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Alterazioni chimiche

Idrogel sensibili a pH e temperatura con proprietà antiossidanti modulabil

5.2 Stabilità dei farmac

5.2.2 Alterazioni chimiche

L’instabilità chimica di un prodotto farmaceutico ha indubbie ripercussioni su efficacia e sicurezza della terapia, potendo essa comportare una diminuzione del contenuto in principio attivo e/o modifiche della biodisponibilità. Può verificarsi anche un incremento della tossicità del preparato a seguito della formazione di prodotti di degradazione di diversa natura.

Le reazioni chimiche più comuni di degradazione dei farmaci sono l’idrolisi e l’ossidazione. Altri fenomeni degradativi che partecipano alla loro instabilità sono la racemizzazione, la decomposizione fotochimica e, più raramente, processi di polimerizzazione.

5.2.2.1 Reazioni di idrolisi

Le reazioni di idrolisi sono quelle che avvengono tra una determinata sostanza e l’acqua, generalmente vengono classificate in: idrolisi ionica e idrolisi molecolare.

Nel gruppo delle reazioni di idrolisi ionica rientrano tutte quelle che intercorrono tra l’acqua e i composti acidi e/o basi deboli, cioè composti di natura salina. Queste reazioni danno luogo a soluzioni acide o basiche, in virtù del tipo di composto salino che ha reagito, con la formazione di un equilibrio istantaneo.

Nella seconda classe rientrano tutte quelle reazioni che determinano, con un processo irreversibile e cineticamente più lento rispetto all’idrolisi ionica, la scissione di una molecola in due o più derivati. Questo tipo di reazioni sono particolarmente importanti nel caso della decomposizione di sostanze presenti in forme farmaceutiche acquose (soluzioni, sospensioni, emulsioni), ma possono aver luogo anche nel caso di forme farmaceutiche solide (polveri, granulati, compresse, ecc.), se l’acqua viene a contatto con la formulazione durante le fasi di preparazione, sotto forma di vapore acqueo o umidità, oppure come acqua di cristallizzazione presente negli eccipienti.

Gli esteri, le ammidi, i nitrili e i lattami sono i principali gruppi funzionali che possono essere suscettibili di degradazione idrolitica. Il processo di idrolisi è spesso catalizzato da ioni idrogeno, dando luogo a catalisi acida specifica, da ioni ossidrili ottenendo una catalisi basica specifica e, in molti casi da entrambe queste specie. Un esempio di idrolisi acido-base catalizzata che riguarda il gruppo estereo è dato dalla reazione che porta alla decomposizione della procaina, della cocaina, della fisostigmina e della Tetracaina, mediante rotture del legame acile-ossigeno. L’idrolisi dei gruppi ammidici determina la rottura di questo legame ed i tipici esempi sono il processo idrolitico base-catalizzato della Dibucaina, l’idrolisi della Ergometrina e il Cloramfenicolo (Carvalho e al., 2015). La decomposizione idrolitica dell’anello lattamico si ha, invece, per Benzodiazepine, Penicilline e Cefalosporine (Gerratana, 2012).

Ovviamente, in situazioni in cui un principio attivo subisce in soluzioni reazioni di idrolisi acido-base catalizzate, devono essere attuate diverse strategie per la sua stabilizzazione operando principalmente sul pH che sicuramente ha un ruolo cruciale in questo tipologie di

determina il valore al quale corrisponde il massimo grado di stabilità del medicamento, e solo successivamente si passa alla formulazione del prodotto. Con questo approccio non si arresta il processo di degradazione del medicamento, ma se ne rallenta drasticamente la velocità con cui avviene la reazione di idrolisi. Ovviamente si deve tener presente che il valore di pH è fondamentale per l’assorbimento dello stesso, infatti, anche minime variazioni di pH, possono invalidare quest’ultimo aspetto e rendere nulla la somministrazione. A tal proposito è opportuno trovare un compromesso tra i due differenti aspetti ugualmente importanti.

In altri casi, si può ottenere una riduzione del processo idrolitico del medicamento variando la costante dielettrica della formulazione farmaceutica mediante l’aggiunta di solventi non acquosi come l’alcol etilico, il glicole propilenico o la glicerina. Poiché i processi di idrolisi sono accelerati proprio dalla presenza di solventi acquosi, ridurre l’aliquota totale di acqua sostituendola in parte con solventi non acquosi, limita la decomposizione dell’intero medicamento. Ulteriori strategie prevedono l’aggiunta di sostanze che siano in grado di formare dei complessi con la molecola idrolizzabile, come la caffeina, nel caso delle soluzioni acquose di Benzocaina, di Procaina e dell’Ametocaina (Zhao e al., 2014). Un altro approccio prevede il supplemento di tensioattivi scelti in base alla natura chimico-fisica del principio attivo, in modo tale che quest’ultimo venga inglobato all’interno della struttura micellare e protetto dall’eventuale innesco di una reazione idrolitica (Bunjes, 2011).

5.2.2.2 Reazioni di isomerizzazione, racemizzazione e polimerizzazione

Le reazioni di isomerizzazione e di racemizzazione sono caratterizzate dalla variazione del principio attivo in un suo isomero ottico o geometrico (Chondrogianni e al., 2014). I diversi isomeri di un principio attivo sono connotati di una variazione nell’attività farmacologica, maggiore, inferiore o addirittura nulla rispetto al principio attivo adoperato nella formulazione farmaceutica. Nel caso della reazione di racemizzazione si ha la formazione di una miscela racemica otticamente inattiva, caratterizzato da una perdita dell’attività. Una soluzione di adrenalina a pH acido determina una significativa diminuzione dell’attività biologica della stessa; nelle reazioni di isomerizzazione, se i due isomeri geometrici hanno differente attività terapeutica, la potenza del principio attivo viene notevolmente abbassata.

Le reazioni di polimerizzazione prevedono l’innesco di reazioni tra molecole dello stesso principio attivo che portano alla formazione di macromolecole quali dimeri, oligomeri o polimeri ad elevato peso molecolare (Ariza-Carmona e al., 2015), che nel caso delle ammino- penicilline sono in grado di determinare nell’uomo reazioni allergiche di tipo pennicilloil-

specifiche; è importante dunque inibire tali processi, al fine di bloccare l’innesco di reazioni allergiche dall’esito spiacevole.

5.2.2.3 Reazioni di decomposizione fotochimica

L’attività terapeutica di molti principi attivi può essere compromessa dalle radiazioni elettromagnetiche, in virtù della fotosensibilità degli stessi composti farmaceutici (Khalilian e al., 2016). Le innumerevoli reazioni di fotodegradazione prevedono meccanismi molto complessi e solo di alcune sono state individuate strategie atte ad evitare tali processi, sebbene l’utilizzo di contenitori di vetro colorato e la conservazione in ambienti bui al riparo dalla luce, sembrano essere i metodi più perseguiti. Molti principi attivi sono il bersaglio elettivo di queste reazioni, come: Clorpromazina, Idrocortisone, Riboflavina, Acido ascorbico e Acido folico (Broeke e al., 1994; Scalia e al., 2013).

5.2.2.4 Reazioni di ossidazione

Tra i più importanti processi di decomposizione dei principi attivi si trovano oltre alle reazioni di idrolisi, le reazioni di ossidazione (Ghouchi-Eskandar e al., 2012; Haham e al., 2012). Le molecole soggette a tali processi presentano gruppi funzionali quali: alcoli, fenoli, ammine e sistemi insaturi. I promotori di queste reazioni possono essere l’ossigeno atmosferico, per le formulazioni solide, per quelle liquide, invece, si possono avere catalizzatori costituiti da sostanze e/o ioni presenti nella formulazione stessa, il pH è anche un valore da considerare, assieme all’esposizione a radiazioni elettromagnetiche e alla temperatura. Una molecola può subire processi degradativi in virtù del suo potenziale standard di ossidazione o riduzione, se questo è elevato e positivo, la molecola ha buone capacità riducenti e facilmente il composto subirà il processo di decomposizione, viceversa, se il valore risulta basso e negativo, la sostanza risulta essere un buon ossidante e difficilmente sarà bersaglio di reazioni di ossidazione. In base a quanto detto, anche i principi attivi possono essere soggetti a tali degradazioni, pertanto l’aggiunta di sostanze con un potenziale standard di ossidazione superiore al farmaco stesso può preservare la formulazione aumentandone la stabilità. Le reazioni di decomposizione ossidativa hanno inizio con la rimozione di un atomo elettropositivo o di un elettrone, oppure con l’addizione di un atomo elettronegativo o ancora con l’ addizione/rimozione di un radicale. In generale sono tutte reazioni radicaliche a catena. Le reazioni radicaliche a catena prevedono tre differenti stadi: inizio, propagazione e terminazione; nello stadio di inizio, l’ossigeno molecolare, gli agenti fisici come luce e calore,

farmaceutica, mediano direttamente la formazione della specie radicalica, quest’ultima, è responsabile della propagazione del processo ossidativo. La reazione che meglio esemplifica ciò che avviene nella fase di inizio può essere espressa come riportato in Tabella 5.1:

Tabella 5.1: Reazione di formazione di radicali liberi.

R-H + In* → R* + In-H

R-H = sostanza presente nella formulazione farmaceutica;

In* = agente chimico o fisico che catalizza l’iniziazione.

R* + O2* → R-O-O*

(radicale perossidico)

La fase di propagazione prevede che i radicali generati nella prima fase possano interagire con l’ossigeno molecolare atmosferico per dare origine ai radicali perossidici, secondo la reazione:

R-OO* + R-H → ROOH + R* R-OO* + R=R → R-OO-R-R*

I radicali perossidici sono responsabili della fase di propagazione, poiché strappano un radicale idrogeno da un’altra molecola organica oppure si addizionano ad un doppio legame:

R* + R-OO* → R-OO-R R* + R* → R-R

2R-OO*→R-OO-OO-R→PNR PNR = prodotti non reattivi

Nella fase di terminazione, i radicali si combinano tra di loro per dar luogo a specie non reattive:

L’autossidazione è una reazione non catalizzata tra un composto e l’ossigeno molecolare, è una tipica reazione per le sostanze quali acidi grassi insaturi, presenti in oli e grassi di origine naturale, può avere inizio attraverso la formazione di radicali liberi che originano da composti organici per azione della luce, del calore o di tracce di metalli.

Nel caso dell’ossidazione catalizzata dalla luce, la radiazione UV può promuovere il primo stadio del processo di decomposizione; per ciò che riguarda l’ossidazione catalizzata dalla luce, anche un aumento di 10° C fa aumentare la velocità di reazione da 2 a 4 volte.