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Gli Accordi di riammissione tra gli Stati membri dell'Unione con i paes

paesi terzi.

Dagli anni 90, l’UE ha portato avanti un politica di ‘esternalizzazione’ delle frontiere. Lo strumento chiave di questa strategia sono stati i cosiddetti “Accordi di riammissione”, istituiti dal Trattato di Amsterdam del 1999, secondo cui i paesi membri si sono impegnati a stipulare dei patti di riammissione con i paesi d’origine o di transito dei migranti.

Gli obiettivi di tali accordi sono, da una parte, facilitare e velocizzare i respingimenti delle persone irregolari nei loro paesi d’origine e, dall’altra, preservare gli interessi economici dei paesi membri che, grazie alla manodopera a basso costo proveniente dai paesi considerati “a rischio di migrazione” , danno nuova vita ad alcuni settori della loro economia.

Il rimpatrio di coloro che migrano irregolarmente, senza avere diritto di soggiornare nell'UE, verso i loro paesi di origine, nel pieno rispetto del principio di non respingimento, è una parte essenziale dell'impegno globale dell'UE per affrontare l'immigrazione sopratutto quella irregolare.

L'agenda europea sulla migrazione153, adottata dalla Commissione europea il 13 maggio 2015, ha sottolineato che uno degli incentivi alla migrazione irregolare è la consapevolezza che il sistema di rimpatrio dell'UE dei migranti irregolari funziona in modo imperfetto.

Gli accordi di riammissione, volti a facilitare l’espulsione dello straniero che si trova in una situazione “irregolare”, continua a essere al centro dell’attualità delle politiche migratorie adottate in primis dagli stati membri singolarmente,154 e successivamente anche dall'Unione Europea.

La prassi degli accordi di riammissione è comune a tutti i paesi membri dell'Unione, già nei decenni precedenti al 90 erano stati conclusi questo tipi di accordi. È altrettanto vero, che lo strumento in questione è stato utilizzato con maggiore frequenza a partire dalla metà degli anni ’90 quando fu elaborato un modello di intesa, vincolato però alla firma della Convenzione di Ginevra, vincolo superato come dimostra l'accordo dell'Italia con la Libia.

Per agevolare la conclusione degli accordi con i Paesi terzi ad essi viene offerta assistenza economica e tecnica per il rafforzamento della capacità di controllo dei flussi migratori, la creazione di condizioni commerciali di favore per l'accesso al mercato europeo, l'adozione di misure flessibili per la concessione

153Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Agenda europea sulla migrazione, 13 maggio 2015, COM(2015)

154http://www.migreurop.org/ N°1/ dicembre 2012 “Accordi di Riammissione, La cooperazione al servizio”

dei visti d'ingresso, o come si è visto, la possibilità di aumentare le quote annue di ingresso dei lavoratori temporanei proveniente da quel determinato paese firmatario dell'accordo.

Negli anni Novanta, dopo il crollo dell'Unione Sovietica, accordi di questo genere, sono stati stipulati dagli Stati membri dell’Unione europea principalmente con i paesi confinanti a est.155

Nel decennio successivo abbiamo assistito a una vera e propria proliferazione di questa materia, accordi di ogni genere, bilaterali ( tra uno stato membro dell'Unione e un paese terzo), fra l'unione stessa e paese terzo, intese cosiddette informali basati su progetti di aiuto e finanziamenti allo sviluppo in cambio di una stretta collaborazione al fine di contenere il più possibile i flussi migratori. Nella maggior parte di questi Accordi di Riammissione, compare la clausola che vincola il paese terzo firmatario, in cambio degli aiuti, alla “riammissione” dei migranti espulsi dall'Europa, cittadini del paese terzo o che hanno usato tale paese come transito.

Nei documenti dell'Unione Europea, alla voce «rimpatrio» si parla di riammissioni nei paesi d'origine, naturalmente, ma accade spesso che quando non è possibile accertare la nazionalità della persona trovata senza documenti, l'immigrato venga riportato in un area geografica che viene ipoteticamente ritenuta quella di sua provenienza. È sufficiente che vi sia un accordo con un paese della regione per scegliere la sua destinazione.

155Tra i paesi confinanti con l'Unione Europea, un accordo di agevolazione dei visti e un

accordo di riammissione sono tati conclusi con ( in ordine cronologico ): Russia (Sochi, 25 maggio 2006, entrato in vigore dal 1 giugno 2007 , in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L. 129 del 17 maggio 2007); Ucraina (Lussemburgo, 18 giugno 2007, in vigore dal 1 gennaio 2008, in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L. 332 del 18 dicembre 2007); Albania, Bosnia – Erzegovina, Macedonia, Serbia, Montenegro (tutti firmati a Bruxelles il 18 settembre 2007 ed entrati in vigore il 1 gennaio 2008, in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L. 334 del 19 dicembre 2007), da notare che l'Albania ha concluso solo l'Accordo sui visti, perchè quello sulla riammissione era gia stato firmato a Lssemburgo il 14 aprile 2005, in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L. 124 del 17 maggio 2005, e in vigore dal 1 maggio 2006); Moldavia (firmato a Bruxelles, il 10 ottobre 2007 e in vigore dal 1° gennaio 2008, in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L. 334 del 19 dicembre 2007). In generale, sulla politica dell'Unione in materia, v, ROIG, HUDELSTON, EC Readmission Agreements: A Re-Evolution of the Political Impasse, in European Journal of Migration and Law, 2007, p, 363 ss.

Denunce di questo pratica sono state più volte sollevate da molte organizzazioni umanitarie, indirizzate alla Commissione e al Consiglio dell'Unione Europea, chiedono trasparenza nei negoziati per gli accordi e sui termini della loro applicazione.

La Commissione Europea in una risposta a Migreurop156 in modo pilatesco, “ non siamo responsabili di come vengono eseguiti giorno dopo giorno gli accordi presi con i paesi terzi”.

A chi come Migreurop chiede l'accesso alla documentazione sugli accordi bilaterali, il consiglio dell'Unione Europea risponde rinviando agli uffici amministrativi, che però negano tale documentazione, perché la loro divulgazione costituirebbe una minaccia alla protezione delle relazioni internazionali.

Questi accordi non garantiscono in nessun caso che il ritorno forzato delle persone nel proprio paese avvenga nel rispetto delle norme internazionali in materia di diritti umani. In molti casi, infatti, i migranti vanno incontro a procedure legali o all’arresto, poiché in molti dei paesi d’origine non vige nessuna norma che tuteli i diritti fondamentali dell’uomo e, in alcuni casi, l’emigrazione è considerata un reato. 157.

2.4 Gli Accordi Bilaterali firmati dall'Italia con i paesi terzi,