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B) Procedura generica per l’ottenimento dei pigmenti DPP-derivati tramite irraggiamento termico(2 a-g) In un pallone ad un collo dotato di bagno ad olio

2.1. Introduzione: i polimeri supramolecolari

2.1.2 Polimerizzazione supramolecolare

Il termine “polimerizzazione supramolecolare” indica il processo generale per cui monomeri ditopici in soluzione generano polimeri, la cui formazione è guidata dall’associazione reversibile di due gruppi terminali A e B, che possono essere connessi o meno da uno spacer polimerico. L’interazione reversibile, dal momento che si tratta di monomeri ditopici, può avvenire sia tra due gruppi terminali auto-complementari (A=B), sia tra due gruppi terminali complementari (AB).1a Come già anticipato, le reazioni di

polimerizzazione che coinvolgono la formazione di legami covalenti avvengono sotto controllo cinetico, perché la barriera di potenziale per la depolimerizzazione è maggiore rispetto a quella di polimerizzazione. Di conseguenza una diluizione o un riscaldamento del polimero non si traducono in una perdita di peso molecolare, e quindi di grado di conversione. Nelle polimerizzazioni supramolecolari la situazione è ben diversa poiché, a causa della reversibilità, il grado di polimerizzazione è direttamente legato alle forze termodinamiche come concentrazione, temperatura e pressione.

I tre principali meccanismi di polimerizzazione supramolecolare sono: (1) isodesmico, (2) nucleazione-elongazione, (3) anello-catena (fig. 2.15).1c

Figura 2.15: Meccanismi di polimerizzazione supramolecolare.

Nel caso della polimerizzazione isodesmica la costante di equilibrio Ki è sempre la

stessa in tutta la fase di accrescimento polimerico. Se invece si è all’interno di un meccanismo cooperativo (detto anche “nucleazione-elongazione”) si hanno due fasi distinte: prima la formazione del nucleo (difficoltosa, con Kn<<Ke), e poi l’accrescimento veloce del

polimero (governato da Ke). Il terzo caso, rappresentato dal meccanismo di tipo anello-

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possono formare anelli o catene elongate. Nel presente lavoro di tesi verranno discussi in maniera dettagliata i meccanismi di polimerizzazione di tipo isodesmico e cooperativo.

a) Polimerizzazione supramolecolare isodesmica

Nelle polimerizzazioni supramolecolari isodesmiche (da isos: uguale, e desmos: legame) si ha la formazione reversibile di un legame non-covalente singolo, uguale in tutte le fasi del processo di polimerizzazione. Ciò implica che la reattività dei gruppi terminali, durante il processo di polimerizzazione, non cambia per effetti di gruppi vicinali o per energie addizionali d’interazione tra siti non adiacenti. Inoltre un processo isodesmico è caratterizzato dall’assenza di intermedi ciclici nel percorso di self-assembly.

Una polimerizzazione isodesmica di un monomero ditopico in soluzione diluita è caratterizzata perciò da una singola costante di equilibrio Ki (M–1) per ciascuno step

reversibile nel percorso di aggregazione. In figura 2.16 vengono rappresentati due casi: (A) polimerizzazione di una molecola discotica rigida in un polimero supramolecolare lineare e (B) polimerizzazione di un monomero bifunzionale in cui le due funzionalità sono connesse da uno spacer flessibile. Poiché durante la polimerizzazione ogni step si equivale, le polimerizzazioni supramolecolari isodesmiche sono caratterizzate dall’assenza di una concentrazione o di una temperatura critiche per il self-assembly.29

Figura 2.16: Meccanismo di polimerizzazione supramolecolare isodesmica.

Variazioni di concentrazione

Per dimostrare l’assenza di una concentrazione critica per il self-assembly, parecchie proprietà dipendenti dalla concentrazione sono state calcolate usando il modello discusso da Zhao e Moore.29i In figura 2.17 A si ha la frazione di monomero che è convertita a polimero

supramolecolare (), in funzione della concentrazione adimensionale KCt, dove Ct =

concentrazione totale delle specie e  = (Ct–M)/Ct), con M quantità di monomero non

ancora polimerizzata. Come si può osservare, la frazione di monomero incorporata nelle specie polimeriche cresce gradualmente all’aumentare della concentrazione del monomero ditopico nella soluzione diluita. Questa transizione graduale si nota anche quando il grado di polimerizzazione, mediato sul peso o sul numero (rispettivamente DPw e DPn), viene

rappresentato in funzione della concentrazione adimensionale (fig. 2.17 B). I grafici rivelano subito uno svantaggio dei polimeri supramolecolari con meccanismo di crescita isodesmico: si ottengono alti DP solamente per alti valori di KCt. Ne deriva che, per ottenere un polimero

con un alto DP in soluzioni diluite (Ct<1 M), occorre avere un valore della costante di

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Figura 2.17: e DP in funzione della concentrazione adimensionale KCT.

Il valore della costante d’equilibrio isodesmica può essere calcolato con misure spettroscopiche dipendenti dalla concentrazione (UV-Vis,30 IR,31 fluorescenza,32 NMR,33

dicroismo circolare34). Nella maggior parte dei casi le variazioni del segnale sperimentale

misurato vengono considerate proporzionali alla concentrazione o alla frazione di materiale aggregato.29c Come verrà discusso successivamente (vedi Par. 2.4.2), a causa delle

approssimazioni introdotte che non consentono di distinguere fra dimerizzazione isodesmica e polimerizzazione isodesmica, la qualità del fit deve essere sempre accompagnata da misure dirette (i.e. DOSY,35 VPO,33 light scattering36) della lunghezza del polimero (e quindi del DP) in funzione della concentrazione.

Variazioni di temperatura

Al contrario dei modelli di self-assembly isodesmici dipendenti dalla concentrazione, che sono stati sviluppati con considerazioni inerenti l’equilibrio chimico, i modelli dipendenti dalla temperatura sono stati costruiti attingendo alla meccanica statistica,37 in

particolare alla distribuzione di Boltzmann.38 In questo lavoro di tesi si farà riferimento al

modello sviluppato da van der Schoot.29d Qui i due parametri sono: (1) la temperatura di

fusione Tm (dipendente dalla concentrazione), definita come la temperatura per cui la

frazione di monomero presente nei polimeri supramolecolari è pari a 0.5, e (2) l’entalpia di polimerizzazione Hp [kJ mol–1], indipendente dalla temperatura.

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In figura 2.18 A si può osservare la frazione di materiale polimerizzato, , in funzione della temperatura adimensionale T/Tm per alcuni valori realistici di Hp di un polimero che

aggrega raffreddandosi. La curva ha una forma chiaramente sigmoidale, mentre la ripidità della transizione dipende dal valore di Hp. Il grafico in figura 2.18 B illustra il grado di polimerizzazione mediato sul numero (DPn) in funzione di T/Tm, in accordo con lo stesso

modello: al diminuire della temperatura si ha un graduale aumento del DPn.

Tra i monomeri più importanti che polimerizzano secondo questo tipo di meccanismo si possono ricordare le 3’-diammino-2,2’-bipiridine di figura 2.19 A e le molecole a base ureido pirimidinonica di figura 2.19 B, sviluppate dal gruppo di ricerca di Meijer nel 2009.1c

Figura 2.19: Esempi di monomeri che polimerizzano per via isodesmica.

b) Polimerizzazione supramolecolare cooperativa

In una polimerizzazione supramolecolare cooperativa la nucleazione iniziale è costituita da un’associazione lineare isodesmica, con una costante di associazione Kn per

l’aggiunta di ciascun monomero (Kn<<1)39. Il processo di polimerizzazione continua fino alla

formazione di un nucleo di dimensione critica avente grado di polimerizzazione s (fase di

nucleazione). A causa di vari effetti cooperativi che verranno discussi successivamente,

l’addizione di un ulteriore monomero avviene con una costante di associazione Ke (fase di elongazione), il cui valore deve essere sempre maggiore di Kn.

Rispetto alle polimerizzazioni supramolecolari isodesmiche, quelle cooperative sono quindi governate da due costanti di associazione diverse (fig. 2.20), e di conseguenza da una temperatura o concentrazione critica (corrispondente a Ke–1)39 per cui il polimero inizia a

crescere.

71 Variazioni di concentrazione

Per descrivere le proprietà dipendenti dalla concentrazione delle polimerizzazioni cooperative in soluzioni ideali viene utilizzato in genere il modello d’equilibrio chimico sviluppato da Zhao e Moore.29i Secondo questo modello, come misura del grado di

cooperatività viene introdotto il parametro  definito come Kn/Ke, che per un processo

cooperativo dev’essere sempre  < 1. In figura 2.21 A si ha la frazione molare di materiale aggregato () in funzione della concentrazione adimensionale KCt per tre valori diversi di ,

dove Ct = concentrazione totale delle specie e Ct–M)/Ct, con M quantità di monomero

non ancora polimerizzata. Un aumento di cooperatività influenza chiaramente il profilo di crescita della specie polimerica. Mentre per la crescita isodesmica ( = 1) aumentando la concentrazione si ha un graduale aumento delle specie polimeriche, per i sistemi cooperativi, al di sotto della concentrazione critica adimensionale pari a 1, si forma appena qualche specie polimerica. Solo quando la concentrazione supera la concentrazione critica si ha la crescita della catena, e tutti i monomeri vengono convertiti in polimeri ad alto peso molecolare, in un intervallo di concentrazione relativamente piccolo (fig. 2.21 B).

Figura 2.21: e DPw in funzione della concentrazione adimensionale KCT (Zhao e Moore).

Un altro modello molto utilizzato per descrivere la polimerizzazione cooperativa a concentrazione variabile è quello di Goldstein e Stryer, i quali oltre la cooperatività 

introducono un’ulteriore parametro: la dimensione s del nucleo. Goldstein e Stryer dimostrano come la crescita del polimero non sia determinata solamente da , ma anche da

s, definendo una cooperatività cumulativa  = s–1. In figura 2.22 vengono rappresentati la frazione di materiale polimerizzato  e il DPw in funzione della concentrazione totale

adimensionale, per diversi valori di s ma ugual valore di . Come si può osservare, curve aventi stesso  si unificano velocemente quando KCt > 1, ovvero quando la concentrazione

totale del monomero supera quella critica. Inoltre, per alti valori di s, una quantità significativa di materiale è già polimerizzata prima di raggiungere la concentrazione critica. Ad ogni modo, come si vede dalla figura 2.22 B, tale sistema è costituito principalmente da monomeri e dimeri: solo quando viene superata la concentrazione critica si ottengono polimeri ad alto peso molecolare.

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Figura 2.22: e DPw in funzione della concentrazione adimensionale KCT (Goldstein e Stryer).

In figura 2.23 vengono invece rappresentati la frazione di materiale polimerizzato e il

DPw in funzione della concentrazione totale adimensionale, per un valore s = 4 e valori variabili di . Rispetto alla situazione di figura 2.22 A, le curve di figura 2.23 A si uniscono meno rapidamente quando la concentrazione totale è maggiore rispetto alla concentrazione critica. Infine, dalla figura 2.23 B è chiaro che abbassando il valore della costante di cooperatività cumulativa  si può ottenere un polimero a PM maggiore.

Figura 2.23: e DPw in funzione della concentrazione adimensionale KCT (Goldstein e Stryer).

Variazioni di temperatura

Nelle polimerizzazioni cooperative esiste una temperatura “limite”, per la quale si ha un rapido aumento della frazione di materiale polimerizzato.29b In questo lavoro di

tesi per descrivere tale processo ci si basa sul modello sviluppato da van der Schoot,29d in cui

l’attivazione monomerica è descritta da una costante di attivazione adimensionale Ka, mentre

la successiva elongazione dei polimeri è descritta dall’entalpia di elongazione He

(indipendente dalla temperatura) e dalla temperatura di elongazione Te (dipendente dalla

concentrazione). Per polimeri supramolecolari che polimerizzano in seguito a raffreddamento, l’entalpia di elongazione è negativa. Te in questo modello separa due regimi di

polimerizzazione: sopra la temperatura di elongazione critica, quasi tutte le molecole nel sistema sono in uno stato disattivato (regime di nucleazione), mentre sotto la Te avviene

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formare polimeri supramolecolari con un alto DP. In figura 2.24 A si può apprezzare come sopra la Te sia presente appena qualche specie polimerica, mentre al di sotto della Te la

frazione di materiale polimerizzato  cresca bruscamente e la transizione sia sempre più netta al diminuire di Ka. In questo modello perciò Ka ricopre lo stesso ruolo del parametro di

cooperatività  del modello di Zhao e Moore.29i In figura 2.24 B si può osservare invece

l’andamento del DPn in funzione di T/Te: gradi di polimerizzazione elevati vengono raggiunti

solamente per bassi valori di Ka. A differenza delle polimerizzazioni supramolecolari

isodesmiche, le curve che descrivono la frazione di materiale aggregato in funzione della temperatura non sono sigmoidali.

Figura 2.24: e DPn in funzione di T/Te (van der Schoot).

Un classico esempio di composto che polimerizza con un meccanismo di crescita cooperativo è la molecola di trialchilbenzene-1,3,5,-tricarbossammide a simmetria C3 di figura

2.25, sintetizzata dal gruppo di ricerca di E. W. Meijer.15 Tali molecole discotiche auto-

assemblano in colonne elicali sia allo stato liquido cristallino, sia in soluzioni diluite di alcani.40

Figura 2.25: 1,3,5-benzene tricarbossammide.

Un secondo esempio, dovuto sempre al gruppo di ricerca di Meijer, è quello degli oligo(p-fenilen-vinileni), detti OPV, molecole dotate di un’unità auto-complementare di ureidotriazina con quattro legami a idrogeno. La purezza enantiomerica delle code chirali laterali si esprime a livello supramolecolare con la formazione di strutture elicali quasi mono- dimensionali (fig. 2.26).

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2.2. Scopo della tesi

Di recente sono stati sviluppati molti materiali basati sulla tecnologia dei polimeri supramolecolari. In particolare tali strutture molecolari sono state introdotte all’interno dei polimeri convenzionali, ottenendo nuovi materiali compositi con caratteristiche uniche. La natura non-covalente delle interazioni consente infatti, per effetto di uno stimolo esterno (ad esempio innalzamento della temperatura, irraggiamento UV, variazioni di pH, etc.), di rompere e quindi ricomporre la rete di legami che tiene unita la struttura supramolecolare. Da un punto di vista pratico, si possono ottenere nuovi polimeri che, se danneggiati, per azione di uno stimolo fisico esterno possono auto-ripararsi. Un valido esempio tratto dalla letteratura è quello sviluppato dal gruppo di E. W. Meijer sul polimero rappresentato in figura 2.27. In questo caso il gruppo ureido-pirimidinonico è stato posizionato come terminale di catena ad un polisilano, originando un composto plastico che si auto-ripara per effetto termico.

Figura 2.27: Esempio di polimero auto-riparante per via termica.

Un altro esempio di materiale auto-riparante tratto dalla letteratura recente è quello sintetizzato dal gruppo di S. J. Rowan41 (vedi figura 2.28).

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In questo caso viene introdotta una struttura molecolare in grado di produrre un’interazione di tipo metallo-legante, come terminale dell’oligomero A, generando un polimero ad alto PM. Se questo subisce una degradazione meccanica, l’ipotetica “rottura” si localizza nella parte più debole della struttura, ovvero sull’interazione coordinativa, lasciando inalterata la struttura polimerica più rigida. In questo caso la reversibilità dell’interazione debole consente di ricomporre la frattura attraverso irraggiamento UV.

Nel presente lavoro di tesi si vuole sfruttare l’auto-riparabilità caratteristica dei polimeri supramolecolari per creare materiali innovativi utili nel settore della conservazione e restauro. In particolare si vuole sviluppare una nuova classe di materiali polimerici basati sull’architettura molecolare del DPP, capaci di reticolare attraverso le interazioni non-

covalenti tipiche di tale sistema (vedi figura 2.29). Questi nuovi prodotti potrebbero rappresentare dei potenziali leganti o consolidanti per opere pittoriche, specialmente per manufatti contemporanei. Il restauro di tali opere e la produzione di materiali specifici che ne consegue è, come già detto nella parte introduttiva del Cap. 1, un settore di ricerca poco esplorato ma di grande interesse artistico e culturale.

Figura 2.29: Polimero auto-riparante basato sul DPP.

Per quanto descritto nella parte introduttiva dei Cap. 1 e 2, gli HPP e in particolare

il DPP possiedono i requisiti necessari atti allo sviluppo dei polimeri supramolecolari, grazie

alla capacità di generare interazioni secondarie multiple come legami a idrogeno e stacking

. Per realizzare questo progetto è necessario quantificare l’entità delle interazioni non- covalenti prodotte dal DPP, sintetizzando un derivato solubile nei comuni solventi organici

che mantenga allo stesso tempo la possibilità di creare interazioni deboli.

Dal punto di vista sintetico l’idea consiste nel legare in para agli anelli aromatici del

DPP un fenile trisostituito con lunghe catene alchiliche (–C12H25), arrivando all’ottenimento

di un derivato, denominato longchains-DPP (vedi figura 2.31), le cui unità monomeriche siano tenute insieme dalle tipiche interazioni non-covalenti. Il gruppo tridodecilossifenilico è un gruppo solubilizzante che dovrebbe indurre la struttura ad auto-aggregare in maniera particolare, conferendole al tempo stesso proprietà liquido cristalline. S’intende poi sintetizzare un derivato asimmetrico, recante un solo gruppo tridodecilossifenilico, per studiarne affinità e differenze rispetto al predecessore bifunzionalizzato.

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Figura 2.30: Polimero supramolecolare basato sul DPP.

Tale struttura supramolecolare rappresenta l’approccio preliminare per l’ottenimento di una nuova classe di smart-material auto-riparanti,41,42 con una notevole capacità di auto-

riparazione (cicli di riscaldamento-raffreddamento). Il tessuto supramolecolare danneggiato potrebbe infatti essere “azzerato” tramite uno stimolo fisico esterno (irraggiamento UV o riscaldamento), con rottura delle interazioni intermolecolari e omogeneizzazione strutturale, quindi “ritensionato” abbassando la temperatura, grazie alla formazione di nuove interazioni supramolecolari.

Il meccanismo di aggregazione supramolecolare del polimero in soluzione verrà indagato attraverso tecniche di spettroscopia NMR e UV-Vis (a concentrazione o a temperatura variabili), accompagnate da analisi di microscopia ottica allo stato solido (SEM, EFM, POM) per comprendere come il self-assembly molecolare si amplifichi a livello macroscopico.

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2.3. Sintesi