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CAPITOLO II IL REGNO UNITO

2.3 IL “MARRIAGE (SAME – SEX COUPLES) ACT” DEL 2013

2.3.3 La disciplina legislativa

In seguito alle elezioni politiche del 2010 il Regno Unito si trovava in una situazione di “Hung Parlament” ossia nessun partito aveva ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi della House of

Commons per poter governare, dunque il partito Conservatore giunto

primo alla tornata elettorale dovette scendere a patti col Partito Lib-

Dem (Liberal-Democratico) per poter formare un governo stabile.

Nick Clegg, leader dei Lib-Dem, si era presentato in campagna elettorale con la promessa di portare al vaglio del parlamento inglese una legge che permettesse anche alle persone omosessuali di sposarsi e quindi la sua formazione, dall’alto della sua nuova posizione nella maggioranza del parlamento, lavorò con ancora più determinazione in questa direzione.

Il progetto di legge giunse alla House of Commons il 24 Gennaio del 2013 e fu emanato il 16 Luglio dello stesso anno entrando però in vigore il 31 Ottobre.

A differenza del Civil Parnership Act, il Marriage (same – sex)

couples Act non ha effetto su tutto il territorio del Regno Unito, l’atto

del 2013 si applica soltanto a Inghilterra e Galles e solo nel 2014 la Scozia si è dotata di una disciplina praticamente identica a questa mentre l’Irlanda del Nord ancora oggi non ammette il matrimonio tra omosessuali.

Il parlamento di Belfast ha votato per ben cinque volte il progetto di legge di estensione al suo territorio del Marriage Act, per quattro volte la maggioranza dell’assemblea si è opposta, nella quinta

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J.M.Scherpe, Equal but different?, in Cambridge Law Journal, 2007, 32.

votazione, avvenuta il 2 Novembre 2015, invece, il disegno di legge è stato approvato da 53 deputati contro 51 ma il partito Democratico Unionista ha sollevato una “Motion of Concern”, istituto paragonabile al diritto di veto, rendendo inutile il dibattito parlamentare fin lì svolto.

L’atto inglese e gallese si articola in ventuno articoli ed è abbastanza semplice da analizzare, l’articolo uno introduce l’istituto del same – sex marriage, l’articolo 9 stanzia la procedura per permettere alle coppie che si erano unite in una Civil Partnership di convertire la loro unione in matrimonio, l’articolo 10 si occupa del riconoscimento dei matrimoni contratti all’estero, l’articolo 12 invece sancisce l’abolizione del divorzio imposto nel caso in cui uno dei due coniugi cambi sesso nel corso del rapporto matrimoniale eterosessuale.

Gli articoli dal 13 al 21 invece concedono la possibilità al governo di intervenire con atti “of secondary legislation” riguardo a disposizioni attuative dell’istituto, all’aggiornamento delle varie leggi in materia di matrimonio e famiglia approvate nei decenni e alla definizione dei termini più ambigui della legge.147

Resta però un nodo scoperto di cui non abbiamo parlato fino ad ora, come sappiamo, l’opposizione maggiore all’approvazione dell’nuovo Marriage Act è pervenuta da coloro appartenenti ad organizzazioni religiose e quindi, gran parte della battaglia sull’approvazione finale della legge, si è giocata sulla possibilità o meno che il matrimonio omosessuale potesse essere validamente celebrato da un ministro di culto.

Da una parte vi erano associazioni religiose che non avevano problemi a poter unire in matrimonio due persone omosessuali e chiedevano che non venisse adottata una soluzione come quella del 2004, che non permetteva ai membri del clero di qualsiasi religione di

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L.Crompton, Where’s the sex in same – sex marriage?, in Family

costituire validamente una unione civile, dall’altro lato invece vi erano quelle religioni che considerano l’omosessualità un peccato e temevano di incorrere nella commissione di una illegittima discriminazione, punibile ai sensi dell’Equality Act, rifiutandosi di celebrare questo nuovo tipo di unioni.

Il ministro “for Women and Equalities” Maria Miller propose dunque di introdurre nel testo la cosiddetta “quadruple lock” in difesa di questi interessi.

Il primo dei quattro punti della clausola consisteva nell’assenza di obbligo generalizzato per le varie associazioni religiose di permettere nei propri luoghi di culto la celebrazione dei matrimoni omosessuali, il secondo nell’emanazione di un emendamento dell’ Equality Act cosicché nessun rifiuto di sposare una coppia dello stesso sesso opposto da un ministro di culto possa essere considerato un atto discriminatorio.

Il terzo punto prevedeva l’introduzione nella legge di clausole opt-

in per permettere alle organizzazioni religiose che avessero voluto

poter unire in matrimonio le same – sex couples di poterlo fare e infine si prevedeva l’impossibilità per la Church of England and Wales di poter celebrare matrimoni omosessuali visto che già in sede di dibattito parlamentare, i suoi principali rappresentanti avevano espresso la volontà di non voler permettere tali unioni.

Per quel che riguarda le disposizioni legislative, gli articoli 5, 6, 7 introducono le procedure di opt – in per la religione ebraica e per la Società degli amici (Quaccheri), mentre l’articolo 8 sconfessa in parte l’ultimo punto del “quadriple lock” e introduce, dopo una serie di trattative, la clausola opt – in anche per la Church of Wales.148

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J.Dingesman, The Protection for Religious Rights: Law and

Un’ ultima questione riguarda le civil partnerships, cosa resta del

Civil Partnership Act del 2004 ora che le persone omosessuali possono

finalmente sposarsi nel Regno Unito?

L’articolo 15 del Marriage Act lascia la questione aperta affidando al governo il compito di occuparsi della revisione dell’atto e del suo futuro, ad oggi l’istituto è ancora valido e le coppie dello stesso sesso possono liberamente scegliere di unirsi utilizzando la legge del 2004. Non solo, sempre più spesso sono state le coppie eterosessuali a richiedere che venisse accordato loro il diritto di poter costituire un’unione civile.

Nel Gennaio 2016 la High Court è intervenuta sulla questione nel caso Steinfeld and Keidan v. Secretary of State for Education, Steinfeld e Keidan erano i componenti di una coppia eterosessuale, convivevano dal 2010, avevano un bambino di 8 mesi e non volevano ricorrere all’istituto del matrimonio per formalizzare la propria unione perché ritenuto dai due uno strumento di natura patriarcale e maschilista.

Il giudizio si è svolto in seguito a due pubbliche consultazioni avvenute sul tema dell’allargamento delle civil partnerships alle coppie eterosessuali avvenute nel 2012 e nel 2014 che avevano avuto esito negativo mentre, per quanto riguarda gli aspetti legali, sugli articoli 8, 12 e 14 della Convenzione EDU come nel caso Wilkinson v. Kitzinger.

Il giudice Andrews molto semplicemente fece suo lo schema di ragionamento già adottato nel 2006 nel caso Wilkinson e rigettò il ricorso della coppia, preso atto che neppure la Corte di Strasburgo impone al 2016 agli Stati un obbligo circa il riconoscimento di metodi alternativi al matrimonio di celebrazione di un’unione eterosessuale.149

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High Court Q. B. Div., R(Steinfeld and Keidan) v. Secretary of