziato in materia di riammissione dovrebbero quindi specificare gli incentivi che l'Unione intende offrire, indicando nel contempo le possibili misure di ritorsione che l'Unione potrà adottare in caso di persistente rifiuto di cooperazione da parte del Paese con cui si svolge il negoziato.

La Commissione ha poi sottolineato la necessità di rispettare sempre i diritti fondamentali nell'applicazione degli accordi di riammissione, proponendo di inserire negli accordi conclusi in futuro una clausola sospensiva con effetto di reciprocità che preveda la sospensione temporanea dell'accordo in caso di rischio grave e persistente di violazione dei diritti umani delle persone riammesse.

Pertanto, e auspicabile che l'Unione dia attuazione alle raccomandazioni fornite dalla Commissione per la costruzione di una politica comune di riammissione e

199Programma di Stoccolma, cit., par. 6.1.5.

200V. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, \Valutazione

dei relativi meccanismi di controllo, per ciò che concerne in particolare la tutela dei diritti fondamentali dei migranti riammessi.

2.5.2 I progressi compiuti nel quadro di partenariato con i paesi