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LE AGIOGRAFIE SU ISABEL, RAINHA DE PORTUGAL

5. L’adolescenza dell’infanta d’Aragona.

5. 1. Bramata da ‘principi avari’.

“Haueua ella, à guisa di nuouo Sole, senza mai punto dilungarsi dall’Eclittica della Virtù, corso quasi vn’intiero Zodiaco d’anni, e perciò, hauuto campo di comparire al Mondo tutto di raggi delle

sue esquisite doti; quando inuaghiti molti Grandi de’ di lei chiarori, altro non ambiuano, che vederne da essi illustrare le loro Reggie”182.

Con queste parole Girolamo Ercolani introduce il discorso sulle trattative matrimoniali e sui candidati alla mano di Isabel, i molti

Grandi, che accorrono alla corte di don Pedro per chiedere la mano della

giovane principessa. In realtà la moltitudine dei pretendenti è presente soltanto nelle agiografie moderne, infatti nei primi testi medievali si riscontrano un’esiguità delle informazioni e il disinteresse degli autori della Lenda e la Vida, che non dicono quasi nulla. L’anonimo autore della Lenda non va oltre la citazione della presenza degli ambasciatori di Edoardo I di Inghilterra e di Carlo d’Angiò, mandati a Saragozza dai rispettivi re per chiedere la mano della principessa:

chegarom a casa delrey de Aragom eram i os messegeiros de Ingraterra e do filho delrey Carlos, que a demandava pera casamento183.

Ancora più scarna è la descrizione presente nella Vida. Diogo Affonso, da buon historiador, evita totalmente l’immissione di notizie poco attendibili all’interno della sua opera ed ignora la questione delle ambascerie matrimoniali.

Con il passare del tempo si registra una progressiva dilatazione del racconto. Il prestigio della casa reale aragonese, l’estensione

182 La Reggia, p. 89. 183 Lenda, p. 22.

territoriale dei suoi possedimenti, la ricchezza e la possibilità di una dote ingente scatenano una vera e propria ‘corsa’ alla mano di Isabel da parte dei rampolli delle monarchie del tempo. La presenza – in realtà molto contenuta – di principi o dei loro ambasciatori è attestata anche dai documenti storici. Il numero esiguo però nella ‘ricostruzione’ agiografica aumenta considerevolmente, viene infatti a duplicarsi se non a triplicarsi; nelle varie biografie compaiono principi e ambasciatori provenienti da paesi europei lontani e, in alcuni casi, già scomparsi citati soltanto per puro gusto ‘antiquario’. Al deficit della prima agiografia rimedia l’abilità degli agiografi italiani che riportano con molta dovizia il lungo periodo delle trattative prematrimoniali e la presenza a corte dei principi o delle loro delegazioni. La bramosia di poter sposare l’infanta è così forte che gli autori non esitano a definire i pretendenti come ‘avari principi’, un legame con la cupidigia, che è avvalorato dalle numerose analogie presenti tra Isabel e l’immagine del tesoro. All’arrivo di questi nuovi personaggi, molto poco definite, si associa l’azione della fama che incoraggia ad accorrere a Saragozza. La fama è un’eredità del passato pagano, una figura mitologica minuziosamente descritta nel IV libro dell’Eneide184, la quale però, osteggiata dalla letteratura cristiana, viene riscoperta e recuperata dalle letterature moderne e quindi di conseguenza dalla letteratura agiografica. La fama viene piegata alle necessità degli

184

“Subito va la Fama per le grandi città della Libia, la Fama, fulminea fra tutti i mali; possiede

vigore di movimento, e acquista forze con l’andare; dapprima piccola e timorosa; poi si solleva nell’aria, e avanza sul suolo, e cela il capo tra le nubi.

La Terra madre, incitata dall’ira contro gli dei, la generò dicono, ultima sorella a Ceo

e a Encelado, veloce di passi e d’infaticabili ali, mostro orrendo, immane: di quante piume riveste il corpo, tanti vigili occhi ha sotto – mirabile a dirsi –,

tante lingue, e altrettante bocche risuonano e orecchi protende. Di notte vola tra il cielo e la terra nell’ombra,

stridendo, e non chiude gli occhi al dolce sonno; di giorno siede spiando sul culmine di un tetto, o su alte torri, e sgomenta grandi città,

tenace messaggera tanto del falso e malvagio, quanto del vero. Allora esultante riempiva di molti discorsi

Le genti e annunziava ugualmente il reale e il fittizio”.

In Virgilio, Eneide, a cura di Luca Canali, Oscar Mondadori, Milano 2008, Libro IV, vv. 172-190.

autori e diventa ben presto una delle caratteristiche principali per comprovare e diffondere l’integrità morale di Isabel: è proprio la fama che propaga le qualità morali e la condotta virtuosa dell’infanta aragonese fra le corti d’Europa.

Il primo autore ad introdurre timidamente il motivo della fama e ad associare la sua azione all’arrivo dei principi è Pico Ranuccio.

In tanto crescendo insieme con gli anni della vita sua la fama di tante rare qualità, e doti, che in lei risplendeuano, alcuni Principi, benche ella fosse ancor d’acerba età, e non atta al giogo maritale, concorsero in un tempo medesimo ad ambire le sue nozze, e cercando ciascuno di preuenire il douuto tempo per farsi possessore di così pretioso tesoro185.

Una personificazione non dettagliata e mal riuscita in quanto l’autore afferma soltanto che la fama aumentava parimenti con la crescita dell’infanta e che si diffondeva per le varie corti europee. Pur non riportando i nomi e le casate d’appartenenza, l’agiografo testimonia l’arrivo di alcuni Principi. Viene a crearsi una prima grande dissonanza tra Isabel e i suoi pretendenti, infatti se da una parte è esaltata l’innocenza della giovinetta, ancora d’acerba età e quindi non atta al

giogo maritale, dall’altra parte emerge la spregiudicatezza dei principi

accorsi per poter accaparrarsi così pretioso tesoro.

Nella versione offerta da Giacomo Fuligatti la figura della fama viene sottintesa, il gesuita è il primo agiografo ad associare la sua azione al recupero (non sempre fedele) della materia storica nella citazione delle delegazioni giunte.

Si sparse in questo mezzo per li principali Regni d’Europa, come nella casa d’Aragona cresceua vna degnissima Principessa, per aspetto, e per qualità d’animo Reali. Già dal re d’Inghilterra, con Ambasciatori mandato à posta l’Infanta Donna Isabella era dimandata per lo Principe suo figliuolo. Simile istanza faceua nel medesimo tempo vn altro Ambasciatore di Carlo Principe di Salerno figliuolo del Rè di Napoli e di Sicilia186.

185 La principessa santa, p. 9. 186 Vita, p. 7.

In questa citazione l’autore allude, ma non trascura, l’azione della fama limitandosi a dire che essa si sparse fra i principali regni d’Europa. Il gusto per la narrazione storica si ritrova nel riferimento agli ambasciatori di Inghilterra e di Napoli, inviati per chiedere la mano di Isabel.

Una particolare immagine della fama è invece quella proposta ne

La Reggia di Girolamo Ercolani.

Ma, perché non hà sì poco vigore la Fama, che dando fiato alla sua tromba, non faccia vdirne il rimbombo, che fin’alle vicine contrade; già col mezzo di essa, il grido di questa divina fanciulla, teneua, nel cuore anco di molti remoti Prencipi, occupato il più solleuato posto187.

Nelle parole del domenicano la comparsa della Fama va ben oltre il semplice riutilizzo. La volontà di personificare una realtà mitologica è chiara nella scelta della lettera maiuscola con cui è scritto il nome, ora infatti ad agire è la Fama in persona. Adeguando la figura mitologica alle nuove necessità del testo agiografico, Girolamo Ercolani opera una vera e propria cristianizzazione della vecchia Fama: non essendo più la creatura virgiliana nociva e mendace, nata dalla Terra incitata dall’ira

contro gli dei, essa ha ora invece i tratti di un angelo. Non è casuale

questa associazione: gli attributi iconografici descritti, in primis il particolare della tromba, creano un collegamento diretto tra essa e l’angelo dell’apocalisse, consueto protagonista delle prediche domenicane, tra le quali spiccano per importanza quelle del valenzano Vincenzo Ferrer188.

187 La Reggia, p. 89.

188 Vincenzo Ferrer (Valenza, 1350 – Vannes [Bretagna], 1419). Domenicano

spagnolo, professore di teologia e logica è ricordato per essere stato un grande predicatore. Nel 1395-98 diventa confessore di Benedetto XIII e si adopera molto per la ricomposizione del grande scisma. In occasione dei suoi viaggi di predicazione attraverso la Spagna, Francia e Italia stigmatizza la corruzione, svolgendo appassionatamente i temi apocalittici della fine del mondo. Predica anche agli eretici Valdesi e attende alla conversione di Ebrei e Musulmani di Spagna. Attivo anche sul piano politico, nel 1412 favorisce la successione al trono della casa castigliana dei Trastamara in Aragona con il compromesso di Caspe, che salva l’unità della Penisola Iberica, portando al trono aragonese Ferdinando I il Giusto, figlio del re Giovanni I di Castiglia. Muore in Bretagna a Vannes, mentre lavora per una tregua alla Guerra dei Cent’anni. Viene beatificato nel 1455 e canonizzato nel 1458. Cfr. Il grande dizionario

Nell’Historia si registra la stessa riabilitazione della fama189 e sono fornite ulteriori informazioni storiche sui pretendenti della principessa aragonese: oltre ai già citati rampolli di Inghilterra e di Sicilia, l’agiografo fa riferimento anche ad una serie di principi, tanto anonima quanto improbabile, composta da o Principe do Imperio, o de

Navarra, e o Delphim de França. La realtà storica smentisce quanto

scrive l’autore, perché all’epoca di Isabel molte di queste monarchie non esistevano ancora o stavano scomparendo190. L’inserimento progressivo di nomi e di località, oltre ad accrescere il prestigio dell’infanta, tradisce il gusto esotico per realtà lontane e poco conosciute. Esiste però un altro motivo più ‘tecnico’ dietro l’inclusione ed il progressivo accumulo di nomi e casate regnanti, identificabile con la tendenza degli agiografi al

puro arricchimento, teorizzato da F. Lanzoni191.

5. 2. Un’ambasciata dal Portogallo.

L’unione sponsale, tanto avversata dalla prima letteratura agiografica che nel risvolto sessuale sentiva forte il rischio della perdizione, viene riabilitata dagli agiografi medievali che non disdegnano più di scrivere sulla vita coniugale dei santi. Si assiste alla progressiva riscoperta della dimensione matrimoniale che trova un riscontro effettivo nell’impegno effuso dalla Chiesa per la regolamentazione del matrimonio e della vita sessuale delle coppie cristiane. La rivalutazione della dimensione matrimoniale è evidente anche nella tradizione testuale isabellina e si esplicita nella celebrazione

189 “Como eraõ tam notaveis os dotes da graça, tantos os da natureza desta

Infante, divulgou-se a sua fama por toda Europa, e a mandarao pedir por esposa , ainda antes de chegar aos annos nubis, quasi todos os Principes Catholicos”, in Historia, p. 8. 190 L’agiografo non si sbilancia molto nel riportare i nomi dei pretendenti alla mano di Isabel. Con il titolo Principe do Imperio non è chiaro chi voglia realmente intendere, poiché in quegli anni si stava estinguendo la famiglia degli Heunstaufen e non poteva esserci nessun pretendente reale. Per quanto riguarda invece il presunto principe di Navarra e il Delfino di Francia l’agiografo commette un grave errore storico, in quanto in quel periodo quel che rimane del Regno di Navarra, che a malapena era riuscito a resistere agli attacchi della Francia a nord e dell’Aragona a sud, viene ‘annesso’ alla Francia di Filippo il Bello, che nel frattempo aveva già sposato l’unica erede al trono navarro Giovanna I.

che gli autori fanno del casamento dell’infanta Isabel con don Dinis re del Portogallo. Il racconto delle nozze viene preceduto, come per gli altri pretendenti, dalla descrizione dell’ambasciata portoghese giunta fino a Saragozza per la richiesta ufficiale di matrimonio. Nella pletora di contendenti si impongono i legati del giovane don Dinis i quali lavorano instancabilmente per la buona riuscita delle trattative prematrimoniali. Pur essendo il futuro consorte di Isabel, gli agiografi non mostrano alcun interesse alla descrizione del monarca portoghese, il quale rimane una figura amorfa senza una precisa conformazione. Girolamo Ercolani è l’unico testimone che si sbilancia nel ricostruire un abbozzo ‘morale’ del re lusitano, preannunciandone in pochissime righe la futura grandezza.

Prencipe che nell’Oriente della sua giouenile età, non presagiua, che vn lungo, e molto felice sereno; quantunque da vn buon mattino, non sempre ne siegua, ne vn buon giorno, ne vna buona sera192.

Come negli altri matrimoni del tempo, anche nell’unione di Isabel con don Dinis la ragion di stato è l’unico parametro che regola le future nozze regali: non c’è spazio infatti per l’innamoramento, né per la passione, ma vige solo la necessità di salvaguardare gli interessi comuni dei due stati iberici.

L’autore della Lenda riporta onestamente che alla base del matrimonio non stanno tanto le doti e le virtù di Isabel, quanto la volontà del re portoghese di imparentarsi con la casata aragonese perché

ouvio dizer em como elrey D. Pedro de Aragom, que era em aquel tempo, por os feitos que fazia e passava por armas, ũu dos reys do mundo de gram fama193.

Più che un matrimonio tra due giovani sposi, si conclude una vera e propria alleanza militare: don Dinis, sposando l’infanta aragonese, aspira a coalizzarsi con una delle più grandi potenze mediterranee, a sua volta don Pedro, promettendo sua figlia al sovrano portoghese, spera di trovare

192 La Reggia, p. 89. 193 Vida, pp. 23-24.

un fedele alleato nella penisola iberica194. Nonostante l’interesse comune e l’intesa dei due sovrani gli agiografi si dilungano nel riportare il complicato rito della diplomazia. I documenti storici tramandano che, in osservanza alle ferree leggi dei negoziati, don Dinis per trattare il matrimonio manda tre dei suoi migliori uomini, ovvero João Velho195, Vasco Pires196 e João Martins197. La Lenda non si sbilancia sull’identità dei tre uomini e si limita a definirli messageiros e procuradores198, termini ancora legati ad un linguaggio bellico-strategico, estranei all’arte diplomatica. Il primo autore a citare i nomi dei tre notabili portoghesi è Diogo Affonso, che molto scrupolosamente specifica la loro appartenenza al consiglio reale e preferisce identificarli come

embaixadores199.

Bisogna attendere il XVIII secolo per avere una definizione esaustiva e precisa dei tre legati portoghesi. L’Historia abbonda di informazioni, chiarendo l’identità e la posizione dei tre uomini con una terminologia specifica e precisa:

194

Quello che si evince è che entrambi le parti traggono beneficio da questo matrimonio. Don Pedro, da abile stratega, vuole creare una grande alleanza iberica, che da un lato possa bloccare il fronte antiaragonese e dall’altro arginare la costante minaccia mussulmana. In questo clima politico il matrimonio di don Dinis con Isabel non è affatto un’unione casuale. Per don Dinis l’alleanza con don Pedro rappresenta una grande occasione per poter arginare l’iniziativa di suo fratello minore don Alfonso, che aspirava al trono portoghese in quanto don Dinis era nato quando ancora l’unione dei genitori non era stata legittimata dal papa, e per poter diminuire l’influenza di sua madre dona Beatriz, che aveva abbandonato il Portogallo per appoggiare il marito Alfonso X.

195 João Velho, il cui nome per esteso è João Velho de Castro è con molta

probabilità il padre di Brites Velho de Castro che sposò Paio Rodrigues de Araujo, signore di Lobios.

196 Di Vasco Pires non sono disponibili esaurienti informazioni storiche. 197 João Martinz de Soalhães figura tra i primi procuratori di don Dinis a

Roma. Indossato l’abito francescano e iniziata la carriera ecclesiastica, frei João Martins figura fra i canonici della dicoesi di Coimbra. Successivamente l’ex ambasciatore si avventura nella difficoltosa politica vescovile e cerca di imporsi, grazie all’intervento di don Dinis, nella diocesi di Braga. Cfr. H. Vasconcelos Vilar, O

episcopado do tempo de D. Dinis, trajectos pessoais e carreiras eclesiàsticas (1279- 1325), p. 586- 589, in http.repositorio.uac.pt.

198 “E seendo D. Diniz rey […] mandou a el seus messegeiros e procuradores,

pera demandar per casamento esta filha Dona Isabel”, in Lenda, pp. 21-22.

199

“[…] el Rey Dõ Dinis ho nosso de Portugal, pretendendo auela em casamento mandou a Ioã velho, Vasco Pirez, & Ioam Martinz do seu conselho, q como seus embaixadores […]”, in Vida, p. 3

Tanto que se ajustou a conveniencia do casamento, mandou ElRey D. Diniz a ElRey D. Pedro por Embaixadores a Joaõ Velho, Vasco Pires, e Joaõ Martinz Fidalgos seus Vassallos, e seus Conselheiros.

Se da un lato permangono ancora consuete espressioni come

Embaixadores, dall’altro compare per la prima volta un vocabolario

politico dettagliato, preciso nel riconoscere le funzioni dei tre uomini:

Fidalgos seus Vassallos, e Conselheiros. Le cariche elencate sono

indicative per capire il quadro politico del Portogallo medievale ed aprono una parentesi sul processo di feudalizzazione avviato proprio dalla riforme dell’amministrazione dionisina. La precisione storica dell’Historia continua nel riferire di una seconda ambasciata di risposta che dall’Aragona parte per il Portogallo per convalidare l’accordo stipulato con don Pedro. È inutile ribadire la precisione storica delle informazioni fornite dall’autore:

Logo que s Embaxadores de Portugal alcançaraõ de ElRey de Aragão o beneplacito do casamento, fizeraõ aviso a ElRey D. Diniz de tam felice nova, e ElRey D. Pedro lhe mandou por Embaxadores, para se ratificarem os tratados, a Bernardo Lança Almirante do Reyno, e Bertrando de Villafraca Camerario da Sè de Tarragona200.

Soffermandosi sui dignitari di corte aragonese Bernardo Lança201 e Bertrando de Villafranca202, il vescovo di Porto coglie l’occasione per delineare la figura dell’ambasciatore ideale, nella cui persona convivono elementi genealogici e capacità diplomatiche.

[…] ambos capazes de se fiarem delles funçoens tam relevantes, porque tendo cada qual Illustre nascimento, talento, exeperimentado, o talento os fazia uteis , o nascimento veneraveis, se lhe faltaraõ huma, ou outra qualidade, difficultosamente seriaõ suffiecientes, porque para estas

200 Historia, p. 10.

201 Di Bernardo Lança non si conosce nulla tranne la sua partecipazione

all’ambasciata di don Pedro in Portogallo. Il suo nome infatti compare tra le persone che erano presenti a corte per trattare il matrimonio regale.

202

Di Bertrando di Villafranca si sa che ha ricoperto la carica di Camerario di Tarragona è che ha dato una forte contributo alla conquista aragonese della Sicilia, organizzando in prima persona le operazioni belliche navali contro le flotte angioine.

funçoens a prudencia sem esplendor, o esplendor sem prudencia, tambem saõ incapacidades203.

Il modello del perfetto diplomatico, appena riportato, espone i tratti di un uomo chiamato a svolgere funzioni rilevanti. Il buon esito delle sue missioni è assicurato da due fattori basilari, l’Illustre nascimento e il

talento exeperimentado, qualità reciprocamente indispensabili che nella

pratica diplomatica si traducono in splendor e prudencia. Per poter meglio avvalorare la tesi della nascita nobile, si fa riferimento anche alla Sacra Scrittura con la citazione di un episodio del libro di Giuseppe, in cui è riportato che l’amministratore del faraone non viene scelto soltanto per il talento personale, ma anche per la nascita illustre204. La questione però non si esaurisce con la sola celebrazione della nobiltà di nascita, poiché al ricordo dei natali nobili si affianca l’elogio dell’iniziativa pratica degli ambasciatori. Grazie ai cambiamenti apportati dall’avvento delle monarchie nazionali, l’immagine del diplomatico si trasforma radicalmente, paragonandolo ad un comune funzionario statale, un burocrate. La bravura degli ambasciatori aragonesi infatti non è comprovata soltanto dalla buona riuscita della politica matrimoniale, quanto dall’aver pacificato lo stato portoghese, che in quegli anni era diviso dalle lotte cruente sorte tra don Dinis e l’infante don Afonso205.

Nel racconto degli accordi prematrimoniali i testi agiografici mettono in risalto anche le motivazioni che spingono don Pedro a concedere la mano della figlia al giovane don Dinis. Già la Lenda è molto chiara nel riportare le ragioni reali che influiscono su questa scelta.

E, consiirando elrey D. Pedro em como este , que sa filha demandava, era jà rey e que a sa filha de sa casa partiriacom

203 Historia, pp. 10-11. 204

“Não se derão os Egypcios por totalmente satisfeitos do Viso-Reinato de Joseph, quando virão que se o seu talento era insigne, mas quãdo souberão que o seu nascimento era illustre”, in ivi.

205 Questa missione risale al 1281 e l’importanza sta nel fatto che essa pone

fine alle tante lotte che interessavano don Dinis e suo fratello don Affonso e che avrebbero per sempre condizionato il matrimonio di Isabel. La preoccupazione degli ambasciatori sta nel fatto“seriaõ infaustos os principios daquellas, se se celebrasse mentre as civis armas quella lianças”, in ibidem, p. 12.

nome de rainha, e consiirando em como elrey D. Dinis e el nom aviam tanto de parentesco, nem d’outro divido, porque de dereito se embargar podesse este casamento, nem comprisse pera tal casamento despançom do papa, e que assi casar podiam sem

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