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L'AEROPORTO TORINO-CASELLE

E' rilievo di fatto non contro-verso quello che — a sopperire alla minorazione derivante a T o -rino dalla sua geografica ubica-zione e dal complesso di insuffi-cienze dei servizi trasporti — sia indilazionabile ed indispensabile dotare un centro industriale e commerciale di tanta importan-za di un capace ed attrezimportan-zato aeroporto, onde reintegrare T o -rino ed il Piemonte tutto al cen-tro dei traffici della media Eu-ropa.

E' altresì notorio che l'attuale aeroporto funzionante sia ina-datto alle esigenze dei servizi tu-ristici e di traffico, e per la in-sufficienza della pista di cui di-spone e per l'attrezzatura dei servizi inadeguati alle necessità dei trasporti merci e viaggiatori. E' merito dell'ing. Lora Totino e del senatore Negarville avere per primi impostato il problema dell'aeroporto torinese e di ave-re efficacemente operato per la sua risoluzione : il che non è cer-to benemerenza trascurabile ove si tenga debito conto delle difcoltà soprattutto inerenti al fi-nanziamento di una tale opera, molto laboriosamente risolvibili nelle dure attuali contingenze.

Riteniamo — e la nostra affer-mazione ci appare fondata — che il problema dell'aeroporto di Caselle sia finalmente passato dalla fase di discussione e di ela-borazione a quella di attuazione e di intrapresa di lavori. Ciò ra-gionevolmente si deve desumere dal fatto che l'ing. Lora Totino di tale progetto ha fatto detta-gliata relazione ed il Sindaco di Torino, dottor Coggiola, sia in sede consigliare, sia con dichia-razioni alla stampa, ha confer-mato l'attualità della realizza-zione dell'aeroporto.

La relazione tecnico-finanzia-ria fatta dall'ing. Lora Totino alla Camera di Commarcio di Torino ebbe, dopo ampia discus-sione, approvazione dal numero-so e qualificato uditorio e si con-cluse in un ordine del giorno che

Qui a fianco: la pianta del-l'aeroporto progettato.

— accettando la impostazione tecnica del progetto — ne au-spicava la pronta attuazione. In recente seduta consigliare il Sindaco di Torino dichiarava che — rimasta accertata la produt-tività della spesa in sede di ge-stione e cioè che l'afflusso sul costruendo aeroporto di congruo numero di linee e di apparecchi ne garantiva la tranquillità sot-to il profilo finanziario — si sta-va di conseguenza operando a da-re corso all'attuazione senza ul-teriori remore.

Il progetto dell'aeroporto di Caselle è del noto tecnico aero-nautico ing. Tullio Ibba, con la collaborazione dell'architetto Ve-ra Basolo Bruno.

Ma prima di scendere a suc-cinta illustrazione del progetto riteniamo opportuno spiegare le ragioni per le quali è stata prescelta la località di Caselle T o -rinese.

E' chiaro che la scelta di una località per un aeroscalo debba sottostare a norme di carattere tecnico e a ragioni di ordine eco-nomico e soprattutto delbbansi rispettare le norme fissate all'uo-po dalla I.C.A.O.

Tali norme richiedono che la località prescelta sia il meno pos-sibile soggetta a nebbia e a ven-ti forven-ti, collocata in zona adatta, cioè in zona assolutamente sgom-bra da ostacoli per 300 mt. tutto intorno alla pista, e dove nessun ostacolo sporga al disopra dei piani inclinati e orizzontali, detti piani dei 46 e 450 mt. (vedi illu-strazione nel retro).

La località di Caselle risponde in modo soddisfacente a tutti questi requisiti e — anche per-chè situata nelle vieiiianpe di Torino e fornita di comodo al-lacciamento con servizi automo-bilistici e ferroviari — è stata da tutti e senza contrasti ritenuta la località più adatta.

D'altra parte è noto che Tori-no, così come è ubicata fra col-line e barriere di rilevanti al-tezze, dava luogo a gravi proble-mi a risolversi per l'attrezzatura di un grande aeroporto nelle pro-prie adiacenze: solo Caselle

con-sentiva piste di atterraggio di oltre 2 km., le quali venissero a trovarsi nel bacino formato dai coni di avvicinamento e senza in-cidere sull'area delle linee dei 46 e 450 mt.

Il progetto prevede in un pri-mo tempo la costruzione di una sola pista in cemento armato di circa 2000 mt. ed i servizi di sta-zione strettamente indispensabi-li: successivamente, con i pro-venti della gestione, verranno costruite, per lo smaltimento del maggiore traffico, altre tre piste — una parallela e due trasversali alla principale — di lunghezze varie dai 1400 ai 1700 mt., e tut-ti gli altri servizi di conforto ne-cessari ad un buon scalo aereo.

Le spese di prima fase di co-struzione ammonteranno a 500 milioni e saranno sopperite per 300 milioni dal Comune di To-rino e per gli ulteriori 200 da un gruppo di finanziatori.

L'aeroporto di Caselle che co-situirà una grande risorsa per il Piemonte — sia per il turismo che per il trasporto di merci pregiate e cioè di merci di valore superiore alle lire 500 per kg. sarà giornalmente e direttamente collegato con l'aeroporto di Gi-nevra, che è uno dei massimi del Centro-Europa.

Sin dall'inizio l'aeroporto di Ca-selle ospiterà un minimo di 25 apparecchi giornalieri, ma e fa-cile prevedere cfie prontamente si attuerà un sempre maggiore af-flusso di linee ,ai apparecchi, per cui diventerà il più importante della zona Padana appena ver-ranno constatati i pregi della sua pista e dei suoi servizi.

Non possiamo dhe auspicare che si intraprendano i lavori al più presto e che tutti coloro i quali a tale opera debbono con-correre (privati, banche, enti provinciali, Comuni) vedendone con lungimiranza l'urgenza e l'importanza sappiano eliminare ogni ulteriore dannoso indugio. REMELL

Nel retro: la sezione sull'asse della pista principale.

R O S A D E I V E N T I

A N D A M E N T O SFAVOREVOLE DEL COMMERCIO ESTERO INGLESE

L'Inghilterra è ben lontana dall'aver ricondotto la sua bilan-cia mercantile a quell'equilibrio, a cui tendono gli sforzi dei suoi governanti dal 1945, Se, infatti, i suoi scambi con l'estero doves-sero mantenere la cadeìiza

segna-ta nei primi mesi del 1948, la bi-lancia commerciale di quest'an-no verrebbe a chiudersi con un saldo passivo di 2 milioni di Mer-line, che, se avranno efficacia le restrizioni alle importazioni e gli incoraggiamenti alle esportazioni ultimamente disposti, potrà iut-t'al più ridursi alla sempre ri-spettabile misura di 1, 2 miliardi,

ufficialmente preventivata. Al persistente disavanzo com-merciale, l'Inghilterra continua a far fronte consumando le proprie riserve in oro e in divisa e con-traendo con l'estero nuovi debiti che, sommati a quelli contratti durante la guerra, fanno salire la sua esposizione debitoria verso il resto del mondo, Domini com-presi, a più di 22.500 milioni di dollari, per una parte dei quali i paesi creditori già chiedono insi-stentemente il rimborso.

Poiché i soccorsi E.R.P. non basteranno a procurarle le dispo-nibilità in dollari che le occorrono per equilibrare la sua bilancia commerciale, l'Inghilterra va sol-lecitando i paesi, con i quali ha stipulato accordi bilaterali, ad

al-largare i margini di elasticità previsti dai conti reciproci di con-pensazione, così da poter usu-fruire di maggiori agevolazioni creditizie. Ciò le riuscirebbe senza dubbio più facile se si disponesse ad attenuare quella rigida de-marcazione fra beni e servigi senziali e beni e servigi non es-senziali, sulla quale è regolato il suo traffico con l'estero: se, in altri termini, accettasse di uti-lizzare una più larga parte delle linee di credito ottenute dai paesi : corrispondenti in acquisti non es-senziali, e per contro concedesse ai suoi creditori di spendere una più larga parte dei loro crediti in acquisti essenziali sul mercato bri-tannico. Ma siffatte concessioni alle \comprensibili esigenze dei paesi che intrattengono rapporti commerciali col mercato inglese implicherebbe, per la Gran Bre-tagna, una deviazione dalle linee direttrici della sua politica eco-nomica interna, il cui successo è condizionato a una ben definita composizione non solo quantita-tiva, ma anche qualitaquantita-tiva, dei commercio estero, alla quale per-tanto, essa non intende rinun-ciare. Così, per volerg la botte piena e la moglie allegra, il go-verno inglese finirà per non otte-nere ne l'uria nè l'altra cosa:

non l'auspicato incremento del commercio estero, dal quale at-tende alimento il suo apparato produttivo; non l'espansione della produzione, senza la quale diffi-cilmente le riuscirà di ristabilire l'equilibrio della propria bilancia commerciale con l'estero.

I C O N S U M A T O R I INGLESI E LA FRUTTA ITALIANA

Anche l'Italia deve lamentare i criteri eccessivamente restrit-tivi adottati dalle autorità econo-miche inglesi nella determina-zione delle merci ammesse alla importazione ¡dall'Italia.

Nell'ultima riunione del Co-mitato economico permanente italo - britannico, l'Italia, fatto constare che i limiti fissati dai vigenti accordi per i reciproci mo-vimenti di merci cosiddette « non essenziali » sono troppo esigui e che i rapporti commerciali fra i due paesi ne risultano soffocati, ha chiesto òhe fosse intanto al-largato il contingente delle pro-prie esportazioni di frutta e di altri generi alimentari verso il Regno Unito. I delegati britan-nici si sono fermamente mante-nuti sulla negativa, dichiarando però che avrebbero potuto accor-dare l'agevolazione richiesta solo a condizione che l'Italia si impe-gnasse a promuovere e mante-nere sul proprio mercato libero dei cambi l'allineamento della sterlina al dollaro (cross-rate) sulla base della parità di 4,03 dollari per sterlina fissata dal Fondo monetario internazionale.

Dato che sul mercato libero delle divise la sterlina è assai al di sotto della parità ufficiale col dollaro, l'Italia, per accondiscen-dere alla richiesta britannica, dovrebbe farne salire notevol-mente la quotazione interna, col risultato che ne verrebbero for-temente stimolate le esportazioni verso l'area della sterlina e de-presse invece quelle verso l'area del dollaro: onde una diminu-zione delle disponibilità in dollari e un aumento di saldi in sterline inconvertibili, per smobilitare i quali il governo italiano dovrebbe accollarsi la differenza tra la quo-tazione nominale e il potere di acquisto reale della sterlina. Do-vrebbe, cioè, pagare in parte non trascurabile la frutta consumata dagli austeri cittadini inglesi.

STAFFORD CRIPPS C O N T R O DAVIDE RICARDO

Il discorso sul commercio este-ro del Regno Unito ci porta, a considerare un altro aspetto sfa-vorevole della sua bilancia com-merciale: il diverso comporta-mento dei prezzi all'importazione e all'esportazione.

Secondo i dati offerti dal sup-plemento statistico di The Eco-nomist, il numero indice dei

prez-zi delle importaprez-zioni complessive e di quelli relativi ai generi ali-mentari, alle bevande e al tabac-co seno aumentati dell'I per cen-to da maggio a giugno. Per il ter-zo mese successivo, la voce che ha dato più alimento alle impor-tazioni è stata quella delle mate-rie prime, l'indice delle quali è salito in giugno del 2 per centg. L'indice dei manufatti importati è rimasto, da maggio a giugno, pressoché invariato, al pari del-l'indice generale delle esportazio-ni, nelle quali un aumento del 2 per cento nei tessili può ritener-si compensato da una leggera di-minuzione nei prezzi dei prodotti metallici e dei manufatti vari.

Negli ultimi quindici mesi, ì prezzi delle importazioni sono au-mentati del 24 per cento, e quel-li delle esportazioni solo del 16 per cento. Tra le merci d'impor-tazione, le materie prime col 38 per cento e il tabacco col 29 per cento hanno segnato i maggiori aumenti; per le esportazioni, gli aumenti sono stati pressoché uni-formi per tutte le voci.

Siffatto divario fra l'andamento dell'indice dei prezzi all'importa-zione e quello all'esportaall'importa-zione de-nota la debolezza dei prezzi rica-vati dalla vendita all'estero dei prodotti britannici: debolezza confermata, d'altronde, dal vo-lume crescente delle « frustrated exports » cioè dei prodotti fab-bricati per l'esportazione che non trovano collocamento all'estero. Gli esportatori inglesi stanno brigando per essere autorizzati a vendere all'interno quei prodotti che i mercati esteri, per ragioni di prezzo o di qualità, non inten-dono assorbire; ma il governo in-glese non sembra commuoversi a tali sollecitazioni, accogliendo le quali comprometterebbe l'esito dei piani commerciali sapiente-mente elaborati dal signor Cripps. Fu proprio un inglese, il Ricardo, a dimostrare che un paese im-porta ed esim-porta in ragione dei divari esistenti nei rapporti fra i propri costi e quelli degli altri paesi. Il signor Cripps non ne fa caso, e vorrebbe che anche « the rest of the world » dimenticasse l'insegnamento del grande eco-nomista britannico, oltre che il proprio interesse, per accettare le sue esportazioni pianificate a prezzi pianificati. Ma il resto del mondo, pur se talvolta soggioga-to dal prestigio britannico e di-mentico del proprio tornaconto, finisce per restar fedele a Davide Ricardo ed al suo non ancor tra-montato principio.

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