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LE AGIOGRAFIE SU ISABEL, RAINHA DE PORTUGAL

3. La topica dell’inizio.

Il proemio è la parte introduttiva in cui generalmente l’autore chiarisce la materia, i personaggi, i luoghi e i tempi della sua opera. Nella tradizione agiografica isabellina l’importanza materia narrata esige un profondo impegno letterario e un notevole sforzo stilistico per la stesura di introduzioni adeguate all’argomento. A seconda del periodo storico e del luogo d’appartenenza, ogni autore sceglie un tema specifico con cui avviare la narrazione, grazie alla vasta gamma di topoi letterari e agiografici disponibili.

3. 1. Il timore del tempo.

Il pericolo dello scorrere inesorabile del tempo dà l’avvio al breve proemio dell’anonima Lenda. Poche righe in cui l’autore esprime la sua preoccupazione di non far perder per tempo la vicenda biografica della regina Isabel.

Pera se nom perder per tempo de memoria dos omẽes a vida que e neste mundo fez a muy nobre senhora, dona Isabel, per graça de Deus raynha de Purtugal e do Algarve, e o acabamento que ouve as cousas que Nosso Senhor Ihesu Cristo em ssa vida e depoys sseu saymento deste mundo por ela fez, porem em tanto o ffecto de ssa vida está rrezente e á muitos omẽes e molheres dignos de creer que virom e passarom as cousas que se adiante seguem e assy como notorio a todos de Portugal, screpverom-se os seus ffectos, obras e vida, nom adendo, nem errando de verdade todo que se diz60.

L’elemento cronologico è concepito in maniera negativa: si percepisce chiaramente la minaccia dello scorrere tempo, che inesorabile mette a repentaglio il ricordo della vita e delle azioni di dona Isabel. Influenzato da una visione pessimistica del presente e dell’uomo (aspetti tipici del primo francescanesimo), l’autore nella stesura del breve avvia un processo di reificazione di alcune realtà che invece non hanno consistenza fisica. Si comincia a trattare ala stregua di una ‘cosa’

materiale la vida della regina e, divenuta ormai una semplice ‘cosa’, la si espone al costante pericolo di essere ‘perduta’, dimenticata. Parallelamente anche il ricordo dei miracoli compiuti subisce lo stesso processo di ‘cosificazione’, questi infatti divengono entità corporee, dotate di volume e consistenza e definite non a caso cousas. I prodigi operati sono inseriti in una dimensione pragmatica, fortemente influenzata dalla spiritualità francescana. La ricerca della materialità, quindi della verità, porta l’autore a sottolineare come il fecto della vita di Isabel sia ben conosciuto da tutti gli omẽes e mulheres dignos de creer e tramandato da quelli che screpverom-se i momenti principali della sua esistenza. La diffidenza nei confronti dello scorrere del tempo lascia spazio alla più sicura verdade. La verità diventa l’unico elemento affidabile e duraturo nel tempo, motivo per cui viene assunta come parametro con cui poter leggere la parabola biografica della regina. Il riferimento al vero è l’elemento con cui l’autore sceglie di chiudere la breve introduzione, rassicurando il lettore dell’onestà della sua ‘testimonianza’, scritta interamente nom adendo, nem errando de

verdade todo que se diz. Una lettura più approfondita del proemio

suggerisce l’idea che lo stesso sia stato creato su una solida concezione teologica, in cui è esaltato l’operato di Cristo in Isabel, il quale manifesta la sua gloria por ela, cioè attraverso di essa. La semplicità dello stile e la linearità della narrazione svincolano il breve proemio dalla riproposizione di alcuni elementi fissi di quella che R. E. Curtius definisce la topica dell’esordio: mancano parti fisse quali la dedica e l’epilogo. Seguendo le rigide convenzioni del tempo, l’autore rimane rigorosamente anonimo, sceglie di non comparire e non ci sono riferimenti, neanche indiretti, alla sua azione.

3. 2. Un incipit localistico.

A differenza dell’anonimo autore della Lenda, gli agiografi successivi si uniformano al complesso sistema della topica dell’esordio, ‘normalizzando’ i loro proemi e cominciando a riscoprirne, quindi ad

usare, gli elementi tipici e le caratteristiche fondamentali di questo momento narrativo.

Il primo autore a ‘regolarizzare’ la parte introduttiva dell’opera è Damião de Gois, introducendo per primo la dedica. La sua agiografia si apre infatti con la dedicatoria alla regina dona Caterina di Spagna, moglie del re João III.

Haa muito alta e poderosa Rainha Dona Catherina nossa Senhora, molher do invicto e muito poderoso Rey Dom Joham terceiro deste nome nosso Senhor, saude e bem-aventurança61.

Il rispetto e la venerazione per i propri sovrani si intrecciano e quasi si confondono. Degna di riflessione è la particolare nomenclatura scelta nelle prime righe della dedica per rapportarsi con i monarchi portoghesi: obbedendo al rigido codice di corte, l’autore si rivolge a loro con titoli che superano la consuetudine ‘d’etichetta’, evocando immagini di provenienza quasi divina. All’inizio, indirizzandosi alla regina dona Caterina, Damião de Gois la saluta con un lessico che sorpassa la magnificenza della regalità, accumulando aggettivi in un climax ascendente: alta, poderosa e perfino nossa Senhora, un’insieme di titoli più adeguati alla Vergine che ad una regina mortale. Speculare è la terminologia utilizzata nel salutare don João III. Il sovrano viene quasi ‘invocato’ e con il consueto climax ascendente si elencano attributi di chiara natura divina invicto, muito poderoso e alla fine, come per la regina, nosso Senhor. L’introduzione vera e propria invece si apre con una curiosa immagine di chiara natura umanistica: viene descritto l’Archivio della Torre do Tombo, al cui interno l’autore è intento nello svolgimento delle sue ricerche.

Antre alguns memoraes que nesta Torre do Tombo e em outras partes achey, hos que segundo meu juizo mais poderiam satisfazer aa virtuosa tençam e relligioso studo de Vossa Alteza os da vida da Rainha Dona Isabel molher que foy d’el-Rey Dom Denis, da qual os merecimentos foram taes, que alcançou entre os vivos nome de Sancta. E porque Vossa Alteza assi como socedeo em seu estado deve tambem (como faz) em todo o

demais a seguir e imitar, a ella me pareçeo soo convir ha dedicaçam desta breve lenda e collecta62.

Lo studio del materiale d’archivio e l’indagine diretta sulle fonti sono declinazioni letterarie con cui si recupera il topos dell’inventio: è superfluo affermare l’importanza del verbo al passato achey, forma verbale che chiarisce l’impegno dell’archivista nello studio del materiale librario, i citati alguns memoraes. L’attività dell’agiografo non si esaurisce nel reperimento della documentazione, ma si perfeziona nella trasformazione dello stesso in materia letteraria, narrata per soddisfare la curiosità e la devozione della regina e per proporre un exemplum da imitare. Continuando nell’analisi del testo si assiste all’insorgere e all’affermazione di una forte componente encomiastica, volta ad assicurare la protezione e, soprattutto, il sostegno economico alla Casa dello Spirito Santo di Alenquer.

Convidou-me tambem a este mais devoto que trabalhoso negocio seer eu natural d’Alanquer cuja Senhora ella foi, e o Vossa Alteza tambem he na qual villa esta bem-aventurada Rainha fundou a Casa do Spiritu Sancto, de que as rainhas destes reynos d’entam a qua foram sempre muito devotas. E porque esta hordem polla obrigação que dos taaes cargos lhe compete he quasi como herança da sua coroa, Vossa Alteza deve sempre teer espicial cuidado do servuço e tutela desta da dicta Casa e Sprital porque se o assi nam fezer facilmente se poderiam pello tempo perder o bom modo e o governo que no tratar das cousas della se deve teer63.

L’autore, narrando la vita di Isabel, ricorda chiaramente alla regina Caterina l’impegno profuso dalle precedenti sovrane del Portogallo nella promozione e tutela della Casa dello Spirito Santo. L’esordio diventa quindi un’occasione per ricordare all’attuale monarca l’iniziativa dell’antenata Isabel nella fondazione della Casa, ma anche un’opportunità per instaurare un legame indissolubile tra le due regine, fondato sull’herança e sull’obrigaçam. La tutela della Casa do Espirto Santo garantisce l’eternità contro l’azione negativa del tempo che, con il

62 Ivi. 63 Ivi.

suo scorrere, potrebbe far dimenticare o bom modo e o governo delle regine portoghesi.

Un’altra biografia, dedicata sempre alla regina Caterina di Spagna, è la Vida di Diogo Afonso. Nella dedica l’autore, pur riutilizzando gli stessi attributi regali, sceglie di esordire con una terminologia più modesta. Concentrato in appena tre righe, il testo dedicatorio è inquadrato al centro del foglio e presenta due tipi di scrittura: il primo rigo in carattere romano tondo e gli altri due righi in corsivo. Procedendo nella lettura si nota che l’introduzione non è un vero e proprio incipit, ma una dichiarazione ufficiale dei nuovi

mordomos, ovvero i priori della Confraternita di Santa Isabel, più

precisamente Antonio Brandão e Antonio Dalpoem: sono loro che, dopo essere stati eletti, decidono di commissionare la stesura della Vida. L’eroismo e il potere taumaturgico di Isabel che nelle ultime agiografie saranno la materia principale su cui ‘costuire’ la struttura del proemio, ora invece si limitano ad essere una semplice premessa. Non esiste alcun riferimento al pericolo dello scorrere del tempo o alla limitatezza della mente umana, ma viene messa in risalto e biasimata – con molta onestà – la scarsa conoscenza che gli stessi portoghesi hanno della vita della regina, ancora tã pouco manifesta ao mũdo. Ed è proprio la consapevolezza dell’ignoranza dei meriti e dei miracoli di Isabel che porta i due mordomos a commissionare la biografia. Come il precedente autore, anche Diogo Affonso presenta il suo lavoro come il risultato di una lunga ricerca condotta negli archivi e nelle biblioteche monastiche del Portogallo. I committenti infatti raccomandano un’indagine e un’analisi dei documenti ben ponderata che passi attraverso il

reuoluer & buscar nas cronicas antigas dos catolicos reys de Portugal: & no cartorio de sancta Clara de Coymbra, & nos seus testamentos, o que mays com verdade a declarase.

Stupisce notare la precisione con cui sono citate le fonti storiche, letterarie e devozionali utilizzate: una così vasta e variegata gamma di documenti permette all’autore di stabilire e riportare quello che di più vero esiste e coincide nelle varie narrazioni. Il rigore metodologico si

concretizza nell’esatta citazione del materiale agiografico da cui viene trascritta la maggior parte del libro. Analogamente la correttezza e l’onestà nella scelta della materia ‘narrata’ rassicurano la regina dedicataria della verità dei fatti riportati e quindi dell’attendibilità dei testi. Per poter dimostrare l’affidabilità dei fatti raccontati, il testo viene successivamente revisionato, o meglio, ‘certificato’ dagli stessi committenti.

Certificandolhe que ho mays della foy tirado da que as madres de sancta Clara de Coymbra entre sy tem, mal escrita, & com palauras antigas que a não deyxam entender. E a instancia da muy virtuosa Abbadessa dona Ana de Meneses, & das mays religiosas, a fazemos imprimir, com ho compromisso da confraria & graças da gloriosa Raynha sancta Isabel.

Il lavoro di Diogo Affonso non si limita alla sola trasposizione dei vari racconti, ma si spinge fino allo studio del testo agiografico conservato nella biblioteca del convento di Santa Clara di Coimbra: nella scrupolosa analisi codicologica ante litteram, l’autore si sofferma sulla descrizione dello stato reale del libro e della grafia della mal escrita agiografia della regina. Ripercorrendo una consolidata abitudine, al termine dell’incipit viene ripresentata alla regina la richiesta di protezione per la Confraternita di Santa Isabel, un patto suggellato con l’omaggio dello stesso libro; un gesto profondo che oltrepassa il semplice atto di ossequio cortese e diventa il sigillo dell’avvenuta alleanza tra la monarchia e la Confraternita. L’avvenuta unione delle parti si fa tangibile, nel momento in cui i mordomos raccomandano alla regina di

ter de sua mão, & ser dela proteytor per honra e louor deste reyno. In

ultimo anche il devoto leytor trova spazio in questa parte iniziale del racconto, l’agiografo chiarisce in calce alla pagina e in caratteri gotici la natura devozionale dell’opera ed invita i lettori a raccomandarsi alla mediazione di Isabel.

3. 3. L’ inferiorità dell’intellettuale.

Dedicata ad una giovane nobile parmense, da poco entrata in convento, è La Principessa Santa ouero la Vita di santa Elisabetta

Reina del Portogallo di Pico Ranuccio, attivo nella corte farnesiana di

Parma. Il 4 luglio del 1625, giorno in cui si commemora la memoria liturgica della santa portoghese, l’autore scrive l’opera agiografica e la dedica alla giovane professa Maura Lucenia Farnese, principessa del ducato di Parma e Piacenza, divenuta poi monaca. Il prologo si presenta redatto in una forma ‘standard’ e ripropone una serie ordinata di topoi, ereditati dalla tradizione letteraria del tempo.

Il funzionario di corte dà inizio alla sua opera predisponendo i lettori alla benevolenza e all’attenzione. Per meglio riuscire in questo proposito ripropone il luogo comune della ‘falsa modestia’: obbedendo ad una consuetudine letteraria ormai ben consolidata Pico Ranuccio comincia la narrazione dichiarando l’inadeguatezza personale, l’umile condizione servile e la totale sottomissione ai suoi protettori. La presenza di questi elementi aiuta a capire il piano subalterno in cui è tenuto l’intellettuale all’interno della corte, il quale, a differenza degli altri membri, non può ripagare i suoi mecenati se non scrivendo libri. Un’esistenza, ormai disutile a’ patroni, & al mondo insieme, relega l’autore in uno stato di irriconoscenza ed imbarazzo. Alla subordinazione di ceto si affianca poi la profonda amarezza per non poter ricambiare le attenzioni e le cure che la principessa Maura Lucenia Farnese gli concede. L’inferiorità dell’intellettuale è bilanciata dalla figura quasi divina della giovane donna Maura, che Pico Ranuccio non esita a definire mio Nume terreno. L’unico modo per ricompensare i favori è scrivere un’agiografia e dedicarla, anzi utilizzando le stesse parole dell’autore, consacrarla al suo nome.

Non manchino in me segni di gratitudine, e persuadendomi, con alcuna fatica dell’intelletto di potere assai ragionevolmente pagare quello, che nõ mi è possibile soddisfare con le forze della persona, anzi tanto meglio, quanto che gli scritti sono più vivaci, e durabili, e possono essere meno dal tempo inghiottiti, e dalla memoria meno dimenticati, che gli

ossequi e gli altri atti di servitù, che bene speso sogliono riuscire caduchi, e mortali, ho voluto consegnare al suo Serenissimo Nome la vita della gloriosa, e Santa Reina Elisabetta del Portogallo64.

La mancanza delle forze fisiche sposta l’attenzione sull’importanza dell’attività intellettuale. La pratica della scrittura viene preferita alle mansioni pratiche per il suo carattere duraturo e resistente nel tempo: i libri divengono documenti durevoli, non deperibili e la loro presenza assicura la memoria eterna del dedicatario dell’opera. Il grande valore attribuito al documento scritto è ribadito anche dal fatto che esso venga offerto in compensazione dei favori ricevuti e della protezione garantita. Accantonato il discorso sulla scrittura, l’autore entra nel merito della questione e, seguendo il tradizionale schema narrativo, introduce la materia agiografica garantendone la storicità dei fatti e la veridicità delle fonti a cui si è ispirato per redigere il testo. Ritorna così il riferimento ai documenti d’archivio, al materiale storiografico e alla tradizione devozionale. Degno di nota è anche il fatto che, tra le fonti storiche passate in rassegna, compaia anche il riferimento alla relazione del processo di canonizzazione (documento ufficiale della Curia pontificia), utilizzato e menzionato per la prima volta nella tradizione agiografica isabellina; una citazione così chiara di un documento prodotto e approvato dalla Chiesa ufficiale è indicativa per capire il rispetto nei confronti di questo tipo di documenti e la grande diffusione degli stessi. Il motivo encomiastico viene ribadito nel paragone tra la regina Isabel, ormai santa, e donna Maria Lucenia Farnese: nelle due donne non coincidono soltanto l’uguaglianza dei costumi e la vocazione religiosa, ma anche la presenza delle stesse qualità morali. Instaurato il legame tra le due nobildonne, Pico Ranuccio torna sul motivo della scrittura devota, evidenziandone un ulteriore aspetto, questa volta, tipicamente agiografico.

E disegno ho detto, perché l’intentione mia è stata non discriuere distesamente la vita sua, come che questa fatica a miglio tempo a me riseruo, o piu tosto ad altro ingegno più

spedito, e pronto del mio, ma si bene di ombreggiare in parte le sue virtù, le quali sono invero tali, e così ammirabili, che meritano da maestreuole mano d’essere con leggiadro minio, o con ben colorità pittura perfettamente rappresentate65.

L’autore non si limita a riportare scrupolosamente il risultato che vien fuori dalla ricerca, ma opera una selezione minuziosa del materiale a disposizione, intervenendo all’interno del testo, preferendo la narrazione di alcuni argomenti rispetto ad altri e specificando la volontà di non voler aderire tanto al fatto storico, quanto alla celebrazione della virtù. Parlando delle qualità morali di Isabel la scrittura, troppo inappropriata, cede il posto al leggiadro minio e la penna ruvida del burocrate si trasforma in pennello mosso da mano esperta e precisa. La conclusione rispolvera l’immagine dell’omaggio cortese, infatti l’autore affida il suo

piccolo, & humile dono alla giovane monaca, come esempio e modello

da seguire.

3. 4. Un proemio esemplare.

L’esemplarità è invece il motivo principale del prologo della Vita del gesuita Giacomo Fuligatti. Isabel appare come un personaggio polimorfo, aderente alle varie situazioni ed utile per ogni categoria di donna, infatti è conueniente, che possano essere ad ogni sorte di persone

di qualsiuoglia stato, forma, e regola di perfette operazioni. La regina

santa si propone come modello adatto a donne di ogni età e condizione, siano esse giovani o vecchie, maritate o vedove, ricche o povere, in ognuna di esse è rintracciabile una virtù presente anche nella condotta di Isabel.

Possono le Vergini apprendere purità, & innocenza di costumi: le Maritate forte mansuetudine per caminar vnitamente sotto il giogo del santo matrimonio: le Vedoue con gl’irreprensibili costumi, pietà, e beneficenza: le persone sacre, e dedicate à Dio, il total disprezzo delle cose mondane; e finalmente li gran Principi sante, e vere ragioni di stato, per lo stabilimento della pace, e bene vniversale66.

65 Ivi.

Ben più fastoso è l’incipit presente ne La Reggia. Il domenicano crea un grande apparato di immagini per inaugurare la sua biografia, scomodando dèi e personaggi mitologici, facendo riferimento ad eventi storici vicini, descrivendo luoghi geografici lontani ed inserendo perfino i sapori e gli odori delle spezie appena giunte dalle colonie portoghesi.

La narrazione comincia con un breve riferimento alle altre sante omonime commemorate dalla tradizione cattolica: Elisabetta madre di Giovanni Battista ed Elisabetta di Turingia. Successivamente l’autore si sofferma sull’elogio del nome ‘Elisabetta’, nel quale sono già presenti le qualità morali necessarie al raggiungimento della santità.

Infatti, quest’Elisabette, sono molto fauorite dal Cielo. Direi: perché non può tramandare, che raggi di santità il nome di colei, che meritò di essere l’Aurora, di chi fu il Lucifero del Sole eterno67.

È un’eredità prettamente spirituale quella trasmessa con l’imposizione del nome. L’elogio della virtù si accompagna ad un sopraffino gioco di luce, in cui ogni elemento narrativo rimanda alla sfera della luminosità e del chiarore: Cielo, raggi, Aurora, Lucifero e Sole sono particolari che conferiscono lucentezza al racconto. Concluso il preambolo iniziale, l’autore torna ad essere il protagonista della scena spiegando il motivo per cui si dedica alla scrittura della vita di Isabel del Portogallo.

Io, di due altre, in conformità della mia debolezza, v’hò abbozzato, mio Lettore, l’eccellenze; questa sarà la terza. Si suol dire, che difficilmente si rompe una fune triplicata: così, se voi con l’ossequio, e l’imitazione, vi procaccierete di queste tre Principesse l’autoreuol patrocinio, malagevolmente si stracceranno dal sempiterno Regnante que’ memoriali, che gli porgerete, fermati dalla loro mano68.

L’Io narrante, posto in positio princeps, emerge chiaramente nella narrazione ed è la prima parola che salta all’occhio del devoto lettore. Una scelta ardita che, anche in questo caso, viene bilanciata dal riutilizzo della tanto consueta quanto scontata immagine dell’inadeguatezza e

67 La Reggia, p. 83. 68 Ivi.

dell’incapacità di assolvere un compito così arduo. Nel tentativo di

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