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AGRICOLTURA

Nel documento Consuntivo 2009 (899kb) (pagine 52-88)

Le generalità. L'agricoltura emiliano - romagnola riveste una grande rilevanza in ambito sia nazionale che regionale. In poche altre regioni troviamo una presenza dell'agricoltura che abbia lo stesso significato in termini di reddito, ma anche di integrazione nelle dinamiche di sviluppo dell'economia regionale nel suo complesso. La peculiarità più rilevante del settore primario è rappresentata dalla sostanziale tenuta della produzione nonostante i profondi cambiamenti in atto nella struttura produttiva.

Il settore agricolo perde, infatti, costantemente addetti, senza che il fenomeno incida proporzionalmente sulla capacità di produrre. In Emilia-Romagna, secondo la nuova serie dei conti economici elaborati da Istat, tra il 1996 e il 2008 il peso del settore primario sul totale del valore aggiunto regionale ai prezzi di base, compresa silvicoltura e pesca, è diminuito in termini reali dal 4,1 al 2,5 per cento, in proporzioni inferiori rispetto al calo dal 7,8 al 5,3 per cento della quota delle corrispondenti unità di lavoro sul totale regionale. Questo andamento ha sottinteso, nello stesso arco di tempo, una crescita reale della produttività (valore aggiunto ai prezzi di base per unità di lavoro), pari ad un incremento medio annuo del 3,5 per cento (+2,9 per cento in Italia), a fronte della crescita dello 0,4 per cento del totale dell'economia (stessa variazione per l’Italia).

Il miglioramento della produttività reale, al di là delle oscillazioni legate ai capricci del clima, può dipendere da svariati fattori: tecniche di coltivazione sempre più moderne, mezzi di produzione (sementi, concimi ecc.) in grado di aumentare le rese, impiego di macchine sempre più efficienti in grado di accrescere la produttività, economie di scala consentite dagli accorpamenti aziendali.

Quest’ultimo fenomeno è tra le cause della costante diminuzione delle aziende.

I dati definitivi del Censimento dell’agricoltura 2000 hanno evidenziato un calo della consistenza delle aziende agricole, in linea con quanto avvenuto nel Paese. Dalle 174.767 e 150.736 aziende censite rispettivamente nel 1982 e 1990 si è scesi alle 107.787 del 2000. In termini di superficie totale da 1.711.888,94 ettari del 1990 si è passati a 1.465.277,56 del 2000. Un analogo calo ha riguardato la superficie agricola utilizzata scesa da 1.232.219,57 a 1.114.287,92 ettari. La superficie agricola utilizzata media per azienda è tuttavia aumentata da 8,17 a 10,34 ettari. Nell’arco di un decennio sono “scomparsi” più di 246.000 ettari di superficie agraria, che sottintendono un

“consumo” del territorio che si può in gran parte attribuire al processo di urbanizzazione. Sotto questo aspetto, giova sottolineare che tra il 1990 e il 2000, il territorio dell’Emilia-Romagna ha assorbito più di 202 milioni di metri cubi di nuovi fabbricati, senza considerare gli oltre 64 milioni e mezzo di ampliamenti. Il processo di riduzione delle aziende e della superficie agricola utilizzata è proseguito anche negli anni successivi al censimento del 2000. Secondo l’indagine Istat sulla struttura delle aziende agricole, tra il 2000 e il 2007 in numero di aziende agricole è sceso a poco meno di 82.000 unità, con un calo del 21,0 per cento (-22,0 per cento in Italia; -22,4 per cento nel Nord). Un analogo andamento, ma meno accentuato, ha riguardato sia la superficie totale che quella agricola utilizzata, che hanno accusato decrementi rispettivamente pari al 6,9 e 5,6 per cento, più ampi rispetto a quanto rilevato in Italia, i cui corrispondenti cali si sono attestati al 4,2 e 2,4 per cento. In termini di consumo del territorio, tra il 2000 e il 2007, secondo la nuova serie Istat dell’attività edilizia relativa ai permessi di costruire, i fabbricati nuovi residenziali e non, compresi gli ampliamenti, si sono estesi su di una superficie di poco inferiore ai superiore ai 52 milioni di metri quadrati, equivalenti a circa 5.194 ettari di territorio, pari a circa il 10 per cento del corrispondente totale nazionale.

Secondo i dati Istat relativi al valore aggiunto ai prezzi di base, l’Emilia-Romagna è la seconda regione italiana per importanza, dopo la Lombardia, e figura tra le prime regioni in termini di potenza meccanica per ettaro. Inoltre se rapportiamo il reddito lordo standard7 per azienda - i dati si

7 Il concetto di Reddito Lordo Standard è utilizzato per determinare la dimensione economica delle aziende agricole, espressa in termini di Unità di Dimensione Europea (UDE). Per reddito lordo standard si intende il valore del reddito

riferiscono al 2007 - ne discende per l'Emilia-Romagna un rapporto pari a 35,61 ude, rispetto alla media nazionale di 14,89. Solo la Lombardia ha evidenziato un rapporto superiore pari a 53,47 ude.

Il contributo dell’agricoltura, silvicoltura e pesca alla formazione del valore aggiunto ai prezzi di base emiliano - romagnolo, secondo i dati provvisori divulgati da Istat, è stato pari nel 2008 al 2,5 per cento contro il 2,0 per cento del Paese. Nel 1995 era del 4,0 per cento. Il minore peso del reddito si è coniugato al concomitante calo dell’occupazione, in linea con la tendenza nazionale, senza tuttavia intaccare, come osservato precedentemente, la produttività per addetto.

Per quanto riguarda le colture erbacee, in Emilia-Romagna sono particolarmente sviluppati i cereali (frumento tenero, mais, orzo, frumento duro, sorgo e risone ), mentre tra le colture industriali si segnalano soia, girasole e ultimamente colza e canapa. La barbabietola da zucchero, dopo la riforma dell’Ocm che ha decretato la chiusura di numerosi zuccherifici, appare in declino. Nell’ambito della patata e delle orticole, gli investimenti più ampi, vale a dire oltre i 1.000 ettari, sono abitualmente costituiti da patata, carota, cipolla, fagiuolo fresco e fagiolino, lattuga, melone, pomodoro, pisello fresco e zucche e zucchine. Le colture orticole specializzate sono abbastanza diffuse soprattutto nel territorio romagnolo. Nel campo delle leguminose da granella, oltre i 1.000 ettari troviamo la fava da granella e il pisello proteico.

Nell’arco di un ventennio sono avvenuti non pochi cambiamenti, spesso determinati dalla possibilità o meno di ricevere aiuti comunitari e dalla nuova Pac, che ha decretato, tramite il cosiddetto “disaccoppiamento”, sostegni ai redditi degli agricoltori, indipendentemente dalle colture coltivate. Rispetto alla superficie media del decennio 1999-2008, hanno perso decisamente terreno, oltre i 1.000 ettari, orzo 6.866 ha), riso 7,257 ha), mais 40.791 ha), barbabietola da zucchero (-32.846 ha), soia (-5.299 ha) e girasole (-1.850 ha), mentre ne hanno acquistato, oltre i mille ettari, frumento tenero (+4.742 ha), frumento duro (+26.050 ha), sorgo (+7.733 ha), pisello fresco (+1.555 ha) e colza (+2.015 ha).

Nel 2009 le colture frutticole hanno occupato poco meno di 74.000 ettari. Se confrontiamo la superficie totale del 2009 con quella media dei dieci anni precedenti possiamo osservare un pressoché generale regresso, con l’unica eccezione del susino. A diminuire maggiormente sono stati gli investimenti a pesco (-2.724 ha), melo (-1.168 ha) e pero (-2.538 ha). Il ridimensionamento è stato per lo più dovuto alle scarse remunerazioni spuntate negli ultimi tempi da alcune varietà frutticole. Le colture frutticole più sviluppate, oltre i 10.000 ettari di superficie totale coltivata, sono state rappresentate da pesche, nettarine e pere. Susine e mele si sono aggirate tra i 5 e 6.000 ettari.

Le albicocche hanno superato i 4.800 ettari. La coltura del kiwi, che si può considerare relativamente “nuova” rispetto alle altre varietà frutticole, ha occupato circa 3.500 ettari. Non sono inoltre trascurabili le coltivazioni di ciliegie e loti, le prime oltre i 2.000 ettari, i secondi oltre i 1.000.

La viticoltura è largamente diffusa. In Emilia – Romagna, secondo dati Istat relativi al 2007, sono più di 28.000 le aziende che se ne occupano sulle circa 476.000 esistenti in Italia. Nel 2009 le aree investite sono ammontate a oltre 59.000 ettari, ma siamo su livelli ben distanti da quelli del passato.

Nel 1975 la vite da vino si estendeva su oltre 242.000 ettari, scesi vent’anni dopo a circa 62.000.

Tra i vini più rinomati si ricordano Albana, Lambrusco, Sangiovese, Bosco Eliceo, Pignoletto, Pagadebit, Trebbiano, Montuni, Bonarda e Gutturnio. La coltura dell’olivo è prevalentemente praticata nella zona della Romagna e si caratterizza per l’ottima qualità. Nel 2009 ha occupato circa 3.600 ettari, e rispetto al passato può essere considerata una coltura emergente: +916 ettari rispetto alla media del decennio 1999-2008.

Nel panorama italiano, l'agricoltura dell'Emilia Romagna si conferma tra quelle maggiormente internazionalizzate, meno assistite, più produttive e più propense ad investire al proprio interno per elevare l'efficienza delle aziende.

lordo corrispondente alla situazione media di una determinata regione o provincia e di una determinata attività

produttiva.

Tavola 4.1 - Produzione, consumi intermedi e valore aggiunto ai prezzi di base. Emilia-Romagna.

Valori a prezzi correnti Valori concatenati - Anno di riferimento 2000

Valore Valore

Produzione Consumi aggiunto Produzione Consumi aggiunto

della intermedi della della intermedi della

branca (compreso branca branca (compreso branca

Anni agricoltura Sifim) agricoltura agricoltura Sifim) agricoltura

1980 2.688.915 1.169.942 1.518.972 5.066.053 2.440.125 2.691.287 1981 2.959.443 1.296.076 1.663.367 5.057.552 2.357.008 2.753.899 1982 3.408.947 1.463.007 1.945.940 5.106.681 2.374.279 2.785.773 1983 3.733.892 1.636.745 2.097.146 5.161.206 2.377.033 2.835.450 1984 3.958.270 1.748.090 2.210.179 5.086.709 2.349.937 2.787.806 1985 3.804.977 1.735.814 2.069.163 4.673.226 2.280.867 2.446.769 1986 4.155.298 1.738.652 2.416.646 4.968.445 2.307.394 2.707.132 1987 4.211.709 1.784.959 2.426.750 5.143.724 2.395.713 2.796.796 1988 4.272.916 1.796.888 2.476.028 5.140.768 2.349.332 2.833.832 1989 4.441.826 1.889.505 2.552.320 5.100.661 2.374.290 2.773.832 1990 4.785.505 1.954.053 2.831.453 5.351.974 2.393.660 2.994.925 1991 4.502.037 1.964.739 2.537.298 4.825.033 2.330.236 2.551.319 1992 4.860.780 1.889.526 2.971.254 5.370.577 2.314.709 3.076.320 1993 4.600.946 1.910.096 2.690.850 4.949.496 2.231.346 2.752.190 1994 4.662.267 1.864.534 2.797.733 4.930.564 2.183.104 2.776.427 1995 4.816.438 1.975.188 2.841.250 4.774.706 2.077.811 2.719.417 1996 5.071.171 2.026.825 3.044.346 4.928.734 2.145.692 2.806.367 1997 4.782.121 1.965.327 2.816.794 4.623.283 2.115.507 2.542.939 1998 4.999.635 1.976.181 3.023.454 5.023.868 2.185.671 2.858.158 1999 5.017.548 1.985.243 3.032.305 5.194.760 2.155.687 3.044.556 2000 5.346.791 2.143.877 3.202.914 5.346.791 2.143.877 3.202.914 2001 5.508.557 2.217.302 3.291.255 5.291.982 2.100.749 3.191.233 2002 5.386.534 2.413.433 2.973.101 5.140.728 2.269.180 2.866.200 2003 5.263.802 2.334.903 2.928.899 4.776.186 2.150.889 2.619.249 2004 5.610.544 2.574.284 3.036.261 5.348.368 2.273.189 3.064.451 2005 5.056.502 2.443.157 2.613.345 5.219.354 2.265.404 2.936.755 2006 5.103.696 2.436.145 2.667.552 5.071.299 2.203.289 2.850.848 2007 5.414.929 2.631.090 2.783.839 5.046.223 2.213.631 2.811.657 2008 5.826.512 3.016.301 2.810.212 5.176.346 2.248.833 2.910.424 2009 5.313.596 2.896.954 2.416.643 5.211.338 2.218.131 2.993.864

Fonte: Istat.

Passiamo ora ad esaminare l’andamento dell’annata agraria 2008-2009 sotto i vari aspetti climatici, produttivi, commerciali, occupazionali ecc..

Le condizioni climatiche.

Nota di sintesi. Secondo un elaborazione dell’Istat su dati del Consiglio per la ricerca in agricoltura, il 2009 è stato caratterizzato da buoni livelli di piovosità e da temperature un po’ più elevate rispetto al passato. Nel territorio regionale sono stati rilevati nel corso dell’anno quasi 802 mm di precipitazioni, inferiori di appena 4 mm rispetto alla media del periodo 1971-2000. Il ciclo delle precipitazioni ha avuto inizio in novembre ed è di fatto proseguito fino ad aprile. Da maggio è poi subentrata una fase più secca, tuttavia interrotta dal solito corollario di temporali, anche di forte intensità, accompagnati talvolta da grandinate in qualche caso devastanti.

La media annua delle temperature medie è stata di 12,8 gradi centigradi con uno scarto di 0,8 gradi in più rispetto alla media del periodo 1971-2000. La media delle temperature massime si è aggirata

sui 17,2 gradi, in regresso rispetto al triennio precedente, ma in crescita di 0,7 gradi se il confronto viene eseguito con il valore medio degli anni dal 1971 al 2000. Se guardiamo al decennio 2000-2009 gli anni più caldi oltre i 18 gradi di media annua sono stati il 2003, 2007 e 2008. Sotto l’aspetto delle temperature medie minime, il valore medio del 2009 è stato di 8,3 gradi e anche in questo caso è da annotare lo scarto di 0,9 gradi in più rispetto alla media del periodo 1971-2000.

L’escursione termica annuale che rappresenta la differenza tra la temperatura minima invernale e quella massima estiva si è attestata sugli 8,9 gradi, in leggera riduzione (-0,2 gradi) rispetto alla media degli anni dal 1971 al 2000. Sotto questo aspetto il 2009 è apparso meno squilibrato rispetto ad anni caldi quali il 2003 e 2007, quando gli scarti risultarono superiori a un grado centigrado.

Andamento mensile. Passiamo ora ad esaminare l’andamento mensile desunto dalla rubrica “Il tempo e il clima” curata dall’ Arpa regionale, corredato con informazioni provenienti da alcune stazioni meteorologiche. Nel mese di novembre la caratteristica dominante è stata rappresentata da piogge intense e copiose. Se si esclude la fascia costiera che ha registrato precipitazioni nella norma, buona parte dell’Emilia ha ricevuto più del doppio della pioggia attesa nel mese, Parma in testa per i suoi 236 mm a fronte del valore normale di 92 mm. Nella stazione di Piacenza San Damiano sono stati rilevati quasi 162 mm di precipitazioni rispetto ai circa 119 dello stesso mese dell’anno precedente. I giorni con precipitazioni sono stati quindici, di cui due nevosi, il triplo di quelli registrati nel novembre 2007. Anche la Romagna occidentale ha ricevuto piogge superiori alla media. Sull’alto Appennino si sono avuti valori fino a 500 mm, che hanno portato a una recrudescenza dei fenomeni franosi. La neve ha interessato le zone pianeggianti, tra Reggio Emilia e Piacenza, nella giornata del 24, in misura sostanzialmente contenuta (6,5 mm a Piacenza San Damiano). Nel giorno successivo ha interessato la Romagna spingendosi fino alle spiagge tra Ravenna e Rimini. Nella zona di Cervia sono stati registrati 5,4 mm. Di più ampio tenore la nevicata del giorno 28 che ha investito l’Emilia occidentale, tra Modena e Piacenza, con quest’ultima località che ha registrato quasi 32 mm. Nel complesso le correnti umide provenienti dall’Africa settentrionale hanno mantenuto le temperature su valori superiori al normale di circa un grado e mezzo, in particolare durante la prima parte del mese. L’irruzione di aria fredda che ha preceduto le nevicate ha determinato estese gelate in pianura, senza tuttavia toccare punte di particolare intensità. Nella zona di Piacenza San Damiano, la temperatura minima dell’ultima settimana di novembre non è arrivata ai tre gradi sotto zero.

In dicembre è proseguita la fase piovosa, favorita dai flussi umidi provenienti da sud-ovest. Nei primi quindici giorni sono state rilevate notevoli quantità di pioggia e neve lungo la dorsale appenninica. Un primo impulso umido è arrivato nella giornata del 5, seguito da aria più fredda.

L’abbassamento delle temperature è sfociato nella giornata del 10 in precipitazioni a carattere nevoso fino alla pianura. Nella zona di Piacenza San Damiano la neve è stata misurata in 24,4 mm.

Dai giorni successivi si instaura una fase di intense piogge, che interessa anche i rilievi romagnoli, con conseguente rigonfiamento del fiume Marecchia e del bacino di Ridracoli. Dal giorno 12 prendono piede correnti sciroccali, senza tuttavia determinare piogge abbondanti, se non nella giornata del 18 quando precipitazioni abbondanti investono il riminese, con 33,6 mm registrati nella stazione di Rimini Miramare. Alla fase sciroccale subentrano correnti fredde di origine polare che portano significative nevicate nella giornata del 28, soprattutto nelle città della pianura interna della Romagna. Nella zona di Cervia si registrano 11,2 mm che salgono a 19,8 in quella di Rimini Miramare. In sintesi il mese di dicembre ha evidenziato notevoli apporti sul crinale appenninico (fono a mezzo metro d’acqua in qualche stazione), mentre nelle zone pianeggianti si sono avuti volumi molto minori, seppure superiori alla norma. Le temperature si sono mantenute appena al di sopra del valore di lungo periodo.

Nel mese di gennaio le prime ore del nuovo anno cominciano in Emilia-Romagna con un misto di neve e gelicidio (pioggia che gela al suolo) e proseguono con la neve che si accumula per pochi centimetri, in particolare lungo il Po. La nebbia e la temperatura gelida che seguono avvolgono la pianura con spessi strati di galaverna, fino a quando torna la neve abbondante tra le giornate del sette (27,6 mm nella collina interna piacentina) e dell'otto sull'Emilia occidentale. Sul bolognese si

hanno brevi, ma intensi rovesci con accumuli fino a 5 cm. Segue un periodo gelido con le temperature che nella bassa pianura emiliana, coperta da uno spesso strato di neve, scendono fino a -15º. Dal giorno 18 torna il respiro caldo dell'oceano e, come fosse autunno, piove abbondantemente sull'Appennino, con conseguente rapido rigonfiamento dei corsi d’acqua anche a causa dello scioglimento della neve. La temperatura massima a Rimini Miramare sfiora i 18º per effetto del vento di caduta dai rilievi. Nel complesso il mese è stato molto piovoso, fino a mezzo metro d'acqua equivalente sul crinale parmense, con temperature molto basse sul settore più occidentale dell'Emilia per via della neve, mentre in Romagna hanno prevalso i venti caldi da meridione.

In febbraio il tempo ha visto un inizio temperato e molto piovoso. Le precipitazioni, che sul crinale appenninico emiliano hanno superato i 250 mm, sono cadute nella quasi totalità durante i primi 10 giorni del mese (in particolare tra il 5 e il 6), per via di diversi impulsi umidi dall'Atlantico. In regione si sono avuti anche alcuni temporali pomeridiani in pianura nella giornata del 7. Poi, dalla giornata dell'undici, hanno prevalso le correnti polari. La neve, sotto forma di brevi e intensi rovesci, ha interessato le colline e la pianura romagnola: a Forlì si sono misurati tra i 3 e i 5 cm la mattina del 13. Il 17 ancora rovesci di neve sul territorio di Rimini sopra i 100 m. Durante l'ultima decade l'aria fredda e un po' instabile ha provocato una leggera grandinata a Faenza e Reggio nella serata del 24. Nel complesso il mese è stato molto piovoso in Appennino e tra Parma e Piacenza.

Nelle altre città si sono avute precipitazioni, cadute nei primi 10 giorni, intorno al valore medio, con leggeri deficit tra Forlì e Cesena e sulle colline modenesi e reggiane. Le temperature massime si sono mantenute su valori superiori alla norma grazie al costante soleggiamento nelle ultime due decadi, mentre i valori minimi sono stati appena inferiori alla media.

Marzo comincia con la pioggia che cade diffusamente nelle giornate del 4 e del 5, soprattutto sull'Emilia. Segue una lunga fase di tempo più secco, dapprima caldo anche per alcuni episodi di vento di caduta dalle Alpi, mentre l'irruzione di aria fredda del 19 porta a una brusca caduta delle temperature: all'aeroporto di Borgo Panigale la minima del 22 scende a -3.1ºC e stabilisce un nuovo record per la terza decade di marzo. Le gelate colpiscono i frutteti già in risveglio, anche se la Romagna si salva per una maggiore copertura nuvolosa.

Il 24 giungono dei temporali locali sulla pianura emiliana, mentre piove un po' più diffusamente in Romagna. Gli impulsi umidi della fine del mese portano nuovamente a precipitazioni abbondanti, coinvolgendo ancora una volta, in particolare, il settore emiliano che riceve tra il 50 e il 100 per cento in più del normale, mentre la Romagna vede un surplus idrico mensile più contenuto. Le temperature massime sono state di circa un grado superiori al valore medio per il periodo, mentre le minime sono state prossime ai valori normali.

Aprile si presenta particolarmente piovoso sull'Emilia con la collina e la sottostante pianura del piacentino inondate dall'acqua in occasione del nubifragio del 27 sera, quando alcune stazioni hanno registrato tra i 50 e i 100 mm di pioggia; all'aeroporto militare di San Damiano si hanno 121 mm in più dei 79 attesi. In quella giornata, inoltre, il forte vento di scirocco determina l'innalzamento della marea sull'Adriatico che, associato al mare agitato, produce l'erosione delle spiagge ai lidi ferraresi. Altro evento piovoso degno di rilievo si registra nella giornata del 21 che ha portato rovesci intensi, anche temporaleschi, con conseguente piena del fiume Secchia e allagamenti minori nelle zone urbane dell'Emilia. Un po' di grandine è caduta su Bologna.

In Romagna le precipitazioni complessive si sono mantenute sui valori normali, con le zone intorno a Ravenna e a Cesena un po' meno piovose. Ci sono state alcune giornate con temperature prossime più ai valori di maggio, mentre le minime in genere sono state spesso alte. Per questo motivo l'anomalia complessiva è stata tra un grado e due gradi superiore al valore normale.

Il mese di maggio è stato particolarmente secco. In vaste aree della pianura piacentina non è praticamente piovuto. Nella stazione di Piacenza San Damiano sono stati rilevati appena 2,1 mm di precipitazioni. La Romagna, buona parte del ferrarese e del bolognese hanno visto, invece, qualche temporale in più, mentre un lieve surplus idrico ha caratterizzato la zone del riminese. Il mese è cominciato con i temporali che la sera del due hanno causato numerose scariche elettriche, grandine

e forte vento tra Ferrara, Bologna e Faenza. Altro nucleo freddo il 4, con temporali che sono apparsi piuttosto intensi nella zona del Delta. Si è poi instaurata una lunga fase stabile e calda, interrotta parzialmente il 17 da alcuni temporali in Appennino (grandine a Castel d'Aiano). Le temperature sono apparse in risalita fino a toccare valori tra 35 e 36 gradi nelle zone della pianura interna nelle giornate del 25 e del 26. Sono caduti i precedenti record per il mese di maggio a Piacenza/San Damiano (34.2º), agli aeroporti di Borgo Panigale (34.9º) e Rimini (33.2º) e sul Cimone (19.0º).

L'arrivo dell'aria fredda nel pomeriggio del 27 ha prodotto un temporale tempestoso che da Colorno ha manifestato tutta la sua intensità sull'area urbana di Parma, dove sono caduti 50 mm di pioggia misti a grandine in appena trenta minuti, con il vento che è arrivato a sfiorare i 100 Km/h. Il temporale ha interessato meno intensamente, a parte Civitella di Romagna dove la grandine ha causato parecchi danni, buona parte della regione da Parma fino a Rimini, dove sono stati registrati nella stazione dell’aeroporto di Miramare circa 44 mm di precipitazioni.

La prima giornata del mese di giugno si è presentata con caratteristiche semi-autunnali rappresentate da cielo basso, foschia densa, pioggia leggera, estesa e persistente, e temperature sotto i 20 gradi sulla parte centro-orientale della regione. La pioggia è risultata discreta solo sulla Romagna meridionale. Il tempo migliora poi gradualmente, ma l'instabilità dà origine a qualche temporale, che nelle zone di Alfonsine e del lughese nella giornata del 4 scarica grandine di grosse dimensioni. Si ha un progressivo aumento delle temperature che nelle giornate del 15 e 16 tendono ad avvicinarsi ai 35º. Dal giorno successivo, comincia una fase più turbolenta, instabile e fresca per il passaggio di impulsi atlantici, terminata con un vasto ciclone sui Balcani. Si hanno temporali sparsi e frequenti, solo localmente di forte intensità, ad esempio su Modena nella giornata del 22, ma le precipitazioni complessive risultano inferiori alla quantità attesa sull'Emilia occidentale.

La prima giornata del mese di giugno si è presentata con caratteristiche semi-autunnali rappresentate da cielo basso, foschia densa, pioggia leggera, estesa e persistente, e temperature sotto i 20 gradi sulla parte centro-orientale della regione. La pioggia è risultata discreta solo sulla Romagna meridionale. Il tempo migliora poi gradualmente, ma l'instabilità dà origine a qualche temporale, che nelle zone di Alfonsine e del lughese nella giornata del 4 scarica grandine di grosse dimensioni. Si ha un progressivo aumento delle temperature che nelle giornate del 15 e 16 tendono ad avvicinarsi ai 35º. Dal giorno successivo, comincia una fase più turbolenta, instabile e fresca per il passaggio di impulsi atlantici, terminata con un vasto ciclone sui Balcani. Si hanno temporali sparsi e frequenti, solo localmente di forte intensità, ad esempio su Modena nella giornata del 22, ma le precipitazioni complessive risultano inferiori alla quantità attesa sull'Emilia occidentale.

Nel documento Consuntivo 2009 (899kb) (pagine 52-88)