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CAPITOLO 3. Le teorie sull‟alcolismo: tra vecchio e nuovo

4.4. Alcol e migranti

I dati relativi al consumo di sostanze psicotrope da parte delle persone adulte migranti in Italia non sono dati certi poiché non si hanno dati certi sulle persone migranti assistite dai Servizi Sanitari istituiti ad hoc per tale problema.

Nella maggior parte dei casi infatti si è di fronte ad una popolazione per lo più in una condizione irregolare e quindi “nascosta” e sfuggente ad un controllo epidemiologico quantitativo.

Negli ultimi anni assai diffusa nella popolazione migrante è l‟assunzione sregolata dell‟alcol in quanto, grazie alla sua facile reperibilità, alla sua accessibilità economica e alla sua accettazione sociale, l‟alcol può costituire una sostanza sostitutiva di altri stupefacenti o può risultare un notevole potenziatore degli effetti delle droghe illegali.

Il consumo/abuso di bevande alcoliche, discorso estendibile a tutti i fenomeni sociali, non può essere ricondotto ad un‟unica causa. Occorre partire dal presupposto che la condizione di dipendenza varia da persona a persona, anche sulla base della compresenza di complessi e variabili fattori di ordine biologico, psicologico, sociale e culturale che interagiscono in maniera dialettica tra loro e con il singolo individuo.

Per comprendere maggiormente l‟ambivalenza della funzione dell‟uso di alcol è indispensabile un’analisi del contesto sociale e culturale; storicamente vengono messi in evidenza i valori nutritivo, farmacologico, rituale e socializzante (in riferimento a quest‟ultimo la funzione di indurre modifiche del comportamento per cui si ricorre all‟alcol con lo scopo di intervenire sulla sfera delle relazioni interpersonali).

4.4.1 Consumo alcolico tra migranti in Italia

Il consumo di alcol nella popolazione adulta migrante appare trasversale a tutte le etnie.

Da un punto di vista socio culturale, va fatta una distinzione tra gli adulti migranti appartenenti al primo esodo di massa avvenuto nei primi anni ‟90, quando il processo di acculturazione risultava meno sviluppato, rispetto ai migranti a partire dal 2000 ad oggi.22

Infatti per i migranti di prima generazione la cultura di provenienza riveste un ruolo estremamente importante anche nella loro vita in Italia, una cultura che non rinnegherebbero mai e a cui si tengono ben saldi. Contrariamente i migranti di seconda generazione (nati in Italia da genitori

22

41 stranieri vedono nel consumo di alcol un modo per uniformarsi e per sentirsi accettati all‟interno della nuova comunità italiana..

Possiamo così delineare due dinamiche generali di rapporto con le sostanze le sostanze. Se osservano le caratteristiche delle opzioni comportamentali degli immigrati rispetto alla sostanza, in Italia, emergono due dinamiche generali di rapporto con le sostanze degli immigrati:

a) il consumo di sostanze fa parte della quotidianità del migrante già prima di lasciare il paese d‟origine:

– si intensifica nel contesto di immigrazione, configurandosi come dipendenza vera e propria; – si arresta/si attenua nel contesto di immigrazione:

b) il consumo di sostanze è appreso o subisce una significativa trasformazione nel contesto di immigrazione:

– processo di integrazione nella società locale: es. consumo moderato di alcolici da parte di musulmani;

– forma di integrazione “verso il basso” per inserirsi nel gruppo dei pari da parte di giovani immigrati cresciuti ed educati in Italia per buona parte dell‟adolescenza; – sfogo/reazione a condizioni di frustrazione/alienazione/disagio, come forme di consumo ricreativo-sociale di alcolici da parte di immigrati di provenienza latinoamericana-andina che sfocia in alcolismo cronico;

Alcol: perché?

Per quanto riguarda l‟alcol tra i migranti , è di fondamentale importanza capire i diversi significati che questa sostanza assume nei paesi d‟origine per sapere se vengono tollerate o bandite.

Come tutti sappiamo conseguenza del progetto migratorio è che il migrante poi non si senta né totalmente integrato con la nuova società ospitante né lo si senta con la vecchia società ormai cosi‟ lontana e retrograda. Infatti l‟ “integrazione” che viene offerta spesso, è meramente economica sul piano del mercato del lavoro e della partecipazione all‟uso di beni di consumo, ma è carente dal punto di vista affettivo e sociale.

E‟ cosi che il progetto migratorio così carico di valenze emotive, diventa spesso un percorso obbligato, con un unico senso di marcia, il cui fallimento, reale o immaginario, prefigura il rifiuto e l‟esclusione, sia nel paese d‟arrivo che in quello di provenienza. Non si devono, quindi, sottovalutare le condizioni psicologiche e la vulnerabilità psichica che, di fronte alle difficoltà del passaggio e insediamento migratorio, possono indurre il soggetto ad abusare di sostanze ed alcol.

42 Possono essere svariati i motivi per cui un immigrato beve:

 Molto spesso le persone che arrivano nel nostro paese arrivano con un titolo di studio e/o lavorativo che in Italia non gli viene riconosciuto e che li porta ad una involuzione da un punto di vista professionale. Questo comporta frustrazione che sfocia in un calo dell‟autostima ed una difficoltà a ridisegnare e a ridefinire la propria identità nel nuovo paese. Quindi un utilizzo dell‟alcol per placare gli stati d‟ansia e il senso di alienazione da una realtà in cui non ci si riconosce più.23

 Con l‟arrivo nel nuovo paese molto spesso le donne migrate tendono a voler abbracciare il nuovo stile di vita occidentale , venendo meno a delle regole rigide a cui sottostavano nel paese d‟origine, l‟uomo si sente cosi‟ cambiare drasticamente il suo ruolo vedendosi togliere il potere che aveva precedentemente all‟interno del nucleo familiare.24

 Mancano dei contesti aggregativi e di socializzazione: non vi sono luoghi spontanei e socializzanti pari a quelli del paese originario.25

Una prospettiva socioantropologica permette, in modo efficace, di focalizzare ed interpretar e le culture del bere, che sono strettamente legate alle condizioni materiali e al contesto socio- culturale in cui si collocano.

Diverse ricerche26 e studi transculturali sulla pratica del bere hanno tentato di individuare significative generalizzazioni sintetizzabili in alcuni punti:

- il problema “alcol” nell‟immigrato appartiene ad una sfera di marginalità e sradicamento;

- il bere dello straniero è considerato molto simile a quello dell‟italiano;

- la solitudine ed i problemi inerenti la sfera relazionale sono le principali caratteristiche e le motivazioni che gli operatori attribuiscono all‟immigrato con problemi alcol correlati;

- l‟abuso di alcol si manifesta sia a livello individuale (principalmente per le donne) che di gruppo, soprattutto nelle fasce orarie serali e durante i fine settimana;

- la cultura italiana, in particolare, è una “cultura del bere” che facilmente aiuta nella socializzazione di gruppo quindi l‟abitudine del bere, in qualche modo, può essere una maniera per omologarsi; 23 www.alfanon.it 24 www.alfanon.it 25 www.alfenon.it 26

Tesi Alcol e Immigrazione: “Uno sguardo transculturale” di Andrea Pelliccia (Consiglio Nazionale delle ricerche- Istituto di Fisiologia Clinica, Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari)

43 - non c‟è ammissione del problema, viene minimizzato, nascosto; il lavoro degli operatori è farli arrivare alla consapevolezza della necessità di cure;

- la mancanza frequente di una rete familiare ed amicale, negli stranieri, è spesso la causa di ritardato contatto con le strutture di cura e dei fallimenti dei programmi terapeutici.

Per tutti questi motivi è di fondamentale importanza considerare le differenze culturali sia per cogliere il significato che la sostanza può assumere nella vita della persona, sia per stabilire su quali paradigmi di salute e malattia si debba lavorare nella presa in carico del migrante. Tutto ciò deve essere fatto quindi in una prospettiva socio-antropologica in modo tale da interpretare ed inserire le culture del bere all‟interno di un contesto socio-culturale da cui non possiamo prescindere.

4.1.2 Approccio transculturale alla cura

Oggi, ancor più degli anni passati, sono necessari un approccio transculturale ed un‟apertura culturale che vada incontro ai nuovi bisogni, che sappia ascoltare ed accogliere individui con problemi di dipendenza appartenenti a gruppi minoritari presenti in Italia.

E‟ importantissimo lavorare in rete, con équipe anche multidisciplinari che coinvolgano le figure di mediatori culturali specializzati e creare nell‟ambito dell‟interculturalità e dell‟organizzazione dei servizi pubblici e privati, interventi di prevenzione e di trattamento che siano culturalmente sensibili. Gli interventi terapeutici dovrebbero abbandonare un atteggiamento di tipo assistenzialistico e oltre a dare un‟attenzione più propriamente clinica, è estremamente importante che pongano attenzione a problematiche culturalmente connotate, a incomprensioni dovute alla diversa lettura culturale dei contesti sociali, a smarrimenti di identità culturale dell‟utente “altro”.27

Perché ciò avvenga è fondamentale che gli operatori abbraccino un certo etnocentrismo culturale e l‟adozione di un nuovo mondo di valori, significati e di codici culturali.

Si auspica inoltre la realizzazione di progetti basati sul coinvolgimento delle comunità locali a partire da quelle di appartenenza culturale dei soggetti stranieri, favorendo processi e legami di appartenenza mediante reti relazionali.

Nel creare

27

Tesi Alcol e Immigrazione: “Uno sgaurdo transculturale” di Andrea Pelliccia (Consiglio Nazionale delle ricerche- Istituto di Fisiologia Clinica, Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari)

44 Non vanno trascurati però diversi rischi che, secondo alcuni, potrebbero essere rappresentati da un eccessivo processo di “culturalizzazione“ dei servizi e degli interventi; processo che può produrre discriminazione e scoraggiare il coinvolgimento delle minoranze nei processi terapeutici: la promozione dei servizi “dedicati” e diversificati infatti è vissuta, come accentuatrice di discriminazione tra utenti stranieri ed italiani, e come ghettizzante. Il rischio connesso alla culturalizzazione della malattia e del disagio, nel nostro caso della alcoldipendenza, può

essere, nel rappresentare le caratteristiche generali di una

popolazione, quello di creare un‟immagine stereotipata e naturalistica (l‟immigrato dell‟Est Europa abusa di alcol, il maghrebino spaccia, ecc. ) che non corrisponde alla realtà e che appiattisce e congela la soggettività in categorie etniche rigide, riduttive, statiche, fisse.

Nella terapia dunque vanno tenuti costantemente sotto controllo alcuni punti:

 la regolarizzazione non comporta automaticamente l‟uscita dalla marginalità sociale e quindi da un percorso di alcol dipendenza;

 i fattori di tipo psicologico legati ad esempio al

grado di soddisfazione verso il progetto migratorio, che èstrettamente connesso alle aspett ative, personali e familiari, antecedenti all‟espatrio, nonché alle possibilità concrete de lla sua realizzazione nel paese d‟arrivo;

 processi come l‟apprendimento di una lingua, di codici comportamentali, di norme e valori

differenti, possono

isolare ed emarginare, ed in assenza di un sistema sociale e familiare di riferimento, tali situazioni possono portare abbandono e disorientamento, crolli psicologici e sentimenti fallimentari.

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