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B) Procedura generica per l’ottenimento dei pigmenti DPP-derivati tramite irraggiamento termico(2 a-g) In un pallone ad un collo dotato di bagno ad olio

2.5. Caratterizzazione preliminare del mono-longchains-DPP

3.1.1. Acido ialuronico: chimica e utilizzo

L’acido ialuronico (HA) è un polisaccaride lineare idrosolubile formato dalla condensazione di migliaia di unità disaccaridiche costituite da residui di acido D-glucuronico e N-acetil-D-glucosamina, legati tra loro alternativamente da legami glicosidici 1,4 e 1,3 e da una fitta rete di legami a idrogeno intra- e inter- molecolari. Chiamato anche glicosaminoglicano (GAG), si trova nei tessuti di tutti i vertebrati, e viene prodotto anche da particolari ceppi batterici. È presente in maniera ubiquitaria nel corpo umano, dall’umore vitreo dell’occhio alla matrice extracellulare (ECM) dei tessuti cartilaginei,2 dai tessuti

connettivi a quelli epiteliali,3 raggiungendo talvolta concentrazioni di qualche mg/mL.4

L’HA, che di fatto è una macromolecola polianionica altamente idratata, presenta pesi molecolari compresi tra 100°000 Da (siero) e 8°000°000 Da (umore vitreo), corrispondenti ad una lunghezza polisaccaridica compresa tra 2000 e 25000 unità.

Figura 3.1: Struttura disaccaridica di base dell’acido ialuronico (HA).

L’HA è un componente essenziale della matrice extracellulare e possiede proprietà strutturali, reologiche, fisiologiche e biologiche che mediano attività nella segnalazione cellulare, nella riparazione delle ferite, nella morfogenesi e nell’organizzazione della matrice.5

L’HA interagisce con le proteine, con i proteoglicani e altre molecole attive come i fattori di crescita, ma contribuisce attivamente anche al bilanciamento del quantitativo d’acqua cellulare agendo sulla pressione osmotica e sulla resistenza al flusso, setacciando la diffusione del plasma e delle proteine della matrice.6 In altre aree, a causa dell’alta viscosità se posto in

soluzione acquosa, agisce da lubrificante proteggendo le superfici delle cartilagini articolari. A livello molecolare l’HA espleta una funzione addizionale, ovvero contribuisce allo smaltimento dei radicali liberi.7 Per di più, l’acido ialuronico viene metabolizzato molto

rapidamente nel corpo grazie all’enzima ialuronidasi (ialuronato 4-glicanoidrolasi) che ne idrolizza i legami 1,4 glicosidici con un tempo di dimezzamento compreso tra alcune ore e qualche giorno.8

HA e derivati vengono utilizzati clinicamente come prodotti medici da oltre trent’anni (i.e. come viscosupplementanti),3,9 ma solo di recente ne è stato riconosciuto l’uso

come struttura di supporto per la creazione di nuovi biomateriali utili nella medicina rigenerativa e nell’ingegneria tessutale.10 In passato infatti la fabbricazione di nuovi

biomateriali è stata preclusa dalle deboli proprietà biomeccaniche dell’acido ialuronico, che essendo idrosolubile viene riassorbito dal corpo molto rapidamente. L’acido ialuronico

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dev’essere perciò modificato per modificarne e potenziarne le proprietà, dall’attività biologica all’idrofobicità, creando materiali chimicamente e meccanicamente più robusti.4,11 I derivati

risultanti presentano caratteristiche chimico-fisiche che possono differire sostanzialmente dal polimero nativo, ma mantengono quasi sempre la biocompatibilità e la biodegradabilità. La modifica più classica prevede la conversione da forma sol viscosa a idrogel reticolato, in condizioni neutre o debolmente basiche (fig. 3.2 A). Altri metodi prevedono invece di funzionalizzare l’HA con determinati gruppi funzionali per ottenere nuovi reagenti per studi biochimici e fisiologici, o con farmacofori a rilascio mirato e controllato nel tempo (fig. 3.2 B). L’acido ialuronico può inoltre essere innestato in polimeri naturali o sintetici, per creare nuovi materiali con proprietà biomeccaniche e fisiologiche innovative.

Figura 3.2: HA-idrogel reticolato (A) e HA con farmacofori (B).

Le modifiche chimiche sono state recensite in maniera molto approfondita,12 e

riguardano tre gruppi funzionali: l’acido carbossilico dell’acido glucuronico, i gruppi ossidrilici primari e secondari e il gruppo N-acetilico. Nella maggior parte dei casi i carbossilati vengono modificati tramite reazioni mediate da carbodiimmidi, esterificazione e ammidazione, mentre gli ossidrili tramite eterificazione, crosslinking divinilsolfonico, esterificazione e crosslinking bis-epossidico.

Verrà ora affrontato un breve excursus sulle principali modifiche chimiche attuabili alla struttura dell’HA, seguito dalle potenziali applicazioni mediche di questi nuovi biomateriali.

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3.1.2. Idrogel

Gli idrogel sono materiali polimerici ad alto contenuto d’acqua con proprietà fisiche variabili, progettati per somigliare alla matrice extracellulare dei tessuti corporei umani, in modo da essere impiegati nella medicina rigenerativa, come biosensori o come dispositivi per il rilascio controllato di farmaci.13 Sono reti tridimensionali costituite da catene polimeriche

idrofiliche reticolate, che possono essere modellate in qualsiasi forma e dimensione, assorbendo acqua fino ad aumentare di migliaia di volte il loro peso. Di recente decine di prodotti a base di idrogel, basati su polimeri naturali o di sintesi, sono stati utilizzati in ambito medico. Si pensi ad esempio alle lenti a contatto, costituite da acido poli(idrossi- etilmetacrilico),14 ad alcuni adesivi biologici a base di fibrina o albumina, che vengono

impiegati nelle operazioni chirurgiche,15 o ancora ai riempitivi a base di acido ialuronico

impiegati per svariate necessità cliniche.3 Ultimamente sono emerse nuove applicazioni per

gli idrogel, per lo più nell’ambito della proliferazione delle cellule staminali, della ricerca contro il cancro, della terapia cellulare, dell’ingegneria tessutale16 e della diagnostica in vitro.13,17 Tali applicazioni richiedono agli idrogel una versatilità chimico-meccanica

maggiore: è richiesta soprattutto una compatibilità cellulare basata sull’imitazione della matrice extracellulare (ECM).18 Ad oggi la progettazione di nuovi idrogel si concentra sullo

sviluppo di caratteristiche adatte all’ambito biomedico, incluse proprietà di trasporto, interazioni tessutali (bioattività) e stabilità chimica (i.e. biodegradabilità). La biodegradazione degli idrogel è essenziale per quelle applicazioni biomediche che richiedono un riassorbimento in vivo controllato e/o una dissoluzione locale per facilitare la morfogenesi cellulare.13 Il gruppo di ricerca di Patterson, ad esempio, ha creato composti bioattivi

riassorbibili per il tessuto osseo sfruttando la fotopolimerizzazione dell’HA modificato con differenti quantità di glicidil-metacrilato GMA (usato come reticolante). La concentrazione relativa di GMA nell’HA è proporzionale alla velocità di riassorbimento dell’idrogel in vivo, e ciò di conseguenza influenza la formazione di nuovo tessuto osseo.19

La bioadesione è un’altra proprietà molto importante, che permette alle cellule e ai tessuti di aderire agli idrogel, rendendone possibile l’utilizzo in interventi di riparazione chirurgica o come strutture di supporto induttive per la rigenerazione tessutale. Sebbene alcuni idrogel come la fibrina o il collagene manifestino di per sé proprietà bioadesive, la maggior parte degli idrogel naturali e sintetici non ne possiede. Caratteristiche bioadesive vengono perciò indotte nell’idrogel usando delle molecole leganti che rendano possibili interazioni covalenti o non-covalenti tra l’idrogel e l’ambiente circostante, come oligopeptidi derivati dalla fibronectina.20

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