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Per l’analisi del repertorio e per tentare di ridisegnare il profilo stilistico di Aurelia ed Eularia è inevitabile affidarsi alle congetture suggerite dai canovacci e dalle pubblicazioni a stampa. Le caratteristiche dei personaggi, dei loro sentimenti e azioni possono essere studiate sulla base della trama, del contesto drammatico e, quando possibile, della volontà autoriali. Essendo attore e spettacolo irriproducibili, lo studioso potrebbe finire anche per dimenticarsi di loro e dedicarsi esclusivamente alla letteratura drammatica. La storia degli attori e della recitazione invece, di fronte alla drammaturgia, tenta di riconoscere e rivalutare il contributo degli interpreti al processo creativo. Testi e personaggi funzionano come fonte per la ricostruzione della rappresentazione, della personalità dell’attore e della sua recitazione così come, viceversa, la conoscenza di attore e stile recitativo possono aiutare a spiegare determinate scelte testuali.

Nel secolo successivo, Carlo Goldoni avrebbe affermato riguardo alla propria produzione teatrale: «i due libri su’ quali ho più meditato, e di cui non mi pentirò mai di essermi servito, furono il Mondo ed il Teatro»1; la sua dichiarazione, apparentemente semplice alla comprensione, velava in realtà un meccanismo complesso. Che egli osservasse la vita fuori e dentro i palchi è chiaro. Che nel libro Teatro vi fossero in realtà pagine del libro Mondo, ad esempio le persone, ovvero gli attori, è altrettanto indubbio. È forse la deduzione che ne deriva che non sembra altrettanto scontata quanto la sua importanza meriterebbe, ovvero che pagine di quel Teatro si sottraevano, si sparpagliavano e poi rifluivano continuamente in quel Mondo ed erano costituite principalmente, di nuovo, dagli attori. Se, nell’analisi della drammaturgia, è auspicabile riconoscere responsabilità e meriti degli interpreti, ovvero dei rappresentanti del Mondo, c’è da chiedersi quanto utile sia l’indagine sugli stessi come parte di Teatro che popola quel Mondo: ribaltare cioè lo sguardo, dimenticarsi dell’attore-personaggio ed andare alla ricerca dell’attore-cittadino. I documenti che riguardano la vita degli attori possono restituire loro parte di quelle carne e ossa di cui erano fatti? Possono convincere lo studioso della loro avvenuta esistenza su questa terra? La domanda è retorica, perché questa è la linea di ricerca seguita finora.

1 C. Goldoni, Prefazione dell’autore alla prima raccolta delle commedie, in Le commedie del Dottore Carlo

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Vale la pena ripetere che letti solo su di un canovaccio o su di un testo che racconta i protagonisti del teatro comico italiano in Francia, i nomi di Aurelia ed Eularia sono poco più che tali. Sono da considerare, giustamente, solo come personaggi e vivono nel mondo che è loro proprio: il testo. La firma delle due attrici in un documento d’archivio, una lettera, un contratto è la prova o la smentita di quel che si poteva pensare su di loro, come se dal passato, attraverso i documenti, chiedessero giustizia per quello che sono state, per la loro vita nel mondo reale. Quelle carte sono vive e sottraggono per un attimo Aurelia ed Eularia al Teatro, restituendole al Mondo, o per lo meno a quel po’ di Mondo che, come insegnerà Goldoni, esiste anche nel Teatro.

In archivio, le notizie sugli attori della commedia dell’Arte, nel corso del Seicento, si mimetizzano nella fitta foresta dei documenti inutili. In generale, non esistono fondi o raccolte esaurienti che contengano tutto quel che c’è da sapere su un attore o su di una compagnia. Se la maggior parte dei canovacci è andata perduta, ancora più lacunosa è la disponibilità di documenti che attestino vita, movimenti e affari delle compagnie e dei loro comici. Quel che si riesce a trovare è, inevitabilmente, solo una piccola parte di ciò che è stato2.

Il repertorio documentario più esauriente sugli attori italiani in Francia, tra la fine del Cinquecento e il primo Ottocento, resta a tutt’oggi quello di Émile Campardon3. Si aggiungono i lavori promossi direttamente dalle Archives nationales de Paris4 e le singole ricerche di studiosi apparse in articoli e monografie. Per quanto riguarda le fonti religiose invece, è molto utile il regesto dei registri delle parrocchie parigine condotto da Augustine Jal5. Che dagli archivi della capitale francese sia emersa una quantità maggiore di documenti non deve però stupire né ingannare. Questo non significa che la documentazione in Italia sia minore o che non sia presente per determinati periodi. Mentre gli atti di carattere notarile, stilati nei diversi quartieri della Parigi sei e settecentesca, sono stati infatti riversati nel fondo nazionale parigino, quelli italiani restano conservati negli archivi di Stato delle diverse città, a riflettere le differenti realtà storiche, politiche e

2 Tanto per fare un piccolo esempio, il recupero di un testamento non esclude la presenza di un altro

testamento, precedente o successivo. Si veda il caso di Isabella Franchini che ne dettò almeno tre. Cfr. MONALDINI 1996.

3 Cfr. CAMPARDON 1970.

4 Tra le pubblicazioni utili per la ricerca sugli attori: Documents du Minutier central concernant l’histoire

littéraire 1960 e Le théâtre professionnel à Paris 2000.

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territoriali seicentesche6. Non solo, il recupero più numeroso di documenti a partire da una certa data potrebbe avere motivazioni diverse e opposte: da un lato, non permette di affermare che in precedenza non ne siano stati redatti dello stesso tipo né, viceversa, di escludere un’effettiva tendenza storica e sociologica che, da un determinato momento, ha portato alla ricchezza di una tipologia di documentazione. A tal proposito è utile ricordare che, nel corso del Seicento, i cittadini ricorrevano al notaio molto spesso7. Come i francesi, gli attori italiani presenti a Parigi si recavano nello studio notarile collocato nel quartiere dove risiedevano. I quartieri facevano capo ad una parrocchia e sugli atti notarili si indicano le vie di residenza. Brigida Fedeli, ad esempio, appare in alcuni atti come «demeurante rue du Petit-Lion parroisse Sainct Sauveur»8. Ugualmente, si rivolgevano al parroco della stessa parrocchia per battesimi, matrimoni e sepolture9. Un aumento del numero di atti a partire dagli anni ’80 del secolo e la lunga scadenza degli accordi in essi contenuti dimostrano, più della diminuzione dei viaggi in Italia, la stanzialità della comunità attoriale italiana a Parigi. Gli attori chiedono prestiti, vendono e investono con la consapevolezza che saranno ancora presenti quando verrà il momento di restituire, godere dei guadagni e reinvestire.

Non a caso, sono gli stessi anni ottanta che li portano a beneficiare delle lettres de

naturalité10. Nel 1680 il Re di Francia riconosce che i suoi «bien-aimés Dominique Biancolelly et Ursule Cortessy, sa femme», dopo diciotto anni, «se sont habitués en notre royaume et nous ont rendu et rendent encore leurs services dans la trouppe de nos comédiens italiens». Pertanto afferma: «reconnoissons, tenons, censons, réputons par ces présentes signées de notre main, pour nos vrais, naturel sujets et regnicoles» concedendo loro di «continuer leur demeure en nostre ville de Paris et autres villes et lieux de notre dit royaume qu’ils désireront, jouir des privilèges, franchises et libertés dont jouissent nos

6 La legge francese del 14 marzo 1928 ha autorizzato i notai a depositare presso le Archives nationales (di

Parigi e de la Seine) e presso le Archives départementales (per tutti gli altri dipartimenti) i rispettivi fondi d’archivio che avessero più di 125 anni.

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Sulla creazione e organizzazione del fondo del Minutier Central des notaires de Paris si rimanda alla sua presentazione sul sito internet delle Archives nationales de France. Nel corso del Seicento infatti, si ricorreva al notaio anche per registrare contratti d’affitto e di società, prestiti, quietanze etc.

8 Il documento da cui è tratta la citazione è un prestito del 16 luglio 1686, conservato in ANP, MC, Étude

CXIII, f. 131, cc. nn., in MIGLIORI 1973, pp. 112-113.

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L’abitudine era infatti quella di rivolgersi al parroco della parrocchia di residenza, ma potevano capitare delle eccezioni. Nel 1669, Marc’Antonio Romagnesi (Cinzio) fece battezzare la figlia Charlotte-Marguerite a Saint-Eustache. Jal precisa che l’attore aveva scelto quella parrocchia senza cambiare via di residenza. Cfr. JAL 1872, p. 1082.

10 Con la lettre de naturalité gli stranieri potevano godere di due diritti che gli erano altrimenti preclusi: fare

testamento ed ereditare. I loro beni immobili erano altrimenti vincolati dai diritti di albinaggio, ovvero alla confisca da parte del sovrano. Questo accadeva in caso di morte del soggetto o, ad esempio, in caso di guerre tra il paese ospitante e quello da cui egli proveniva. Cfr. a tal proposito SAHLINS 2000.

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vrais et originaires sujets»11. Ai Biancolelli seguirono, nel 1683, Angelo Lolli e sua moglie Patricia Adami12; nel 1685, Brigida Fedeli, Marc’Antonio Romagnesi, Tiberio Fiorilli e suo figlio Silvio13; nel 1688, Michelangelo Fracanzani e famiglia14. Oltre ai riconoscimenti riservati loro dalla naturalizzazione francese, gli attori sentirono che con tale atto avrebbero potuto gestire vita e affari più liberamente ed iniziarono ad organizzare il proprio lavoro con una diversa consapevolezza. Si trovavano ormai in una città di cui conoscevano quella parte di consuetudini e legislazione che sarebbe servita loro per vivere; abitavano una terra sempre meno ʽstranieraʼ.

Come già ricordato, le tournées degli italiani erano state volute e sovvenzionate dalla corona francese e gli attori goderono sempre della protezione reale15, la quale andò poi scemando sul finire del secolo, fino alla cacciata da parte del sovrano nel 1697. La struttura della compagnia si era però, col tempo, modificata. Negli anni in cui furono redatti gran parte dei documenti presi in considerazione - gli ultimi venti del secolo - i

comédiens italiens si esibivano ormai in una sala pubblica per accedere alla quale era

previsto il pagamento di un biglietto16. Tra gli attori, alcuni continuavano o iniziavano ad essere apprezzati più di altri, ricevendo particolari ricompense ed omaggi da parte del sovrano, ma la compagnia era una realtà stabile, organica e, pur nell’inadeguatezza di un termine che forza senz’altro il concetto, ʽautosufficienteʼ. Da questa particolare doppia natura nascevano diritti e obblighi che potevano riguardare il singolo come il gruppo e che dovevano essere regolati, normalizzati e registrati.

Per quelli relativi alla loro vita professionale e in base a questa doppia conformazione mecenatesca e commerciale, la necessità per la compagnia di contratti o di regolamenti poteva rispondere alla richiesta dello stesso Re o rispecchiare un’esigenza

11 L’atto è trascritto anche da CAMPARDON 1880, pp. 68-69. Lo segnalo, ripetuto, anche nei Registres des

lettres patentes et arrêtes (cfr. ANP, Z1F, 606, cc. 23v-24r e cc. 27v-28r).

12 Cfr. CAMPARDON 1880, vol. I, pp. 295-296. 13

Tutte le naturalizzazioni sono registrate nel fondo ANP, Z1F, 607. Per Fiorilli e Romagnesi cfr. CAMPARDON 1880, vol. I, pp. 233-234 e vol. II, p. 108. Per la Fedeli si veda inoltre l’autorizzazione conservata in ANP, O1* 29.

14 L’atto è conservato in ANP, Z1F, 608, cit. in CAMPARDON 1880, vol. I, pp. 236-237. 15

Il favore regale e della corte appare anche da alcuni atti di tipo religioso. Anna d’Austria e Mazzarino furono padrino e madrina, per delega, di Luigi, figlio di Tiberio Fiorilli e Isabella del Campo, battezzato l’11 agosto 1644 nella chiesa di Saint-Germain l’Auxerrois. Luigi XIV lo fu nel 1666, sempre per delega, e come già ricordato, di un altro Luigi, figlio di Orsola Cortesi e Domenico Biancolelli.

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Come ricostruito nel paragrafo II. 3, nell’aprile del 1673, il Re aveva assegnato a Lully la Sala Richelieu del Palais Royal, costringendo gli attori italiani e francesi ad andarsene. Le due compagnie si erano trasferite nella sala della vecchia Opéra di Cambert, all’Hôtel de Guénegaud, rue Mazarine. In seguito alla creazione della Comédie-Française che ottenne l’Hôtel de Guénegaud nell’agosto 1680, gli italiani si spostarono all’Hôtel de Bourgogne.

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interna alla troupe. Del primo caso l’esempio più significativo è il Règlement di quattordici articoli che Madame Dauphine volle dare alla compagnia nel 168417. In altri casi invece, gli attori crederono utile fissare e registrare un ordinamento che, in quanto insieme di professionisti, li tutelasse dalle ingiustizie e permettesse loro di ben sfruttare i proventi del lavoro. Rispettando ed aggiornando i principi della «fraternal» compagnia cinquecentesca18, la Comédie Italienne vide una gestione economica che pur con le dovute ed immancabili eccezioni e pur essendo destinata ad esaurirsi, dimostrò la funzionalità e l’efficacia di un’organizzazione imprenditoriale ʽdi gruppoʼ.

Alcuni atti conservati presso le Archives Nationales di Parigi, tra cui contratti, convenzioni e regolamenti, sono stati riscoperti e trascritti da Anna Migliori19. Il loro contenuto ha fatto luce sulle dinamiche associative e regolamentari della compagnia italiana e sull’evoluzione, nel tempo, delle stesse. Uno degli aspetti più interessanti è quello che riguarda la pensione degli attori. Nell’aprile 1683, un contratto firmato da Tiberio Fiorilli, Geronimo Cei, Angelo Lolli, Marc’Antonio Romagnesi (Cinzio), Domenico Biancolelli, Giovanni Andrea Zanotti e da Brigida Fedeli, Orsola Cortesi e Patrizia Adami stabilisce che ai pensionandi e agli eredi di un attore morto prima del ritiro la compagnia debba pagare cinquecento lire. La stessa cifra sarà addebitata ai sostituti degli stessi e, in generale, ai nuovi scritturati. È interessante sottolineare due aspetti. Il primo è che Aurelia, Eularia e Diamantina, che nel paragrafo precedente erano apparse come i tre personaggi femminili che spalleggiavano i lazzi di Arlecchino, in questo documento appaiono finalmente come la Fedeli, la Cortesi e l’Adami, ovvero come delle persone identificate con il loro nome anagrafico e uniche donne firmatarie del contratto. Il denaro su cui si decideva era quello per il mantenimento delle loro famiglie e derivava dal lavoro di tutti i giorni, quello che portavano avanti, con passione e fatica, da anni. Di fronte ad un canovaccio si può discutere, congetturare e persino inventare. Davanti ad un contratto quelle idee si arricchiscono di fatti, dalle nuvole tornano sulla terra, perdendo forse di magia, ma acquistando in concretezza.

Il secondo aspetto è il modo in cui la pensione veniva calcolata. Essa era stata ricavata stimando il valore della parte di attrezzatura che apparteneva, mediamente, ad ogni attore: quella quota rappresentava «sa part des despences faictes et à faire par ladite trouppe pour touttes les hardes, habits, décorations, chandeliers de cristal, peintures,

17 Il regolamento è conservato in ANP, O1 847 e trascritto in CAMPARDON 1880, vol. II, pp. 225-230. 18 Uno dei primi contratti associativi di una compagnia di attori professionisti, che risale al 1545, è infatti

preso come data di inizio della commedia dell’Arte. Cfr. FERRONE 2014.

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menuiserie, bois et autres choses semblables servans aux représentations des comédies»20. Tredici anni dopo, nel 1696, una convenzione registrava l’aumento della quota d’entrata e d’uscita, innalzata a 1500 lire, con due importanti precisazioni. La convenzione non avrebbe potuto essere «revoquée à la pluralité des voix, pour quelque cause, raison et pretexte que ce puisse estre, à moins que tous ceux qui l’auront signé, n’en signent le désistement et revocation»21, in altre parole, all’unanimità. In secondo luogo, la somma poteva essere ricavata anche dai profitti delle commedie. Come a dire che di queste, idealmente divise, un spicchio uguale apparteneva ad ogni singolo attore.

Il 26 aprile 1691, si dà ordine agli attori di pagare 1500 lire a Orsola Cortesi, vedova Biancolelli, con le motivazioni che seguono:

ainsy qu’ils en sont convenus pour son remboursement de la part et portion que ledit feu son mary a payé et advancé pour le théâtre, décorations et autres choses qui servent à présent à ladite troupe. Pour le payement de laquelle somme il sera retenu 500 livres pendant trois mois à commancer du premier octobre prochain sur les parts de ceux qui ont signé ladite convention. Et à l’egard des acteurs nouveaux qui son entréz depuis et qui n’ont point payé les quinze cents livres qu’ils sont tenus de payer pour les dépences du théâtre en entrant dans la trouppe, il sera retenu la moityé du profit de chacun desdits acteurs ou actrices jusqu’au payement de ladite somme de 1500 livres chacun22.

Arlecchino era morto nell’agosto 1688 mentre la prima convenzione risaliva al 1683. Si intuisce che non tutti gli impegni presi venivano mantenuti altrettanto celermente quanto gli accordi imponevano23. Giustizia e solidarietà teoriche avevano necessità di un supporto e di un ritorno economico costante per essere messe in pratica. Il dottore della

troupe, Angelo Lolli, ad esempio, riuscì ad ottenne il completo pagamento della pensione,

a rate, solo dopo tre anni dal suo ritiro24.

20 La convenzione del 29 aprile 1683 è conservata in ANP, MC, Étude XV, f. 292, cc. nn., trascritta in

MIGLIORI 1973, pp. 101-105. La citazione si trova a p. 103.

21 Regolamento del 12 gennaio 1696, in ANP, MC, Étude XV, f. 346, cc. nn., in ivi, pp. 131-133. La

citazione è a p. 133.

22 Pagamento ad Orsola Cortesi del 26 aprile 1691, in ANP, O1, 846, cc. nn., in CAMPARDON 1880, vol. I, pp.

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Nella convenzione si era precisato infatti «que, pour plus grande seureté et accélerer davantage le payement desdites quinze cens livres a esté convenu que celuy desdits comédiens ou comédiennes qui se retirera, ses ayans cause, les héritiers des décédez ou leurs ayans cause, faute de payement de ladite somme de quinze cens livres, dès le lendemain de ladite retraite ou ledit déceds arrivé, auront et retireront du produit des comédies qu’on jouera journellement la parte et portion dudit comédien […] comme si ledit comédien estoit toujours de leur troupe […]». Cfr. sempre MIGLIORI 1973, p. 133.

24 Cfr. l’obbligazione del 7 settembre 1696, in ANP, MC, Étude XV, f. 349, cc. nn., trascritto in MIGLIORI

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Il sistema delle pensioni e della ʽcomunione di robbeʼ non era comunque, di per sé, rivoluzionario perché già invalso nelle compagnie francesi25. Inoltre, anche quelle della penisola si muovevano con un’attrezzatura di base che, in fondo, apparteneva a tutti e a nessuno. Con questi contratti però, l’abitudine si ufficializzava. «En execution des ordres qui leur ont esté prescripts par Sa Majesté et pour prevenir les contestations qui pouroient naistre entr’eux»26, per i comédiens italiens la consuetudine diventava legge, che la rispettassero o meno. Con una sala di riferimento27, con una pensione basata sul valore delle attrezzature e con un’equiparata divisione dei profitti delle commedie, il Re riconosceva di fatto una ʽproprietàʼ italiana in Francia. Da questo punto di vista, anche se gli attori continuavano a viaggiare, il loro radicamento era ormai oggettivo.

Naturalizzazione e contratti quindi avvicinavano sempre più il profilo sociale e professionale degli attori italiani a quello dei francesi i quali, quando non ne erano danneggiati, di certo non ne traevano neanche alcun beneficio. La competizione nel repertorio era stata fertile, senza nuocere troppo ai rispettivi guadagni, ma negli anni i comici italiani avevano dovuto accettare diverse condizioni: condividere una sala, spostarsi per lasciarla ad altri, ridurre musica, balletti etc. Erano stati redarguiti perché l’italiano delle loro performances aveva lasciato sempre più campo al francese. I loro spettacoli comici e irriverenti, le loro satire e parodie stavano sul confine del repertorio francese, ma non dovevano superarlo. Di nuovo, la concorrenza era stimolante, purché les étrangèrs si contenessero nelle scelte repertoriali e in quelle scenografiche.

Se negli anni settanta il più francese degli italiani, ovvero Lully, aveva ottenuto la limitazione delle libertà musicali e danzate dei compatrioti28, che pur erano state introdotte in Francia dagli stessi, l’onda restrittiva li obbligò in seguito anche ad un uso moderato degli apparati macchinistici, da essi ugualmente promosso. Anna Migliori trascrive documenti risalenti al 1680, relativi ad una causa intentata dai francesi di La Grange contro

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Migliori ricorda che tale sistema era seguito anche dalla troupe di Molière che dal 1670 prevedeva una pensione di 1000 lire (cfr. Ivi, p. 102). Cito qui la presenza di altri documenti riguardanti la troupe francese conservati alle Archives nationales de Paris sempre nel fondo Minutier, Étude CXIII, f. 125, f. 135 e f. 139.

26 La citazione è tratta dalla medesima convenzione del 12 gennaio 1696, in ivi, p. 132. 27

La sala era appunto quella dell’Hôtel de Guénegaud, in condivisione con i francesi. Gli italiani vi si esibivano i giorni straordinari, ovvero lunedì, mercoledì, giovedì e sabato.

28 In realtà, il privilegio ottenuto da Lully ebbe conseguenze per gli italiani e per i francesi perché nel 1672 la

loro musica fu ridotta a non più di «deux airs» (due voci) e «deux instruments». Cfr. DE LA GORCE 2002, pp. 173-200.

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gli italiani, sull’uso del teatro (l’Hôtel de Guénegaud) e delle macchine29. In uno di questi

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