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Capitolo 5. Verbi a comportamento variabile: predicati di attività/ risultat

6.4. Alcune conclusioni su predicati di attività e stat

Riassumiamo i dati raccolti nelle seguenti tabelle:

Tabella 3 Frequenza di aoristo indicativo e imperfetto

Aoristo Imperfetto

κλαίω 2x 28x

γελάω 13x 1x

μένω 17x 37x36

Tabella 4 Valore contestuale di imperfetto e aoristo indicativo

Contesto neutro

Imperfettivo Perfettivo Controfattuale

Imperfetto 23x 20x 16x

Aoristo 1x 8x 1x

La larga prevalenza (tab. 3) del tema del presente in κλαίω e μένω è in sostanziale accordo con quanto notato con i verbi ἀείδω e ἄγω, mentre γελάω mostra un diverso comportamento, con un tema di presente più raro dell’aoristo ed una sola attestazione dell’imperfetto.

Circa il valore contestuale (tab. 4), i dati sono in sostanziale accordo con quanto abbiamo già notato nel caso dei risultativi. L’imperfetto ricorre abbastanza liberamente tanto in contesti perfettivi quanto in contesti imperfettivi, e sembra essere termine non marcato dell’opposiziome. L’aoristo ricorre nella maggior parte dei casi in contesti chiaramente perfettivi. Fra i verbi analizzati, il valore ingressivo è frequente nel caso di γελάω e μένω,

36 Si tenga presente che nel conteggio sono state incluse solo le forme del tema μένω, escludendo il tema a raddoppiamento μίμνω.

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ma è evidente che questo valore non è esclusivo dell’aoristo: gli imperfetti si possono infatti liberamente associare ad una lettura perfettiva o anche specificamente ingressiva (cfr. Il.20,480), ovvimente determinata solo dal contesto e non dalla forma morfologica del verbo. Ricordiamo, inoltre, che l’aoristo ἔμεινα in associazione ad avverbiali che delimitano cronologicamente l’evento, ma anche in questo caso è più frequente l’uso dell’imperfetto.

Ancora neel caso di μένω -col significato di ‘sostenere, resistere’- il predicato di attività può riferirsi ad un evento talmente breve da sfumare de facto in un semelfattivo (v. sopra, ἀείδω). Solo questo valore è esclusivo dell’aoristo ἔμεινα e non è certo un caso che solo con questo valore si abbiano forme modali.

Gli indicativi aoristi, inoltre, possono assumere valore controfattuale (in associazione con κέν/ἄν) o esperienziale (cfr. κλαίω).

Il tema del presente appare dunque neutro da un punto di vista aspettuale. L’aoristo assume letture perfettive marcate oltre che valori modali.

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Capitolo 7. Trasformativi

I predicati trasformativi sono caratterizzati dai tratti [+dinamico; -durativo]. In essi l’azione giunge a compimento nel momento stesso in cui inizia, essendo privi di un’apprezzabile durata temporale (almeno nell’accezione più comune in cui descrivono un evento singolo, non reiterato).

Questi verbi non sono strettamente incompatibili con avverbiali di durata temporale (equivalenti dell’italiano ‘per X tempo’) o di delimitazione temporale (εἰς ὅ, ὄφρα, equivalenti all’italiano ‘fino a/ finché’), ma si riferiscono in questo caso a macro-eventi reiterati e dunque durativi.

Sono piuttosto frequenti verbi non attestati al tema del presente, sia transitivi (ἔδακον ‘mordere’ v. Ebeling, 1885: I,271; ἔτετμον ‘raggiungere’, ibid: I,494; ἐκέασσα ‘dividere, spaccare’, ibid: I,735; ἐκίνησα ‘mettere in movimento’, ibid: I,797; ἔπορον ‘donare’, ibid: II,211; ecc.), sia intransitivi (ἔβραχον ‘sbattere’, ibid: I,239; ἔδραθον ‘addormentarsi’, ibid: I,275), ma anche verbi derivati (deaggettivali, denominali e deverbali) il cui presente non è attestato: ἀλάωσα ‘accecare’ (ἀλαός), ἀπίθησα ‘disobbedire’ (πείθω), ἐμάστιξα ‘frustare’ (μάστιξ), ὠχθησα ‘infuriarsi’37.

Ricorrono con una certa frequenza aoristi radicali o tematici associati a presenti secondariamente derivati, tramite raddoppiamento: δίδωμι ‘dare’, ἵστημι ‘far stare’, ἵημι ‘gettare’, τίκτω ‘generare’, πίπτω ‘cadere’; con ampiamento in nasale: λαγχάνω ‘ottenere in sorte’, ὄρνυμι ‘sorgere’; con suffisso in -(ι)σκ-: εὑρίσκω ‘trovare’, θνῄσκω ‘morire’. Non bisogna però dimenticare che in un numero non trascurabile di casi a formazioni di presente simili si associa un aoristo sigmatico: αλύσκω ‘evitare, schivare’, ζεύγνυμι ‘aggiogare’, κυνέω ‘dare un bacio’.

Anche in questo caso, data la vastità del corpus, dovremo selezionare un numero relativamente limitato di verbi. Si prenderanno in esame:

a) Verbi intransitivi: πίπτω ‘cadere’, θνῄσκω ‘morire’;

37 Per una lista completa v. Napoli, 2006:223-225. Secondo i dati forniti dall’autrice, sono riportati 148 trasformativi transitivi, di cui 46 (31%) hanno solo il tema dell’aoristo; di 62 trasformativi intransitivi 25 (circa 40%) presentano solo il tema dell’aoristo.

86 b) Verbi transitivi: τίκτω ‘generare’;

c) Verbi che rientrano nell’alternanza causativa: ἐγείρω ‘svegliare’ (ἐγείρομαι ‘svegliarsi’); ἵστημι ‘porre, far stare’ (ἵσταμαι ‘fermarsi, stare’).

7.1. πίπτω

Il verbo πίπτω ‘cadere’, dalla radice IE *pet- (cfr. Chantraine, 1977:905), presenta un aoristo tematico ἔπεσον (con irregolare assibilazione) ed un presente a raddoppiamento. Accanto a queste forme troviamo un futuro medio πεσέομαι (<*pet-es-omai) con irregolare assibilazione come l’aoristo ed un participio perfetto (πεπτηώς, πεπτεῶτος ecc.). Il tema di presente πίπτω ricorre 6 volte al presente indicativo, 22 volte all’imperfetto, 3 sole volte in forme modali (sempre al congiuntivo) e 2 sole volte in forme indefinite (sempre al participio), per un totale di 33 ricorrenze. Per contro l’aoristo è attestato 57 volte all’indicativo, 9 volte in forme modali e 63 volte in forme indefinite, per un totale di 129 ricorrenze. Ciò significa che il tema dell’aoristo ricopre circa il 79,6% delle attestazioni totali di presente e aoristo.

Cominciamo con le scarse ricorrenze del presente. Si consideri: οἳ δ᾽, ὥς τ᾽ ἀμητῆρες ἐναντίοι ἀλλήλοισιν

ὄγμον ἐλαύνωσιν ἀνδρὸς μάκαρος κατ᾽ ἄρουραν

πυρῶν ἢ κριθῶν: τὰ δὲ δράγματα ταρφέα πίπτει: (Il.11,69). “Come i mietitori si vengono incontro

Seguendo il solco nei campdi un uomo ricco,

campi di grano o d’orzo, e cadono fitte le spighe;” (Paduano).

Qui siamo chiaramente all’interno di uno dei così frequenti paragoni epici, in un contesto dunque metacronico. Va inoltre sottolineato che non stiamo parlando di un evento singolo, ma reiterato: il macro-evento durativo è composto da una serie di micro-eventi (la caduta di ogni singolo mannello).

Nel caso seguente, invece, il presente si riferisce alla situazione attuale: λίην γὰρ πολλοὶ καὶ ἐπήτριμοι ἤματα πάντα

87 “Ogni giorno cadono in troppi e troppo fitti,

e quando mai avremmo respiro nel nostro travaglio?” (Paduano).

A parlare è Odisseo, che descrive la situazione drammatica in cui si trovano gli Achei in quel momento, che sarà ribaltata di lì a poco grazie all’intervento in battaglia di Achille. Anche in questo caso abbiamo a che fare con un macro-evento durativo. Gli Achei cadono di continuo, ogni giorno (ἤματα πάντα) in gran numero (πολλοί).

Si consideri ancora un altro caso:

ἡ δ᾽ εὖ δεξαμένη φιλέει καὶ ἕκαστα μεταλλᾷ,

καί οἱ ὀδυρομένῃ βλεφάρων ἄπο δάκρυα πίπτει, (Od.14,128-9) “ma lei lo accoglie, lo tratta bene e domanda ogni cosa,

e piange e le lacrime cadono giù dalle palpebre.” (Di Benedetto).

Siamo qui in un contesto di presente abituale. Eumeo parla di un fatto che si ripete più volte: un mendicante straniero si guadagna le grazie di Penelope dicendo menzogne circa il ritorno di Ulisse. Ogni volta Penelope si lascia ingannare, chiedendo informazioni fra i singhiozzi. Al di là del contesto abituale però, in ogni singola circostanza in cui si verifica l’evento (il cadere delle lacrime) è ancora una volta un macro-evento durativo.

Anche l’imperfetto presenta spesso questo valore iterativo. Si consideri ad esempio: τόφρα μάλ᾽ ἀμφοτέρων βέλε᾽ ἥπτετο, πῖπτε δὲ λαός. (Il.8,67)

“i colpi piombavano da ambo le parti, e i soldati cadevano.” (Paduano)

Λαός è un singolare collettivo e l’evento descritto è durativo (predicato di attività), che persiste per tutta la mattina, come è chiaro dal verso precedente (ὄφρα μὲν ἠὼς ἦν…). Siamo dunque ancora una volta all’interno di un macro-evento reiterato, in cui i micro- eventi sono costituiti dalla caduta di ogni singolo combattente. L’espressione πῖπτε δὲ λαός è formulare e si trova in chiusura di verso anche in Il.11,85 e 16,778.

Forniamo ancora un altro esempio di un’espressione formulare: …] τοὶ δ᾽ ἀγχιστῖνοι ἔπιπτον

88 καὶ Δαναῶν [… (Il.17,361-3).

“Si macchiava di sangue purprureo e cadevano gli uni sugli altri, i Troinai e i loro potenti alleati,

e i Greci, […” (Paduano)

Si noterà che qui il senso iterativo (distributivo) è indubbiamente enfatizzato dall’aggettivo ἀγχιστῖνοι ‘vicini’, che possiamo intendere sia in senso spaziale (l’uno accanto all’altro o addirittura l’uno sull’altro), sia cronologico (l’uno dopo l’altro, senza interruzione).

L’espressione τοὶ δ᾽ ἀγχιστῖνοι ἔπιπτον è formulare, e ricorre in chiusura di verso anche in Od.22,118 Od.24,181 e Od.24,149, sempre in riferimento alla strage dei pretendenti. Nell’Odissea compare una serie interessante di espressioni formulari in cui l’imperfetto ἔπιπτεν è associato al sonno che cala sulle palpebre.

οἱ δ᾽ εὕδειν ὤρνυντο κατὰ πτόλιν, οὐδ᾽ ἄρ᾽ ἔτι δὴν

ἥατ᾽, ἐπεί σφισιν ὕπνος ἐπὶ βλεφάροισιν ἔπιπτεν. (Od. 2,388-9) “Essi si avviarono a dormire in città, e non rimasero

lì ancora a lungoseduti: cadeva loro sulle palpebre il sonno.” (Di Benedetto)

Qui ἐπεί ha semplice significato cronologico ‘dopo che’. Si ricorderà che il greco non grammaticalizza i tempi relativi, ciò nondimeno una lettura perfettiva sembrerebbe più naturale per una sequenza cronologica di eventi.

Si consideri anche:

…] οὐδέ οἱ ὕπνος ἐπὶ βλεφάροισιν ἔπιπτεν. (Od.5,271) “…] e il sonno non gli cadde sulle palpebre.” (Di Benedetto)

Nel caso appena citato una lettura imperfettiva sembrerebbe più probabile, dato che si descrive un periodo di tempo durante il quale l’evento non sussiste affatto (si noti che la frase è negativa).

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“Intanto a lui sulle palpebre scendeva sonno soave” (Di Benedetto)

Queste espressioni formulari rappresentano un uso metaforico del verbo. Non ci si riferisca non ad un evento dinamico (come sarebbe l’effettivo chiudersi della palpebra), ma piuttosto ad uno stativo: il sonno grava sulla palpebra, rende faticoso tenere gli occhi aperti. Siamo ancora di fronte ad un mutamento della classe azionale, non dovuto alla reiterazione qui, ma ad un uso metaforico.

In due casi l’imperfetto sembra avere lo stesso valore dell’aoristo, riferendosi ad un evento singolo, senza che in esso si possa scorgere alcuna sfumatura imperfettiva. Il primo caso è il seguente:

ἣ δ᾽ ἐν γούνασι πῖπτε Διώνης δῖ᾽ Ἀφροδίτη μητρὸς ἑῆς: [… (Il.5,370-1)

“L’illustre Afrodite cadde ai ginocchi di Dione, sua madre, [… (Paduano)

Afrodite, ferita in battaglia da Diomede, torna all’Olimpo e si getta alle ginocchia di Dione, che solo in questo passo è considerata sua madre.

L’altro caso si trova nell’Odissea:

Κτήσιππος δ᾽ Εὔμαιον ὑπὲρ σάκος ἔγχεϊ μακρῷ

ὦμον ἐπέγραψεν: τὸ δ᾽ ὑπέρπτατο, πῖπτε δ᾽ ἔραζε. (Od.22,279-80) “Ctesippo a Eumeo fece un graffio sulla spalla e con la lunga lancia

al di sopra dello scudo: la lancia volò oltre e cadde per terra.” (Di Benedetto)

Ci chiediamo se in questi due casi l’uso dell’imperfetto sia dettato da ragioni metriche. Anche al congiuntivo il tema di presente mantiene chiaramente il valore reiterativo. Si consideri il seguente esempio:

τῶν δ᾽, ὥς τε νιφάδες χιόνος πίπτωσι θαμειαὶ ἤματι χειμερίῳ, [… (Il.12,278-9)

“e come cadono fitti i fiocchi di neve in un giorno d’inverno, […” (Paduano)

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Siamo all’inizio di un lungo paragone, aperto da un congiuntivo πίπτωσι con la funzione di marcare l’indeterminatezza sul piano cronologico. Si tratta chiaramente di un predicato di attività (reiterato), mentre la caduta di ogni singolo fiocco di neve rappresenterebbe un micro-evento.

In netta opposizione rispetto al presente, l’aoristo veicola solitamente un evento singolo, trasformativo, e la lettura sarà dunque perfettiva (puntuale). Si prenda ad esempio: …] ὁ δ᾽ ἐν κονίῃσι χαμαὶ πέσεν αἴγειρος ὣς (Il.4,482)

“Cadde a terra nella polvere, simile a un pioppo” (Paduano)

Dove abbiamo a che fare con un guerriero che cade a terra, Simoesio colpito a morte da Aiace.

Beninteso, il soggetto plurale non implica un evento iterativo. Ciò è chiaro nel caso seguente:

…] λάκε δ᾽ ὀστέα, τὼ δέ οἱ ὄσσε

πὰρ ποσὶν αἱματόεντα χαμαὶ πέσον ἐν κονίῃσιν, (Il.13,616-7) “…] schricchiolarono le ossa,

e gli occhi insanguinati gli caddero davanti ai piedi.” (Paduano) Interessanti sono i due casi che presentiamo di seguito:

σύν ῥ᾽ ἔπεσον, σὺν δέ σφι βαρεῖαι χεῖρες ἔμιχθεν. (Il.23,687) “si scontrarono, incrociando le mani robuste.” (Paduano)

Siamo in uno scontro di pugilato (all’interno dei giochi in onore di Patroclo) tra Epeo ed Eurialo. Σύν va correttamente inteso come avverbiale indipendente, con pieno valore semantico. Il significato è qui ‘l’uno contro l’altro’.

σὺν δ᾽ Εὖρός τε Νότος τ᾽ ἔπεσον Ζέφυρός τε δυσαὴς

καὶ Βορέης αἰθρηγενέτης, μέγα κῦμα κυλίνδων. (Od.5,295-6) “ Insieme piombarono Euro e Noto, e Zefiro dal soffio maligno

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Qui σύν ha il senso di ‘contemporaneamente’. Si descrive qui l’improvviso scatenarsi dei venti, che costituisce senza dubbio un predicato trasformativo.

Solo in un caso l’aoristo ha chiaro valore imperfettivo, in contesto iterativo/ frequentativo:

πολλὰ δὲ τεύχεα καλὰ πέσον περί τ᾽ ἀμφί τε τάφρον φευγόντων Δαναῶν: [… (Il.17,760-1)

“Molte armi belle cadevano attorno al fossato Nella fuga dei Greci […” (Paduano)

Concludiamo notando che questo verbo non compare mai in contesto strettamente progressivo (con istante di focalizzazione precedente al nucleo, come possibile in italiano: ‘sto cadendo’).

7.2. θνῄσκω

Il verbo θνῄσκω ‘morire’38 è ancora di uso frequente nella forma non preverbata, mentre

nel greco seriore sarà progressivamente sostituito dal composto ἀποθνῄσκω. Oltre al presente con suffisso in –σκ, troviamo un aoristo tematico ἔθανον ed un perfetto τέθνηκα/ pl. τέθναμεν. Del futuro in Omero è attestato solo l’infinito θανέεσθαι (cfr. Chantraine, 1977:422, s.v. θάνατος).

Il tema di presente ricorre una sola volta al presente indicativo, una volta all’imperfetto e 5 volte al participio. Per contro l’aoristo compare 16 volte all’indicativo, 11 volte in forme modali, una volta all’imperativo e 40 volte in forme indefinite, per un totale di 68 ricorrenze. Il tema dell’aoristo ricopre dunque oltre il 90% per centro delle attestazioni totali di presente e aoristo.

L’unica attestazione del presente ha valore di presente metacronico:

38 I verbi che significano ‘morire’ possono avere una semantica molto diversa a seconda della lingua e della cultura. Secondo Botne (2003), che studia le proprietà semantiche dei verbi per ‘morire’ in 18 lingue, esistono quattro tipi: il verbo può indicare il solo nucleo dell’evento (acute, e.g. norv. dø), può riferirsi alla fase precedente e al nucleo (inceptive, e.g. ing. die), al nucleo e allo stato conseguente (resultative), oppure possono comprendere sia la fase precedente al nucleo, il nucleo stesso e lo stato conseguente (transitional). Secondo Napoli (2006:143-sgg.) il verbo omerico θνῄσκω appartiene al tipo detto resultative. La rappresentazione della morte come uno stato sarebbe codificata dal perfetto τέθνηκα; ἔθανον e θνῄσκω si riferirebbero invece alla morte come evento.

92 σχέτλιοι, οἳ ζώοντες ὑπήλθετε δῶμ᾽ Ἀίδαο,

δισθανέες, ὅτε τ᾽ ἄλλοι ἅπαξ θνῄσκουσ᾽ ἄνθρωποι. (Od.12,21-22) “Sciagurati, voi che vivi siete scesi alla casa di Ade,

due volte morituri: muoiono, gli altri, una volta sola.” (Di Benedetto)

Circe dice che gli uomini (gli altri uomini) muoiono una volta sola. Si tratta di una verità valida in ogni momento, senza nessuna collocazione temporale.

L’unica ricorrenza di imperfetto è la seguente:

(scil. Ἀπόλλων) ἧκε δ᾽ ἐπ᾽ Ἀργείοισι κακὸν βέλος: οἳ δέ νυ λαοὶ θνῇσκον ἐπασσύτεροι, τὰ δ᾽ ἐπῴχετο κῆλα θεοῖο

πάντῃ ἀνὰ στρατὸν εὐρὺν Ἀχαιῶν: [… (Il.1,382-84). “(scil. Apollo) e scagliò sui Greci le frecce malefiche: i soldati morivano a mucchi, mentre gli strali del dio

volavano dappertutto nel vasto campo dei Greci. […” (Paduano)

Siamo qui chiaramente in un contesto iterativo, sottolineato peraltro dall’avverbiale ἐπασσύτεροι ‘gli uni sugli altri’. Sulla base di una unica attesstazione di imperfetto non si possono trarre conclusioni certe, ma va comunque notato che: 1) l’aoristo ἔθανον non ricorre mai in contesto iterativo/ frequentativo; 2) l’utilizzo dell’imperfetto con questo valore si accorda con quanto esposto per il verbo πίπτω.

L’aoristo si può riferire ad un evento singolo o anche a più eventi, ma non presenta mai valorre iterativo/ frequentativo. Riportiamo qualche esempio.

αὐτὰρ ἐπεὶ κατὰ μὲν Τρώων θάνον ὅσσοι ἄριστοι, πολλοὶ δ᾽ Ἀργείων οἳ μὲν δάμεν, οἳ δὲ λίποντο,

πέρθετο δὲ Πριάμοιο πόλις δεκάτῳ ἐνιαυτῷ, (Il.12,13-15) “Ma dopo che furono morti tutti i migliori Troiani,

e dei Greci alcuni morirono e altri rimasero

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Gli Achei hanno costruito il muro difensivo senza le dovute offerete agli dei. Apollo e Poseidone lo distruggeranno dopo la fine della guerra. Il contesto è chiaramente perfettivo e l’aoristo θανον ha valore di anteriorità.

πῶς ἔθαν᾽ Ἀτρεΐδης εὐρὺ κρείων Ἀγαμέμνων; (Od.3,248)

“Come morì l’Atride Agamennone dal vasto potere?” (Di Benedetto)

Qui Teseo chiede della sorte di Agamennone a Nestore. Trattandosi di un evento singolo non durativo la lettura non può che essere perfettiva.

Si consideri ancora un ultimo esempio:

οὐδ᾽ ἄρα μοι προτέρω νῆες κίον ἀμφιέλισσαι, πρίν τινα τῶν δειλῶν ἑτάρων τρὶς ἕκαστον ἀῦσαι,

οἳ θάνον ἐν πεδίῳ Κικόνων ὕπο δῃωθέντες. (Od.9,64-66) “e però le mie navi ricurve non andarono avanti, prima che chiamassimo, ciascuno tre volte, i poveri compagni,

che erano morti sul campo, trucidati dai Ciconi.” (Di Benedetto)

Anche in questo caso il contesto è perfettivo e l’aoristo ha valore di anteriorità.

Anche in questo caso (v. anche πίπτω), con le forme finite del verbo sembra impossibile una lettura progressiva con istante di focalizzazione precedente al nucleo dell’evento. Soltanto il participio θνῄσκων presenta una volta questo valore.

οὐ γάρ μοι θνῄσκων λεχέων ἐκ χεῖρας ὄρεξας, (Il.24,743) “Non mi hai teso morendo le braccia dal letto” (Paduano)

Priamo si lamenta della mala morte del figlio Ettore. θνῄσκων significa chiaramente ‘morente, sul punto di morire’.

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7.3. τίκτω

Del verbo τίκτω ‘generare, partorire’ è usato in Omero esclusivamente nel senso di generare un figlio, detto di genitori di entrambi i sessi o di animali. Altri significati come ‘produrre frutto’ detto della terra o ‘creare’ (cfr. Liddel Scott, 1940: 1792) non sono ancora attestati39.

È attestato un aoristo tematico ἔτεκον, un presente a raddoppiamento τίκτω (<*τί-τκ-ω) ed un futuro τέξω. L’aoristo ricorre 93 volte all’indicativo, 4 volte in forme modali (due ottativi e due congiuntivi) e 7 volte in forme indefinite, per un totale di 104 volte. Il tema di Presente per contro ricorre una volta al presente indicativo, 16 volte all’imperfetto e una volta al congiuntivo, per un totale di 18 volte. L’aoristo ricopre quindi circa l’85% delle ricorrenze totali dei due temi. Si tratta di dati non molto divergenti da quelli visti per i verbi πίπτω e θνῄσκω.

L’unico presente che troviamo ha chiaro valore di presente metacronico: καὶ Λιβύην, ἵνα τ᾽ ἄρνες ἄφαρ κεραοὶ τελέθουσι.

τρὶς γὰρ τίκτει μῆλα τελεσφόρον εἰς ἐνιαυτόν. (Od.4,85-6) “e in Libia, dove gli agnelli mettono precoci le corna.

Tre volte figliano le greggi nel compiersi di un anno.” (Di Benedetto)

Si tratta di un’affermazione con validità generale, senza restrizioni cronologiche. Si potrebbe notare inoltre che ogni filiazione delle greggi rappresenta un evento reiterato, ma con una sola attestazione è impossibile determinare se questo fatto giochi un qualche ruolo.

Da notare comunque che anche l’unico presente congiuntivo attestato si riferisce alla filiazione del gregge, questa volta in un paragone atemporale:

ὥς τέ τευ ἢ βασιλῆος ἀμύμονος, ὅς τε θεουδὴς ἀνδράσιν ἐν πολλοῖσι καὶ ἰφθίμοισιν ἀνάσσων εὐδικίας ἀνέχῃσι, […]

τίκτῃ δ᾽ ἔμπεδα μῆλα, θάλασσα δὲ παρέχῃ ἰχθῦς (Od19,109-11 e 113)

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“come quella del buon sovrano, che, rispettoso degli dèi, tenendo il comando su uomini numerosi e valenti, di atti di giustizia è sostegno, […]

e regolarmente figliano le greggi, e il mare è pescoso.” (Di Benedetto)

L’imperfetto non presenta il valore reiterativo notato in πίπτω, ma per lo più sembra funzionare come un puro doppione dell’aoristo, con riferimento ad un singolo evento non durativo e con valore dunque chiaramente perfettivo. Si prenda ad esempio:

…] Μέγης ἀτάλαντος Ἄρηϊ

Φυλεΐδης, ὃν τίκτε Διῒ φίλος ἱππότα Φυλεύς, (Il.2,627-28) “…] Megete, pari ad Ares, Megete

figlio di Fileo caro a Zeus” (Paduano)

In questo caso l’imperfetto compare in isolamento, ma più di frequente lo troviamo in associazione ad uno o più aoristi. Si consideri il caso seguente:

ὃς (scil. Ἀλφειός) τέκετ᾽ Ὀρτίλοχον πολέεσσ᾽ ἄνδρεσσιν ἄνακτα: Ὀρτίλοχος δ᾽ ἄρ᾽ ἔτικτε Διοκλῆα μεγάθυμον,

ἐκ δὲ Διοκλῆος διδυμάονε παῖδε γενέσθην, (Il.5,546-8) “(Alfeo) e generò Ostiloco, signore di moti uomini Ostiloco generò il magnanimo Diocle

e da Diocle nacquero due figli gemelli.” (Paduano)

Si tratta della genealogia di due eroi gemelli (διδυμάονε), Orsiloco e Cretone. La genealogia si apre con l’aoristo τέκετ(ο) e si chiude con l’aoristo γενέσθην, fra di essi si trova l’imperfetto ἔτικτε con la stessa funzione.

Siamo in un contesto simile anche nel seguente caso: Ἱππόλοχος δέ μ᾽ ἔτικτε, καὶ ἐκ τοῦ φημι γενέσθαι: (Il.6,206) “Ippolito mi generò, e io mi dico suo figlio,” (Paduano)

Il licio Glauco, figlio di Ippoloco e nipote di Bellerofonte, espone a Diomede la propria genealogia, arricchendola di lunghe digressioni. È proprio una digressione sui tre figli di

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Bellerofonte che separa leggermente questo imperfetto (in apparenza isolato) dai precedenti aoristi: ἣ δ᾽ ἔτεκε τρία τέκνα δαΐφρονι Βελλεροφόντῃ (v. 196) e ἣ δ᾽ ἔτεκ᾽ ἀντίθεον Σαρπηδόνα χαλκοκορυστήν (v. 199). L’imperfetto ἔτικτε si trova dunque a conclusione di una genealogia preceduto dall’aoristo ἔτεκε.

Anche nel caso seguente ἔτικτε si trova in chiusura di una genealogia preceduto da due aoristi:

ὃς (scil. Ζεύς) πρῶτον Μίνωα τέκε Κρήτῃ ἐπίουρον: Μίνως δ᾽ αὖ τέκεθ᾽ υἱὸν ἀμύμονα Δευκαλίωνα,

Δευκαλίων δ᾽ ἐμὲ τίκτε πολέσσ᾽ ἄνδρεσσιν ἄνακτα (Il.13,450-52) “(scil. Zeus) che per primo generò Minosse, custode di Creta, Minosse a sua volta il nobile Deucalione

e Deucalione me, che nella vasta Creta governo su molti uomini. […” (Paduano)

Solamente in un caso si può scorgere nell’imperfetto una certa sfumatura imperfettiva: πεντήκοντά μοι ἦσαν ὅτ᾽ ἤλυθον υἷες Ἀχαιῶν:

ἐννεακαίδεκα μέν μοι ἰῆς ἐκ νηδύος ἦσαν,

τοὺς δ᾽ ἄλλους μοι ἔτικτον ἐνὶ μεγάροισι γυναῖκες. (Il.24,495-97) “Erano ciquanta, quando giunsero i figli dei Greci,

di questi diciannove nacquero da un solo ventre,

li altri li partorirono altre donne nella mia casa.” (Paduano)

Priamo, recatosi supplice da Achille per chiedere il cadavere di Ettore, si dichiara qui massimamente infelice per aver perso moltissimi figli. All’arrivo degli Achei –dice- ne aveva cinquanta, di cui diciannove generati da Ecuba (ἰῆς ἐκ νηδύος); gli altri figli sono stati invece generati da un numero imprecisato di altre donne (γυναῖκες), dunque in un numero imprecisato di occasioni. Questa non è una vera e propria lettura abituale, dato che il punto di vista del parlante si colloca chiaramente dopo e dunque al di fuori della serie di eventi, ma l’indeterminatezza la rende affine all’abituale e all’aspetto imperfettivo in generale.

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7.4. ἐγείρω

Questo verbo rientra nell’alternanza causativa. L’aoristo tematico medio ἐγρόμην (mai aumentato) ed il presente medio *ἐγείρομαι codificano l’anticausativo ‘svegliarsi’, il perfetto ἐγρήγορθα (con un raddoppiamento irregolare e ampliamento in –θ-; cfr. Chantraine, 1926:29-30, 1977:309-10) codifica lo stato risultante ‘essere sveglio’. Il causativo è codificato dal presente attivo ἐγείρω e dall’aoristo sigmatico ἤγειρα.

Dal momento che i nessi *-ers- ed *-eri̯- evolvono entrambi in -ειρ- (/eːr/) in ionico, i temi del presente e dell’aoristo sigmatico risultano omografi, e dunque sono indistinguibili sul piano formale le seguenti forme: ἤγειρε/ἔγειρε 3^ p.s. imperfetto o aoristo, ἐγείρῃ(σι) 3^ p.s. congiuntivo. Queste forme non potranno dunque essere considerate nella nostra analisi. ἐγείρομεν, al contrario, ricorrendo sempre in contesti in cui la sintassi richiede un congiuntivo, potrà essere interpretato solo come congiuntivo aoristo con vocale breve. Il verbo nel complesso è meno frequente di quelli visti in precedenza. All’anticausativo l’aoristo ἐγρόμην compare 6 volte all’indicativo, una volta all’ottativo, 3 volte all’imperativo, una volta al participio ed una volta all’infinito. Per contro del presente medio non sono attestate né forme di presente né di imperfetto, ma solamente un participio40.

Nel caso della variante causativa, escludendo le forme che abbiamo già notato come ambigue, non rimane nessuna attestazione del tema di presente al di fuori del presente indicativo.

A nostro avviso, è significativo il fatto che questo presente compaia soltanto alla terza persona singolare ἐγείρει, due volte nell’Iliade e due nell’Odissea. Partiremo dalle tre attestazioni all’interno della stessa formula:

εἵλετο δὲ ῥάβδον, τῇ τ᾽ ἀνδρῶν ὄμματα θέλγει

ὧν ἐθέλει, τοὺς δ᾽ αὖτε καὶ ὑπνώοντας ἐγείρει: (Il.24,343-4 =Od.5,47-8)

40 Si tratta del seguente unico passo:

φήμην τίς μοι φάσθω ἐγειρομένων ἀνθρώπων

ἔνδοθεν, ἔκτοσθεν δὲ Διὸς τέρας ἄλλο φανήτω. (Il.20,100-101)

“Parole mi parli qualche creatura umana che vegli/ di dentro, e di fuori appaia altro segno di Zeus.” (Calzecchi Onesti). Il participio sembra indicare lo stato di veglia, ed essere dunque sostanzialmente equivalente al perfetto. Le forme non finite del verbo, tuttavia, non rientrano nella nostra analisi.

98 “prese la verga con cui incanta gli occhi degli uomini, quelli che vuole, e li risveglia dal sonno.” (Paduano)

Si tratta naturalmente di un presente generico che descrive le caratteristiche di Ermes. È veramente significativa la traduzione italiana citata, che rende il verbo con ‘può svegliare’, cosa che esplicita al lettore come il verbo si riferisca al potere che Ermes possiede. La coppia di versi ricorre identica nel quinto libro dell’Odissea (47-8), mentre un’altra volta nell’ultimo libro dell’Odissea, sempre in riferimento ad Ermes, si ripetono identici il secondo emistichio del primo verso e l’intero secondo verso (Od.24,3-4): doveva dunque

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