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2.4 Aggregati

2.4.1 Idoneità degli Aggregati

Non tutti gli aggregati, naturali o provenienti da roccia frantumata, sono necessariamente idonei alla produzione del calcestruzzo. Esistono alcuni requisiti fondamentali6 in assenza dei quali il calcestruzzo rischia di essere degradato anche se esposto in ambienti non particolarmente aggressivi. Questi requisiti prevedono l’assenza, innanzi tutto, di sostanze nocive alla durabilità del calcestruzzo.

La lista (High Research Record, n.411, 1973) delle sostanze nocive include il cloruro, il solfato, la silice alcali-reattiva, i limi argillosi e le sostanze organiche. Inoltre, deve essere assente il comportamento gelivo degli inerti, cioè la caratteristica di frantumarsi

quando, dopo essere stati saturati con acqua, sono esposti a temperature che favoriscono la formazione del ghiaccio.

La norma UNI 8520 parte 2a stabilisce i limiti per l’accettazione degli inerti, mentre le norme UNI 8520 parte 4a - 22a illustrano i metodi di prova per la determinazione di questi limiti. Queste prove debbono essere effettuate una tantum su materiali che debbono essere impiegati per la prima volta come inerti per calcestruzzo o per i quali non esiste comunque una consolidata esperienza del passato.

Una volta accertata l’idoneità degli inerti, non è necessario ripetere sistematicamente queste prove a meno che non esistano specifici motivi per sospettare che sia intervenuta qualche variazione nella fonte di approvvigionamento degli inerti e quindi nel loro comportamento.

2.4.1.1 Cloruri

Il limite nel contenuto di cloruro negli inerti (0.05%) è correlato con il rischio di corrosione dei ferri d’armatura. Nei calcestruzzi privi di armature metalliche la presenza di cloruro nell’aggregato non comporta alcun rischio di degrado, ma solo un danno di carattere estetico per la formazione di depositi salini sulla superficie dei manufatti esposti a cicli alternati di bagnatura e asciugamento.

Con qualche rara eccezione, gli inerti inquinati da cloruro sono di fatto identificabili con la sabbia del mare. Questa potrebbe anche essere impiegata come frazione fine di un aggregato per calcestruzzo, purché il sale (NaCl) idrosolubile venga rimosso attraverso un preliminare trattamento in un impianto di lavaggio.

2.4.1.2 Solfati

Il solfato può essere presente nell’aggregato in forma di gesso biidrato (CaSO4·2H2O) o anidro (CaSO4). La presenza di solfato nell’aggregato oltre un certo limite (0.2%) comporta il rischio di fessurazione del calcestruzzo per formazione di ettringite espansiva a seguito della reazione con gli alluminati del cemento.

Ci si potrebbe chiedere perché il gesso è tollerato, anzi indispensabile, nel cemento, mentre è guardato come fonte di degrado se presente nell’aggregato. Il gesso del cemento è macinato nel mulino insieme al clinker e per la sua elevata finezza reagisce

ettringite (primaria) sui granuli di cemento impedendo una presa troppo rapida: esso agisce da regolatore della presa del cemento senza che l’espansione, associata alla formazione di ettringite, abbia ripercussioni negative in quanto avviene nelle prime ore di idratazione all’interno di un sistema plastico o comunque deformabile.

Mentre, il gesso eventualmente presente nell’aggregato è granulometricamente grossolano, si scioglie molto lentamente nell’acqua che riempie i pori capillari e reagisce, quindi, molto più lentamente con gli alluminati del cemento7. Questa ettringite, detta secondaria, che si forma all’interno di un calcestruzzo ormai indurito, quindi molto rigido, è in grado di provocare pericolose tensioni per il carattere espansivo della reazione che porta alla formazione dell’ ettringite stessa.

La distribuzione non uniforme del gesso nell’aggregato aggrava il rischio di fessurazione visto che l’espansione risulta localizzata solo in prossimità dei granuli di gesso con conseguenti tensioni differenziali all’interno del calcestruzzo.

A differenza delle sabbie marine, che possono essere eventualmente private dal cloruro con un trattamento di lavaggio con acqua potabile, gli inerti inquinati da gesso non possono essere bonificati con alcun trattamento e debbono essere assolutamente scartati dalla produzione di calcestruzzi a base cementizia.

Debbono essere osservati con altrettanto sospetto gli aggregati contenenti minerali a base di solfuri8, in quanto sia pure con tempi molto lunghi si possono, per ossidazione, trasformare in solfati e generare fenomeni espansivi e dirompenti correlati con la formazione di ettringite secondaria.

2.4.1.3 Silice Alcali–Reattiva

Alcune forme di silice presenti nell’aggregato lapideo, quelle amorfe e poco cristallizzate o comunque deformate ancorchè cristalline, possono reagire con gli alcali del cemento (sodio e potassio) per formare silicati alcalini idrati dal carattere espansivo e fortemente dirompente nei confronti della circostante matrice cementizia.

7 Dopo mesi e anche anni. 8 Ne è un esempio la pirite FeS

Fig. 2.2 - Fessure da reazione alcali-aggreto evidenziate dalla presenza del silicato idrato alcalino di colore biancastro

Questa reazione, nota come ASR (Alcali-Silica Reaction), si manifesta attraverso fessurazioni irregolari o espulsioni localizzate di materiale (pop-out) che possono pregiudicare seriamente la durabilità delle opere in calcestruzzo (Fig. 2.2).

Attualmente la presenza di silice reattiva nell’aggregato rappresenta la più insidiosa e mutevole forma di degrado del calcestruzzo. Ciò dipende dal concorso di più cause: La presenza di silice reattiva in un aggregato, a differenza della presenza di cloruro o solfato rilevabile con una semplice e rapida analisi chimica, può essere accertata con molta difficoltà e tempi lunghi.

La silice reattiva è distribuita in forma discreta, per esempio, è presente in qualche granulo d’aggregato, ma è completamente assente negli altri: ciò comporta il rischio di non evidenziare la sua presenza se il campione d’aggregato sotto esame non contiene alcun granulo di silice reattiva e di considerare, quindi, accettabile un aggregato che dovrebbe, invece, essere scartato.

La reazione alcali-silice dipende dal contenuto di alcali nel calcestruzzo: un contenuto di alcali oltre il limite di 3 kg per metro cubo di calcestruzzo è considerato pericoloso; a causa della variazione del contenuto di alcali, da cemento a cemento, con il dosaggio di cemento, e talvolta da un periodo all’altro per lo stesso cemento, la reazione alcali-silice presenta una certa mobilità e si può manifestare o meno in condizioni apparentemente eguali.

La reazione alcali-silice può decorrere solo in presenza di umidità e si verifica, quindi, più frequentemente in ambienti esterni, ma anche in ambienti chiusi9 esposti alla risalita capillare di acqua dal terreno.

La reazione alcali-silice è in generale molto lenta ed è accelerata alle temperature più elevate; tuttavia, a seconda delle circostanze, grado di reattività della silice, umidità e temperatura ambientale, contenuto di alcali, il fenomeno può richiedere da qualche mese ad una decina di anni per potersi manifestare.

A causa della mutevolezza e della mobilità del fenomeno e della difficoltà di diagnosticare preliminarmente la reattività della silice, il miglior modo per affrontare il problema è quello di prevenire il fenomeno con l’impiego sistematico di cementi di miscela alla cenere o alla loppa oppure di cementi pozzolanici, d’altoforno o compositi in presenza dei quali la reazione alcali-silice è fortemente ridotta o addirittura eliminata. Questa strategia, dovrebbe essere adottata in quelle aree, per esempio lungo la fascia adriatica, dove maggiore si è rivelato il rischio di questo degrado.

2.4.1.4 Sostanze Limo-Argillose

La presenza di limi e argille, o fango, negli inerti può influenzare negativamente il giunto adesivo tra la superficie degli elementi lapidei e la matrice cementizia. Se ciò dovesse avvenire le prestazioni meccaniche del conglomerato risulterebbero inferiori senza però alcun rischio di degrado per la struttura.

Da questo punto di vista, quindi, la presenza di limi e argille non può essere messa sullo stesso piano delle altre sostanze nocive, cloruri, solfati, silice reattiva che possono, invece, pregiudicare la durabilità dell’opera.

Inoltre, un aggregato inquinato da limi e argille può essere sottoposto a lavaggio e decantazione per essere trasformato in un materiale idoneo anche dal punto di vista delle prestazioni meccaniche.

2.4.1.5 Sostanze Organiche

Le sostanze organiche in un aggregato (per lo più di origine vegetale) possono interagire negativamente con il processo di idratazione del cemento e rallentare o ridurre lo sviluppo delle resistenze meccaniche. Anche in questo caso, come per i limi e le argille,

si tratta più di un inconveniente che riduce le prestazioni del calcestruzzo senza un vero e proprio pregiudizio per la durabilità dell’opera. L’entità dell’abbattimento delle prestazioni meccaniche, e quindi l’accettabilità o meno dell’aggregato inquinato da sostanze organiche, può essere valutata attraverso le prestazioni del calcestruzzo in confronto con quelle ottenute con un aggregato privo di sostanze organiche e di comprovata qualità.

La presenza di frammenti di legno, o carbone o di altro materiale organico poroso, può comportare un rigonfiamento localizzato soprattutto in pavimenti esposti all’umidità: si possono manifestare espulsioni localizzate molto simili a quelle che si verificano nei pop-out provocati da aggregati reattivi.

2.4.1.6 Gelività

La gelività degli inerti, cioè la scarsa resistenza alla formazione del ghiaccio, è solitamente associata alla presenza di acqua nei pori dell’aggregato, seguita dalla creazione di una pressione idraulica che accompagna l’aumento di volume, circa il 9%, generato dalla formazione dei primi germi cristallini del ghiaccio al di sotto di 0°C.

La formazione di ghiaccio genera tensioni dirompenti solo se dentro i granuli dell’aggregato sono presenti micropori con diametro di qualche μm. Infatti, nei micropori

più piccoli la formazione di ghiaccio non può avvenire10 per la mancanza di spazio

sufficiente alla crescita dei cristalli di ghiaccio.

D’altra parte, negli inerti con pori più grossi la crescita dei cristalli di ghiaccio può avvenire, ma le conseguenze non sono molto gravi perché l’acqua non ancora congelata, sotto l’effetto della pressione idraulica generata dall’aumento di volume associato alla formazione dei primi germi cristallini, può essere facilmente drenata verso la matrice cementizia allentando così la tensione nella fase lapidea degli inerti.

Gli inerti gelivi non sono ovviamente accettabili per strutture in calcestruzzo esposte ai cicli di gelo-disgelo anche se s’impiegano additivi aeranti capaci di proteggere la matrice cementizia, ma non gli inerti, dall’azione del gelo.

2.4.2 Umidità degli Aggregati

L’umidità dell’aggregato è il parametro che presenta la maggiore incidenza sulla qualità del calcestruzzo, in termini di R e di slump. ck

Infatti essa può radicalmente modificare l’acqua di impasto (a) realmente immessa nel calcestruzzo e quindi, attraverso questa variazione, può provocare modifiche nella lavorabilità che dipende proprio dal valore di a e può condizionare la R attraverso la ck

variazione del rapporto a/c.

L’influenza dell’umidità dell’inerte sulle proprietà del calcestruzzo, attraverso le variazioni di a e di a/c, è piuttosto complessa e deve tener conto dell’umidità capace di saturare la porosità aperta dell’aggregato definita come assorbimento.

L’umidità (u) viene determinata misurando la diminuzione percentuale di massa, a seguito del riscaldamento a 110°C per essiccare completamente il materiale, rispetto alla massa dell’aggregato completamente secco:

100    o o m m m u

dove m ed mo sono rispettivamente la massa dell’aggregato così come disponibile e

quella dell’aggregato completamente essiccato. L’assorbimento è quella particolare umidità (u ) che si trova nell’aggregato quando si trova ad essere saturo a superficie a

asciutta (s.s.a.): 100 . . .  o o a s s a m m m u

dove ms. as. . è la massa dell’aggregato conservato sotto acqua fino a completa saturazione ed asciugato in superficie.

Nella pratica di cantiere l’aggregato si troverà spesso nella situazione di insaturo, qualche volta, dopo un pioggia, in quello di bagnato, raramente in quella di asciutto, dopo lunga permanenza in clima secco, caldo e ventilato, ed ancor più raramente, e solo transitoriamente, in quella di s.s.a..

La condizione di s.s.a., tuttavia, è di grande importanza pratica oltre che teorica, perché è quella in cui vengono a trovarsi gli inerti all’interno del calcestruzzo subito dopo l’impasto, ed è anche la situazione in cui si calcola la massa volumica (peso specifico)

della sabbia e della ghiaia per tramutare i volumi dei singoli inerti nelle corrispondenti masse.

Per cui un inerte bagnato cede l’acqua in eccesso (u>ua) rispetto alla situazione di s.s.a. che va a sommarsi all’acqua introdotta in betoniera, facendo aumentare il valore dell’acqua totale d’impasto (a).

D’altra parte, un inerte insaturo (u<ua) ed ancor più un inerte asciutto (u=0) comporterà una suzione di acqua da parte dell’inerte cosicché questo si porta in condizione di s.s.a. con conseguente diminuzione della effettiva acqua d’impasto.

Per prevenire queste oscillazioni nelle prestazioni del calcestruzzo(R e slump) è ck

necessario compensare le variazioni di umidità apportate o sottratte dall’inerte rispettivamente con minori o maggiori aggiunte di acqua in betoniera.

A tale scopo è necessario controllare quotidianamente l’umidità (u) degli inerti, soprattutto in relazione alle variazioni igrometriche dell’ambiente, e tenere sotto controllo il valore dell’assorbimento (ua) soprattutto in relazione ai cambi di cava e quindi di porosità della roccia minerale caratteristica dell’inerte.