• Non ci sono risultati.

Il patrocinio Jahangir

CAPITOLO 3 Iconografie e temi biblici nell’arte mughal

3.2 Il patrocinio Jahangir

L’imperatore manifestò un vivo interesse per la pittura cristiana riuscendo ad entrare in possesso di una grande varietà di illustrazioni della Vergine Maria, Gesù, svariate crocifissioni e deposizioni dalla croce, San Giovanni Battista, Sant’Anna ed uno stuolo di altri santi occidentali con le cui copie volle far decorare le pareti del suo palazzo.237 Di grande impatto è la Deposizione del 1598 conservata al Victoria and Albert Museum (Fig. 84). Il fulcro della scena, ovvero Gesù che viene deposto dalla croce insieme al gruppo di donne, tra cui Maria, che piangono il salvatore, richiama in tutto e per tutto un incisione di Marcantonio Raimondi del 1560 che l’artista fece per un’opera raffaelliana238 (Fig. 85). Come nel caso del Girolamo di Kesu, rispetto al

237 Ivi, p. 80.

238 Il collegamento tra la deposizione mughal e l’opera di Raimondi è stato notato anche da BRESSAN L.,

modello occidentale, l’opera indiana è stata raffigurata in maniera speculare rispetto allo spunto originale. Inoltre, come abbiamo già visto in una precedete crocifissione, ai piedi della croce scorgiamo teschi ed ossa. Sul bordo inferiore notiamo anche la presenza, anomala visto il contesto di due cagnolini che assistono alla deposizione del messia.239 L’illustrazione mughal è arricchita dalla presenza di putti ed angeli annuncianti solitamente non presenti nelle deposizioni occidentali.

Un esempio significativo che ci permette di comprendere quanto i pittori presenti negli atelier imperiali patrocinati da Jahangir fossero spronati ad assimilare i nuovi stimoli provenienti da Occidente, è da ritrovarsi nel ritratto di San Giovanni (fig. 86) attribuito al famoso Abu’l Hasan. Il disegno del pittore mughal è un preciso studio dell’incisione di Albrecht Dürer240 raffigurante la Crocifissione (1511) (Figg. 87, 88). Il santo, come

ben lo descrive Erwin Panofsky nel suo La vita e le opere di Albrecht Dürer è una “maschera tragica dell’antichità classica”241 e il pittore Mughal riesce a rendere con

estrema efficacia l’intensità ed il pathos che l’incisore tedesco seppe dare alla sua opera. Abu’l Hasan, nella sua trasposizione, insistette molto nei tratti del viso e nella resa dei riccioli lasciando pressoché non finiti i panneggi della veste concentrandosi maggiormente sulle mani intrecciate del santo. Ciò potrebbe suggerire un preciso intento di studio volto all’esercizio ed all’apprendimento di nuovi aspetti provenienti dalla pittura occidentale. Infatti come abbiamo visto, già in concomitanza con il regno di Akbar gli artisti appresero le tecniche legate alla resa dei panneggi delle stoffe; è verosimile che, a distanza di tempo, gli artisti rivolgessero le loro attenzioni ad altri aspetti connessi alla pittura europea come, ad esempio, la dimensione espressiva e sentimentale.

239 Anomala in quanto il cagnolino è di solito presente nelle raffigurazioni nuziali quale simbolo di fedeltà,

oppure nelle scene di caccia in quanto animale impiegato attivamente in questa pratica.

240 SRIVASTAVA, A. K., 2000, op. cit., p. 78 e BRESSAN L., 2011, op. cit., p. 171.

Assimilabile a questo periodo è un Adamo oggi alla Chester Beatty Library di Dublino, (Fig. 89) appartenente ad una Bibbia tradotta in persiano ed illustrata dai miniaturisti Mughal.242 Ci permettiamo, in questa sede, di notare alcuni particolari legati al corredo di simboli che accompagna l’illustrazione. Il personaggio è infatti raffigurato in un paesaggio brullo e deserto ed è vestito solo di una spartana pelliccia appoggiata sulla spalla che ricade lunga fino ai suoi piedi. Questa, solitamente, richiama la figura di Giovanni Battista il quale, ritiratosi nel deserto, conduceva una vita di totale solitudine e povertà, coprendo la sua nudità solo con una pelle di animale adagiata sui fianchi. Probabilmente, vista la quantità di incisioni e stampe cristiane a disposizione degli artisti, l’anonimo esecutore deve aver confuso le due figure bibliche associando alla figura di Adamo gli attributi che solitamente si riferivano all’agiografia del Battista. La posa plastica e la nudità pressoché integrale del personaggio raffigurato ricordano il torso del Belvedere dello scultore Apollonio, conservato nel Museo Pio Clementino all’interno dei Musei Vaticani e fonte di ispirazioni per numerosi disegni e studi anatomici (Fig. 90). La massa muscolare e la posizione assunta dalla gamba dell’Adamo indiano, insieme alla torsione che permette di vedere il volto del personaggio nonostante questo ci dia le spalle, sono assimilabili alla purtroppo frammentaria scultura vaticana. Questo paragone dimostra come ormai gli artisti mughal avessero la padronanza di una tecnica totalmente occidentale come quella della raffigurazione di corpi umani nudi.

Jahangir, oltre che per le illustrazioni di carattere religioso, ha un grosso debito con l’arte europea per quel che concerne i suoi interessi naturalistici e scientifici. A quest’importante aspetto dedicheremo una parte approfondita nel capitolo seguente.

242 RAMAN P. SINHA, 2012, “Inter-pictorial encounter: Jesuit Biblical art and Indian miniature painting”, in

St. Francis Xavier and the Jesuit Missionary Enterprise. Assimilation between cultures, Pamplona, GRISO,

La stretta relazione che si instaurò tra l’arte occidentale e quella mughal, permise a quest’ultima di dissociarsi dai tratti stilizzati che caratterizzarono la produzione precedente.243 Inoltre la scelta di circondarsi di immagini caratterizzate da una fortissima connotazione religiosa non fu casuale, come non fu casuale la scelta di utilizzare l’arte devozionale cattolica, considerata ‘culturalmente neutrale’ in quanto il suo realismo e la sua immediatezza le conferivano universalità e la capacità di trascendere i confini etnici e culturali.244 A differenza dell’Islam il quale non possedeva una vera e propria tradizione figurativa legata al culto e non potendo competere con il pantheon di divinità indù, l’arte cristiana possedeva un’immediata identità e forza visiva.245