3.7 Genere e Tipologie
3.7.1 Action
Si tratta di quei videogames nei quali la coordinazione occhio-mano rappre-senta il core dell'esperienza di gioco: questa componente è presente in una buona parte dei videogiochi odierni, quindi molti titoli ricadono all'interno di questa macro area; se si considera la grande volatilità dei generi video-ludici, uno standard dei giochi d'azione è costituito dalla presenza di un personag-gio controllabile dal personag-giocatore che ha l'abilità di interagire con l'ambiente di gioco, la cui struttura è solitamente organizzata in livelli, più o meno ricono-scibili. La sda oerta è solitamente legata ad ostacoli o a nemici (standard o boss di livello); il personaggio controllato dal giocatore è vulnerabile, quindi può subire danni che possono compromettere i suoi punti vita, provocandone il game over; se il giocatore riesce a superare tutti gli ostacoli, i nemici e quindi a completare il livello, riceverà un reward, traducibile in game score
o in una ricompensa utile per l'avanzamento del gioco.
Se queste sono le caratteristiche standard tipiche dell'era arcade, ad oggi la situazione è molto cambiata: elementi come il punteggio o la presenza delle vite sono obsoleti e sempre più rari, come la struttura a livelli che gradual-mente ha perso terreno in favore dell'open world, in cui il giocatore ha a disposizione un vasto mondo di gioco in cui muoversi con un certo grado di libertà. Quest'ultimo passaggio è dovuto soprattutto ad una evoluzione del linguaggio video-ludico, ma anche alle innovazioni tecnologiche: i primi videogiochi non avevano una durata elevata proprio per la limitata capacità delle risorse utilizzate, quindi un giocatore abile poteva completare il gioco in un tempo molto ridotto; oltre a questo motivo tecnico, vi era anche una motivazione economica: trattandosi di macchine coin-op si volevano favorire sessioni di gioco corte e un ricambio di giocatori frequente, in modo da ot-tenere più monete in meno tempo. Proprio per questa ragione la meccanica delle vite e del punteggio erano così apprezzate, ma con l'avvento delle con-sole casalinghe le cose sono cambiate anche all'interno degli stessi franchise:
in Super Mario, primo gioco della serie, il giocatore aveva a disposizione un certo numero di vite, uno score da totalizzare giocando e un certo numero di livelli, mentre nella sua ultima iterazione, Super Mario Odissey, il giocatore si ritrova 15 location open world la cui esplorazione può richiedere ore ed un sistema di gioco che non fa uso di vite.
Figura 133: Super Mario Odissey, sviluppato da Nintendo per Nintendo Switch nel 2017, presente un gameplay totalmente diverso dal-lo standard action dell'era arcade di cui faceva parte il primo titolo della saga, ovvero Super Mario.
Platform Allacciandosi proprio al franchise di Super Mario, uno dei capostipiti di questo sottogenere, si può denire il platform quel genere di giochi in cui il personaggio controllato deve saltare di piattaforma in piatta-forma per superare i vari ostacoli e raggiungere un determinato obiettivo. Ad aiutare il giocatore in questo compito, intervengono spesso i power up, ossia strumenti che consentono al personaggio di diventare più forte, di ottenere un potere speciale o un'arma. Il primo gioco platform può essere identicato in Donkey Kong, diretto da Shigeru Miyamoto: l'avatar del protagonista deve evitare dei barili saltando verticalmente di piattaforma in piattaforma per raggiungere la principessa alla sommità del livello e salvarla dalle grine di un gorilla gigante, il tutto in un'unica schermata.
Da quella prima espressione, il genere ha cambiato veste molte volte, diven-tando uno dei generi più apprezzati degli anni Ottanta e la seconda metà degli Novanta; nei primi 2000 entra in una profonda crisi, risollevandosi sol-tanto nel 2007 con Super Mario Galaxy ed un successivo revival dei giochi in 2D. Ad oggi nel mercato mobile, il platform ha trovato una sua dimensione ben specica grazie agli endless runner: il personaggio controllato si muove indipendentemente, mentre il giocatore è chiamato a toccare lo schermo per farlo saltare o cambiare direzione della corsa.
Figura 134: Primo lavoro di Jonathan Blow, Braid è uno dei platform più apprezzati e riusciti degli ultimi anni: racconta la storia di un uomo alla ricerca della sua amata in un mondo in cui le leggi del tempo possono essere piegate a seconda della necessi-tà. Rewind, rallentamenti e meccaniche simili rappresentano il cuore dell'esperienza, assieme alle lunghe e talora ardue sessio-ni puzzle del gioco; Musica e art style fanno da padrosessio-ni, dando all'esperienza un incantevole piglio abesco che è impossibile dimenticare anche a distanza di anni.
Picchiaduro Rappresenta il genere in cui la coordinazione occhio-mano viene spinta ai massimi livelli, il picchiaduro porta il giocatore ad aronta-re uno o più nemici, controllati dal computer o altri giocatori, facendo uso delle arti marziali o di poteri speciali; il personaggio, come l'avversario, ha a disposizione una barra dell'energia che si riduce ad ogni colpo subito ed una volta svuotata completamente, il personaggio perderà l'incontro. Il genere si suddivide in due grandi aree: incontro singolo o struttura a scorrimento.
In quest'ultimo, il giocatore sda più nemici controllati contemporaneamente dall'intelligenza articiale in un ambiente aperto a scorrimento laterale o in 3D. Spesso può raccogliere dei power-up con durata limitata utili per
scon-ggere i nemici, suddivisi in comuni, potenziati o boss: questi hanno spesso comportamenti prevedibili, detti pattern, che il giocatore deve apprendere per anticiparne le mosse e arontarli nel miglior modo possibile. Questa tipologia di picchiaduro è apparsa per la prima volta nel 1984 con Kung-Fu Master (Takashi Nishiyama) sui cabinati arcade e su NES; nonostante un rapido declino a partire dagli anni 90, ebbero un successo clamoroso per poi essere sostituiti dai più moderni ghting game, ovvero i picchiaduro a scontro singolo.
Figura 135: Nato da una branca del picchiaduro a scorrimento, il genere musou è amatissimo in Giappone: si tratta un gioco in cui l'eroe controllato dal giocatore deve arontare orde di nemici da solo combattendo all'arma bianca no alla comparsa del boss di livello, la cui scontta determinerà il superamento del livello. In gura, Warriors Orochi 3 di Koei Tecmo Games sviluppato nel 2011.
Il picchiaduro standard è basato su una struttura di gioco a scontri sin-goli, nel quale il giocatore aronta, di solito, un nemico per volta, in un'area ben delimitata e in una serie di round: in pratica, le meccaniche di gioco ricalcano pedissequamente le regole proposte da un incontro sportivo di arti marziali, in cui l'abilità del giocatore e la sua capacità di arontare la sda vengono messe in primo piano.
Con l'arrivo di Street Fighter II, sviluppato da Capcom nel 1991, il ge-nere picchiaduro introduce una meccanica basata sull'esecuzione di mosse concatenate, dette combo: queste, al ne di essere realizzate, richiedono al giocatore una grandissima abilità, mettendole al centro del gameplay. Gio-chi come Street Fighter 2 uniti alle possibilità fornite dal multiplayer, hanno dato il via ad una serie di tornei competitivi e leghe che hanno spianato la strada alla nascita del professionismo tra i giocatori di videogiochi, e sono tutt'oggi al centro di alcune fra le più importanti competizioni mondiali.
Nonostante l'avvento del 3D, il genere picchiaduro rimane uno dei baluardi della bidimensionalità, anche ai giorni nostri.
Figura 136: Delle molteplici iterazioni della serie Street Fighter, Street Fighter II rimane tutt'ora il più amato della serie: ancora oggi, schiere di giocatori si riversano online per assistere o partecipare a tornei del gioco.
Con l'avvento del 3D, il genere ha cominciato ad ibridarsi e a mutare, generando importanti varianti e combinazioni interessanti di gameplay: è opportuno citare il sottogenere hack 'n' slash, una forma di picchiaduro in cui si fa uso di armi bianche.
Sparatutto É il più longevo dei sottogeneri action, risalente ai tempi di Spacewar! (Steve Russell, 1962) considerato uno dei primi videgiochi di sempre, nello sparatutto o shooter i nemici si arontano con le armi da fuoco; è un genere vastissimo, nel quale rientrano diverse tipologie di gioco che variano a seconda del punto di vista del giocatore o, nel caso di graca 2D, del tipo di scorrimento.
I primi esempi di successo di questo genere risalgono al termine degli anni '70, con Space Invaders e Asteoids (Atari, 1979): entrambi i giochi si svolgono all'interno di un'unica schermata, il primo si basa sull'utilizzo di una torretta semovente che spara proiettili verticalmente contro una la di nemici, mentre il secondo permette di muovere una navicella e sparare contro gli asteroidi
uttuanti. Queste sono le prime iterazioni del genere shooter a tema spaziale e negli anni titoli come Xevious (Namco, 1982) e Scramble (Konami, 1981), hanno apportato sempre più modiche e varianti al genere, introducendo lo scorrimento verticale o laterale.
Figura 137: Spacewar! è un videogioco sparatutto per computer PDP-1, realizzato principalmente da Steve Russelltra il 1961 e il 1962. Spacewar! è stato il primo a presentare un mondo do-tato di regole siche, con situazioni variabili e completamente in tempo reale; è stato dichiarato uno dei dieci videogiochi più importanti di sempre da Henry Lowood della Stanford University, nel marzo del 2007.
Meccaniche simili vennero implementate in giochi in cui il protagonista è un essere umano: Metal Slug (SNK, 1996) e Contra (Konami, 1987) furono capostipiti di shooter ibridi, capaci di miscelare le meccaniche classiche degli sparatutto a quelle dei platform; vengono ricordati come i migliori interpreti del genere dell'era pre-3D e rappresentano un sottogenere indipendente de-nito shoot 'em up o in alcuni casi, quando la "pioggia" di proiettili diventa molto intensa, si identicano come bullet hell.
Figura 138: Ricordato ancora oggi per la sua dicoltà, Contra è uno degli shoot 'em up più amati di sempre e non è un caso che vi sia ancora un vasto mercato basato sul retrogaming che lo pone tra le prime posizioni dei titoli più richiesti.
Con l'avvento dell'era 3D, gli shooter cambiano radicalmente: si passa alla visuale in prima persona (FPS o rst person shooter), grazie allo svilup-po della telecamera virtuale (gioco in soggettiva), creando un nuovo lone tassonomico tanto solido, quanto variegato. Se i primi FPS, come Doom o Quake, avevano una trama scarna e puramente di cornice al gameplay, non si può dire lo stesso delle nuove reincarnazioni del genere, che proponevano componenti narrative sempre più importanti e profonde.
Figura 139: Half Life, sviluppato da Valve nel 1998, rappresenta un punto di svolta per il gaming moderno: l'introduzione di una tra-ma fantascentica profonda ed avvincente, unita ad un game-play innovativo che miscela componenti sparatutto e puzzle, lo rendono ancora oggi uno degli FPS più importanti del medium.
La diusione delle reti Internet ha permesso al genere di evolvere nuo-vamente, portando la componente multi-player all'interno del gioco, facendo passare in secondo piano la componente narrativa in favore di quella compe-titiva: titoli come Call Of Duty (Activision Blizzard, 2003) o il più recente Overwatch (Activision Blizzard, 2016) sono il terreno di scontro fra team di professionisti in tornei uciali.
Figura 140: Gli sparatutto in prima persona sono il genere più di successo nel mercato contemporaneo dei videogiochi e franchise come Call Of Duty, hanno superato la quota di 250 milioni di copie vendute; la sua prima iterazione rappresenta la prima volta in cui uno shooter presenta una componente multi-player.
Esistono anche altri tipi di shooter da analizzare: basta una variazione nella soggettiva di gioco e si passa dagli FPS ai TPS (third person shooter), giochi in cui la componente narrativa ha ancora un grosso peso, mentre quel-la competitiva è meno sviluppata, anche se alcuni esempi recenti (Spquel-latoon, Nintendo, 2015) hanno portato svolte curiose nel genere; nei TPS la tele-camera è spostata in terza persona, ovvero dietro le spalle del protagonista, generando possibilità di gameplay totalmente dierenti.
Sicuramente da sottolineare altri due sottogeneri, ovvero i tactical shoo-ter, sparatutto in cui è possibile pianicare l'azione attraverso una mappa di gioco per poi eseguirla in tempo reale sul campo di battaglia (es. Tom Clancy's Rainbow Six di Red Storm Entertainment uscito nel 1998), e gli sparatutto su binari, in cui il giocatore non ha libertà di movimento se non nell'uso del mirino e del "grilletto" (es. la serie Star Fox sviluppata per le console Nintendo).
Stealth Se il gioco spinge il giocatore ad evitare gli scontri con i nemici in favore di un approccio silenzioso, concentrando il gameplay sul nascon-dersi e sul rimanere nell'ombra, si parla di stealth game. Nasce nel 1979 con Manbiki Shounen, il genere stealth incontra il grande pubblico con la serie Metal Gear, creata nel 1987 da Hideo Kojima all'epoca ancora un giovane sviluppatore; nel gioco si interpreta un soldato scelto per operazioni di inltrazione oltre le linee nemiche: questo personaggio incarna
l'archeti-po di tutti i giochi stealth. I giochi di questo til'archeti-po orono al giocatore la possibilità di utilizzare l'ambiente a proprio vantaggio, come ad esempio l'u-tilizzo dell'erba alta per mimetizzarsi o sfruttare l'illuminazione ambientale per muoversi tra le zone d'ombra.
Figura 141: Metal Gear Solid, sviluppato da Konami nel 1998, è conside-rato uno dei massimi capolavori del medium: con un gameplay rivoluzionario, una narrativa fantapolitica degna di un lm hollywoodiano e un comparto visivo strabiliante per l'epoca, fu un successo senza precedenti, consacrando per sempre il suo creatore Hideo Kojima, che distanza di qualche anno avrebbe lanciato sul mercato la seconda iterazione del franchise, ovve-ro Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, che la reso una delle sette persone più inuenti al mondo di quegli anni.
Giochi di questo tipo necessitano spesso di una buona intelligenza
arti-ciale, capace di mettersi sulle tracce del giocatore se questi risulta troppo rumoroso o poco attento.
Survival Questo particolare genere pone il giocatore in un ambiente ostile con lo scopo principale di sopravvivere tramite un'ampia libertà d'a-zione. Solitamente all'inizio della partita si è privi di risorse e occorre iniziare a recuperarne il più possibile: acqua, cibo ed oggetti utili alla sopravvivenza si accumulano nell'inventario; tali oggetti possono essere combinati tra loro attraverso la meccanica di crafting per ottenerne di nuovi e di migliore qua-lità.
Meccaniche di questo tipo sono alla base di Minecraft, sviluppato da Mar-cus Persson (aka Notch) e Mojang nel 2011, pietra miliare dell'ultima decade videoludica: Minecraft, inizialmente distribuito solamente via Inter-net, diventa un successo planetario grazie alla diusione online supportata dalla community e dai forum nati attorno al gioco, tanto che nel 2014 viene acquistato da Microsoft per la cifra di 2,5 miliardi di dollari. Il gioco diven-ta un fenomeno di massa, oltre ad essere il gioco più acquisdiven-tato della storia superando l'iconico Tetris, tanto da catalizzare la creazione di tantissimi altri giochi indipendenti dopo di lui; oltre alla modalità single player, i survival gamer cercano maggior sda online scontrandosi con altri giocatori: Playe-rUnknown's Battlegrounds (PUBG Corporation, 2017) e Fortnite (Epic Games, 2017) sono giochi molto simili, ma con target dierenti, che danno la possibilità a 100 giocatori di sdarsi in una mappa aperta in continuo restringimento, dove vince l'ultimo giocatore che resta in vita; questo lone di giochi viene identicato come battle royale.
Figura 142: Giocando sul fattore thalassophobia, Subnautica, sviluppato da Unknown Worlds Entertainment nel 2014, è un survival horror game di pregevole fattura: il giocatore sarà chiamato ad esplorare i vasti mari e le profondità oscure di 4546B, un pianeta sul quale si precipita ad inizio gioco; il compito non sa-rà per nulla semplice dato che le acque sono infestate di mostri marini e le dicoltà legate alla sopravvivenza sono all'ordine del giorno.