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CAPITOLO III L’ITALIA

3.2 LA GIURISPRUDENZIA SULLE SAME – SEX COUPLES ANTECEDENTE

3.3.1 L’affidamento del minore

Prima di parlare della nuova legge Cirinnà sulle unioni civili, dobbiamo occuparci di un campo che la suddetta disciplina ignora completamente, ossia quello dei figli della coppia omosessuale, quindi, adesso parleremo di adozioni e affidamenti di minore.

Il motivo della reticenza del legislatore italiano sul tema già lo conosciamo.

È lo stesso che ha fatto sì che si arrivasse all’adozione di una legge sulle civil partnerships con così tanto ritardo rispetto al resto degli altri Paesi europei, ossia se non si parla del problema sembra che il problema scompaia, soffocando così la voce dei gruppi che agiscono in tutela dei diritti LGBT.

A differenza di quanto avvenuto per le unioni civili però, l’assordante silenzio in materia è stato rotto dalla giurisprudenza che con varie sentenze non ha scavalcato il volere del legislatore, come si potrebbe erroneamente credere, ma ha solamente coperto quei vuoti

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B.Pezzini, A prima lettura (la sent. 170/2014) sul divorzio imposto), in www.articolo29.it, 2014.

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Corte cost., sent. 11 Giugno 2014 n. 170, in Gazzetta Ufficiale 18/06/2014.

giuridici che quest’ultimo aveva deciso deliberatamente di lasciare scoperti.

Passando subito al vivo della questione, per prima cosa vediamo un caso deciso dal Tribunale per i minori di Bologna nell’Ottobre del 2013 che riguardava la possibilità per una coppia di uomini di essere indicati come legittimati ad essere temporaneamente affidatari di un minore.

Con decreto del 02/07/13 il Giudice Tutelare dichiarava esecutivo il provvedimento di affidamento di una bambina alla coppia ma, a questo atto, si oppose il P.M. secondo il quale i due uomini avevano l’intenzione di vivere l’affidamento come surrogato della genitorialità, e che tale situazione potesse essere lesiva della crescita psichica della minore.

L’articolo 2 della l. 4 Maggio del 1983 n. 84 che riguardava l’affidamento temporaneo, elencava poi quelli che erano i nuclei familiari e le persone legittimate a poter partecipare alla procedura di assegnamento, tra queste in ordine, le famiglie con figli, poi le persone singole e infine altri tipi di nuclei familiari.

Secondo il P.M. questo elenco sarebbe dovuto essere tassativo e quindi solo in ultima istanza si sarebbe potuti ricorrere ad un affidamento come quello proposto dal decreto del Giudice Tutelare.

Il Tribunale però, in linea con la giurisprudenza che nel 2013 si era consolidata sul punto (v. Trib. Palermo e Parma sullo stesso argomento), rigettò tutte le opposizioni del P.M..

In primo luogo, non risultava da nessun comportamento il fatto che i due uomini volessero utilizzare l’istituto per soddisfare la loro volontà di essere genitori, i due erano perfettamente a conoscenza della natura dell’istituto e della sua temporaneità che serviva a permettere ai minori di vivere e crescere in modo sereno laddove i genitori biologici non avessero potuto, per vari motivi, occuparsi di loro.

problemi psicologici e sociali per il minore dovuti alla crescita all’interno di un simile gruppo familiare.

Numerosi studi autorevoli sulla materia relegavano a meri pregiudizi le opinioni di coloro che a priori, senza alcuna analisi del caso concreto operata dai dipendenti dei servizi sociali, considerassero dannoso per un minore vivere in un contesto omosessuale.

Infine, l’articolo 2 non imponeva affatto un elenco tassativo al giudice che sulla base degli elementi di fatto avrebbe potuto optare per la soluzione migliore per il bambino.

Nel caso di specie fu favorito l’inserimento della minore nella vita di coppia dei due uomini perché la piccola era perfettamente a conoscenza della sua vita familiare e di chi fossero i suoi genitori biologici e quindi, se fosse stata posta in una famiglia con figli probabilmente sarebbe potuta andare in contro a confusione circa il ruolo da attribuire all’uomo e alla donna affidatari rispetto a quello dei suoi reali genitori.

Inoltre, la possibilità che una famiglia con figli vivesse in luoghi molto lontani dal suo nucleo familiare originario, impedendo così al padre alla madre biologici di poter continuare ad avere rapporti con lei ha inciso in modo definitivo sulla scelta del Tribunale che quindi, ha respinto le richieste del P.M. permettendo ai due uomini di ottenere l’affidamento temporaneo.196197

Sulla stessa lunghezza d’onda si collocò la sentenza 601/2013

della Corte di Cassazione198 che andava a chiudere una lunga vicenda giurisprudenziale circa l’affidamento del bambino al genitore omosessuale.

Nel caso in commento il figlio di una coppia di soggetti di sesso diverso veniva affidato alla madre dopo la separazione, avvenuta in

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V.Mazzotta,”Via libera all’affido temporaneo a coppia

omosessuale”, in www.personaedanno.it, 2013.

197

Trib. Bologna, 31 Ottobre 2013. 198

ragione dell’omosessualità di quest’ultima.

La situazione era abbastanza complicata, infatti, da una parte il padre, di religione musulmana e assolutamente contrario alla condotta della moglie, si era reso partecipe di un episodio di violenza nei confronti della nuova compagna della donna, traumatizzando il bambino, dall’altra parte la madre, invece, era una ex – tossico dipendente uscita da poco da una comunità di recupero.

Il padre ricorse per vie legali chiedendo che venisse affidato a lui il bambino in ragione della situazione familiare e personale che stava vivendo la madre, senza incontrare il favore dei giudici in tutti e tre i gradi di giudizio (in Cassazione tra l’altro il ricorso fu considerato inammissibile perché fondato solo su questioni attinenti al merito).

Il tribunale di primo grado, la Corte di Appello e la Corte di Cassazione concordarono con ciò che era stato accertato dai servizi sociali.

Questi riscontrarono che la madre si era ormai reinserita socialmente dopo aver superato la sua dipendenza e che il bambino non vivesse con sofferenza l’omosessualità della madre e della sua compagna né in privato né in pubblico,

Al contrario, era stato fortemente colpito dall’atto di violenza compiuto dal padre nei confronti della compagna della madre, la quale ormai faceva parte del suo nucleo familiare.

Una tale condotta aveva instillato un senso di rabbia e perdita del rispetto nei confronti del padre e quindi i giudici, valutato questo report, decisero di rigettare le richieste dell’uomo che furono considerate fondate soltanto sulla base di un pregiudizio (termine testualmente riportato a pagina 8).

In sostanza, quello che emerse in modo chiaro da questo giudizio era che l’omosessualità di uno dei genitori non potesse essere considerata un elemento di discrimine per decidere circa l’affidamento di un bambino ma un fattore neutro come tutti gli altri che vengono

presi in considerazione in casi del genere.

Certamente, per varie ragioni, l’essere omosessuale in un paese scarsamente evoluto su questi temi come l’Italia potrebbe contribuire ad un isolamento sociale del genitore tale da renderlo inadeguato ad accudire un bambino ma ciò, in primo luogo, non sarebbe addebitabile all’ orientamento sessuale del soggetto né alle sue capacità genitoriali, bensì al contesto che lo circonda e quindi, a fortiori, l’eventuale inadeguatezza non sarebbe proclamabile a priori, ma soltanto in seguito ad una perizia degli assistenti sociali che intervengono in tutti i casi di affidamento di minore.199200