• Non ci sono risultati.

Idrogel sensibili a pH e temperatura con proprietà antiossidanti modulabil

5.5 Acido Folico

L’Acido Folico (AF) noto anche come vitamina B9 o come acido pteroil-l-glutammico,

strutturalmente è costituito da tre porzioni: un anello pteridinico legato con un ponte etilenico all’acido p-amminobenzoico, unito a sua volta all’acido glutammico da un legame ammidico (Figura 5.2).

Figura 5.2: Struttura dell’Acido Folico.

L’AF è una sostanza indispensabile per l’organismo, perché in qualità di cofattore enzimatico, partecipa a numerosi processi metabolici:

 sintesi di purine e pirimidine (essenziali per la sintesi del DNA e RNA);  conversione dell’omocisteina in metionina e di serina in glicina;

 metabolismo dell’istidina;

 mantenimento dell’omeostasi dell’eritropoiesi.

L’acido folico non può essere sintetizzato dall’organismo, ma il suo fabbisogno giornaliero viene soddisfatto attraverso un corretto apporto dietetico. Esso è contenuto nei vegetali freschi verdi, in alcuni funghi, frutta, fegato e lievito. La richiesta di folato è di circa 0,2 mg/die, valore che aumenta durante la gravidanza e l’allattamento; ma, la biodisponibilità dei folati

nelle diete è molto variabile, addirittura inferiore di gran lunga rispetto a quello di sintesi. I folati naturali, presenti come poliglutammati, non sono assorbibili in quanto tali e vengono convertiti nella forma monoglutammica nella parte superiore dell’intestino tenue, da qui si giustifica il perché del migliore assorbimento dell’acido folico di sintesi, costituito solo dalla forma monoglutammica che non richiede la conversione enzimatica.

L’acido folico viene somministrato per via orale e una volta assorbito attraverso l’ileo, viene trasportato negli epatociti e nelle cellule del midollo osseo, dove subisce un processo riduttivo che si articola in due fasi, convertendo l’ acido folico in diidrofolato (FH2) e tetraidrofolato

(FH4), questi due coenzimi folici, tra loro interconvertibili, costituiscono un fattore chiave in

almeno due vie metaboliche importanti: la biosintesi delle basi nucleotidiche e nel ciclo della metilazione. La carenza di folati è uno dei deficit vitaminici più comuni, tale mancanza associata a quella della vitamina B12 , determina una difettosa sintesi del DNA nella cellula in

fase proliferativa, ciò spiega perché il sistema emopoietico è particolarmente sensibile alla carenza di questi micronutrienti.

La carenza di AF durante la gravidanza può causare difetti del tubo neurale perché si instaura una condizione di iperomocistinemia per ridotta conversione della omocisteina a metionina. I disturbi del tubo neurale, come la spina bifida, l’anencefalia e l’encefalocele, rappresentano un’importante causa di morte infantile e di seria disabilità fisica; ma, la carenza di questo micronutriente è associata anche ad un’alterata attività neurologica che interessa soprattutto la sfera cognitiva e affettiva. I disturbi neuropsichiatrici sono relativi alla sfera affettiva appunto, caratterizzati da una tendenza alla depressione. L’associazione di uno stato depressivo a deficit di folati sembrerebbe giustificato dall’interazione di questi ultimi sul metabolismo della serotonina. I soggetti con basse concentrazioni sia di folati che di vitamina B12, possono

presentare un aumento del rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer.

L’acido folico è uno dei cofattori principali della sintesi delle basi puriniche degli acidi nucleici. Nelle cellule neoplastiche, dove la replicazione del DNA e duplicazione cellulare si verificano molto più rapidamente, la deplezione dei folati può provocare un’inibizione della crescita tumorale. Su questo principio si basa l’utilizzo dei farmaci antifolati come chemioterapici sebbene paradossalmente, sembri che elevati livelli di folati siano protettivi contro alcuni tipi di neoplasie. Alcuni studi su neoplasie colon-rettali hanno evidenziato che se la carenza del micronutriente viene adeguatamente compensata con supplementi sintetici prima dell’insorgenza della neoplasia, la crescita cellulare risulta inibita, mentre, se avviene dopo, la duplicazione cellulare sembra essere facilitata. Sembrerebbe quindi che i folati

dall’altro. Rimane però certo che una ricca dieta a base di folati è in grado di ridurre il rischio di cancro mammario nelle donne.

Il sistema immunitario è ugualmente coinvolto, in modo particolare le cellule Natural Killer, che intervengono nella risposta immune non specifica e contribuiscono all’eliminazione sia di cellule neoplastiche che di cellule infettate da agenti virali. Alcuni studi hanno evidenziato che l’integrazione di Acido Folico in gravidanza rende il sistema delle cellule Natural Killer più efficiente, purché la sua concentrazione ematica non raggiunga livelli troppo elevati, in tal caso l’attività risulta diminuita.

L’accumulo di omocisteina, per carenza di folati, risulta tossico per le cellule endoteliali, in particolar modo, l’ossidazione del gruppo tiolico dell’omocisteina, con conseguente produzione di radicali liberi, determina perossidazione lipidica svolgendo un ruolo attivo nelle fasi iniziali del processo di aterosclerosi. Rappresenta dunque un fattore di rischio per l’insorgenza di patologie vascolari e coronopatie.

L’acido folico è una vitamina che subisce facilmente il processo di degradazione, per questo è stata scelta come modello di sostanza facilmente ossidabile che potesse essere impiegata per testare l’efficacia delle matrici polimeriche sintetizzate. È una molecola altamente instabile, in modo particolare, in ambiente acido e quando è sottoposta a radiazioni elettromagnetiche che rientrano nelle spettro dell’ultravioletto, inoltre, se l’acido folico viene sottoposto alla contemporanea combinazione di questi due fattori, cioè ambiente acido e radiazioni ultraviolette, la velocità di decomposizione è maggiore. D’altra parte risulta essere stabile in ambiente alcalino o neutro e in condizioni di oscurità e asciutto.

Diversi studi hanno dimostrato che il folato è vulnerabile alla degradazione UV. Per esempio,

in vitro è stato dimostrato che la forma sintetica del folato, l’Acido Folico, è fotosensibile ai

raggi UVA (Akhtar e al., 2003; Off e al., 2005; Juseniene e al., 2009). Tali studi hanno dimostrato che quando l’AF è esposto agli UVA, subisce fotolisi e viene scissa in diversi fotoprodotti (Vorobey e al., 2006). È stato dimostrato anche, che un metabolita biologico del folato, presente nel corpo umano, come il 5-MTHF (5- metiltetraidrofolato) è sensibile ai raggi UVB (280-320 nm), ma non agli UVA(320-400 nm) (Steindal e al., 2006).

Sia i raggi UVA che UVB vengono assorbiti dall’AF, il 5-MTHF invece assorbe gli UVB, mentre l’assorbanza nello spetto UVA è minima. Le radiazioni UVC (100-280 nm) vengono invece, assorbite da entrambi i composti (Steindal e al., 2006). Da questi studi, quindi sembrerebbe che solo gli UVB siano responsabili della principale causa di degradazione dell’AF. Tuttavia occorre tener presente che gli UVB non penetrano la pelle in profondità a tal punto da raggiungere la circolazione cutanea e, quindi non è imputabile per una diretta

diminuzione della quantità di folato nel sangue. Gli UVA, che al contrario penetrano in profondità la pelle, degradano direttamente il 5-MTHF, ecco perché gli UVA possono essere considerati una causa diretta di digradazione del suddetto composto (Fukuwatari e al., 2009). La recente scoperta di composti fotosensibili come flavine e porfirine, che hanno la capacità indiretta di degradare il 5-MTHF durante l’esposizione ai raggi UV, ha fornito un meccanismo biologicamente plausibile per la degradazione UV in vivo di folati (Steindal e al., 2008; Tam e al., 2009). Sia le flavine che le porfirine sono fotosensibili naturali presenti nel sangue e, producono specie reattive all’ossigeno (ROS), quando esposti a radiazioni UV (Steindal e al., 2008). È la produzione dei ROS che porta alla degradazione del 5-MTHF (Borradale e Kimlin, 2012). Ecco perché è importante proteggere l’AF, non soltanto per una questione finalizzata all’ambito tecnico-farmacologico, ma anche per un concetto legato all’instabilità del composto in generale.

In uno studio in cui è stato valutato l’effetto del pH sulla degradazione del folato, è stato riportato che a valori di pH inferiori a 5, il processo degradativo è significativo, poiché queste condizioni facilitano la disgregazione della molecola in acido p-minobenzoilglutammico e 6- formilpterina attraverso la rottura ossidativa che coinvolge il legame tra C9 e N10 (Akhtar e al.,

2003). Come è stato riportato nel paragrafo sulla fotodegradazione, la maggior parte dei meccanismi coinvolti non sono conosciuti, per l’Acido Folico sono stati proposti diversi meccanismi di reazione (Lorente e al., 2011).

Il meccanismo proposto da Thomas prevede che a seguito di irraggiamento con un fascio di luce ultravioletta, si genera le specie reattiva all’ossigeno (O2.), responsabile della scissione

del legame tra C9 e N10 e della successiva formazione dei prodotti di degradazione.

Ovviamente la reazione prevede il coinvolgimento di numerosi stadi di reazione, rendendo l’intero processo particolarmente complesso. La velocità di degradazione aumenta all’avanzare della fotolisi, invece che diminuire per esaurimento del reattivo, tale anomalia è stata giustificata dal fatto che all’avanzare della fotolisi, aumenta la concentrazione della 6- formilpterina che è in grado di generare a sua volta la specie reattiva O2. , con un’efficienza

circa di cinque volte superiore rispetto all’AF, e ciò si riflette in una maggiore produzione dei prodotti di degradazione dello stesso. La Figura 5.3 riporta il meccanismo appena descritto.

 

Figura 5.3: Meccanismo di degradazione dell’Acido Folico.