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ARTIGIANATO

Nel documento Consuntivo 2009 (899kb) (pagine 195-0)

La struttura dell’artigianato. L'artigianato è tra i cardini dell’economia dell'Emilia-Romagna, con oltre 144.000 imprese attive, pari al 33,8 per cento del totale delle imprese iscritte nel Registro.

In termini di reddito, secondo le ultime stime dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne relative al 2007, il valore aggiunto è stato quantificato in quasi 19 miliardi di euro, equivalenti al 15,5 per cento del totale dell’economia dell'Emilia-Romagna e al 10,4 per cento del totale nazionale dell’artigianato.

La quota emiliano-romagnola del valore aggiunto artigiano su quello del totale dell’economia è risultata superiore a quella nazionale (13,2 per cento), ma leggermente inferiore rispetto alla quota della ripartizione nord-orientale (15,8 per cento). In ambito regionale è Forlì-Cesena che ha evidenziato l’incidenza più elevata di valore aggiunto artigiano sul totale (18,9 per cento), precedendo Reggio Emilia (17,6 per cento) e Ferrara (17,1 per cento). Ultima Bologna con una quota del 12,3 per cento.

L’evoluzione delle imprese artigiane. Le imprese artigiane attive a fine 2009 sono risultate 144.465 rispetto alle 147.566 del 2008. Il decremento del 2,1 per cento rilevato, pari, in termini assoluti, a circa 3.100 imprese, ha consolidato la fase negativa in atto dal 2007, dopo un decennio caratterizzato da continui aumenti. In Italia c’è stato un decremento percentuale dell’1,4 per cento, che ha interrotto la tendenza positiva registrata nei dieci anni precedenti, caratterizzata da un incremento medio annuo dell’1,0 per cento.

In Emilia-Romagna c’è stata una ulteriore e più accentuata battuta d’arresto dell’evoluzione imprenditoriale, dopo quella riscontrata nel 2008, che possiamo ascrivere alla crisi economica più grave dal dopoguerra, ma che è anche dipesa dalla prosecuzione delle cancellazioni d’ufficio contemplate dal D.p.r. 247 del 23 luglio 2004 e successiva circolare nº 3585/C del Ministero delle Attività produttive, al fine di migliorare la qualità nel regime di pubblicità delle imprese, definendo i criteri e le procedure necessarie per giungere alla cancellazione d’ufficio di quelle imprese non più operative e, tuttavia, ancora figurativamente iscritte a Registro stesso. Nel 2009 ne sono state effettuate in Emilia-Romagna 135 rispetto alle 443 del 2008 e 196 del 2007. Il saldo totale fra imprese iscritte e cessate è risultato negativo per oltre 3.000 imprese, che si riducono a 2.937 se non si tiene conto delle cancellazioni d’ufficio, che non hanno alcuna valenza congiunturale. Nel 2008 il saldo totale risultò passivo per 864 imprese, alleggerito a 421 senza tenere conto delle cancellazioni d’ufficio.

Se rapportiamo il valore del saldo tra iscrizioni e cessazioni al netto delle cancellazioni d’ufficio, alla consistenza delle imprese attive a fine 2009, otteniamo un indice che possiamo definire di sviluppo. Nel 2009 è risultato negativo (-2,03 per cento), distinguendosi dai valori degli anni precedenti, caratterizzati per lo più da segni positivi. I valori negativi più elevati, oltre la soglia del 3 per cento - ci riferiamo ai settori più significativi sotto l’aspetto della consistenza - hanno riguardato il settore dei trasporti terrestri (-3,79 per cento), metalmeccanico (-3,45 per cento) il sistema moda (-3,04 per cento) e la fabbricazione di prodotti in legno, escluso i mobili (-3,04 per cento). Gli indici di sviluppo positivi di una certa importanza hanno riguardato gli “altri servizi pubblici, sociali e personali”, che comprendono tutta la gamma dei servizi per la cura della persona, (+0,37 per cento) e l’eterogeneo gruppo delle attività immobiliari, noleggio, informatica ecc. (+0,52 per cento), che si è valso del dinamismo evidenziato soprattutto dai comparti dell’”informatica e attività connesse” e delle “altre attività professionali e imprenditoriali” nel quale sono compresi i servizi di pulizia e disinfestazione.

Se analizziamo l’evoluzione dei vari rami di attività economica, possiamo notare che è stata l’industria ad accusare la flessione più ampia (-2,6 per cento), a fronte del calo dell’1,2 per cento del terziario e della crescita del 2,0 per cento di agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca, la cui consistenza è pari ad appena l’1,5 per cento del totale delle imprese attive artigiane. L’industria è stata trascinata al ribasso dalle diminuzioni che hanno interessato i comparti numericamente più consistenti, vale a dire manifatturiero (-2,9 per cento) e costruzioni (-2,4 per cento). Il solo settore metalmeccanico, che ha rappresentato il 43,0 per cento dell’industria manifatturiera, ha accusato

una diminuzione di proporzioni inusuali, pari al 4,1 per cento. La crisi economica ha investito in modo particolare le lavorazioni meccaniche, colpendo in misura accentuata (-6,2 per cento) il comparto più consistente, ovvero la fabbricazione e lavorazione di prodotti in metallo, escluso le macchine, nel quale assume un ruolo importante la subfornitura. Altri vuoti di ampio spessore hanno riguardato la fabbricazione di macchine ed apparecchi elettrici non altrove classificati, nel quale è compresa la produzione di motori elettrici, accumulatori, pile, batterie ecc. (-10,0 per cento). Il sistema moda ha accusato una nuova flessione che ha consolidato la tendenza in atto da lunga data. Dalle 7.836 imprese attive del 2000 si è progressivamente scesi alle 5.856 del 2009.

Nelle costruzioni si è arrestata la tendenza positiva di lungo periodo. Anche in questo caso la crisi economica si è fatta sentire notevolmente, colpendo soprattutto le imprese individuali che molto spesso nascondono dei veri e propri rapporti di dipendenza. Talune imprese hanno incoraggiato i dipendenti ad assumere la partita iva, in modo da trarre dei vantaggi anche in termini di costi legati alla sicurezza, in quanto la Legge 626, sulla prevenzione e sicurezza, poi confluita nel Decreto Legislativo del 9 aprile 2008, n.81, si applicava solo ai lavoratori dipendenti.

La consistenza delle imprese del terziario è diminuita dell’1,2 per cento rispetto al 2008 e del 10,3 per cento rispetto alla situazione del 2000. Il calo è stato essenzialmente determinato dalle attività commerciali - si tratta per lo più riparatori di beni personali e per la casa - (-1,3 per cento) e dai trasporti, in gran parte rappresentati da autotrasportatori su gomma (-4,1 per cento). Negli altri ambiti del terziario è da sottolineare il progresso del ramo delle attività immobiliari, noleggio, informatica ecc. che ha tratto linfa dal dinamismo palesato dai comparti dell’informatica e delle

“altre attività professionali e imprenditoriali”, cresciuti rispettivamente del 3,3 e 2,3 per cento.

Quest’ultimo comparto comprende i servizi più svariati, quali ad esempio pulizia e disinfestazione, laboratori fotografici, studi pubblicitari, investigazione e vigilanza, commercialisti, ecc.

Un aspetto strutturale dell'artigianato è rappresentato dall’elevata incidenza nei vari rami di attività presenti nel Registro imprese. In Emilia-Romagna si ha una quota sulla totalità delle imprese del 33,8 per cento, superiore al corrispondente rapporto nazionale del 27,7 per cento. In ambito settoriale le più alte percentuali sono riscontrabili nuovamente nelle costruzioni (83,3 per cento), nei trasporti, magazzinaggio e comunicazioni (75,0 per cento), nel manifatturiero (68,2 per cento) e negli “altri servizi pubblici, sociali e personali” (67,4 per cento). Nell'ambito del settore manifatturiero sono i comparti del legno, prodotti in legno (84,7 per cento), alimentare (79,5 per cento) e fabbricazione di mobili e altre industrie manifatturiere (76,7 per cento) a registrare l'incidenza più elevata di imprese artigiane. Oltre la soglia del 70 per cento troviamo inoltre la fabbricazione di prodotti medicali e di precisione, tessili, pelli e cuoio e fabbricazione e lavorazione di prodotti in metallo, escluso le macchine, comparto quest’ultimo caratterizzato dalla forte presenza della subfornitura.

Se scendiamo nell’ambito, ancora più dettagliato, delle divisioni di attività, la quota più elevata in assoluto di imprese artigiane si può riscontrare nuovamente nelle “Altre attività dei servizi” (90,2 per cento), che includono tutta la gamma di servizi per l’igiene personale tipo barbieri, parrucchieri, estetisti ecc. Seguono i trasporti terrestri (89,1 per cento), che comprendono gli autotrasportatori su gomma, i cosiddetti "padroncini".

L’andamento congiunturale dell’artigianato. L’andamento congiunturale delle imprese artigiane dell’Emilia-Romagna impegnate nel settore manifatturiero viene descritto sulla base dell’indagine congiunturale, avviata dal 2003, condotta dal sistema delle Camere di commercio dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con Unioncamere nazionale.

Nel 2009 è emersa in Emilia-Romagna una situazione congiunturale dai connotati spiccatamente recessivi, molto più accentuati rispetto a quanto registrato nell’anno precedente. La crisi si è fatta sentire pesantemente, colpendo soprattutto il settore della subfornitura meccanica.

Secondo un’indagine campionaria effettuata nella primavera del 2010 le imprese artigiane sembrano avere risentito maggiormente della crisi. L’avversa situazione economica ha portato conseguenze

Tavola 15.1 - ARTIGIANATO MANIFATTURIERO DELL'EMILIA-ROMAGNA. Variazioni percentuali rispetto all'anno precedente (a).

Mesi di

produzione Prezzi Prezzi

assicurati praticati praticati

% % dal portaf. alla clientela alla clientela

di vendite Imprese ordini su mercato su mercato

Anni Produzione Fatturato all'estero esportat. Ordinativi Esportaz. (mesi) interno estero

2003 -4,4 -4,5 26,7 7,5 -4,7 -4,2 2,4 -

-2004 -3,1 -3,2 32,4 4,6 -3,4 1,3 2,7 -

-2005 -3,1 -3,0 23,9 8,0 -3,1 -0,2 2,5 -

-2006 1,7 1,7 23,6 11,2 1,5 4,4 2,7 -

-2007 0,2 -0,5 19,0 7,8 0,0 1,2 2,4 0,6 0,5

2008 -3,5 -2,6 28,3 8,5 -3,4 0,8 2,2 0,3 0,1

2009 -14,5 -13,7 22,5 10,1 -15,2 -4,7 1,6 -1,0 -0,7

(a) E' esclusa la percentuale di vendite all'estero calcolata sul fatturato delle imprese esportatrici,

la percentuale di imprese esportatrici e il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini espresso in mesi.

Fonte: Sistema camerale dell'Emilia-Romagna e Unioncamere nazionale.

negative per il 73,6 per cento degli artigiani intervistati (contro il 66,9 per cento dei non artigiani).

Allo stesso modo, la riduzione degli ordini, della liquidità aziendale e del fatturato sono state riportate con più frequenza dalle imprese artigiane, che hanno inoltre segnalato di avere riscontrato esuberi di personale in un numero maggiore di casi (30,5 per cento contro il 25,8 per cento).

Secondo l’indagine del sistema camerale in Emilia-Romagna la produzione è apparsa in diminuzione in ogni trimestre, con una particolare accentuazione nei mesi compresi tra aprile e settembre, segnati da una flessione prossima al 17 per cento rispetto all’analogo periodo del 2008.

Su base annua c’è stato un calo del 14,5 per cento, largamente superiore alla diminuzione del 3,5 per cento riscontrata nel 2008. Nel Paese c’è stato un andamento ancora più negativo, rappresentato da una flessione del 16,6 per cento rispetto al 2008 e anche in questo caso si deve annotare il sensibile peggioramento avvenuto nei confronti del 2008, segnato da una diminuzione prossima al 5 per cento.

Segno negativo anche per il fatturato, che ha accusato una diminuzione annua del 13,7 per cento, molto più ampia di quella registrata nel 2008, pari al 2,6 per cento. Se si considera che i prezzi praticati alla clientela sono diminuiti mediamente dell’1 per cento si ha una diminuzione reale delle vendite di circa il 12 per cento. In Italia è stata rilevata una situazione ancora più deludente. Le vendite delle imprese artigiane manifatturiere sono diminuite del 16,2 per cento, a fronte della diminuzione media dell’1,8 dei prezzi praticati alla clientela.

Al basso profilo di produzione e fatturato non poteva essere estranea la domanda, che è apparsa in calo del 15,2 per cento, e anche in questo caso siamo di fronte a un netto peggioramento nei confronti del 2008, segnato da una diminuzione del 3,4 per cento. In Italia è stato rilevato un decremento più accentuato, pari al 16,2 per cento, anch’esso più ampio rispetto al calo del 4,7 per cento registrato nel 2008.

Note negative, ma su toni meno accentuati, anche per le esportazioni, che sono apparse in diminuzione del 4,7 per cento, dopo la moderata crescita dello 0,8 per cento emersa nel 2008.

Anche in questo caso l’andamento nazionale è risultato meno intonato rispetto a quello regionale, con una flessione pari al 6,9 per cento. Le vendite all’estero interessano un ristretto numero di aziende. Secondo l’indagine del sistema camerale, solo il 10,1 per cento delle imprese artigiane manifatturiere dell’Emilia-Romagna ha commerciato direttamente con l’estero, destinandovi il 22,5 per cento del fatturato. In ambito industriale la percentuale sale al 27,3 per cento, con una quota di export sul fatturato superiore al 40 per cento. In Italia è stata registrata una percentuale di imprese artigiane esportatrici prossima al 13 per cento, con una quota di vendite sul fatturato di circa il 26 per cento. La ridotta percentuale di imprese artigiane manifatturiere esportatrici sul totale è un fenomeno strutturale, tipico delle piccole imprese. Commerciare con l’estero comporta spesso problematiche e oneri, che la grande maggioranza delle imprese di minori dimensioni non riesce ad affrontare, soprattutto se si tratta di esportare fuori dai confini continentali.

Per quanto concerne i prezzi praticati alla clientela, come accennato precedentemente è stato registrato un calo prossimo all’1 per cento, anch’esso da imputare alla gravità della crisi. Le imprese artigiane, pur di rimanere competitive in un mercato sempre più povero di occasioni, sono state costrette ad abbassare i listini, restringendo di conseguenza i margini di profitto. Siamo di fronte ad un andamento tipico delle fasi congiunturali sfavorevoli, già osservato in passato, ma che non può ovviamente protrarsi troppo a lungo nel tempo. I primi segnali di riduzione dei listini sono stati registrati negli ultimi mesi del 2008, quando la crisi cominciava ad essere evidente. Nei trimestri successivi il fenomeno è andato espandendosi, specialmente nella seconda metà dell’anno, che è stata caratterizzata da una diminuzione media prossima al 2 per cento.

Il ciclo congiunturale negativo si è associato alla riduzione della consistenza delle imprese manifatturiere attive scese a 38.701, vale a dire il 2,9 per cento in meno rispetto al 2008. La tendenza al ridimensionamento si è quindi consolidata. A fine 2000 c’era una consistenza di 41.802 imprese attive. Nel 2004 si scende sotto la soglia delle 41.000 imprese. Parte del calo è da attribuire al composito settore metalmeccanico, che costituisce il nucleo principale dell’artigianato manifatturiero, le cui imprese sono diminuite del 3,8 per cento, a causa soprattutto della flessione del 6,2 per cento accusata dal comparto più consistente, vale a dire quello della fabbricazione e lavorazione di prodotti in metallo (escluse la macchine) nel quale è numerosa la componente della subfornitura. Il sistema moda, dopo la pausa del 2006, ha ripreso la tendenza negativa che ne ha ridotto la consistenza a 5.856 imprese attive, rispetto alle 6.089 di fine 2008 e 7.836 di fine 2000.

Se analizziamo la tendenza di lungo periodo, possiamo vedere che tra il 1997 e il 2009 le imprese manifatturiere registrate (nel 1997 non era disponibile il dato di quelle attive) sono diminuite da 42.295 a 38.855, comportando una riduzione dell’incidenza sul totale delle imprese artigiane dal 32,9 al 26,8 per cento. Il ridimensionamento è da attribuire soprattutto alle flessioni del 31,1 e 30,4 per cento registrate rispettivamente, tra il 1997 e 2009, nelle imprese della moda e del legno.

Il credito artigiano. In un contesto di recessione economica, le domande di finanziamento inoltrate dalle imprese artigiane dell’Emilia-Romagna all’Artigiancassa sono apparse inesistenti, confermando la situazione emersa nell’anno precedente. In Italia il numero di domande è sceso da quasi 17.000 a 12.468 (-26,6 per cento), con conseguente riduzione del 23,2 per cento dei finanziamenti richiesti. L’azzeramento di Artigiancassa deriva dalla decisione della Regione Emilia-Romagna di continuare a dirottare i propri finanziamenti verso il canale dei Consorzi fidi.

Le domande ammesse al contributo da Artigiancassa si sono anch’esse azzerate. In Italia il numero dei finanziamenti ammessi è sceso da 16.336 a 12.872 e un analogo andamento ha riguardato i relativi importi, la cui entità è passata da circa 1 miliardo e 24 milioni a quasi 715 milioni di euro, per una flessione percentuale pari al 30,2 per cento. L’importo degli investimenti da realizzare in Italia è apparso anch’esso in diminuzione, passando da circa 1 miliardo e 172 milioni di euro a 956 milioni e 257 mila euro (-18,4 per cento), con conseguenti ripercussioni sui nuovi posti di lavoro previsti dalle imprese, scesi da 6.758 a 5.164.

La riduzione delle domande presentate ad Artigiancassa dipende in minima parte dall’azzeramento dell’attività rilevato in Lombardia, che è avvenuto rispetto ad un 2008 già ridotto ai minimi termini.

Gran parte della flessione è da ascrivere da un lato alla crisi economica, che ha ridotto la propensione ad investire, e dall’altro a una maggiore attenzione ad erogare investimenti.

In Emilia-Romagna la crisi economica ha avuto effetti sull’attività dei Consorzi di garanzia. La rinnovata attività dell’unico consorzio di garanzia artigiano della regione è stata prevalentemente determinata dalla sostituzione tra linee di finanziamento non garantite con linee garantite, in prevalenza su liquidità e consolidamenti frutto della crisi. Più segnatamente le domande di finanziamento deliberate da Unifidi25 sono passate dalle 8.887 del 2008 alle 12.374 del 2009,

25 Unifidi Emilia-Romagna è stato costituito nell’anno 1977 su iniziativa delle Associazioni regionali CNA e

Confartigianato. Nel tempo ha ampliato la propria attività tramite varie modifiche statutarie effettuate nel 1993, 2004 e 2008, anno in cui si è operata la fusione per incorporazione di 14 cooperative di garanzia esistenti sul territorio regionale.

mentre i relativi importi sono saliti da circa 580 a circa 869 milioni di euro, per una variazione positiva del 49,8 per cento. Anche l’importo medio dei finanziamenti deliberati è cresciuto, passando da 65.272 a 70.225 euro (+7,6 per cento).

Un approfondimento sul rapporto tra artigianato e consorzi di garanzia è offerto da un’indagine effettuata da Unioncamere Emilia-Romagna e Istituto Guglielmo Tagliacarne in un campione di 708 imprese artigiane. Dall’indagine, avvenuta tra marzo e aprile 2010, è emerso che la frequenza dei ricorsi ai consorzi di garanzia fidi è apparsa più alta tra le imprese artigiane che hanno sviluppato con questi un rapporto più consolidato, dato che la percentuale di imprese che ha dichiarato di farvi ricorso da prima del 2008 è risultata superiore a quella delle imprese non artigiane. Com’era da attendersi, l’attività dei confidi è apparsa più intensa verso quelle imprese che più di altre hanno un rapporto problematico con l’accesso al credito. Si tratta di una situazione connaturata all’essenza stesa dei confidi.

Per quanto concerne gli impieghi bancari, secondo i dati di Bankitalia, a fine 2009 quelli destinati alle “quasi società non finanziarie artigiane”26, che rappresentano una parte consistente delle imprese artigiane, sono diminuiti tendenzialmente del 6,6 per cento, peggiorando rispetto al trend negativo del 4,1 per cento rilevato nei dodici mesi precedenti. In Italia – l’Emilia-Romagna ha inciso per il 12,3 per cento degli impieghi - è stata rilevata una crescita diminuzione un po’ più contenuta (-3,4 per cento), anch’essa più elevata rispetto al trend (-1,4 per cento). In pratica il credito erogato a parte delle imprese artigiane sembra avere tradotto un sensibile raffreddamento della domanda, ma non si può nemmeno trascurare l’effetto dovuto alle aumentate difficoltà di accesso al credito. A tale proposito nel 2009 Confartigianato ha rimarcato difficoltà di accesso al credito che sono apparse sempre più evidenti con il trascorrere dei mesi. Ai piccoli imprenditori è stata richiesta una generalizzata riduzione dell’esposizione, un rinvio degli investimenti, elevati tassi di interesse e un consistente incremento delle garanzie.

Questa situazione si è collocata in un contesto di debolezza che possiamo considerare strutturale nel rapporto tra banche e imprese artigiane. Quest’ultime in quanto prevalentemente di piccole dimensioni soffrono di un limitato apporto di capitale proprio e di un basso livello di autofinanziamento derivante da utili netti. Questa situazione si coniuga all’eccessivo indebitamento, specie a breve termine, che determina una minore flessibilità nelle scelte d’investimento e una maggiore vulnerabilità finanziaria nelle fasi recessive del ciclo economico. Oltre a ciò, come sottolineato dalla Confartigianato dell’Emilia-Romagna, emerge una scarsa diversificazione delle fonti di finanziamento, quali ad esempio Leasing e Factoring.

Per restare nel tema del rapporto banca-impresa giova richiamare l’indagine27 effettuata da Unioncamere Emilia-Romagna e Istituto Guglielmo Tagliacarne nella primavera del 2010 in un campione di 708 imprese artigiane sulle 1.402 complessivamente intervistate. L’indagine esula un po’ dal periodo temporale preso in esame, essendo riferita alla situazione in atto nei primi mesi del 2010, ma la vicinanza all’anno esaminato e i confronti effettuati con il 2009 la rendono comunque utile ad approfondire la tematica banca-impresa. Ciò premesso, il rapporto tra imprese artigiane e credito è apparso più complesso di quello evidenziato dalle imprese non artigiane.

In particolare le imprese artigiane hanno dichiarato con maggiore frequenza, rispetto alla media, l’eccessiva l’onerosità del finanziamento, soprattutto per quel che riguarda la richiesta di garanzie.

L’evoluzione da settembre 2009 è stata caratterizzata da un deterioramento che è apparso più ampio rispetto a quanto registrato per le imprese non artigiane. In particolare, è apparso in peggioramento sia l’accesso al credito, inteso come quantità di credito erogabile, strumenti finanziari a

26 Le “quasi società non finanziarie artigiane”sono quelle unità che, pur essendo prive di personalità giuridica, dispongono di contabilità completa e hanno un comportamento economico separabile da quello dei proprietari; esse comprendono le società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società semplici e di fatto oltre alle imprese individuali con più di cinque addetti.

27 Le interviste sono state realizzate nel periodo compreso fra il 19 marzo ed il 14 aprile 2010, utilizzando il sistema C.A.T.I. (Computer Assisted Telephone Interviewing), attraverso la somministrazione ai titolari/responsabili delle imprese di un questionario strutturato.

disposizione e tempi di valutazione della richiesta, che il costo dello stesso in termini di tasso applicato, garanzie richieste e spese. Oltre a ciò, le imprese artigiane sono state colpite più intensamente delle altre dalle richieste di rientro da parte degli istituti di credito.

I depositi delle “quasi società non finanziarie artigiane” sono diminuiti in Emilia-Romagna dello 0,8 per cento, consolidando la fase negativa in atto dalla fine del 2007. In Italia c’è stata invece una moderata crescita (+0,6 per cento), che è avvenuta dopo due anni caratterizzati da continui cali. In

I depositi delle “quasi società non finanziarie artigiane” sono diminuiti in Emilia-Romagna dello 0,8 per cento, consolidando la fase negativa in atto dalla fine del 2007. In Italia c’è stata invece una moderata crescita (+0,6 per cento), che è avvenuta dopo due anni caratterizzati da continui cali. In

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