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L'Unione europea e l'esternalizzazione dei controlli di frontiera

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UNIVERSITA' DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

L’Unione europea e l’esternalizzazione dei

controlli di frontiera

Il Candidato Il Relatore

Bedri Ukaj Prof. Simone Marinai

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“Le porte possono anche essere sbarrate, ma il problema non si risolverà, per quanto massicci possano essere i lucchetti. Lucchetti e catenacci non possono certo domare o indebolire le forze che causano l'emigrazione; possono contribuire a occultare i problemi alla vista e alla

mente, ma non a farli scomparire”.

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Indice

Introduzione...6 CAPITOLO 1.

LE CAUSE DELLA CRISI MIGRATORIA IN EUROPA

1.1 Il Nord Africa come via d'accesso all'Europa...12 1.2 L’evoluzione delle dinamiche migratorie nella regione subsahariana...16 1.3 Dalle migrazioni trans-sahariane alle migrazioni trans-mediterranee: una realtà in continua evoluzione...22 1.4 La definizione del “migrante in transito”...29 1.4.1 La strumentalizzazione politica del concetto di «Migrazione di Transito»...33 1.4.2 Chi sono gli intermediari del percorso migratorio: dalle reti familiari ai trafficanti...36 1.5 L'impatto delle “primavere arabe” sui flussi migratori verso l'Italia e l'Europa...42 1.5.1 Le guerre civili in Libia, Tunisia e Egitto come causa principale dell'aumento incontrollato dei flussi migratori...44 1.5.2 Le principali rotte migratorie dal Nord Africa verso l’Europa durante la “Primavera Araba” …...50 1,6 La guerra in Siria e l'aumento dei flussi migratori...58 1.6.1 La rotta balcanica dei migranti siriani...60 1.7 Il ruolo della Turchia nella gestione dei flussi migratori provenienti dall'Asia...62

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CAPITOLO 2

LA COOPERAZIONE CONDOTTA CON GLI STATI TERZI MEDIANTE LA CONCLUSIONE DI ACCORDI DI RIAMMISSIONE.

2.1 La funzione degli "Accordi di riammissione"...67

2.2 Le varie tipologia degli accordi di riammissione...71

2.2.1 Gli accordi internazionali...71

2.2.2 Le intese informali di cooperazione...73

2.3 Gli Accordi di riammissione tra gli Stati membri dell'Unione con i paesi terzi...73

2.4 Gli Accordi Bilaterali firmati dall'Italia con i paesi terzi...76

2.4.1 Gli accordi di riammissione e collaborazione tra Italia e Libia nel contrasto all'immigrazione irregolare...79

2.4.2 Dagli accordi all'azione. I respingimenti in mare da parte delle Autorità italiane...89

2.5 L'uso degli Accordi di riammissione da parte dell'UE come strumento per la gestione dei flussi migratori...91

2.5.1 Gli Accordi di riammissione conclusi dal Unione europea con i paesi terzi...93

2.5.2 I progressi compiuti nel quadro di partenariato con i paesi terzi: gli aspetti più recenti...99

2.5.3 L'accordo di riammissione firmato dall'Unione Europea con la Turchia...107

2.5.4. Il contenuto della Dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016...111

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CAPITOLO 3

L'ESTERNALIZZAZIONE DELLE FRONTIERE DELLUNIONE EUROPEA NEL MEDITERRANEO

3.1 Il concetto di confine e la gestione complicata dei confini...116 3.2 La cooperazione intergovernativa tra gli Stati membri dell'Unione Europea nella gestione delle migrazioni; Dal Trattato di Roma agli Accordi di Schengen...120

3.2.1 Da Amsterdam a Tampere; tentativi di una comunitarizzazione delle politiche migratorie europee:...124 3.2.2 Le novità introdotte con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona...129 3.3 La “dimensione esterna” della politica migratoria dell’Unione Europea...132 3.3.1 La strategia europea dell'esternalizzazione e il controllo dei flussi migratori...135 3.3.2 Il legame tra la sicurezza interna ed esterna. “Securizzare” la migrazione...136 3.3.3 Approcci teorici alla dimensione esterna della politica migratoria europea...139 3.4 La cooperazione con i paesi dell'area del mediterraneo: dal processo di Barcellona alla Politica Europea di Vicinato...144 3.4.1 I meccanismi bilaterali e multilaterali della cooperazione con gli Stati Terzi...147 3.4.2 La politica europea di vicinato nella regione africana...148 3.5 Dal Processo di Rabat a quello di Khartoum...155

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CAPITOLO 4.

E' POSSIBILE UN'ALTRA POLITICA MIGRTORIA?

4.1 Le ambiguità di un approccio globale nella gestione dei flussi migratori da parte dell'Unione Europea...163 4.2 Il “business delle frontiere”...164 4.3 Il fallimento dell’approccio securitario nella gestione dei flussi migratori; possibili alternative alle attuali politiche migratorie...166 Conclusioni...168

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INTRODUZIONE

L'emergenza migratoria dell'ultimo decennio e le difficoltà nella gestione dei flussi migratori indirizzati verso il vecchio continente hanno portato l'Unione europea ad esternalizzare le proprie politiche migratorie verso i Paesi terzi. Gli avvenimenti principali che hanno caratterizzato lo sviluppo della dimensione esterna della politica migratoria europea sono due.

Il primo è quello che fa riferimento ai processi di allargamento dell'Unione Europea a est che si conclusero nel 2004 e nel 2007, portandosi dietro un dibattito sulla sicurezza dei nuovi confini, avente come principale argomento l'affronto dell'aumento dei flussi dei migranti irregolari e dei richiedenti asilo. Il secondo riguarda gli attentati terroristici di matrice islamica di New York, Madrid e Londra che spinsero all'elaborazione di un discorso sulla sicurezza in materia di immigrazione.

Da quel momento, la percezione della migrazione diventa paradossale. L'aumento dei flussi migratori veniva considerata da parte dell'Unione Europea come una minaccia, si decise così di assicurare la sicurezza interna aumentando la cooperazione con in Pesi terzi, influenzando le loro politiche migratorie nazionali. Allo stesso tempo, però, la migrazione veniva avvertita come uno strumento da impiegare al fine di contribuire allo sviluppo economico sia all'interno dell'Unione sia nei Paesi vicini.

Nell'ambito di questa duplice visione si sono approfonditi i temi di “sicurezza” e “sviluppo”, che hanno spinto verso una graduale esternalizzazione della politica migratoria europea, che avrebbe richiesto un maggiore coinvolgimento dei Paesi terzi.

Nel 1999 il Consiglio europeo di Tampere definì un Programma pluriennale che costituì il primo progetto comunitario sulla migrazione. Fu nel corso di tale consiglio che si consolidò l'idea che fosse necessario un approccio globale per le

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politiche d'asilo e migrazione, inoltre si affermò la necessità di indirizzare tali politiche verso una maggiore esternalizzazione, anche se ciò avrebbe richiesto una maggiore collaborazione sul tema con i Paesi terzi.

Gli elementi fondamentali estrapolati da Tampere comprendevano la collaborazione con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori e la creazione di un sistema europeo di asilo comune.

L'obbiettivo dell'Unione europea era quello di coinvolgere i Paesi d'origine e di transito nella strategia di gestione e controlli dei flussi migratori. Ciò sarebbe stato possibile tramite l'intensificazione delle iniziative politiche dell'Unione che richiedevano una maggiore e continua cooperazione dei Paesi dell'Unione con i Paesi terzi attraverso il controllo anche congiunto se necessario dei confini esterni, la firma di accordi di riammissione, la lotta all’immigrazione irregolare e la concessione di assistenza tecnica e finanziaria per una migliore gestione dei flussi migratori.

Questi tentativi dell'Unione europea di coinvolgere sempre di più i Paesi terzi nella gestione dei flussi migratori ne mostrano l'intenzione di estendere il proprio sistema migratorio al di fuori dei propri confini territoriali per fronteggiare le nuove sfide transnazionali.

L'Unione nell'elaborare strategie comuni ai fini della gestione dei flussi migratori, non solo ha avuto un impatto sugli Stati membri dell'Unione ma hanno prodotto ripercussioni anche sui paesi vicini.

Assumendosi l'impegno della lotta all'immigrazione irregolare, L’Unione ha contribuito allo sviluppo di nuovi dispositivi e tecnologie avanzate allo scopo di un'efficace e immediato controllo delle frontiere fino ad arrivare ad una quasi totale esternalizzazione di esse, trasferendo la responsabilità della gestione dei flussi migratori ai Paesi del Nord Africa.

L'UE ha puntato molto sull'elaborazione di strategie di cooperazione in materia di controlli e gestione dei flussi migratori con l'obbiettivo di migliorare la stabilità dei suoi confini esterni.

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tenendo conto del panorama geo-politico esistente in quest'ultimo con cui l'Unione avviava la cooperazione. Nel caso del Marocco, l'approccio politico non poteva basarsi su un offerta di adesione all'Unione come avviene con la Turchia, perché tale ipotesi per il Marocco è insostenibile, in tal caso l'Europa ha elaborato un'altra strategia; la Politica Europea del Vicinato (PEV). Questa strategia politica elaborata dall'Unione, rappresenta il modo migliore per descrivere lo sviluppo della politica esterna della politica migratoria europea. Con la Politica Europea del Vicinato, l'Unione impone ai suoi vicini il controllo delle frontiere e la gestione dei flussi migratori come condizione determinante per la concessione di incentivi economici e la conclusione bilaterale di accordi commerciali.

L'Unione preoccupata della propria sicurezza, si è posta l'obbiettivo di gestire i flussi migratori influenzando i Paesi terzi, chiedendo ad essi di modificare le loro politiche migratorie. Questa strategia ha portato ad un cambiamento radicale della questione migratoria segnato dal passaggio della preoccupazione dei singoli Stati membri dell'Unione Europea a diventare una questione condivisa tra l'Unione Europea e i Paesi terzi coinvolti direttamente nella gestione e controllo dei flussi migratori.

La strategia dell'esternalizzazione dei controlli di frontiere ha ricevuto molte critiche sia in ambito accademico sia da parte della società civile. Ci si chiede, infatti, se tale politica adottata dalle istituzioni dell'UE sia giustificata solamente dalla “sicurezza” e se rappresenti realmente una “condivisione del problema migratorio” con i Paesi terzi oppure costituisca solamente uno spostamento della responsabilità ai Paesi partner. Emerge anche l'esigenza di domandarsi fino a che punto l'espansione della politica europea in materia d'immigrazione oltre i confini possa influenzare le politiche dei paesi terzi e sopratutto dietro a quali condizioni e concessioni.

L'obbiettivo principale del seguente lavoro è quello di analizzare lo sviluppo della dimensione esterna dell'Unione in materia di immigrazione e le sue implicazioni sui paesi di transito. I Paesi del Nord Africa come Marocco,

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Tunisia, Egitto e la Libia, tradizionalmente paesi di emigrazione rispetto al resto dei Paesi del continente africano, si trovano a dover cambiare gradualmente le loro relazioni con l'Unione, poiché la loro posizione geografica alle porte d'Europa li rende paesi esposti al transito del flusso migratorio proveniente sopratutto dall'Africa sub-sahariana.

Nella prima parte del primo capitolo verranno analizzati gli sviluppi geopolitici dei Paesi del Nord Africa, segnati dal passaggio dall'essere Paesi di emigrazione a “zona di transito” e immigrazione, approfondendo le cause e le problematiche derivanti dalla caduta dei regimi totalitari che governavano in Egitto, Libia, Tunisia e Marocco. Saranno approfondite le dinamiche migratorie che si sono sviluppate negli «spazi di transito» dell’Africa settentrionale e occidentale. In queste zone si sovrappongono diversi tipi di movimento: le migrazioni dei subsahariani verso i Paesi dell’Africa settentrionale, la circolazione nell’area sahelo-sahariana, i movimenti magrebini verso l’Europa e quelli tra l’Africa subsahariana e l’Europa del Sud.

Nella seconda parte del primo capitolo sarà esaminato l'evoluzione del conflitto siriano e il ruolo della Turchia in collaborazione con l'Europa nella gestione dei flussi migratori derivanti dal medio-oriente.

Nel secondo capitolo, sarà posta l'attenzione non solo sulla cooperazione dell'Unione Europea con gli Stati terzi, realizzata mediante la conclusione di Accordi Bilaterali di Riammissione ma anche sugli Accordi di Riammissione conclusi singolarmente tra gli stati membri dell'Unione con gli stati terzi di transito, in particolar modo sarà posto l'accento sugli accordi conclusi dall’Italia con i paesi del Nord Africa.

Nel terzo capitolo, dopo aver brevemente ripercorso l‘evoluzione del panorama istituzionale delle politiche europee in materia di migrazione, saranno analizzate le strategie attuate dall’Unione nella gestione dei flussi migratori. In seguito, l’attenzione si sposterà sul concetto di “esternalizzazione” delle frontiere europee e sulla dimensione esterna della politica migratoria europea.

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dall'Unione con un fine unico che sostengo essere quello di bloccare l'arrivo dei migranti piuttosto che occuparsi di una vera e propria gestione di essi.

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CAPITOLO 1

LE CAUSE DELLA CRISI MIGRATORIA IN EUROPA 1. Il Nord Africa come via d'accesso all'Europa

I Paesi del Nord Africa nell'ultimo decennio sono passati dall'essere stati Regione di emigrazione a diventare zona di transito e destinazione per molti migranti provenienti dai paesi dell'Africa subsahariana, ma sopratutto a diventare essi stessi Paesi di immigrazione causati dai conflitti che hanno interessato l'area nell'ultimo in questione1. Il continente Africano è sempre stato soggetto a continui spostamenti delle popolazioni per vari motivi: commercio, pellegrinaggi, guerre, che generarono già in epoca precoloniale una forte mobilità demografica nel continente. Questo fenomeno è stato interrotto per alcuni decenni grazie all’imposizione delle frontiere coloniali, evento che riprende vigore dall’indipendenza dei vari Stati dell'Africa e va sviluppandosi sotto nuove forme.

L'Europa, soprattutto i Paesi del Sud Europa, dalla seconda meta del XX secolo sono diventati la destinazione privilegiata per i migranti provenienti non solo dal continente africano ma anche dall'Asia passando per il Nord Africa. Ciò è da ricondurre al fatto che l'Europa è stata (ed è tutt'ora) vista come il luogo che offre migliori prospettive di vita oltre a rappresentare una destinazione relativamente vicina.

Dagli inizi degli anni 90’, a causa della crescita demografica, di vari conflitti,

1 Secondo la classificazione della Banca Mondiale, la Regione dell’Africa sub sahariana è

composta dalle seguenti Nazioni: Angola, Gambia, Nigeria, Benin, Ghana, Ruanda, Botswana, Guinea, São Tomé e Principe, Burkina Faso, Guinea-Bissau, Senegal, Burundi, Kenya, Seychelles, Cameroon, Lesotho, Sierra Leone, Capo Verde, Liberia, Somalia, Repubblica Centro Africana, Madagascar, Africa del Sud, Repubblica Democratica del Congo, Chad, Malawi, Sudan, Comoros, Mali, Swaziland, Mauritania,Tanzania, Congo Brazzaville, Mauritius, Togo, Costa d’Avorio, Mayotte, Uganda, Eritrea, Mozambico, Zambia, Ethiopia, Namibia, Zimbabwe, Gabon e Niger.

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del cambiamento climatico e soprattutto a causa dell’aumento della povertà, decine di migliaia di persone provenienti da diversi Paesi del Africa hanno tentato di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l'Europa passando per la Spagna o l'Italia.2.

Nonostante l'aumentato dei controlli frontalieri messo in atto dai Paesi del sud europeo, ogni anno decine di centinaia di persone sono riuscite comunque a raggiungere l'Europa, agevolate anche dalla prossimità della Spagna con la costa marocchina, distante non più di 14 km.3

Secondo il rapporto dell'Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM), ogni anno tra i 65.000 e 120.000 di migranti provenienti dalla regione subsahariana entrerebbero nella regione del Maghreb (Marocco, Tunisia, Algeria, Mauritania, Libia), di cui circa il 70% si sposterebbe in Libia e il 30% in Marocco con l'intenzione successivamente di traversare il mare per giungere in Europa4.

Queste persone emigrano a causa di una mancanza generale di opportunità, per timore di persecuzioni, violenze o per una combinazione tra questi due elementi. Gli stratagemmi utilizzati per raggiungere l'Europa sono diversi: dall’utilizzo di documentazione falsa o in virtù di visti turistici rilasciati regolarmente, fino all'occultamento all'interno di veicoli in transito verso il continente ovvero attraverso delle imbarcazioni di fortuna dirette verso l'Europa, che rappresenta il metodo più frequente e più pericoloso 5.

Coloro che falliscono nel tentativo di raggiungere l'Europa, si stabiliscono temporaneamente nei Paesi del Nord Africa (Libia, Egitto, Marocco, Tunisia), nell'attesa di riorganizzarsi per ritentare la traversata. Le stime sui numeri dei

2 M. Beck, Jan e P. De Mas, The Strait of Gibraltar: Europe's Rio Grande?,in «Geography,

Environment and Development in the Mediterranean», Brighton/Portland, Sussex Academic Press, 2001.

3 H. De Haas, Morocco: From emigration country to Africa’s migration passage to Europe,

Country profile Morocco, 2005, http://www.migrationpolicy.org/article/moroccoemigration-country-africas-migration-passage-europe,

4 http://www.migrationpolicy.org/article/moroccoemigration-country-africas-migration-passage-europe

5 C.Wihtol de Wenden, La Globalisation humaine, Presses Universitaires de France, Puf,

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migranti subsahariani che risiedono nel Paesi del Nord Africa variano e non è facile affermare con assoluta esattezza la loro consistenza numerica in maniera puntuale.

Tale spostamento ha avuto un incremento sostanziale negli anni Novanta come conseguenza prima delle politiche migratorie “panafricane” messe in atto dalla Libia e poi con le rivolte scoppiate negli ultimi anni in Tunisia, Egitto e Libia – la cosiddetta Primavera Araba- combinate con le guerre civili e con il declino economico del corno d’Africa.

Questi fattori hanno contribuito all’evoluzione e alle modifiche delle tendenze migratorie regionali.

Secondo un rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIT) nel 2009 circa 170.000 cittadini stranieri vivevano in Marocco. Un altro rapporto dell’Institute for Public Policy Research (IPPR) pubblicato a giugno 2013 indicava la presenza – prima delle rivolte nei Paesi arabi - di circa 100.000 migranti subsahariani in Mauritania e in Algeria, circa un milione viveva in Libia e tra i due e i quattro milioni, principalmente sudanesi, vivevano in Egitto.6

La Libia agli inizi degli anni Duemila, attua nei confronti dei migranti presenti sul proprio territorio, in attesa di partire per l'Europa, una repressione tale da costringerli a abbandonare il territorio libico fuggendo verso altri paesi de Maghreb oppure verso Europa. Inoltre, un rapporto prodotto nel maggio 2011 dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) riferiva che come conseguenza dello scoppio del conflitto civile libico, 900.923 migranti – di cui 257.662 provenienti da Paesi Terzi – sono fuggiti verso la Tunisia, l’Egitto, il Niger, l’Algeria, il Ciad e il Sudan. Migliaia di migranti, provenienti da Paesi vicini, sono stati obbligati a emigrare.

Nonostante una parte di essi sia riuscita a raggiungere l'Europa - la maggioranza dei quali è sbarcata a Lampedusa - il numero dei migranti giunti sul territorio

6 M. Cherti, P. Grant, The myth of transit. Sub-Saharan migration in Morocco, Institute for

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europeo è minore rispetto a coloro che si sono rifugiati in altri Paesi africani.7. Secondo un Rapporto del Servizio Gesuita dei Rifugiati pubblicato nel maggio del 2011, dall’inizio del conflitto libico l’UE ha accolto solamente il 2% dei profughi.8.

L’aumento crescente della migrazione ha incrementato il numero dei Paesi implicati, complicando le espulsioni, e come conseguenza ha fatto si che aumentassero le tensioni all’interno dell’Unione Europea per quanto riguarda la regolarizzazione e le questioni umanitarie.

Lo studio dei sistemi dello spostamento dei migranti nello spazio africano è fondamentale sia per la valutazione dei risultati effettivi dell'esternalizzazione sia per la comprensione dei limiti e degli effetti collaterali prodotti da tale pratica.9.

In queste zone vi è una pluralità di sistemi di movimento delle popolazioni: le migrazione dei subsahariani verso i Paesi dell'Africa settentrionale (per motivi di lavoro o di studio), le migrazioni nell'area sahelo-sahariana (commercianti, religiosi, nomadi), i movimenti magrebini verso l'Europa e quelli tra l'Africa dell'Ovest e l'Europa del Sud.10.

Questi movimenti hanno caratteristiche diverse e sembra che ognuna segua una dinamica propria, bisogna quindi comprendere il funzionamento dello spazio di transito incluso tra l'Africa saheliana e l'Africa mediterranea – in altre parole il deserto del Sahara – e le dinamiche che attraversano questo territorio.11. È alquanto importante inoltre concentrarsi sulle origini, motivazioni, rotte migratorie, poiché rappresentano uno dei terreni privilegiati delle interazioni tra i flussi delle persone in movimento e le politiche d'immigrazione adottate.

7 .IOM, Communicating effectively about migration, World Migration Report 2011, Ginevra,

2012.

8 Jesuit Refugee Service, Europe: The primary responsibility of states is to save lives, 17

Maggio 2011.

9 .J. Brachet, Blinded by security. Reflections on the hardening of migratory policies in central

Sahara, in «IMIWorking Paper 26», University of Oxford, 2010.

10 C. Jaffrelot et C. Lequesne (dir.) (2009), Les migrations, Paris, Presses de Sciences Po, 2009 11 S. Bredeloup, Sahara transit: times, spaces, people, in «Population, Space and Place».

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1.2 L’evoluzione delle dinamiche migratorie nella regione subsahariana.

Quando si parla del fenomeno della migrazione nella storia africana occorre far riferimento ad un evento storico che si è ripetuto spesso nella storia delle popolazioni del continente africano.

I movimenti migratori appaiono come una costante a lungo termine nella vita dell'Africa subsahariana. Tali spostamenti da sempre sono dipesi da fattori diversi; commercio su lunghe distanze, conflitti, questioni climatiche, comunque questi fattori hanno costretto gli abitanti alla ricerca delle condizioni di vita migliori. La grande eterogeneità delle migrazioni e delle sue linee direttrici può essere considerata come il riflesso delle diversità economiche, sociali, politiche, culturali e geografiche di una regione molto estesa e fortemente plurale. Una parte di questi movimenti migratori avviene in maniera ciclica e ha una durata ridotta, al contempo un'altra parte di essi presenta un carattere più duraturo, a volte permanente.12. L'eterogeneità di queste forme di movimenti migratori dipende sia dalle caratteristiche temporali o spaziali, sia dalle linee direttrici e dalle destinazioni di tali movimenti.

Alcuni paesi del Nord Africa si trovano ad essere destinazioni privilegiate dei movimenti migratori che dipendono dalle evoluzioni delle istituzioni politiche, dalle rotte commerciali o dalle condizioni climatiche. I cambi climatici sono stati la causa principale della desertificazione e della diminuzione delle terre fertili, obbligando di conseguenza intere popolazioni a migrare verso le regioni costiere per sopravvivere.13. Il cambiamento climatico ha fortemente influenzato l'ecologia locale e conseguentemente i flussi migratori. Solo nell'ultimo decennio la desertificazione ha interessato quasi la metà del continente abitato da circa trecento milioni di persone. Dalla fine degli anni ottanta i “rifugiati climatici” sono oltre dieci milioni.

Nel continente africano 135 milioni di persone vivono in territori ad alto rischio 12 A. Adepoju, Migration in Sub-Saharan Africa, Lagos, Nordic Africa Institute, 2007. 13 Ibid.

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desertificazione 14.

I flussi migratori indirizzati verso i centri urbani o verso gli Stati vicini più sviluppati sono in aumento, nonostante ci si trovi di fronte a condizioni lavorative peggiori, un tale incremento del fenomeno migratorio verso i centri è da ricondurre al fatto che i Paesi più sviluppati vengono visti quali fonti opportunità - anche se poche - maggiori rispetto a quelle presenti nelle aree rurali.

Un altro tipo di migrazione radicata nella regione è quella di tipo commerciale, come quelle dei Diula e dei Soninké,15 ma anche quelle degli Hausa e dei

Mandingo, che si uniscono spesso alle reti commerciali islamiche al fine di facilitare lo spostamento delle persone e dei beni.

Un'ulteriore forma di movimento migratorio è rappresentata dai pellegrinaggi religiosi, soprattutto di fede islamica. Sempre dal punto di vista religioso, è importante ricordare il movimento espansionista dei predicatori islamici e le confraternite di colonizzazione delle zone semi-desertiche come per esempio i Muridi in Senegal.

L’orientamento dei movimenti africani verso l’Europa rappresenta un altro lascito del colonialismo sui sistemi migratori nella Regione. Il legame tra i Paesi africani e le antiche metropoli coloniali svolge un ruolo importante nella scelta delle destinazioni migratorie, almeno fino agli anni Ottanta.

Le guerre nella zona del Sahel e la siccità hanno provocato negli anni due tipi di mobilità migratoria. La prima riguardava i gruppi nomadi e i mercanti ridotti in miseria - come i Tuareg - che cominciarono a spostarsi per lavorare nei cantieri di costruzione e nei giacimenti di petrolio nel sud dell’Algeria e della Libia. Il secondo tipo di mobilità riguardava invece migliaia di rifugiati che in fuga dalle guerre nel Sahel16 trovarono rifugio nelle città della Libia, Algeria, Mauritania

14 J. Crisp, Forced Displacement in Africa: Dimensions, Difficulties and Policy Directions.

Background Paper No. 4, CeSPI and SID International Conference on Migration and Development, Roma, 6–8 luglio 2006.

15 K. Swindell, People on the Move in West Africa: from Pre-Colonial polities to

Post-Independence States, in «The Cambridge Survey of World Migration», Cambridge University Press, (1995), pp. 196-201.

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ed Egitto.

Per una migliore comprensione della migrazione delle popolazioni sub-sahariane verso l'Africa settentrionale e l'Europa, è necessario una breve analisi storica del durante e post colonialismo. Questa macro-regione (Sahel) è composta di quattro sub-regioni: Africa occidentale, Africa orientale, Africa centrale e Africa del Sud.17

Le indagini più recenti prodotte dall’OCSE suggeriscono che l’Africa occidentale è la zona che ha prodotto il più alto numero di migranti internazionali in Africa. È anche l’unica subregione dell’Africa subsahariana in cui, nelle ultime decadi la migrazione è aumentata in maniera esponenziale, a differenza invece delle altre zone del continente, in cui il numero di migranti sta diminuendo.18

Movimenti migratori simili a quelli avvenuti nella regione sub-sahariana si sono verificati anche nella regione trans-sahariana indirizzatosi verso l'Africa occidentale. Le guerre civili degli anni settanta-ottanta hanno causato espulsioni si massa verso l'Africa occidentale, soprattutto in Costa d'Avorio. Verso la fine degli anni Ottanta hanno cominciato a svilupparsi nuove destinazioni, che non avevano più come meta finale i Paesi del Nord bensì l'Europa: le destinazioni principali erano la Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Italia, soprattutto attraverso la strada dell’asilo.19.

Lo sviluppo urbanistico avutosi nell'Africa occidentale negli anni Ottanta ha attirato un elevato numero di persone dalle zone rurali, ciononostante il mercato del lavoro delle grandi città non è stato in grado di assorbire tutta la popolazione

West Africa Club Secretariat», le Seine Saint-Germain, 2010.

17 United Nations Statistics Division, Composition of macro geographical (continental)

regions, geographical sub-regions, and selected economic and other groupings, http://unstats.un.org/unsd/methods/m49/m49regin.htm#africa, accesso dicembre 2015.

18 La stima quantitativa delle migrazioni interregionali è piuttosto aleatoria. Tuttavia i

calcoli realizzati a partire dai censimenti della popolazione indicano che i Paesi della regione africana ospiterebbero circa 7,5 milioni di migranti originari di altri Paesi dell’Africa occidentale. Questo tasso, in crescita dal 1990, è superiore alla media africana (2%) e supera largamente quello dell’UE che è del 0,5%. Cfr. http://www.oecd.org/fr/csao/publications/41400088.pdf, accesso 04/12/2016.

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migrante. Per tale motivo si è cominciato a pensare ad una nuova soluzione, consistente nella migrazione verso l'Europa.

Caratteristica delle migrazioni africane è sempre stata quella di svilupparsi per tappe: i migranti dei Paesi più poveri si spostavano prima verso un Paese vicino più ricco, come nel caso delle migrazioni del Niger e Mali verso l’Algeria o la Libia. Questa tendenza è confermata se si confrontano i dati attuali: i tre Paesi con il più alto numero di emigranti verso l’Europa – Nigeria, Senegal e Ghana -sono al tempo stesso tra i primi centri di accoglienza dei sistemi migratori sotto-regionali in Africa occidentale.20

Il declino economico avvenuto alla fine degli anni ottanta seguito dalle guerre civili esplose in Nigeria nel 1993, Sierra Leone (1991 – 2001), in Liberia (1989 – 1996 e 1999 - 2003) e in Guinea (1999 – 2000), hanno portato alla morte di oltre un quarto di milione di persone e ad almeno 1.1 milione di rifugiati o sfollati interni21. Di conseguenza centinaia di migliaia di persone, prevalentemente minoranze etniche perseguitate, sono state costrette a lasciare il proprio Paese.22

Sebbene molti africani continuassero a migrare all’interno della Regione, è avvenuto un forte incremento nel numero di migranti che hanno iniziato a esplorare nuove destinazioni migratorie non solo in Europa e in America del Nord ma anche all’estremo nord e sud del continente africano.

Durante gli anni Novanta tale spostamento è coinciso con l’emergere di due nuovi poli migratori nel continente: l’Africa meridionale del post apartheid e la Libia “panafricana”.

Come accennato in precedenza, la migrazione subsahariana verso gli Stati dell’Africa settentrionale e della Mauritania è sempre esistita, anche se negli ultimi anni ha subito una forte impennata.

Dagli anni Settanta si sono sviluppati due tipi di mobilità: quella dei nomadi e

20 M. Lahlou, La migrazione irregolare tra il Maghreb e l'Unione europea, in

«CARIM-Rapports de recherche» (2005), 03, p.2.

21 J. Drumtra, West Africa’s Refugee Crisis Spills Across Many Borders, Migration Information

Source, August 2006.

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dei mercanti che diedero inizio a una migrazione di manodopera nel sud dell’Algeria e della Libia e quella legata ai conflitti e alle guerre nel Sahel e nel Sahara23, che hanno spinto centinaia di rifugiati e sfollati a insediarsi nei campi, nelle città e nei villaggi della Libia, Algeria e Mauritania24.

Mentre Libia, Mauritania e l'Algeria erano soggette di una significante migrazione sub-sahariana sui loro territori, il Marocco e la Tunisia fino alla fine degli anni Novanta non sono state iteressate una migrazione numericamente significativa.

Questo quadro è cambiato drasticamente negli anni Novanta, soprattutto a causa di un’inversione di rotta nella politica estera libica. L’embargo aereo imposto alla Libia dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite tra il 1992 e il 2000 ha svolto un ruolo importante nel cambiamento della migrazione subsahariana e nel conseguente consolidamento delle rotte migratorie trans-sahariane.

Deluso dal mancato sostegno da parte dei Paesi arabi durante l’embargo, il leader libico Muammar Al Gheddafi ha dato avvio a una nuova politica estera nella quale egli stesso si poneva quale leader dell’intero continente africano. Con l’intento di contrastare gli effetti dell’isolamento internazionale, il governo libico rendeva più facile l’accesso via terra al proprio territorio.25.

Come parte della sua nuova politica, Muammar Al Gheddafi, per rimediare all'isolamento e alle sanzioni delle grandi potenze, ha accolto in maniera favorevole la manodopera subsahariana in Libia dimostrando forte solidarietà verso i “fratelli” africani. La Libia è presto divenuta la destinazione principale dei subsahariani.

Nei primi anni Novanta, la maggior parte dei migranti arrivava in Libia dai Paesi vicini del Sudan, Ciad e Niger, trasformandoli in Paesi di transito per i

23 Nello specifico il conflitto libico – chadiano tra il 1978 ed il 1987, la “Marcia Verde”

marocchina nel Sahara Occidentale nel 1975 fino all’accordo firmato nel 1991 dal Marocco e dal Polisario, la crisi Chadiana dal 1982 al 1990, e le ribellioni Touareg in Mali e Niger dal 1990 al 1997.

24 O. Pliez, La Nouvelle Libye: Sociétés, Espaces et Géopolitique au Lendemain de l'Embargo,

Paris, Editions Karthala, 2004(b).

25 O. Pliez, Le Sahara libyen dans les nouvelles configurations migratoires, in «Revue

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migranti provenienti dall’Africa subsahariana. Nel 1998 la Libia svolgeva un ruolo chiave nella creazione della Comunità degli Stati del Sahel–sahariano (CEN-SAD), che attualmente unisce ventitré Stati africani26, il cui scopo era la creazione di un blocco regionale volto a promuovere la libera circolazione di persone, e beni capitale.

L’aumento della migrazione di manodopera verso la Libia panafricana ha coinciso con l’aumento della migrazione verso altri Stati dell’Africa settentrionale. Oltre alle politiche libiche di panafricanismo, la grande disponibilità nel mercato del lavoro fu un altro fattore che concorse all’aumento della migrazione subsahariana in Libia.27.

Tuttavia, come era accaduto nei Paesi del Golfo, la crisi economica causata dal crollo dei prezzi del greggio e dalle sanzioni imposte alla Libia nei primi anni Ottanta, ha portato all'espulsione dei cittadini stranieri presenti sul territorio. Inoltre, cominciavano già all'epoca a diffondersi tra la popolazione sentimenti xenofobi e razzisti che spinsero molti subsahariani ad abbandonare la Libia. Infine, va considerato anche il fatto che in quel determinato momento i migranti subsahariani avevano un più facile accesso al mercato del lavoro europeo e dei Paesi del Golfo e di conseguenza preferirono abbandonare il territorio libico per destinazioni più floride.28

26 La Comunità degli Stati del Sahel-sahariano fu creata il 4 Febbraio 1998 a Tripoli durante il

Summit istituito da Muammar Al Gheddafi. La Comunità è divenuta membro osservatore all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Fanno parte di questa Comunità Stati membri: Algeia, Angola, Benin, Botswana, Burkina Faso, Burundi, Cameroon, Capo Verde, Repubblica Centro-Africana, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Congo, Gibuti, Egitto, Guinea, Eritrea, Etipia, Gabon, Gambia, Ghana, Kenya, Lesoto, Liberia, Libia, Madagascar, Malawi, Mali, Mauritania, Mauritius, Mozambico, Namibia, Niger, Nigeria, Ruanda, Repubblica Araba del Sahraui democratico, Sao Tome e Principe, Senegal, Seychelles, Sierra Leone, Somalia, Sud-Africa, Sud-Sudan, Sudan, Swaziland, Tanzania, Togo, Tunisia, Uganda, Zambia e Zimbawe.

27 C. Lindstrom, Report on the Situation of Refugees in Morocco: Findings of an exploratory

study, FMRS / American University of Cairo, Cairo, 2002.

28 I. Iozzolino, La Libia: geopolitica e geoeconomia tra mondo arabo, Africa e mediterraneo,

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1.3 Dalle migrazioni trans-sahariane alle migrazioni trans-mediterranee: una realtà in continua evoluzione.

Fino agli anni Ottanta, in Europa era presente solo un numero limitato di studenti e manodopera qualificata proveniente dall'Africa occidentale.

Dagli inizi degli anni Novanta c'è stato un forte incremento della migrazione verso l'Europa e l'America del Nord, proveniente principalmente dalla Ghana, Nigeria e Senegal. Questo tipo di spostamento comprendeva sia la migrazione regolare e specializzata verso il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America e i Paesi del Golfo, sia la migrazione di manodopera non qualificata e spesso irregolare, orientata soprattutto verso Spagna e Italia-29

Precedentemente, la maggior parte delle persone che entrava in Europa lo faceva in maniera regolare per via aerea. Dalla fine degli anni Novanta si è avuta un'in-versione nella rotte migratorie che ha portato un numero sempre maggiore di migranti subsahariani a evitare le vie ufficiali e ad attraversare il Mediterraneo passando dall’Africa settentrionale, spesso dopo aver attraversato il Sahara. Ciò rappresentava il risultato delle nuove politiche Europee più stringenti, legate al sistema dei visti e all'intensificarsi dei controlli negli aeroporti e in altri porti d'ingresso.

Fino a qualche anno fa, per la maggior parte dei subsarhiani la Libia era consi-derata terra di fortuna. A partire dalla fine degli dalla fine degli anni Novanta, come conseguenza del cambio delle politiche libiche, c'è stata una svolta im-provvisa: i migranti subsahariani si sono uniti al flusso dei magrebini che aveva-no già cominciato ad attraversare il Mediterraneo in maniera irregolare.

Questo fenomeno è stato talmente forte che dal Duemila i subsahariani hanno rappresentato il numero più elevato tra i migranti intercettati dalla guardia costiera europea durante il tentativo di attraversamento del mare.30

29 N. Van Hear, op. cit.

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L’aumento della presenza subsahariana in Libia e negli altri paesi nordafricani, la persistente richiesta di manodopera migrante nell’Europa meridionale, luogo in cui i salari e le condizioni di vita erano migliori rispetto alla Libia, ma soprattutto il forte sentimento xenofobo esploso in Libia tra gli anni Novanta e Duemila nei loro confronti, hanno spinto la maggioranza di essi ad attraversare il Mediterraneo in cerca di condizioni di vita migliori.31

Sono state principalmente queste la cause che hanno portato ad un cambiamento di rotta nel panorama migratorio Euro-Africano. Nel settembre del Duemila, violenti scontri tra lavoratori libici e subsahariani hanno causato la morte di 130 migranti subsahariani.

Sono state istituite misure dure in materia di contrasto all’immigrazione quali la detenzione arbitraria in campi e prigioni, gli abusi fisici ed infine il rimpatrio forzato di centinaia di migliaia di migranti e richiedenti asilo provenienti dal Niger, Ciad, Sudan, Nigeria e Ghana.32

Secondo un rapporto di HRW, (Human Rights Watch) tra il 2003 e il 2005, il governo libico avrebbe deportato approssimativamente 145.000 migranti irregolari, la maggior parte verso i Paesi subsaharian.33

Bisogna tenere in considerazione che le politiche migratorie libiche consistevano in frequenti e regolari espulsioni di massa di manodopera migrante. Lo Stato libico sfruttò più volte queste repressioni presentandole ai Paesi europei come il contributo libico alla “guerra all’immigrazione

IMI research report, University of Oxford, 2007.

31 «Dal 2000 (anno in cui cominciarono le prime pressioni italiane sulla gestione del fenomeno

migratorio) si sviluppò un generale sentimento di sospetto e di aggressività anche fisica verso gli immigrati subsahariani, che si pensava avessero causato la disoccupazione degli autoctoni e l’aumento dei crimini nel paese, oltre a questo si aggiunge la questione della discriminazione religiosa che portava gli immigrati cattolici (eritrei e somali soprattutto) a rifugiarsi nella case per paura di essere uccisi dalla folla, inoltre sono molte le testimonianze di donne costrette a togliersi la croce davanti la polizia, e se si fossero rifiutate sarebbero immediatamente scattati gli abusi» (Silvio Majorino, «Il ruolo della Libia nel Mediterraneo: politica e gestione dei flussi migratori», Tesi di Laurea, Università degli studi di Palermo,2009, p. 3).

32 S. Hamood, African transit migration through Libya: the human cost, Il Cairo, The American

University in Cairo, Forced Migration and Refugee Studies, 2006.

33 HRW, Stemming the flow: abuses against migrants and refugees, New York, rapporto di

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clandestina”, cercando così di essere reintegrata nella comunità internazionale. Considerato il contesto globale, è possibile affermare che da quel momento la migrazione è stata caratterizzata da: (1) una nuova diversificazione nelle rotte migratorie trans-sahariane, (2) un notevole aumento degli spostamenti subsahariani verso Algeria, Tunisia e Marocco, non solo dalla Libia, ma direttamente dai loro Paesi e (3) un improvviso aumento nel numero di subsahariani ad attraversare il Mediterraneo,34 nel tentativo di entrare nelle enclavi spagnole di Ceuta e Mellila oppure di attraversare lo stretto di Gibilterra cercando di raggiungere la Spagna o dalla Tunisia verso l'Italia (Lampedusa e Pantelleria)35.

Inoltre, i migranti subsahariani in Libia hanno cominciato ad imbarcarsi dalle coste libiche per giungere direttamente in Italia o Malta, rendendo la Libia non solo Paese recettore ma anche zona di transito.

Dopo aver analizzato brevemente le logiche migratorie in cui si muovono migliaia d’individui provenienti dall’Africa subsahariana, è opportuno soffermarsi sui percorsi compiuti da questi migranti per giungere nei Paesi del Maghreb e/o in Europa, e sull’evoluzione e il mutamento di tali percorsi in base all’intensificarsi dei controlli.

Quali sono le modalità dell'entrata irregolare in Europa dei cittadini provenienti dall'Africa?

In un’Europa che intensifica continuamente i controlli alle frontiere esterne arri-vando al punto da poter essere definita la “Fortezza Europa”, in che modo sono possibili questi passaggi?

Due potrebbero essere le possibili risposte a tali quesiti: l’inefficacia dei con-trolli alle frontiere – e dunque sarebbe il caso di rivedere le politiche messe in atto dall’Unione Europea nel controllo frontieristico - e/o l’efficacia delle reti di

34 Tra il 1999 e il 2000, la percentuale di migranti non marocchini approdati alle isole Canarie

aumentò dall’11.8 al 63% (Coslovi 2007).

35 H. Boubakri, Transit migration between Tunisia, Libya and Sub-Saharan Africa: study based

on Greater Tunis, in «Paper presented at the Regional Conference on ‘Migrants in transit countries: sharing responsibility for management and protection». Istanbul, 30 September - 1 October 2004, Council of Europe, Strasbourg.

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passaggio, sia quelle costituite dai contrabbandieri che quelle create dai migranti stessi. Negli ultimi decenni, i flussi transahariani sono aumentati d’intensità. Dal 2000 in poi le politiche migratorie restrittive e l’intensificarsi dei controlli dei viaggi aerei hanno portato ad un aumento delle rotte via terra, fermo restan-do che una parte – minoritaria - restan-dotata di mezzi per pagarsi il biglietto compie almeno una porzione del viaggio verso l’Africa settentrionale per via aerea. Le rotte migratorie terrestri e marittime sono più lunghe nel tempo e nello spa-zio, generando un numero di morti più elevato.

La maggior parte dei migranti compie il tragitto a piedi o in autobus, dovendo così attraversare una serie di Paesi prima di giungere a destinazione. Attualmen-te, i migranti usano numerose rotte aeree e terrestri per raggiungere le destina-zioni desiderate nell’Africa settentrionale, invece per giungere in Europa usano maggiormente le rotte marittime.

Gli itinerari evolvono in funzione del contesto politico e il viaggio diventa sem-pre più costoso in base alla durata e all’importanza crescente del ruolo dei tra-ghettatori.

Negli ultimi anni sono cambiati anche i profili dei migranti: alla migrazione ma-grebina, principalmente di sesso maschile e di nazionalità marocchina, si è ag-giunta la migrazione subsahariana di sesso maschile e in misura minore, femmi-nile, proveniente essenzialmente dall’Africa occidentale (Senegal, Mali, Mauri-tania, Guinea, Guinea Bissau, Nigeria, Cameroon, Benin, Ghana, Gambia). Sono utilizzabili da parte dei migranti africani diverse rotte migratorie e nume-rose modalità d'ingresso in Europa. Questa varietà dipende dalle nazionalità dei migranti: maghrebini e subsahariani, per esempio, non seguono le stesse rotte. I marocchini sanno che se venissero arrestati in Spagna sarebbero rinviati automa-ticamente in Marocco – come conseguenza degli accordi di riammissione firmati tra Marocco e Spagna – ed evitano dunque l’arresto; al contrario, quest’ultimo è parte integrante della strategia usata dai subsahariani accettano di farsi arrestare pur di raggiungere l'Europa.

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temporaneamente nelle città presenti lungo il camino per lavorare e mettere da parte i soldi necessari al completamento del viaggio, un percorso che solitamente comprende traversate in pick-up e camion o, addirittura, viene affrontato a piedi. Tra i Paesi che sembrano più adatti in cui fermarsi durante il viaggio verso il Nord sono: Cameroon, Nigeria, Mauritania, Algeria, Libia, perché con più facilità si può trovare lavoro come calzolai, sarti, domestici, commercianti36.

Alcuni migranti, a volte s’insediano stabilmente nelle città di passaggio, trasformandole in mete finali del percorso.

Sebbene esistano varie rotte trans-sahariane, le due principali che collegano il Sud con i Paesi del Maghreb sono: (i) dall’Africa Orientale principalmente attraverso il Ciad e il Sudan e (ii) dall’Africa Centrale e occidentale, principalmente attraverso il Mali e il Niger.

Stando alle ricerche effettuate dall'UNODC37, le principali rotte seguite dai migranti che decidono di partire dagli stati ECOWAS38 sono: a) dal Senegal (verso la Mauritania, Marocco e Isole Canarie); b) dal Mali (verso l’Algeria e il Marocco) attraverso Gao e infine c) dal Niger (verso l’Algeria, il Marocco, la Libia e la Tunisia) attraverso Agadez39.

Da Agadez le rotte migratorie si dividono verso l’oasi di Sebha in Libia in direzione nord-est e verso Tamanrasset nel sud dell’Algeria dirigendosi poi verso ovest.

Da Sebha, i migranti si spostano verso Tripoli e altre città costiere o verso la Tunisia; dalla costa viaggiano poi via mare verso Malta oppure verso le isole

36 Dati rilevati dalle interviste effettuate con migranti, richiedenti asilo e rifugiati in Marocco

durante periodo di ricerca presso l’UNHCR-Rabat.

37 UNODC, Smuggling of migrants into, through and from North Africa: A thematic review and

annotated bibliography of recent publications, 2010.

http://www.unodc.org/documents/humantrafficking/Migrant_smuggling_in_North_Africa_J une_2010_ebook_E_09-87293.pdf

38 Gli Stati che compongono la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale

(ECOWAS) sono: Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea Bissau, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Togo.

39 Agadez è situata su uno storico crocevia migratorio, in cui si trovano le antiche rotte

commerciali trans-sahariane e del Sahel che si sono estese tutto intorno alla zona del Sahel e in Africa occidentale e centrale.

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italiane di Lampedusa e Pantelleria.

Altre rotte migratorie collegano il Sudan con l’oasi di Kufra nella parte sud-est della Libia e sono usate principalmente dai migranti provenienti dal Sudan – soprattutto dalla regione del Darfur – Etiopia ed Eritrea. Un'altra rotta collega il Ciad con la Libia ed è usata dai migranti nigeriani, camerunesi, congolesi e sudanesi.

Oltre ad un numero sempre più crescente di egiziani sono moltissimi anche i migranti e rifugiati provenienti dal Sudan, Somalia, Eritrea ed Etiopia ad aver raggiunto l'Italia attraverso la Libia.

Agli inizi del Duemila, per i migranti provenienti dal Sudan, Somalia ed Eritrea la destinazione principale restava sempre il Cairo, i quali tentavano comunque di migrare in Europa attraverso la Libia.40

Da Tamanrasset in Algeria, i migranti si spostano verso le città del nord oppure giungono in Marocco attraverso la frontiera tra Maghnia e l’area occidentale e orientale di Oujda dalla parte marocchina.

Nelle zone appena citate è relativamente semplice attraversare il confine accompagnati da un contrabbandiere algerino o marocchino, percorrendo i 14 km di “no man’s land” durante la notte.41.

Da Oujda in Marocco, i migranti tentano di entrare in Europa sia attraversando il Mediterraneo dalla costa settentrionale sia giungendo nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla 42, oppure spostandosi a Rabat e Casablanca, città in cui spesso s’insediano temporaneamente.

Dal 2000, si è verificata un'intensificazione dei controlli di polizia nello Stretto di Gibilterra che ha portato ad una generale diversificazione nei punti di partenza per l’attraversamento.

Un numero sempre più crescente di piccole imbarcazioni ha iniziato a salpare 40 M. Drozdz, O. Pliez, Entre Libye et Soudan : La Fermeture d’une Piste Transsaharienne, in «Autrepart» (2005),36, pp. 63-80.

41 Interessante a questo riguardo il film documentario «14 Kilómetros» del regista G. Olivares, Spagna 2007.

42 X. Gallardo, Acrobacias fronterizas en Ceuta y Melilla. Explorando la gestión de los

perímetros terrestres de la Unión Europea en el continente africano, in «Doc. Anàl. Geogr.», (2008),51, pp. 129-149.

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dalla costa atlantica nord-occidentale, dalla costa orientale del Mediterraneo e persino dall’Algeria.

Anche dal Marocco sempre più migranti si spostavano verso il Sahara occidentale nel tentativo di raggiungere le Isole Canarie, trasformando questi paesi in nuove zone di transito dei movimenti migratori.43

L’intensificarsi del pattugliamento nelle coste tunisine,44 ha spinto sempre più migranti a partire direttamente dalle coste occidentali della Libia e dalle coste orientali dell’Algeria giungendo in Sardegna.45.

Tale situazione ha trasformato questi Stati in nuove zone di transito per la migrazione.

Successivamente anche i migranti provenienti dall'Asia (Cina, India, Pakistan e Bangladesh) hanno iniziato a migrare verso il Maghreb attraverso le rotte sahariane. La maggior parte di essi giunge in aereo nelle principali capitali dell’Africa occidentale.

Da lì, proseguono il viaggio attraverso le principali rotte sahariane attraverso il Niger e l’Algeria giungendo in Marocco. Altri raggiungono i paesi nordafricani attraverso l’Egitto e da li provano la traversata verso l’Italia o Malta.46

Questo è solo un esempio della complessità delle migrazioni africane, un processo in cui le migrazioni dell’Africa occidentale, trans-sahariane ed Euro-Mediterranee sono strettamente legate.

43 Nel 2006 ci fu un forte aumento della migrazione via mare verso le Isole Canarie. Mentre nel

2007 il numero di arrivi sulle Isole sembra essere sceso ai livelli del periodo precedente al 2006 (forse come risultato dell’incremento dei pattugliamenti marittimi si è registrato un incremento di barche salpate dalla costa algerina e giunte in Sardegna).

44 DIIS, Europe Fighting Irregular Migration – Consequences for West African Mobility, 2011,

45 La Repubblica, “Sbarchi in Sicilia e Sardegna. Soccorsi un centinaio di immigrati”, articolo

pubblicato il 22 giugno 2007

46 P. Cuttitta, Delocalisation of migration controls to Northern Africa, Workshop su ‘The

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Tabella 147. Rotte migratorie terrestri e marittime verso l’Africa settentrionale, il

Medio Oriente e l’Europa.

1.4 La definizioni del “ migrante in transito”

Prima di avanzare nel mio lavoro, ritengo necessario che ci si soffermi brevemente sul concetto di «migrazione di transito». E' molto diffuso l'uso di questo termine sopratutto nell'ambito politico europeo.

Nonostante l'uso ampio di tale concetto, il suo significato non è affatto chiaro. «Migrante in transito» può avere, infatti, più significati. La problematica centrale concerne la necessità di comprendere quali fattori permettono di differenziare la migrazione di transito da altre forme di movimento48

47 Fonte: H. De Haas, The mith of invasion. Irregular migration from West Africa to the

Maghreb and the European Union, Oxford, International Migration Institute, 2007, p.17.

48 L. Gabrielli, European immigration policies outside the Union: An impact analysis on

migration dynamics in North African transit areas in «The challenge of the threshold. Border closures and migration movements in Africa», ed. J. Streiff-Fénart, A. Segatti,

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Come nota Gozde Yildiz, la «migrazione di transito» è entrata a far parte del discorso politico degli anni Novanta, nello specifico durante la Conferenza della Commissione Economica delle Nazioni Unite per l’Europa, definendola come: “La migrazione verso uno Stato, con l’intenzione di tentare di emigrare verso un altro Stato considerato come la meta finale”49.

Papadopoulou invece descrive la migrazione di transito come un processo: “La fase tra l’emigrazione e l’insediamento”.50

Tuttavia, la definizione universalmente accettata proviene dall’Assemblea dell’Unione Interparlamentare di Ginevra, che stabilisce che un migrante in transito è: “Lo straniero che risiede in uno Stato per un certo periodo cercando la maniera di emigrare in un altro Stato in modo permanente”.51

Nel tentativo di definire la migrazione di transito è necessario prendere in considerazione una serie di fattori e condizioni da cui dipendono i progressi o i fallimenti di questo tipo di migrazione.52

Içduygu afferma che la migrazione di transito, dovrebbe essere analizzata nella sua totalità, e dovrebbe implicare i paesi di origine, di transito e di destinazione, oltre ad analizzare le cause e le conseguenze della migrazione.53

In questa analisi del concetto di “migrante di transito” il primo elemento da prendere in considerazione è il tempo.

Il percorso migratorio potrebbe durare mesi, a volte anni ed è generalmente compiuto per gradi. Durante questo percorso, i migranti si stabiliscono temporaneamente nelle città che incontrano nel cammino per lavorare e

Lexington Books, LanhamMD, 2011, pp. 3-16.

49 United Nations Economic Commission for Europe, Council of Europe, United Nations

Population Fund, European Population Conference Recommendations, marzo 1993, Ginevra, http://www.unece.org/pau/epc/epc1993_recom.html, ultimo accesso 24/04/2016.

50 A. Papadopoulou, Exploring the asylum-migration nexus: a case study of transit migrants in

Europe, in «Global Migration Perspectives», 23, Global Commission on International Migration, Geneva, 2005.

51 113th Assembly of the Inter-Parliamentary Union, Ginevra, 17–19.10.2005, C-II/113/DRrev,

agosto, 2005, http://www.ipu.org/conf-e/113/2Cmt-dr-res.pdf, ultimo accesso 25/04/2016.

52 A. Içduygu, The politics of international migratory regimes: transit migration flows in

Turkey, in «International Social Science Journal», 52 (165), settembre 2000, pp. 357-367

53 A. Içduygu, Transit migration in Turkey: trends, patterns and issues, European University

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guadagnare abbastanza soldi per proseguire il viaggio.54

Inoltre, sembra chiaro che le migrazioni terrestri attraverso l’Africa si sviluppino per tappe la cui programmazione si definisce durante il cammino. Un insediamento «temporaneo» è una costante dei movimenti dei migranti subsahariani verso il Nord.

La durata dei processi migratori via terra è generalmente piuttosto lunga e il tempo di «transito» può variare. Inoltre spesso accade che i migranti finiscono per insediarsi definitivamente nelle città ove si sono fermati lungo il cammino restando dei «migranti in transito» per molto tempo.

Almeno temporaneamente, infatti, gli insediamenti in Africa settentrionale sono da considerare la regola piuttosto che l’eccezione.

La Libia, e in misura minore l’Algeria e la Mauritania, sono state per tanto tempo le destinazioni finali per la manodopera migrante, mentre il Marocco e la Tunisia sono state le mete predilette da un numero limitato di studenti subsahariani, professionisti e sportivi.55.

Bisogna considerare dunque, che le possibilità o le difficoltà incontrate durante il viaggio potrebbero comportare anche un cambiamento del programma migratorio; chi non riesce a entrare in Europa, piuttosto che tornare nel proprio Paese di origine, preferisce stabilirsi nei Paesi «di transito» che molto spesso coincidono con i Paesi dell’Africa del Nord, considerandoli come una “seconda scelta migliore.56.

Inoltre, succede spesso che dopo aver trascorso un periodo in uno Stato diverso dal proprio Paese di origine, un migrante possa riprendere il progetto migratorio verso un altro Paese e convertirsi nuovamente in migrante «in transito».

E’ questo il caso dei migranti provenienti dalla Nigeria, Ciad e Sudan che, dopo aver abbandonato la Libia in seguito alle violente sollevazioni contro i lavoratori

54 M. Collyer, States of insecurity: Consequences of Saharan transit migration, Centre on

Migration, Policy and Society, Oxford, University of Oxford, 2006. 55 S. Bredeloup, O. Pliez, cit., 2005, pp. 3-20.

56 H. De Haas, Trans-Saharan migration to North Africa and the EU: historical roots and

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subsahariani nel 2000, si diressero in Marocco.57.

Una parte dei migranti intenzionati a spostarsi verso l'Europa, rimane di fatto “bloccata” temporaneamente in alcuni stati del Nord Africa come il Marocco, Libia e Tunisia, a causa della mancanza di mezzi per raggiungere il continente europeo.

Quest'attesa in tali zone“di transito” prolungandosi sempre di più trasforma questi luoghi in Paesi di “destinazione” 58.

L’aumento della migrazione subsahariana e l’insediamento dei migranti hanno svolto un ruolo determinante nella rivitalizzazione delle antiche rotte carovaniere e delle città desertiche in Mali (Gao), Niger (Agadez), Ciad (Abéché), Libia (Sebha e Cufra), Algeria (Tamanrasset e Adrar) e Mauritania (Nouadhibou).59

Oltre alla rivitalizzazione delle città africane situate sulle rotte migratorie trans-sahariane, anche la maggior parte delle città nordafricane, come per esempio Rabat, Oran, Algeri, Tunisi, Tripoli, Benghazi e il Cairo, si sono trovate ad ospitare numerose comunità di migranti subsahariani, risultato di insediamenti in parte volontari.

Sebbene questi migranti siano vulnerabili allo sfruttamento, spesso trovano impiego in settori specifici informali (come per esempio lavoro domestico e baby-sitting), nella costruzione, nell’agricoltura, nella pesca e nel turismo.60 In Marocco, Libia e altri Paesi del Nord Africa i migranti che sono in attesa di partire per l'Europa, vivono in condizioni degradanti, è vietato loro l’accesso all’assistenza legale, sanitaria e all’istruzione.

Spesso ai migranti subsahariani affittano appartamenti per il doppio o il triplo del prezzo che pagherebbe un cittadino del luogo. Inoltre, la maggior parte dei

57 M. Alioua, La migration transnationale des Africains subsahariens au Maghreb:

l'exemple de l'étape marocaine, in «Maghreb-Machrek», (2005),185, pp. 37-58. 58 M. Collyer, States of insecurity: Consequences of Saharan transit migration, cit., 2014.. 59 H. de Haas, Irregular migration from West Africa to the Maghreb and the European Union,

Oxford, University of Oxford, 2007.

60 H. Boubakri, Transit migration between Tunisia, Libya and Sub-Saharan Africa: study based

on Greater Tunis, in «Paper presented at the Regional Conference on ‘Migrants in transit countries: sharing responsibility for management and protection». Istanbul, 30 September - 1 October 2010., Council of Europe, Strasbourg.

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migranti subsahariani impiegati nei mercati o in altre attività commerciali non riceve alcun compenso economico per il proprio lavoro, dovendosi accontentare al massimo di un pasto alla fine della giornata.61

In contrasto con la percezione comune della zona nordafricana intesa come luogo di transito o “sala d’attesa” per i migranti, il cui unico scopo è il raggiungimento dell’Europa, si può affermare che con buona probabilità ci siano più migranti subsahariani che vivono in Africa settentrionale piuttosto che in Europa.62

In sintesi, i progetti migratori hanno un carattere modellabile, dipendendo dalle nuove informazioni reperibili durante il viaggio e dalle opportunità o difficoltà che si presentano.

La tempistica quindi è incerta, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo, rendendo molto difficile una definizione a priori su chi sia un migrante in transito63, tuttavia l’utilizzo di questa definizione per riferirsi a una categoria specifica non rispecchia la realtà poiché una valutazione reale del transito può essere realizzata a posteriori, cioè dopo che il passaggio verso l’Europa sia effettivamente avvenuto.64

1.4.1 La strumentalizzazione politica del concetto di «Migrazione di Transito». Secondo Gozde Yildiz, negli ultimi anni il concetto di «migrante in transito» è largamente utilizzato soprattutto nella sfera politica con il fine di strutturare la parte esteriore delle politiche migratorie europee65.

Nell'ambito politico l'uso del termine migrazione di transito tende a diventare

61 M. Collyer, cit., 2006.

62 Fides, La migrazione dall’Africa, in «Dossier FIDES», 03 Agosto 2013.

63 M. Collyer, H. De Haas, Developing dynamic categorizations of transit migration,

documento presentato alla «Prima conferenza sulla migrazione irregolare», 2008, p. 12.

64 S. Bredeloup, Sahahra. Transit des temps, des lieux, des hommes, documento presentato

alla «Prima conferenza sulla migrazione irregolare», 2008. 65 A. Gozde Yildiz, op. cit., p.143.

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anche sinonimo di «migrazione potenziale» o «pressione migratoria»66, diventando la base teorica per la proclamazione di un’invasione massiccia dei poveri verso l’Europa e richiedendo così una reazione politica decisa.

Il concetto di «migrazione di transito» è dunque innanzitutto una categoria, termine politico costruito per elaborare l’azione esterna dell’UE e dei suoi Stati membri rispetto ai Paesi terzi vicini.67

In questo modo, tutti i migranti subsahariani in movimento nello spazio sahelo-sahariano diventano dei possibili migranti verso l’Europa.

Il concetto di migranti in transito cominciò ad essere usato sempre più spesso nei documenti ufficiali delle istituzioni europee, delle agenzie multilaterali e intergovernative e da organizzazioni come IOM, definendo la “migrazione di transito” come un elemento fondamentale da cui partire per il controllo della migrazione indesiderata68.

In questo modo la definizione di «migrante in transito» cominciò ad assumere connotati negativi nonostante il concetto si riferisca non solo ai migranti irregolari, ma anche a chi risiede regolarmente su un territorio69.

Nel mondo dei media e della classe politica è andata sviluppandosi sempre di più l'idea che la maggior parte dei migranti provenienti dall'Africa, entrava irregolarmente in Europa via mare, imbarcandosi in Marocco o dall'Africa Occidentale raggiungendo la Spagna, le Isole Canarie o l'Isola di Lampedusa. Tuttavia, la pubblicizzazione di questo fenomeno definito da tanti come “l'esodo africano” e la visibilità data a questo tipo di migrazione oscura il fatto che molti migranti presenti sul territorio dell’Unione Europea siano entrati regolarmente trattenendosi poi in maniera irregolare, in molti casi per esempio dopo la scadenza del visto..70.

66 M. Collyer, H. De Haas, cit.,2008, p. 18.

67 A. Içduygu, D. Yükseker, Rethinking transit migration in Turkey: reality and

representation in the creation of a migratory phenomenon, in «Population, Space and Place», 2010.

68 A. Gozde Yildiz, op. cit., p.144.

69 F. Düvell, Transit migration: a blurred and politicized concept, in «Population, Space and Place», 2010, p.631.

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La politicizzazione della questione ha contribuito alla creazione di un altro dibattito, etichettando determinati Stati come Paesi di transito, cioè come una categoria intermedia tra il Paese di origine del migrante e quello di destinazione. Il concetto «Paese di transito» fu utilizzato per la prima volta in una Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite del 1990, sulla “Protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e i Membri delle loro famiglie”.71

Da quel momento, furono implementate politiche specifiche atte ad aumentare il controllo della migrazione indesiderata, bloccando i migranti e i rifugiati in Paesi periferici come conseguenza diretta di politiche migratorie inefficaci o a causa dell’esternalizzazione di tali politiche.

L’Unione Europea definisce gli Stati vicini “di transito” associandoli al concetto costruito di «migrazione di transito». Questi sono descritti come Paesi geograficamente situati tra gli Stati di origine e di destinazione sulle rotte migratorie internazionali e sono messi sotto pressione

affinché collaborino nella gestione dei flussi e nella riammissione dei migranti irregolari intercettati72.

Inoltre, Gozde Yildiz evidenzia che in un contesto in cui la migrazione di transito viene associata a una minaccia per la sicurezza, le Nazioni periferiche vengono considerate responsabili di tali migrazioni e della prevenzione dei migranti in transito verso l’Europa.73

Nell’ambito del discorso costruito di «Paesi di transito», quasi tutte le Nazioni vicine dell’Unione Europea sono associate con questo tipo di migrazione.

Si cominciò dunque a identificare le rotte principali che conducevano in Europa occidentale, lungo tali rotte furono eretti muri e barriere e si decise di avviare dialoghi di partenariato con i Paesi vicini dando inizio all’esternalizzazione dei

Union, IMI research report, University of Oxford, 2007

71 United Nations International Convention on “Protection of the Rights of all Migrant

Workers and Members of their Families”, 18.12.1990,

http://www.un.org/documents/ga/res/45/a45r158.htm, ultimo accesso 24/04/2016

72 C. Marconi, Transit cities in transit countries: steering the consequences of US and EU

closed door policies, International Workshop “Narratives of migration management and cooperation with countries of origin and transit”, University of Sussex, Brighton, 2008.

Riferimenti

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