Attualmente il calcestruzzo è il materiale più impiegato nella realizzazione di un gran numero di costruzioni. Questo primato è attribuito soprattutto al basso costo di costruzione e di manutenzione rispetto ad altri materiali utilizzati per la realizzazione delle stesse strutture.
Pertanto l’evoluzione tecnologica del calcestruzzo deriva dalla riduzione dei tempi esecutivi, atti ad abbassare i costi di costruzione, e dal miglioramento della durabilità per contenere le spese manutentive di restauro.
Nel periodo tra il 1940 e il 1970 la disponibilità di cementi Portland puri, ad elevata resistenza meccanica, consentì l’uso di alti quantitativi di acqua di impasto senza grandi penalizzazioni per la resistenza meccanica del calcestruzzo. Però, l’elevata porosità, in conseguenza dell’elevato rapporto a/c, comportò seri problemi per la durabilità delle opere, soprattutto per quelle esposte ad ambienti aggressivi.
Si è capito nel frattempo che, oltre alla velocità esecutiva ed alla durabilità delle opere, lo sviluppo tecnologico del calcestruzzo andava verso la disponibilità del legante (cemento)
e/o del calcestruzzo stesso ad ospitare altri ingredienti11, provenienti da altri processi industriali, che favorivano prestazioni qualitative migliori.
Un ulteriore miglioramento qualitativo del calcestruzzo si è avuto con l’avvento degli additivi chimici.
Gli additivi, aggiunti in modeste quantità negli impasti, migliorano le proprietà del calcestruzzo, ricoprendo notevole interesse dal punto di vista tecnologico e scientifico. Il miglioramento derivante dall’utilizzo degli additivi può realizzarsi, potenzialmente, variando la composizione del calcestruzzo e la sua tecnologia di applicazione.
Per cui l’aggiunta degli additivi viene giustificata dal fatto che il miglioramento di una determinata proprietà deve risultare più vantaggiosa, dal punto di vista tecnico- economico, di qualsiasi altra soluzione (Malhotra et al., 1998; Ramchandran, 1995; Collepardi et al., 1994).
A seconda della funzione coinvolta nel miglioramento gli additivi possono essere classificati in vari tipi, i più importanti dei quali sono:
Acceleranti Ritardanti
Superfluidificanti (e fluidificanti) Aeranti
Gli additivi acceleranti (accelerators) e quelli ritardanti (retarders) hanno la funzione di modificare il grado d’idratazione (α) del cemento solo alle brevi stagionature e modificano, quindi, le prestazioni del calcestruzzo in corso d’esecuzione ma non le prestazioni delle strutture in esercizio. Gli acceleranti, in particolare, aumentano il grado di idratazione del cemento alle brevi stagionature in modo da accorciare i tempi di presa, acceleranti di presa, o di incrementare la resistenza meccanica nei primi giorni, acceleranti di indurimento, sopra tutto nei climi invernali quando la bassa temperatura rallenta il decorso della reazione iniziale tra l'acqua ed il cemento.
L'effetto accelerante serve, per esempio, all'impresa costruttrice per stagionare e rifinire più in fretta un pavimento in calcestruzzo che presenta tempi di presa troppo lunghi, o per scasserare più in fretta i getti di calcestruzzo senza immobilizzare troppo a lungo le casseforme.
Gli acceleranti non modificano la resistenza meccanica del calcestruzzo alle lunghe stagionature, cioè in servizio, pertanto le prestazioni delle strutture in opera non risentono beneficamente della eventuale presenza di acceleranti12.
Particolarmente interessanti, sempre per ragioni esecutive, sono gli acceleranti per il calcestruzzo proiettato (shotcrete, o spritz beton), detto anche gunite dall’inglese to gun, che significa “parare”.
Essi consentono di accelerare l’indurimento nelle prime 24 ore senza penalizzazione delle prestazioni meccaniche in servizio, purché s’impieghino acceleranti privi di alcali (alkali-free). Difatti gli acceleranti alcalini, a base di silicato o alluminato o carbonato di sodio, poiché sono molto caustici, provocano danni all’epidermide ed alle mucose degli operai, penalizzano le resistenze meccaniche alle lunghe stagionature, cioè le prestazioni in servizio.
Gli acceleranti alkali-free, a base di solfato ferrino o di alluminio, invece, non riducono le prestazioni in servizio e, proprio per l’assenza di alcali, non creano problemi agli utilizzatori del calcestruzzo spruzzato.
Gli additivi ritardanti riducono il grado d’idratazione (α) del cemento nelle prime ore dopo l’impasto, vengono utilizzati soprattutto in presenza di climi caldi quando l'alta temperatura accelera l'idratazione del cemento ostacolando il trasporto del calcestruzzo, perdita di lavorabilità, le operazioni di getto e quelle di finitura.
L’utilizzo di questi additivi permette all'impresa costruttrice di risolvere qualche problema esecutivo in fase di realizzazione, ma non modifica sostanzialmente le prestazioni del materiale in servizio.
Gli additivi aeranti (air-entraining agents, AEA), invece, modificano le prestazioni del calcestruzzo in servizio migliorandone la resistenza in presenza di ghiaccio.
Gli additivi superfluidificanti (superplasticizers) ed in minor misura gli additivi fluidificanti (plasticizers), modificano, a seconda del loro impiego, le prestazioni del calcestruzzo in corso di esecuzione e/o quelle in esercizio (durabilità, resistenza meccanica, ritiro, ecc.).
L'impiego dei superfluidificanti ha rivoluzionato il mondo delle costruzioni in c.a. e c.a.p.. E' possibile, infatti, a seconda della modalità di impiego:
migliorare la lavorabilità e l'affidabilità delle strutture in opera (a pari rapporto a/c);
aumentare Rck e durabilità riducendo l'acqua (a) e quindi il rapporto a/c (a pari lavorabilità);
ridurre il ritiro igrometrico, il gradiente termico e la deformazione viscosa riducendo sia l'acqua (a) che il cemento (c), a pari rapporto a/c e pari lavorabilità. Gli additivi superfluidificanti sono costituiti da polimeri idrosolubili capaci di essere adsorbiti sulla superficie dei granuli di cemento. Questi ultimi, in assenza di additivo superfluidificante, tendono ad agglomerarsi in grossi flocculi per la presenza di cariche elettrostatiche.
In presenza di additivo superfluidificante i granuli di cemento sono dispersi per la presenza di additivo sulla superficie del cemento. La mancata flocculazione del cemento rende il sistema più fluido. La trasformazione di un sistema flocculato in uno disperso provoca un aumento significativo nella fluidità della pasta cementizia.
Conseguentemente, il calcestruzzo con additivo superfluidificante diventa molto più lavorabile ancorché confezionato con basso rapporto a/c.
I superfluidificanti più diffusi sono a base di naftalina o melammina o polimeri acrilici e, più recentemente di eteri policarbossilici (Damtoft et al., 1999; Collepardi et al., 1994). Qualche formulazione può contenere ritardanti o acceleranti di presa.
Gli additivi, quindi, esplicano sulle proprietà reologiche influenze diverse a seconda della loro natura.
Gli additivi maggiormente utilizzati per la produzione degli SCC sono quelli superfluidificanti. Essi vengono impiegati, generalmente, per aumentare la fluidità mantenendo invariato il dosaggio di cemento (pari rapporto a/c). Pertanto, essi consentono di ridurre la viscosità del sistema lasciando sostanzialmente invariata la resistenza alla segregazione del calcestruzzo. Per migliorare questa proprietà nel confezionamento degli SCC si fa ricorso all’utilizzo di additivi modificatori di viscosità. Molto utilizzati sono negli SCC gli additivi modificatori della viscosità; il termine di additivi modificatori della viscosità (Viscosity Modifying Agent: VMA) individua una categoria di prodotti cellulosici modificati o polimeri ad alto peso molecolare utilizzati già in passato per rendere pompabili i calcestruzzi magri (con dosaggi di cemento inferiori a 260 Kg/m3). Gli agenti modificatori di viscosità impiegati per la produzione
dei calcestruzzi autocompattanti, invece, includono, oltre ai polimeri idrosolubili a base di cellulosa, anche quelli a base di glicole e i bio-polimeri. Indipendentemente, dalla loro natura gli agenti modificatori di viscosità destinati al settore del calcestruzzo autocompattante debbono possedere i seguenti requisiti:
- solubilità elevata nell’ambiente alcalino della sospensione cementizia; - ridotta interferenza sulla reazione di idratazione del cemento;
- capacità di conferire al calcestruzzo la capacità di attraversamento senza pregiudicare le proprietà di flusso del conglomerato;
- possibilità di essere introdotti negli impasti mediante i dosatori di liquidi normalmente disponibili nelle centrali di betonaggio;
- incidenza sul costo unitario del conglomerato inferiore a quello che si dovrebbe sostenere con altre soluzioni per conseguire lo stesso miglioramento prestazionale determinato dall’aggiunta dell’AMV;
- conferire all’impasto “robustezza” cioè la capacità di non modificare le proprie prestazioni per effetto delle oscillazioni nel dosaggio dell’acqua introdotta nel mescolatore.