• Non ci sono risultati.

CREDITO

Nel documento Consuntivo 2009 (899kb) (pagine 166-186)

La più grave crisi finanziaria mondiale dalla Grande Depressione. Il settore del credito è stato causa e vittima nello stesso tempo della più pesante crisi finanziaria che si è abbattuta sull’economia mondiale dalla fine degli anni trenta del secolo scorso.

Tutto ha inizio negli Stati Uniti d’America, quando si forma la cosiddetta “Bolla immobiliare”. Tra il 2000 e la prima metà del 2006 il prezzo delle abitazioni sale considerevolmente. Questa situazione, in un contesto di forte calo dei tassi d’interesse, soprattutto tra il 2001 e 2004, fa da volano ad un’ampia e crescente concessione di mutui immobiliari da parte delle istituzioni finanziarie. L’operazione appare a basso rischio, in quanto il valore dei mutui concessi è inferiore a quello dell’immobile e ciò costituisce garanzia per il mutuante a fronte di eventuali insolvenze. La possibilità di registrare ampi profitti dall’attività di credito immobiliare ha reso disponibile sul mercato un’ampia offerta, che ha visto progressivamente aumentare il rapporto tra ammontare del mutuo concesso e valore dell’immobile e ridursi le garanzie creditizie richieste ai mutuatari. Da questa condizione di mercato trae origine l’eccezionale ammontare concesso di mutui ad alto rischio (subprime). A questa situazione si sommano le cartolarizzazioni. L’istituto che ha concesso il mutuo lo cede a una “società veicolo”, liberandosi del rischio dell’eventuale insolvenza e incassando liquidità, che consente di concedere altri prestiti. Le “società veicolo” cominciano a emettere obbligazioni, garantendole con le rate dei mutui presi in carico. Queste operazioni, che nascondevano non pochi rischi, vengono facilitate dalla promozione fatta dalle agenzie di rating, che le giudicano molto sicure, favorendone la diffusione nel mondo. La situazione comincia ad incrinarsi quando i tassi d’interesse statunitensi riprendono a risalire dal 2004, rendendo i mutui più onerosi e difficili da ripagare. Nel 2006 la corsa dei prezzi delle case si ferma e nell’anno successivo inizia il riflusso. Le banche cominciano a registrare perdite sempre più ampie a causa dell’insolvenza di numerosi mutuatari ad alto rischio e del calo dei prezzi delle case, con riflessi sul sistema della cartolarizzazioni, che comincia ad entrare in crisi. I titoli emessi a fronte dei mutui subprime iniziano a generare perdite, con conseguente drastica riduzione del loro valore sul mercato finanziario. Le banche e istituzioni finanziarie di tutto il mondo cominciano a trovarsi in forte difficoltà, dando l’avvio alla più grave crisi finanziaria del secondo dopoguerra. Nell’estate del 2007 iniziano le tensioni sui tassi. Si ha una crisi sia di fiducia che di liquidità. I prestiti tra le banche cominciano a diradarsi, generando una crisi di liquidità che si estende ai mercati finanziari, provocando diffusi cali nelle borse mondiali. La necessità di salvaguardare la liquidità disponibile induce le banche ad una restrizione del credito (credit crunch) verso le imprese e le famiglie per limitare gli impieghi di liquidità.

Gli effetti sulle principali istituzioni finanziarie mondiali sono devastanti. Nel settembre 2008 fallisce il colosso bancario statunitense Lehman Brothers, che ha accumulato debiti per circa 613 miliardi di dollari. Merrill Linch viene inglobata da Bank of America. AIG e Fannie&Freddie finiscono in amministrazione controllata dallo Stato. Bear Stearns viene acquisita da JP Morgan. Il gruppo belga-olandese Fortis viene salvato solo grazie all’azione congiunta dei governi del Benelux.

La crisi finanziaria globale induce governi e istituzioni monetarie a intervenire massicciamente, al fine di restituire un po’ di fiducia ai mercati. Vengono ridotti i tassi d’interesse e stanziati fondi per evitare il collasso del sistema bancario. Secondo uno studio di Mediobanca R&S sui piani governativi di stabilizzazione finanziaria delle banche, in Europa l'esposizione netta complessiva dei governi a fine 2009 è ammontata a 1.028 miliardi di euro, a fronte dei 1.968 miliardi di dollari erogati negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno ampiamente superato l'Europa per quanto concerne il numero degli istituti destinatari degli interventi: 838 contro 66 a fine 2009. Gli interventi si sono per lo più esplicati in garanzie pubbliche sugli attivi o sui passivi e, in qualche caso, in iniezioni di capitale. Nel corso del 2009 i governi inglese e tedesco sono stati quelli più impegnati sul fronte della stabilizzazione finanziaria rispettivamente con 711 miliardi e 171 miliardi di euro, seguiti dall'Olanda, che ha impegnato 62 miliardi di euro. In Italia gli interventi sono risultati relativamente

limitati, con un ammontare di 4,1 miliardi di euro, pari allo 0,4 per cento del totale. I cosiddetti Tremonti bond sono stati erogati ad appena quattro istituti bancari e nessuno di essi aveva la sede amministrativa in Emilia-Romagna. La relativa limitatezza dei fondi stanziati dal governo italiano deriva dal fatto che nel nostro Paese le perdite del sistema finanziario sono state meno pesanti, grazie alla scarsa penetrazione della cartolarizzazione dei mutui ad alto rischio.

La crisi finanziaria si estende all’economia reale, generando cali di produzione e investimenti, con pesanti riflessi sull’occupazione e quindi sui consumi, in una sorta di effetto domino di grandi proporzioni. E’ il 2009 che sconta i maggiori effetti della crisi. In Italia la produzione industriale, corretta per i giorni lavorativi, scende su base annua del 17,6 per cento rispetto all’anno precedente, mentre il fatturato, al netto dell’aumento dei prezzi alla produzione, si riduce del 14,0 per cento. Stessa sorte per gli ordini che appaiono in calo del 22,5 per cento. La Cassa integrazione guadagni di matrice anticongiunturale supera i 513 milioni di ore, superando di sei volte il quantitativo del 2008. Il Pil diminuisce del 5 per cento e si tratta del peggiore risultato dal 1971, mentre la disoccupazione sale al 7,8 per cento rispetto al 6,7 per cento del 2008 e 6,1 per cento del 2007.

Il quadro del credito offerto dalla statistiche della Banca d’Italia disponibili fino a dicembre 2009, come vedremo diffusamente in seguito, ha riflesso il basso tono congiunturale. C’è stato un riflusso dei prestiti, mentre le sofferenze e i finanziamenti deteriorati sono risultati in forte crescita. Per i depositi è emerso un vistoso rallentamento per le famiglie e una diminuzione per le imprese.

Il finanziamento dell’economia. La più grave crisi economica dal dopoguerra innescata dall’insolvenza dei mutui ad alto rischio statunitensi, ha interessato, come accennato precedentemente, anche il sistema bancario italiano, ma in misura molto meno accentuata rispetto ad altri paesi, Stati Uniti d’America e Regno Unito in particolare.

Fig. 13.1 – Prestiti “vivi” e depositi per localizzazione della clientela. Periodo dicembre 2008-dicembre 2009. Emilia-Romagna. Variazioni percentuali sullo stesso mese dell’anno precedente.

-2,0 0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0

dic-08 gen-09 feb mar apr mag giu lug ago set-09 ott-09 nov-09 dic-09

prestiti vivi Depositi

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna su dati Banca d’Italia.

L’acuirsi delle difficoltà finanziarie di famiglie e imprese ha causato una rapida espansione degli accantonamenti ai fondi rischi su crediti, oltre al deterioramento della qualità dei portafogli prestiti.

Questa situazione ha indotto le banche ad una particolare cautela nell’erogazione dei crediti e a una maggiore richiesta di garanzie, soprattutto nei confronti delle imprese di più piccole dimensioni.

La maggiore attenzione nel concedere prestiti, unitamente a una domanda in rallentamento dovuta alla sfavorevole congiuntura (questi fattori sono emersi in una indagine effettuata dalla Banca d’Italia in regione), ha avuto l’effetto di appiattire la curva dei prestiti. Secondo i dati divulgati dall’Istituto di via Nazionale, a fine dicembre 2009 i prestiti “vivi” concessi alla clientela residente in Emilia-Romagna (si tratta dei finanziamenti erogati al netto delle sofferenze e dei pronti contro termine) sono diminuiti tendenzialmente dell’1,2 per cento, in misura leggermente inferiore al calo dell’1,5 per cento riscontrato in Italia. Come si può osservare dalla figura 13.1, la corsa dei prestiti ha perso smalto con il trascorrere dei mesi. Rispetto al trend dei dodici mesi precedenti c’è stato in dicembre un rallentamento pari a tre punti percentuali, praticamente lo stesso registrato in Italia.

La frenata è apparsa più evidente per le imprese (l’aggregato comprende le società non finanziarie e le famiglie produttrici), i cui prestiti “vivi” sono diminuiti tendenzialmente, a fine dicembre, del 4,0 per cento, in contro tendenza rispetto alla crescita media del 2,0 per cento rilevata nei dodici mesi precedenti. A fine dicembre 2008 era stato registrato un tasso di crescita pari al 7,3 per cento. Nel Paese la diminuzione è apparsa leggermente più contenuta (-3,6 per cento), ma anche in questo caso è da sottolineare la “rottura” con l’evoluzione media dei dodici mesi precedenti, caratterizzata da un incremento pari all’1,8 per cento.

Per quanto concerne la durata, il calo più vistoso, attorno all’11 per cento, ha riguardato i prestiti a breve termine, mentre quelli a scadenza protratta sono apparsi in leggero aumento. Questa situazione, come sottolineato dalla Banca d’Italia, è stata determinata dall’intensa attività di ristrutturazione del debito a breve, che ha più che compensato la flessione della domanda di finanziamenti finalizzati agli investimenti. Sulla base di tali andamenti, la quota dei prestiti a medio e lungo termine è salita dal 58 al 61 per cento.

Il rapporto medio tra i prestiti in conto corrente effettivamente utilizzati e quelli accordati è salita al 47,2 per cento, risentendo anche del cambiamento della struttura delle commissioni per la disponibilità dei fondi, che potrebbe, come evidenziato dalla Banca d’Italia, aver ridotto l’incentivo delle imprese a detenere linee di credito inutilizzate. L’aumento del grado di utilizzo dei finanziamenti accordati è risultato più intenso per le imprese di medie e grandi dimensioni, sebbene continui a essere inferiore a quello delle aziende più piccole.

Se analizziamo l’andamento delle imprese secondo il settore di attività, possiamo notare che è stata l’industria manifatturiera, che in regione ha accusato un calo record della produzione pari al 14,1 per cento, a incidere maggiormente sul calo complessivo dei prestiti, con una flessione del 10,0 per cento (-9,6 per cento in Italia). La dinamica dei prestiti ha perso forza con il trascorrere dei mesi.

Dall’incremento del 4,4 per cento riscontrato a fine dicembre 2008 si è gradatamente arrivati alla crescita zero rilevata a giugno, per lasciare posto nella seconda metà del 2009, ai decrementi di settembre (-5,1 per cento) e, come descritto, dicembre (-10,0 per cento). Nell’importante settore della meccanica e dei mezzi di trasporto, che ha accusato un calo produttivo attorno al 15 per cento, i prestiti sono diminuiti in misura piuttosto accentuata (-14,0 per cento), riflettendo la caduta degli investimenti e dell’export. Il comparto delle piastrelle ha registrato un calo del 7,6 per cento, conseguenza del riflusso delle esportazioni, del brusco ridimensionamento del mercato immobiliare e dell’elevato grado di indebitamento raggiunto da alcune imprese. Altri cali degni di nota hanno riguardato il comparto della moda (-7,3 per cento) e l’industria alimentare (-3,6 per cento).

Negli altri rami di attività, vale a dire costruzioni e servizi, sono state registrate a fine dicembre 2009 diminuzioni tendenziali molto più contenute, pari rispettivamente all’1,5 e 0,6 per cento, anch’esse in contro tendenza rispetto alla fase di crescita emersa nei mesi precedenti. La domanda di credito del settore edile è stata alimentata dalla necessità di finanziamento dell’attività dei cantieri aperti negli anni precedenti, nonché dagli accresciuti fabbisogni finanziari legati

all’allungamento dei tempi di vendita degli immobili. Le nuove erogazioni finalizzate alle costruzioni residenziali e industriali sono invece diminuite di oltre il 20 per cento. Nell’ambito del terziario è da sottolineare la diminuzione prossima al 3 per cento accusata dai settori più esposti al ciclo economico, vale a dire i trasporti e i servizi connessi. Un analogo andamento ha riguardato le imprese commerciali i cui prestiti, in uno scenario negativo delle vendite al dettaglio (-2,9 per cento), sono diminuiti dell’8,2 per cento. Il credito al comparto alberghiero e della ristorazione è invece apparso in crescita del 2,1 per cento, grazie alla sostanziale tenuta evidenziata dal turismo.

Sotto l’aspetto della dimensione, sono state le imprese con almeno venti addetti a manifestare il decremento tendenziale più sostenuto dei prestiti “vivi”, pari a dicembre 2009, al 4,1 per cento, dopo che a marzo e giugno erano stati registrati aumenti rispettivamente pari al 5,1 e 2,7 per cento.

Un po’ più ridotta è apparsa la diminuzione dei finanziamenti alle imprese di minori dimensioni, con meno di venti addetti (-3,2 per cento rispetto al -1,2 per cento nazionale), ma anche in questo caso è da annotare il peggioramento rispetto al trend dei dodici mesi precedenti (-0,1 per cento).

Le famiglie consumatrici, assieme alle istituzioni sociali private e ai soggetti non classificabili dagli enti segnalanti, hanno mostrato una maggiore tenuta rispetto alle imprese. A fine dicembre 2009 l’aumento tendenziale dei prestiti “vivi” si è attestato al 2,8 per cento (+5,9 per cento in Italia), in leggera accelerazione rispetto alla crescita media dell’1,0 per cento rilevata nei dodici mesi precedenti. La moderata crescita dei prestiti alle famiglie (se si corregge l’effetto contabile delle cartolarizzazioni scende all’1,7 per cento) è attribuibile alla flessione della domanda di immobili e dell’acquisto di beni di consumo durevoli, ma anche a politiche più restrittive da parte delle banche, rese più prudenti dalla crisi in atto.

La decisa frenata degli investimenti fissi lordi che ha caratterizzato il 2009 (-11,8 per cento secondo lo scenario di giugno 2010 di Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia) non ha avuto un eco proporzionata sui finanziamenti a medio e lungo termine, anche a causa, come sottolineato precedentemente, della particolare intensità della ristrutturazione del debito a breve. La modifica del termine avvenuta a dicembre 2008 (sono considerate a medio e lungo termine le durate oltre un anno, mentre prima erano di diciotto mesi) non consente di effettuare confronti di ampio respiro, ma dal confronto tra dicembre 2009 e l’analogo periodo dell’anno precedente emerge un incremento del 3,6 per cento, leggermente superiore alla corrispondente crescita nazionale del 2,4 per cento. La voce più consistente, rappresentata dalla voce generica degli “altri investimenti” – ha costituito il 47,0 per cento del totale – ha evidenziato un aumento del 3,4 per cento, appena inferiore a quello generale. Nelle altre voci hanno segnato il passo gli investimenti destinati alle costruzioni (-3,3 per cento), mentre sono cresciuti i mutui destinati all’acquisto di immobili (+4,7 per cento), sia per quanto concerne l’acquisto di abitazioni da parte delle famiglie (+4,5 per cento) che di altri immobili (+5,8 per cento). Come evidenziato dalla Banca d’Italia, l’aumento della consistenza dei mutui destinati all’acquisto della casa può essere ricondotto, a fronte del calo delle nuove erogazioni, ai minori esborsi dovuti alle politiche di allungamento del debito o di sospensione dei pagamenti attuate dalla banche, anche in ossequio a specifiche normative. Il rapporto tra il valore del mutuo e quello dell’immobile (loan to value ratio)18 sarebbe diminuito rispetto al 2008, attestandosi a circa il 66 per cento. La durata dei nuovi mutui erogati nel 2009 sarebbe stata superiore ai 20 anni, in leggero aumento rispetto a un anno prima. E’ diminuita l’incidenza della rata del mutuo sul reddito delle famiglie al momento dell’erogazione, pari nella media del 2009 al 30 per cento, in virtù della discesa dei tassi. Le banche di maggiori dimensioni con sede in regione offrono contratti di mutuo che presentano valori più elevati del rapporto tra l’ammontare del finanziamento erogato e il valore dell’immobile rispetto a quelli proposti dalle banche più piccole.

18 Le informazioni sono state tratte dalla sezione monografica della Regional bank lending survey, relativamente alle principali banche con sede in Emilia-Romagna.

Tavola 13.1 - Credito al cons um o di banche e interm ediari finanziari di cui all'art. 107 T.U. (a)

Var.% Var.% Var.%

trim . trim . Finan- trim .

Trim es tri Totale anno pr. Banche anno pr. ziarie anno pr.

IV 2002 2.883,455 - 1.763,384 - 1.120,072

-I 2003 2.942,051 - 1.805,014 - 1.137,037

-II 2003 3.003,680 - 1.799,660 - 1.204,020

-III 2003 2.908,397 - 1.795,244 - 1.113,153

-IV 2003 3.081,427 6,9 1.875,503 6,4 1.205,924 7,7

I 2004 3.182,652 8,2 1.927,100 6,8 1.255,552 10,4

II 2004 3.318,397 10,5 1.986,454 10,4 1.331,944 10,6

III 2004 3.420,905 17,6 2.060,177 14,8 1.360,728 22,2

IV 2004 3.628,453 17,8 2.139,129 14,1 1.489,325 23,5

I 2005 3.747,801 17,8 2.242,950 16,4 1.504,851 19,9

II 2005 3.954,062 19,2 2.371,848 19,4 1.582,215 18,8

III 2005 4.083,302 19,4 2.448,747 18,9 1.634,556 20,1

IV 2005 4.343,344 19,7 2.551,985 19,3 1.791,359 20,3

I 2006 4.507,297 20,3 2.659,538 18,6 1.847,760 22,8

II 2006 4.747,810 20,1 2.811,351 18,5 1.936,460 22,4

III 2006 4.895,518 19,9 2.885,919 17,9 2.009,600 22,9

IV 2006 5.159,197 18,8 2.976,899 16,7 2.182,298 21,8

I 2007 5.559,623 23,3 3.103,439 16,7 2.456,184 32,9

II 2007 5.756,360 21,2 3.205,239 14,0 2.551,121 31,7

III 2007 5.792,350 18,3 3.166,277 9,7 2.626,074 30,7

IV 2007 6.076,199 17,8 3.246,271 9,0 2.829,928 29,7

I 2008 6.094,683 9,6 3.309,964 6,7 2.784,719 13,4

II 2008 6.343,927 10,2 3.483,774 8,7 2.860,153 12,1

III 2008 6.434,371 11,1 3.515,444 11,0 2.918,928 11,2

IV 2008 6.341,837 4,4 3.494,556 7,6 2.847,281 0,6

I 2009 6.280,714 3,1 3.358,555 1,5 2.922,160 4,9

II 2009 6.585,367 3,8 3.515,336 0,9 3.070,032 7,3

III 2009 6.644,345 3,3 3.295,705 -6,3 3.348,641 14,7

IV 2009 6.920,189 9,1 3.368,909 -3,6 3.551,281 24,7

(a) Fam iglie cons um atrici. Dis tribuzione per localizzazione della clientela.

Fonte: Banca d'Italia. Segnalazioni di vigilanza. (bollettino s tatis tico).

Gli investimenti destinati all’acquisto di macchine, attrezzature, mezzi di trasporto e prodotti vari sono tendenzialmente aumentati del 12,7 per cento, in linea con quanto avvenuto nel Paese (+18,7per cento). Questo andamento che sembra sottintendere una certa vivacità degli investimenti in realtà non è che la conseguenza della ristrutturazione del debito a breve verso scadenze protratte.

Secondo i dati aggiornati a dicembre 2009, il credito al consumo erogato da banche e finanziarie è cresciuto tendenzialmente in Emilia-Romagna del 9,1 per cento (+6,5 per cento in Italia), in ripresa rispetto al trend del 3,6 per cento registrato nei dodici mesi precedenti. L’aumento è da attribuire esclusivamente al gruppo delle Finanziarie (+24,7 per cento), a fronte della flessione del 3,6 per cento evidenziata dalle banche. L’impressione che si trae da questi andamenti è che le Finanziarie siano venute incontro alle esigenze di coloro che, in un momento di difficile accesso al credito, non sono riusciti ad ottenere prestiti dalle banche.

Se rapportiamo il credito al consumo complessivo alla popolazione residente a fine anno, possiamo vedere che l’Emilia-Romagna è nuovamente risultata tra le regioni relativamente meno esposte, con un indebitamento per abitante pari a 1.580,88 euro, a fronte della media nazionale di 1.871,52 euro.

Solo tre regioni, vale a dire Marche, Veneto e Trentino-Alto Adige, hanno evidenziato valori più contenuti. L’indebitamento al consumo più elevato è stato registrato ancora una volta in Sardegna,

con 2.554,16 euro per abitante, seguita da Sicilia (2.258,69) e Lazio (2.210,32). Tra fine dicembre 2002 e fine dicembre 2009, il credito al consumo per abitante è aumentato in Emilia-Romagna del 140,0 per cento, al di sotto della crescita media nazionale del 144,8 per cento. L’incremento percentuale più elevato ha riguardato la Calabria (+213,3 per cento). Quello più contenuto la Valle d’Aosta (+97,8 per cento). Al di là di questi andamenti, resta tuttavia un livello di indebitamento ragguardevole, soprattutto se si considera che stiamo valutando valori medi, riferiti per altro all’intera popolazione. Se rapportiamo il credito al consumo al Pil, possiamo notare che nel 200919 l’Emilia-Romagna ha registrato un rapporto pari al 5,1 per cento, a fronte del 7,4 per cento della media nazionale. Tra il 2002 e il 2009 c’è stato un aumento pari a 2,5 punti percentuali, inferiore ai 3,8 punti percentuali in più rilevati nel Paese. Sulla base di tali andamenti emerge un indebitamento che ha marciato più velocemente della ricchezza prodotta, anche se in misura relativamente meno accentuata rispetto a quanto avvenuto in Italia. Come sottolineato dalla Banca d’Italia, secondo l’indagine sui bilanci delle famiglie, nel 2008 circa una famiglia su cinque era indebitata nei confronti delle banche e di altre società finanziarie, una percentuale in sostanziale linea con quella registrata in regione all’inizio del decennio e leggermente inferiore alla media nazionale. Le famiglie indebitate sono per lo più concentrate nelle fasce di reddito più elevate: esse rappresentavano oltre il 40 per cento delle famiglie nel quartile di reddito disponibile netto più elevato a fronte di circa il 10 per cento nel quartile più basso. Questa situazione si collega idealmente ad un’indagine di Prometeia, commissionata dall’Associazione bancaria italiana e presentata nel convegno “Credito alle famiglie 2007”, secondo la quale il credito al consumo sarebbe frutto più di una scelta che di una reale necessità. Questa affermazione trova fondamento nella figura dell’”indebitato tipo”, vale a dire giovane sotto i trent’anni, in possesso di un titolo di studio elevato rispetto alla media del campione e con un livello di reddito per lo più medio-alto, superiore ai 41.000 euro. Per l’Abi questo identikit corrisponde a una persona che "ha rimodulato la gestione del proprio bilancio familiare, programmando opportunamente le spese e i tempi di rimborso degli investimenti". Non siamo insomma alla presenza di persone che ricorrono al credito al consumo perché non riescono ad arrivare alla fine del mese.

Il rapporto banca-impresa. Il rapporto tra imprese e credito è, allo stesso tempo, estremamente delicato e di fondamentale importanza. Non è affatto esagerato definire il credito come il “sangue dell’economia”. In una fase di profonda crisi, il Sistema camerale dell’Emilia-Romagna ha deciso di estendere al 2010 l’Osservatorio regionale sul credito e di intensificarne le attività prevedendo due rilevazioni campionarie. Quella che ci accingiamo a commentare è stata effettuata nella primavera del 2010 e ha avuto come oggetto 1.402 imprese industriali, del commercio e dei servizi alle imprese.

Accesso al credito: Il giudizio degli imprenditori in merito all’accesso al credito è apparso positivo solo nella metà dei casi. La valutazione non muta sostanzialmente quando si prendono in considerazione i singoli parametri, quali la quantità del credito erogabile (49,5 per cento), la tipologia degli strumenti finanziari disponibili (53,6 per cento) ed i tempi di valutazione delle

Accesso al credito: Il giudizio degli imprenditori in merito all’accesso al credito è apparso positivo solo nella metà dei casi. La valutazione non muta sostanzialmente quando si prendono in considerazione i singoli parametri, quali la quantità del credito erogabile (49,5 per cento), la tipologia degli strumenti finanziari disponibili (53,6 per cento) ed i tempi di valutazione delle

Nel documento Consuntivo 2009 (899kb) (pagine 166-186)