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Paolo Cantoresi17

L’esperienza della Valdera in agricoltura sociale ha una storia lunga e inten- sa18, iniziata circa dieci anni fa, caratterizzata sin dagli esordi da una spinta emo- tiva, una necessità personale di tracciare nuovi sentieri per la cura della salute.

Mauro Gallevi, il pioniere di tale esperienza, non a caso era parte integran- te di ORISS, un’associazione culturale di ricerca antropologica. L’accuratezza e la passione di Mauro nel tracciare il solco iniziale ha permesso di rendere ancora oggi evidente la direzione del progetto.

Il lavoro del tavolo dell’agricoltura sociale in Valdera in questi anni si è arricchito della partecipazione e dell’interesse di nuovi soggetti, portando ad un ampliamento di possibilità e bisogni non sempre facile da governare. Non sepa- rare la sostenibilità economica da quella sociale ci ha permesso di mantenere la coerenza del progetto.

8.1 il servizio di salute mentale

La prospettiva dalla quale mi interessa osservare il lavoro svolto è quella della partecipazione del servizio di salute mentale.

Mauro Gallevi fa parte dell’equipe della salute mentale di Pontedera ma solo dopo la pensione può dedicarsi pienamente alla realizzazione del progetto: coinvolgere le aziende agricole del territorio come partner in progetti di salute mentale. Si apre interesse e curiosità reciproca tra soggetti in difficoltà: le piccole aziende agricole e persone con svantaggio psico-sociale.

In questa fase da esploratore Mauro incontra persone che si interessano

17 Distretto Salute Mentale SdS Valdera

18 Per una storia dettagliata del percorso si rimanda ai siti dell’Unione dei comuni della società della salute e dell’azienda USL 5 di Pisa e alle numerose pubblicazioni.

all’idea, ne capiscono la portata, ed insieme a loro elabora progetti ai margini delle istituzioni di appartenenza.

Il servizio di salute mentale resta ai margini, guarda quasi con fastidio, troppo impegnata ad assolvere a compiti da istituto sociale.

Divengono protagonisti del progetto le aziende agricole, associazioni di ca- tegoria, agenzie formative. Lo sforzo di coinvolgere più soggetti si traduce in un coinvolgimento di singole persone che prima di altri capiscono la forza del proget- to e si spendono per la realizzazione (educatori, infermieri, direttori della società della salute, assessori, agricoltori), singole persone che occupano posizioni di- verse e che rispondono ad un’esigenza personale di lavorare per il cambiamento. Grazie a loro negli anni si trasformano le funzioni delle realtà che rappresentano.

8.2 il centro diurno

Dopo i primi anni di presenza limitata all’impegno di singoli operatori, il cen- tro diurno della salute mentale di Pontedera investe nel progetto, riconoscendone le grandi potenzialità riabilitative. Il Centro in quel periodo sta attraversando un percorso di profonda trasformazione organizzativa e clinica. Tenta il passaggio da contenitore di patologia grave ad occasione di salute per la comunità, organizza attività riabilitative formative nelle aziende agricole, favorisce inserimenti socio- terapeutici, discute e promuove iniziative, eventi e relazioni dedicate allo sviluppo del progetto. In tale contesto, il centro promuove una discussione e il confronto sulla salute mentale, coinvolgendo come partner tutti i soggetti del progetto: la Coop, le aziende agricole, il centro per l’impiego, l’università, le rappresentanze sindacali, ecc.

La partecipazione al tavolo dell’agricoltura sociale rinforza la convinzione di essere nella direzione giusta. Si aprono dibattiti e si realizzano incontri dove si sco- prono colleghi e partner al progetto di salute fuori dal contenitore sanitario. Tale processo produce negli operatori che partecipano al progetto una trasformazione ed un ripensamento sul ruolo della salute mentale.

8.3 ripensare il ruolo del servizio di salute mentale

La condizione di crisi economica e sociale costringe chi si occupa di salute mentale a non poter limitare il proprio intervento alla forniture di prestazioni spe- cialistiche. La distanza tra una domanda di intervento sempre crescente ed urgen- te e un’offerta sempre più ridotta da difficoltà economiche non è più sostenibile.

Per curare bisogna ripensare il ruolo degli operatori, uscire dagli spazi ambulatoriali, stare nel mezzo, vivere ed agire dove si creano e si rinforzano le sofferenze e dove è possibile innescare possibilità di cura. Per fare ciò bisogna rinunciare all’idea che esista un luogo, un sapere, una tecnica che possa riparare la salute ed eliminare la sofferenza.

I nostri obiettivi si sono così delineati:

− intervenire per il ripristino delle condizioni dei fondamentali per lo sviluppo ed il mantenimento della salute nel rispetto dei diritti umani;

− uscire da un modello che conduce alla realizzazione di contenitori che ten- dono a separare le risorse dai problemi, le persone dalla comunità, per av- vicinarsi al modello dell’ agricoltura naturale dove non si separa con confini netti e rigidi.

Il solco della semina può essere anche storto, al pomodoro non importa; alcune piante si avvantaggiano della presenza delle alte; non separare per l’orto sinergico diventa fonte di sostegno e sviluppo per tutte le piante.

8.4 salute mentale e comunità

Siamo fortemente convinti che solo la comunità dispone delle risorse uma- ne, economiche e sociali capaci di curare i bisogni di cui tutti siamo portatori. Per far ciò dobbiamo ripensare il nostro ruolo di specialisti della salute mentale, di- venire attivatori e partner di buone pratiche che mettono in circolo risorse econo- mie, psichiche, sociali che producono salute e sviluppo.

Tale posizione pretende una netta distanza da approcci specialistici ancorati a pratiche esclusivamente cliniche e sanitarie prevalentemente impegnate in ope- razioni di certificazioni di invalidità psichica.

Il modello bio-medico della salute mentale in crisi, ancora dominante, ri- schia infatti di essere fortemente inadeguato nell’approntare risposte ad un biso- gno di cura che si va facendo sempre più pressante, complesso ed esteso.

rivoluzione dell’assistenza psichiatrica partendo dal manicomio. Tale ribaltamento oggi può essere continuato in quei luoghi dove la contraddizione della cura è più evidente. Nell’ottica di tale intervento il servizio di salute mentale deve totalmente ripensare la sua funzione: non più contenitore, separato, isolato, dove cercare dosi di salute, ma parte di un progetto che miri a riconoscere e potenziare la fertilità della differenza.

8.5 l’agricoltura

L’esperienza di lavoro con gli agricoltori e i partecipanti al tavolo dell’agri- coltura sociale ci hanno aiutato a ricollocare il lavoro della salute mentale nel sol- co naturale dell’esperienza umana ed evidenziare il rischio di una cronicità legata alla separazione delle risposte in base a sintomi, bisogni o categorie diagnostiche. La ricchezza dell’esperienza con l’agricoltura ci ha mostrato come un’at- tenzione alla sostenibilità delle aziende non separata dalle esigenze di salute per persone che non riescono a sostenere ritmi industriali, ma che hanno passione e piacere di lavorare nel settore, inneschi un processo dove chi viene identificato normalmente come portatore di mancanza diviene elemento cruciale per svilup- pare una catena di umanità che produce economia solidale, che non porterà nes- suno a diventare ricco, ma eviterà dinamiche di sfruttamento ed esclusione.

In una comunità dove c’è spazio e dignità anche per le persone in difficoltà tutti stanno meglio.