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Akbar e l’istituzionalizzazione degli atelier imperial

Capitolo 2 L’arte mughal

2.2 Akbar e l’istituzionalizzazione degli atelier imperial

La pittura Mughal si sviluppò tra il XVI ed il XVII secolo, periodo di massima fioritura della produzione imperiale. Non ci sono giunte notizie di artisti che operassero alla corte di Babur (r. 1526-1530), ma dal suo Baburnama61 scopriamo l’amore dell’imperatore per le

raffigurazioni naturalistiche,62 e lo ritroviamo cimentarsi nella descrizione critica del lavoro di un famoso pittore persiano, Behzad (m. 1535/36):

“his work was very dainty but he did not draw beardless faces well; he used greatly to lengthen to double chin (ghab-ghab); bearded faces he drew admirably”.63

60 Il jainismo fu fondato circa sei secoli prima dell’avvento del Cristianesimo. Tra i suoi precetti ritroviamo

non rubare, non uccidere, l’astinenza sessuale ed il digiuno che, quando non veniva praticato, era sostituito da un severo consumo di soli vegetali. Di indole, pacifica abitavano soprattutto le terre del Gujarat dedicandosi al commercio. SCHIMMEL, A., 2004, op. cit., p. 115.

61 Il Baburnama è l’autobiografia dell’imperatore Babur. Scritta originariamente in turco, lingua madre del

monarca fondatore della dinastia Mughal, venne tradotta durante il regno del nipote Akbar. Purtroppo gli anni compresi tra il 1502 e il 1503, dal 1508 al 1519 e da Gennaio 1520 fino a Novembre 1525 sono andati perduti. L’imperatore iniziò a dettare le sue memorie a partire dal 1527: “I do not write this in order to make

complaint; I have written the plain truth”; in DILIP, H., 2006, Babur Nama. Journal of Emperor, New Delhi,

Penguin classics, pp. 18-19.

62 SOM PRAKASH, V., 1994, Mughal painters and their work : a biographical survey and comprehensive

catalogue, New Delhi, Oxford University Press, p. 4.

Ciò dimostrerebbe come gli imperatori Mughal, sin dalla fondazione del loro regno, non fossero solo promotori di ritratti e dipinti, ma se ne circondassero, non come semplici collezionisti, ma come veri e propri critici, connoisseurs ed intenditori.

Ben conscio dell’importanza della pratica artistica, l’imperatore Akbar (r. 1556-1605), invece, sistematizzò gli atelier di corte ed incoraggiò la diversità, l’innovazione e la sperimentazione. Il monarca istituì, a partire dal 1556, un kitab-khana (atelier di pittori di corte) che ebbe un impatto decisivo sulla formazione del successivo stile della scuola mughal.64 L’approccio che Akbar riservò alle arti non fu molto diverso da quello derivante dal retaggio mongolo e turco le cui corti lasciavano grande spazio a poeti, scrittori, artisti e musicisti,65 quasi come avveniva nei salotti dei mecenati occidentali. D’altro canto l’atelier della corte Mughal non differiva dalla pratica persiana nelle cui botteghe stazionavano calligrafi, doratori e rilegatori che lavoravano alle dipendenze dello Shah Tahmasp (r. 1524- 1576).66

La prima, importantissima mossa, del Gran Mogol fu quella di chiamare al suo servizio pittori ed artigiani indù i quali, insieme agli artisti persiani, diedero il via ad una vera e propria età classica dell’arte mughal. Il loro stile, infatti, fu il frutto del sincretismo creatosi tra lo stile persiano e la profonda e vivace visione di matrice induista.67 Gli artisti indù portarono anche le tecniche legate alla resa paesaggistica ed un approccio più naturalistico rispetto al portato persiano a cui le prime produzioni Mughal si ispiravano.68

Akbar supervisionava personalmente le produzioni dell’atelier e le illustrazioni venivano assegnate ai vari artisti a seconda delle loro precise abilità:69 alcuni eccellevano nella

64 OKADA, A., 1992, Indian miniatures of the Mughal court, New York, H.N. Abrams, p. 11. 65 Ibid.

66 Ibid.

67 SCHIMMEL, A., 2004, op. cit., p. 271.

68 DIMAND, S. M., 1953, “Mughal painting under Akbar the Great”, in The Metropolitan museum of Art

Bulletin, Vol. 12, No. 2, p. 48.

produzione delle scene di corte, altri nelle battaglie, mentre altri si distinguevano nella resa delle illustrazioni naturalistiche di flora e fauna fino a coloro i quali si dedicavano alla ritrattistica.70 Nell’ A’in-i Akbari di Abu’l Fazl ritroviamo la testimonianza di quanto il Gran Moghul fosse interessato ed attivo sul fronte artistico:

“His Majesty, from his earliest youth, has shown a great predilection for this art, and gives it every encouragement, as he looks upon it as a means both of study and amusement. Hence the art flourishes, and many painters have obtained great reputation. The works of all painters are weekly laid before His Majesty by the Dārōghas [Superintendents] and the clerks; he then confers rewards according to excellence of workmanship, or increases the monthly salaries. Much progress was made in the commodities required by painters, and the correct prices of such articles were carefully ascertained”.71

Il kitab-khana, già durante il regno di Humayun,72 era diretto dai maestri Mir Sayyid’ Ali,73

dal figlio Musawwir e da Khwaja ‘Abu’s-Samad74 alle cui dipendenze lavoravano circa

cento pittori provenienti dal Kashmir, dal Gujarat e dal Punjab.75

L’approccio di una gestione degli atelier che fosse collettiva, rendeva più agevole la produzione di quella che, durante il regno di Akbar, era la pratica più diffusa, ovvero la realizzazione di manoscritti illustrati76 come il Tutinama,77 contenente circa

70 Ivi, p. 12.

71 Abu’l Fazl (2), ed. Text, 116; tr., I, 113 in SOM PRAKASH, V., 1994 op. cit., p. 4. 72 Ivi, p. 270.

73 “He learned the art from his father. From the time of his introduction at Court, the ray of royal favour has

shone upon him. He has made himself famous in his art, and has met with much success”. In Abu’l Fazl, A’in-i-Akbari, Vol.1, chpt. 86. Tradotto da H. BEVERIDGE.

74 L’artista, a cui fu dedicato l’epiteto di shirin qalam, ovvero “dolce penna” nel 1551-1552, insegnò l’arte

della pittura ad Akbar quando l’imperatore era ancora un fanciullo. SCHIMMEL, A., 2004, op. cit., p. 270. E’ considerato come uno dei fondatori della scuola mughal, nato a Shiraz, venne ingaggiato dall’imperatore Humayun nel 1544, definito da Abu’l Fazl “The magician of unique ability” e ricordato soprattutto per le sue abilità di miniaturista. In SOM PRAKASH, V., 1994, op. cit., p. 41.

75 DIMAND, S. M., 1953, op. cit., p. 48. 76 OKADA, A., 1992, op. cit., p. 12.

77 I racconti di un pappagallo, sono una collezione illustrata di novelle basate su un testo in sanscrito molto

duecentocinquanta miniature, il monumentale Hamzanama,78 terminato nel 1570, fino al

Khamsa di Nizami, poema illustrato per Akbar nel 1595.79 Intorno al 1584 gli artisti imperiali iniziarono l’illustrazione di un importantissimo manoscritto storico, il

Timurnama,80 contenente il racconto della vita dell’eroe turco fino all’ascesa dei suoi discendenti, ovvero Babur, Humayun ed Akbar. Pur non conoscendo l’autore del manoscritto, è chiaro che per l’imperatore Akbar, il Timurnama doveva essere l’opera più importante legata al suo patrocinio in quanto, le centotrentasette illustrazioni, sottolineano il sempre più forte legame tra Timur e la dinastia Mughal la quale sembra l’unica degna erede dell’immenso e glorioso impero fondato dal leggendario Tamerlano.81

Oltre che alla pratica legata all’illustrazione di manoscritti, gli atelier mughal si dedicavano anche alla produzione di ritratti dinastici sempre per sottolineare il legittimo passaggio di cariche. Possiamo dunque evincere che l’attenzione e l’interesse riservati alla pratica pittorica dall’imperatore Akbar andavano contro il generale conservatorismo musulmano e si palesavano nel sostegno rivoltole in quanto considerata fonte di rivelazione della sapienza divina:

“[…] there are many that hate painting; but such man I dislike. It appears to me as if a painter had quite peculiar means of recognizing God, for a painter in sketching anything that has life, and in devising its limbs, one after the other, must come to feel that he cannot bestow individuality upon his work, and be thus forced to think of God, the giver of life, and will thus increase in knowledge.”82

78 Letteralmente storia di Hamza, l’Hamzanama racconta le avventure semi-mitologiche di un lontano zio del

profeta Maometto. Eseguito dal kitab-khana alle dipendenze di Akbar tra il 1562 ed il 1577, è composto da circa millequattrocento dipinti divisi in quattordici volumi. In Ibid.

79 KOCH, E., 2010, op. cit., p. 278. OKADA, A., 1992, op. cit., p. 17 indica, come datazione per il Khamsa,

il 1585.

80 OKADA, A., 1992, op. cit., p 20. 81 Ibid.