• Non ci sono risultati.

Alcune attenzioni per una documentazione pedagogica

6. La classe aperta Storia di un’accoglienza provata

7.4. Alcune attenzioni per una documentazione pedagogica

Può risultare superfluo ribadirlo, ma con l’aggettivo ‘pedagogica’ si è voluto sottolineare come la documentazione dei fatti educativi consenta una rifles- sione su di essi, diventando perciò un’occasione preziosa di formazione in situazione per la professionalità docente. Questo non esaurisce ed esclude altri legittimi scopi che alla documentazione vengono affidati. Le attenzioni che seguono indicano come la documentazione possa contribuire alla matu- razione di un sapere esperienziale dei docenti.

Rispetto ai docenti possiamo sottolineare un’attenzione relativa al singolo e una al gruppo.

Prima per sé

Prima che per altri, documentare è un’azione utile per sé. Essa infatti richie- de un momento di rielaborazione relativamente a una situazione in itinere o conclusa62, senza la quale quanto vissuto scivolerebbe via, non contribuendo

a incrementare il proprio sapere esperienziale. È il mettere in parola azioni e pensieri emersi nel percorso che permette di rileggerlo, di acquisirne consa- pevolezza e di significarlo.

In itinere, la documentazione consente di rielaborare elementi utili per mo- nitorare ed eventualmente riorientare il processo in corso, anche rispetto a quanto di non atteso è accaduto. Nella progettazione, la riflessione consente di prevedere ciò che presumibilmente potrebbe accadere63, ma l’azione su-

scita dinamiche e sviluppi non sempre anticipabili; occorre perciò stare in situazione con uno sguardo aperto, per cogliere gli echi suscitati e le nuove occasioni che si aprono.

61 Luigina Mortari, Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione, Carocci, Roma 2003, pp. 15

62 La riflessione in-azione e la riflessione-su-l’azione vengono individuati da Schön come tratti distintivi del professionista riflessivo (D.A. Schön, Il professionista riflessivo. Per una nuova

epistemologia della pratica professionale, Dedalo, Bari, 1999).

63 A partire dal contributo di Van Manen, Mortari richiama l’importanza della riflessione antici-

patrice che dovrebbe animare la fase progettuale che precede l’avvio dell’azione (cfr. Luigi- na Mortari, Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione, Carocci, Roma 2003, pp.32-34)

A conclusione del progetto, la documentazione offre invece gli elementi per una sua rilettura e valutazione, che permette di elaborare i significati maturati a diversi livelli e dai diversi soggetti.

Per un docente, la possibilità di sviluppare il proprio sapere esperienziale di- pende dall’opportunità che la documentazione via via raccolta ed elaborata permetta di rileggere gli elementi positivi e problematici verificatisi, attesi o imprevisti che siano, e di mettere in parola anche le riflessioni maturate in si- tuazione64. In questo modo si alimenta nei docenti una postura da ricercatori

riflessivi che consente di restare aperti all’inevitabile novità che ogni situazio- ne porta con sé, nonché di maturare un pensiero orientato alla comprensione della singolarità di quanto accade.

Per rispondere a questa funzione, molte volte la documentazione prende forme non pubbliche e trova spazio in agende che accompagnano il lavoro quotidiano, in annotazioni a margine dei progetti. L’importante è che accada, indipendentemente dalla forma.

‘Pretesto’ per co-costruire

La documentazione comunemente intesa assume anche una valenza socia- le, di condivisione65. Rispetto alla valenza formativa che essa può assumere

per lo sviluppo professionale dei docenti, essa diventa un ottimo ‘pretesto’ di interazione. È, infatti, attraverso processi di comunicazione e mediazione tra i docenti che si co-costruisce un pensiero condiviso rispetto alla realtà educativa. Il confronto permette di interrogare la visione del singolo facendola evolvere e di integrare le singole letture della realtà consentendone una mag- giore comprensione della complessità.

La potenzialità formativa della documentazione non risiede perciò tanto nel prodotto che la concretizza, bensì nel processo con il quale la si costruisce. Rispetto alla forma, si richiamano alcune attenzioni utili per sostenere la di- mensione formativa della documentazione.

Oltre la descrizione, la rielaborazione

Una documentazione può costituire un’occasione formativa nel momento in cui non si attesta come semplice restituzione di quanto è accaduto, bensì quando consente di accedere anche ai significati che l’hanno generata e che da essa sono stati generati.

64 Mortari sviluppa il pensiero di Schön e Van Manen richiamando l’importanza di allargare la riflessione non puramente all’azione (nelle sue diverse dimensioni in-azione, su-l’azione, pri-

ma-l’azione), ma anche ai pensieri che la accompagnano (pensare-i-pensieri) sviluppando così una competenza di autocomprensione metacognitiva che consente di ‘depotenziare la tenden- za a stare in un mondo anticipato per situarsi in un orizzonte di senso consapevolmente gua- dagnato’ (Luigina Mortari, Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione, Carocci, Roma 2003, p. 42).

65 La tradizione dei coordinamenti pedagogici dei servizi per la prima infanzia della Regione Emilia Romagna costituisce una pratica interessante dove il riconoscimento del valore sociale della documentazione e degli scambi ha portato nel tempo anche a iniziative interistituzionali in- teressanti, ad es. Servizio politiche familiari, infanzia e adolescenza, Identità in dialogo. Scambi

pedagogici regionali, Regione Emilia Romagna Assessorato alle Politiche Sociali. Immigrazio- ne. Progetto Giovani. Cooperazione Internazionale, Quaderno n 8, 2004.

Nel documentare un progetto educativo quanto solitamente appare è la sua parte visibile, i prodotti, gli eventi. Ricostruire le motivazioni delle scelte, non- ché quanto esse hanno generato in termini di consapevolezza e di pensiero nei diversi soggetti implicati, non è certamente né immediato, né semplice. Mantenere però una preoccupazione in tal senso consente di prestare atten- zione anche al mondo dei pensieri e dei significati che le esperienze sollecita- no nei diversi attori in gioco.

Oltre la forma, la funzione

La forma è anche un limite. La documentazione dei progetti assume spesso vesti formali che risultano poco significative per lo scopo a cui si sta dedican- do attenzione. Per questo è opportuno intendere il termine ‘documentazione’ in senso ampio, come qualsiasi prodotto che faciliti l’attivazione di un pro- cesso riflessivo su quanto si è realizzato. In particolare risultano utili modalità narrative di restituzione66 che consentono di ‘entrare’ nella concretezza del

progetto non disperdendosi nei dettagli, ma raccogliendone i significati67, con

il sapere esperienziale che ne è scaturito.

Oltre l’unicità, la trasferibilità

Le esperienze educative non si possono replicare. Esse sono caratterizzate dall’unicità, poiché contesti e soggetti non sono mai identici, fossero pure gli stessi ad esserne interessati in un momento successivo. Questa considera- zione potrebbe portare a ridurre la documentazione a una funzione puramente di rendicontazione di quanto accaduto, ma senza altre possibilità utilizzo. In realtà le esperienze non si possono ‘replicare’, ma in qualche modo ‘trasfe- rire’68. Cosa si intende con questo termine? Ogni persona ha degli elementi

propri che lo distinguono da chiunque altro, ma possiede anche elementi che lo accomunano ad altri: in questo senso ognuno è, nello stesso tempo, uguale e diverso dagli altri. Questo accade anche per le situazioni educative: una le- zione sulla comprensione di un testo ha caratteristiche uguali nei suoi elemen- ti caratterizzanti ad altre lezioni con lo stesso obiettivo, ma al tempo stesso sarà irrimediabilmente diversa da qualunque altra lezione, realizzata anche dallo stesso insegnante nella stessa classe. È questo possedere degli ele- menti simili che ci consente di utilizzare il nostro sapere esperienziale, quanto

66 Un contributo interessante alla funzione formativa della documentazione può venire dalla me- todologia di ricerca empirica in pedagogica conosciuta come narrative inquiry (cfr. J. Clandinin, M. Connelly, Narrative Inquiry, Jossey-Bass, San Francisco, 2000 ). La sua struttura narrativa rispetta la forma dell’esperienza educativa, ma chiede al ricercatore di entrare in essa per coglierne gli elementi utili alla comprensione (Cfr. Luigina Mortari, Cultura della ricerca. Pro-

spettive epistemologiche, Carocci, Roma 2007, pp. 183-193) e quindi contribuisce in modo si- gnificativo all’incremento del sapere esperienziale. L’insegnante come ricercatore pratico trova nella narrative inquiry una valida metodologia di ricerca che non lo estranea dal proprio ruolo, ma gli consente di svilupparlo in modo maggiormente consapevole.

67 Cfr. Jerome Bruner, La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino, 1992.

68 ‘Un’inferenza rappresenta un ‘trasferimento’ quando attua un passaggio da un caso a un altro

caso, ipotizzando che tra i due casi esistano analogie tali da far sì che quanto è stato compreso circa il primo di essi possa permettere di gettare luce sul secondo e consentire così una sua migliore comprensione’ (Massimo Baldacci, Metodologia della ricerca pedagogica. L’indagine

compreso in passate esperienze, come ipotesi per affrontare la nuova situa- zione. Trasferire significa fare i conti con la nuova situazione in totale ascolto della novità che essa intrinsecamente possiede, non partendo però dal nulla ogni volta, poiché il docente esperto possiede un sapere esperienziale che gli offre delle ipotesi di lettura e di azione da mettere alla prova nella nuova situazione. Il sapere esperienziale si attesta infatti come un sapere ipotetico, da confrontare ogni volta con la nuova realtà, senza la possibilità di utilizzarlo ‘a priori’; non è un sapere di tipo tecnico, fatto di regole generali da applicare a situazioni che, per quanto simili, non saranno mai identiche.

Oltre l’esito, il processo

Quando si legge l’esito di un progetto, molto spesso si ha l’impressione di vedere un luogo fantastico, senza però conoscere la strada che è stata per- corsa per arrivarvi. Questo genera ammirazione (‘come sono stati bravi’) o impotenza (‘comunque noi non possiamo’); l’esito è comunque la non gene- ratività di quelle esperienze per chi non vi ha partecipato, e quindi l’inutilità del raccontarle.

Certamente l’esito del progetto è importante, ma ancora di più lo è la fatica di giungervi, i pensieri, le azioni, tutto quanto ha segnato il processo. Una documentazione di processo aiuta a percepire anche la fattibilità di risultanti importanti, poiché nulla nasce dal caso e nemmeno in un istante, ma prende forma nell’ordinarietà del quotidiano. Infatti, è nelle pieghe del processo che si possono cogliere elementi utili alla trasferibilità in altri contesti e, comunque, utili ad incrementare il sapere esperienziale della comunità professionale dei docenti.