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Alcune considerazioni conclusive Le analisi condotte sino ad ora hanno

por-tato a quantifi care lo sviluppo visto dal lato delle imprese e quello visto dal lato dei cit-tadini. Le statistiche collocano Forlì-Cesena nel gruppo delle province al vertice della graduatoria nazionale. Al primo posto si colloca Milano per entrambi gli indicatori, mentre le province meridionali occupano le ultime posizioni.

Ma più che il posizionamento delle province – la cui collocazione era facilmente ipotizza-bile senza la necessità di ricorrere ad analisi specifi che – è opportuno cercare di dare ri-sposta alla domanda iniziale, se alla variazio-ne dello sviluppo economico registrata variazio-negli ultimi anni si fosse associato una variazione di direzione ed intensità analoghe del benes-sere dei cittadini.

Sulla base dei dati utilizzati per il calcolo de-gli indicatori si può affermare che anche il benessere è aumentato nel periodo consi-derato, ma con una velocità notevolmente inferiore a quella della crescita economica.

Per avere una misura - puramente indica-tiva per i limiti più volte ricordati connessi

ad analisi multidimensionali di questo tipo nonché alla scelta del periodo di riferimento – della differente velocità si possono mette-re a confronto i tassi di variazione dei due indicatori. In Italia il tasso di incremento del benessere è stato pari al 23% di quello della crescita. In Emilia-Romagna la variazione del benessere è stata pari al 28% di quella della crescita economica, a Forlì-Cesena il benes-sere ha viaggiato ad una velocità pari ad un terzo di quella della crescita economica.

Al di là delle percentuali che possono va-riare in funzione degli indici scelti, l’analisi mette in luce una tendenza che si ripresenta regolarmente, indipendentemente dalla se-lezione degli indicatori e della metodologia utilizzata. Questa tendenza di fondo indica che la prima metà degli anni duemila si è ca-ratterizzata per una crescita dell’economia e un incremento, in misura molto più tenuta, del benessere. Un risultato che con-ferma solo in parte la diffusa percezione che vuole il livello di benessere in forte calo. Se, invece di considerare i dati reali, ci si basa sugli indicatori che misurano la percezione dei cittadini, il divario tra crescita e benes-sere risulta ancora più ampio, così come lo scarto tra reddito reale e reddito necessa-rio mostra una signifi cativa divaricazione, il primo rimane sostanzialmente stabile, il

se-Fonte: Elaborazione Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie Tavola 2.26 Indice sintetico di benessere. Posizione e variazione

Camera di Commercio di Forlì-Cesena

SVILUPPO, CRESCITA DELLE IMPRESE E BENESSERE DEI CITTADINI

condo cresce considerevolmente.

Uno scostamento tra dato reale e dato per-cepito che, come sottolineato in preceden-za, si annulla se si esce dal dato aggregato. Se per una larga parte dei lavoratori autonomi e dei dirigenti le dinamiche retributive hanno assicurato buoni livelli di reddito, negli ultimi anni si è assistito ad un peggioramento in termini assoluti della posizione degli operai e degli impiegati. Disaggregando ulterior-mente il dato emergono gruppi di lavoratori per i quali le dinamiche retributive hanno determinato una consistente riduzione del

potere di acquisto.

In sintesi, di fronte ad un sistema che conti-nua a produrre ricchezza, vi è una sostanzia-le riallocazione dei redditi a favore di alcu-ne classi sociali, una tendenza che ha come principale conseguenza un ampliamento del-la forbice retributiva ed una riduzione del grado di tollerabilità sociale della disugua-glianza.

È un fenomeno che, con intensità differenti, sta interessando tutte le economie avanza-te. Rispetto ad altre aree questo processo di sperequazione, a Forlì-Cesena come in

Emi-Fonte: Elaborazione Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie

Tavola 3.1 Indice sintetico dello sviluppo. Posizione della crescita economica e del benessere

Fonte: Elaborazione Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie

Tavola 3.2 Variazione della crescita economica e del benessere a confronto. Variazione degli indicatori e percentuale di variazione del benessere rispetto alla variazione della crescita economica.

SVILUPPO, CRESCITA DELLE IMPRESE E BENESSERE DEI CITTADINI

lia-Romagna, sta avvenendo con toni meno accentuati; è però una dinamica che comincia ad essere tangibile, così come ben visibile è la percezione dei cittadini di un peggioramento del loro livello di benessere.

Affrontare il tema della redistribuzione dei redditi e, più in generale, del livello di be-nessere signifi ca innanzitutto tentare di dare una risposta alla domanda che emergeva dalle analisi del primo capitolo relativamen-te a quanto sia ancora forrelativamen-te il legame tra chi detiene i beni competitivi – il capitalismo manifatturiero e il capitalismo delle reti – ed il territorio.

Il radicamento delle fi liere fi no ad oggi spe-rimentato deriva non da particolari obbli-ghi sociali delle forme capitalistiche verso il territorio, ma dalla presenza – in questa regione più che in altre – di altre risorse complementari, quelle legate alla capacità di generare un differenziale competitivo in ter-mini di conoscenze originali ed esclusive.

Un patrimonio proprio del territorio che può essere defi nito come capitale della co-noscenza, la cui proprietà è diffusa, compo-sita, identifi cabile con il territorio stesso. Se ne conclude che il legame tra capitalismo e territorio è tanto più stringente quanto è maggiore la capacità di far evolvere la com-ponente su cui il territorio può agire diret-tamente, il patrimonio della conoscenza.

Sviluppare un differenziale competitivo basa-to sulla conoscenza sembra essere, dunque, una condizione necessaria per rinsaldare il rapporto di convenienza tra capitalismo e territorio; ma è di per sé condizione suffi -ciente per produrre benessere diffuso?

Se ci si riferisce a larga parte del capitalismo manifatturiero la risposta appare essere po-sitiva. È la stessa storia dei sistemi locali del-la regione e di Forlì-Cesena con una forte connotazione industriale e una elevata do-tazione di capitale della conoscenza a ricor-dare che dove si è creato consenso, dove gli obiettivi e i valori sono stati condivisi, si è avuto crescita economica e qualità della vita elevata. In questi territori si è realizzato un circolo virtuoso tra imprese e cittadini, la competitività delle prime assicurava il be-nessere sul territorio, l’elevata qualità della

vita degli abitanti garantiva le condizioni più favorevoli per la creazione e la condivisione della conoscenza che, a sua volta, alimentava la crescita economica. Un circolo virtuoso completato da una buona amministrazione del territorio ed un sistema di welfare effi -ciente. Negli ultimi anni, come hanno dimo-strato i dati, i sistemi territoriali manifattu-rieri hanno proseguito nel creare ricchezza, ma distribuendola in maniera meno omoge-nea rispetto al passato. Vi è stata la com-parsa di fenomeni sperequativi, determinati sia dai cambiamenti nella base sociale – per esempio il massiccio affl usso di extracomu-nitari e l’invecchiamento della popolazione di cittadinanza italiana – sia dai mutamenti nei meccanismi che regolano l’economia – principalmente ascrivibili alla globalizzazione e alla trasformazione del mercato del lavo-ro. Sulla base delle analisi condotte in que-sto studio sembra di poter affermare che il circolo virtuoso tra imprese e territorio nella provincia di Forlì-Cesena si è indebo-lito ma non si è interrotto e necessita di interventi per non allentarsi ulteriormente, a partire da nuovi strumenti a sostegno dei cittadini a rischio di esclusione sociale.

Per il capitalismo delle reti, per le impre-se del terziario avanzato, per le società del credito, delle attività immobiliari, per le grandi aziende dell’economia immateria-le è meno semplice individuare in maniera univoca quali sono le risorse distintive che danno origine ad un rapporto di reciproca convenienza tra capitalismo e territorio. Al-cune imprese trovano nel territorio carat-teristiche specifi che che ne fanno un valore aggiunto sul quale investire, per altre socie-tà la localizzazione è un Nonluogo (Marc Augé), uno spazio dove gli elementi identi-tari e relazionali che lo caratterizzano sono privi di valore.

La differente velocità con cui viaggiano cre-scita economica e benessere dei cittadini sembra suggerire che, tra le linee di inter-vento, sia opportuno pensare a nuove for-me di responsabilità delle imprese verso il territorio, in particolare quando sembra non esistere il rapporto di reciproca conve-nienza. Obbligazioni sociali che dovrebbero trovare attuazione in tutte le regioni

euro-Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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pee, perché il gap tra crescita e benessere investe tutte le economie avanzate. Un con-cetto espresso effi cacemente dal sociologo Aldo Bonomi in una recente intervista “...

all’interno del capitalismo delle reti si sta fa-cendo strada una nuova borghesia globale completamente deresponsabilizzata rispetto ai luoghi. (...) Quando Falck fece le acciaie-rie, sappiamo tutti che là dentro c’erano la-crime, sangue, sfruttamento. Però il capita-lismo dei Falck, la borghesia del 900, aveva anche l’interesse a costruire le case per gli operai, quindi il

for-dismo produceva una qualche forma di “presa di coscienza”. Adesso, invece, la neoborghesia dei fl ussi, che non è più quella territorializzata del fordismo, va re-sponsabilizzata rispet-to al terririspet-torio in un modo nuovo. Si tratta di sviluppare un nuovo senso di obbligazione sociale.”

In defi nitiva, le anali-si condotte in questo studio prefi gurano uno scenario all’interno del quale il percorso per riprendere la crescita appare accidentato ma, al tempo stesso, obbli-gato. La strada è neces-sariamente quella della

“via alta dello sviluppo”, dove il riuscire a guadagnare qualche punto decimale di PIL in più sarà legato ancora una volta alla ca-pacità di internazionalizzare, di innovare, di lavorare in rete, di investire sulla formazio-ne. Una strada che può essere percorsa con successo e generare ricadute positive sul territorio in termini di benessere solamente se, contestualmente, si realizzano altre due condizioni.

La prima condizione necessaria si può rias-sumere in una parola: de-frammentazione.

Tra le numerose anomalie che caratterizza-no il Sistema Italia, la frammentazione

costi-tuisce uno dei vincoli principali allo sviluppo.

Una frammentazione che su ritrova su tutti i livelli, nella rappresentanza politica, nelle istituzioni, nelle associazioni di rappresen-tanza delle imprese e di tutela dei lavoratori e dei cittadini, nello stesso tessuto impren-ditoriale, come testimonia l’elevata percen-tuale di piccola e piccolissima impresa. E, ciò che appare ancora più grave, la frammen-tazione e la marginalizzazione stanno assu-mendo dimensioni allarmanti anche tra la popolazione. De-frammentare deve essere la parola d’ordine. Ap-pare necessario trova-re forme aggtrova-regative in tutti gli ambiti sociali ed economici per riuscire a dare risposta, effi ca-cemente e tempestiva-mente, ai nuovi bisogni e alle nuove domande che si levano da una società in continua tra-sformazione.

Le statistiche prese in esame in questo studio evidenziano come le di-namiche economiche e quelle sociali siano tra loro strettamente cor-relate. Appare sempre più evidente che la go-vernance di un territo-rio non possa essere vi-sta come la sommatoria di politiche maturate in ambiti diversi – quello industriale, quello so-ciale, quello ambientale – ma come un’unica politica per lo sviluppo, dove le scelte che riguardano un ambito non possono essere disgiunte dal contesto complessivo.

Le analisi, inoltre, hanno evidenziato come la tenuta del circolo virtuoso tra imprese e territorio - a fronte dei mutamenti nei meccanismi che regolano l’economia e alla comparsa di fenomeni sperequativi - sia a rischio e come la ricerca delle soluzioni non possa essere affi data esclusivamente al mercato, ma sia necessario governare i cambiamenti.

In altri termini appare prioritario favorire

SVILUPPO, CRESCITA DELLE IMPRESE E BENESSERE DEI CITTADINI

le condizioni – economiche e sociali - per la ricostituzione di obiettivi e, soprattutto, di valori condivisi, occorre creare su nuove basi il senso di appartenenza, l’identità di territorio. È questa la seconda condizione necessaria per riprendere il cammino di sviluppo.

In conclusione, sono tre i paradigmi sui quali si gioca il futuro: fare della conoscen-za un differenziale competitivo, de-fram-mentare e (ri)creare l’identità di territorio.

Quanto prima si riuscirà a dare sostanza a questi enunciati, tanto prima sarà possibile riprendere il percorso di crescita econo-mica e benessere diffuso.

Camera di Commercio

di Forlì-Cesena

EMOGRAFIA

DEMOGRAFIA

D D

Il commento che segue si basa su “Demografi a on line” il database della popolazione predispo-sto dall’Uffi cio Statistica e Studi camerale e dal-l’azienda speciale CISE.

La banca dati fornisce un quadro puntuale del-la struttura e del mo-vimento demografi co dei trenta comuni della provincia di Forlì-Cese-na ai quali va un partico-lare ringraziamento per la collaborazione e la disponibilità dimostrata nella realizzazione del progetto.

In base agli ultimi dati disponibili, relativi al 30

settembre 20071, la popolazione della pro-vincia di Forlì-Cesena ammonta a 381.413 abitanti. Di questi, 199.425 risiedono nel comprensorio di Cesena e 181.988 in quello di Forlì. Per quanto riguarda le zone altime-triche, 307.711 abitanti risiedono in pianura, 59.758 in collina e 13.944 in montagna. Gli abitanti del Comune di Forlì sono 113.397 e quelli di Cesena 94.619.

Nel periodo gennaio-settembre 2007, l’in-cremento della popolazione provinciale è stato del 9 per mille. Dopo l’inversione di tendenza dell’anno precedente, il compren-sorio di Cesena torna a crescere più di quel-lo di Forlì: rispettivamente +10,3 e +7,5 per mille. Per quanto riguarda le zone altimetri-che, si è avuta una crescita del 9,2 per mille in pianura, che di solito è l’area col tasso di crescita più elevato, mentre nei primi tre trimestri del 2007 è stata superata dal tasso

di crescita della collina, che ha toccato quota +9,9 per mille; s’inter-rompe temporanea-mente anche il trend di declino demografi co della montagna, che registra nel periodo un lieve incremento dello 0,7 per mille.

Per un’analisi più com-pleta e dettagliata della struttura e della di-namica demografi ca provinciale si esami-nano di seguito i dati relativi all’ultimo anno intero disponibile.

Al 31 dicembre 2006 nella provincia di Forlì-Cesena risulta una po-polazione di 378.011 abitanti. Il saldo naturale nell’anno (numero dei nati meno numero dei morti) continua ad essere negativo (-230), ma è diminuita la sua passività rispetto all’anno precedente (-467).

Di converso, il saldo migratorio (nume-ro degli iscritti all’anagrafe meno nume(nume-ro dei cancellati) rimane ampiamente positivo (+3.545), anche se registra una diminuzio-ne rispetto al 2005 (+3.827). Il saldo demo-grafi co totale, pertanto, è in attivo di 3.315 unità, a fronte delle 3.360 del 2005. Dun-que, la popolazione provinciale continua a crescere per effetto dei nuovi arrivi da fuori provincia, anziché di nuove nascite, anche se l’affl usso dall’esterno sembra diminuire il proprio ritmo.

L’immigrazione dall’estero nel 2006 ha costituito il 37,3% dell’immigrazione da fuo-ri provincia; questa incidenza ha subìto una

1 Le fonti dei dati sono le comunicazioni che i Comuni forniscono mensilmente all’Istat col modello D7B, che sono da ritenersi defi nitive. Tuttavia, la parte relativa alle iscrizioni e cancellazioni anagrafi che è suscettibile di correzioni in sede di controllo delle quadrature, allorché viene resa disponibile la serie relativa all’intero anno 2007.

DEMOGRAFIA

piccola diminuzione rispetto al 2005, quando ammontava al 38,6%. L’emigrazione verso Paesi esteri è in crescita: dal 10,6% al 12,3%

del totale dei trasferimenti fuori provincia.

Per quanto riguarda il movimento demogra-fi co interno ai condemogra-fi ni nazionali, costituito da 4.784 immigrati e 3.259 emigrati, la quota più rilevante è costituita dagli arrivi e dai trasferimenti con le altre province dell’Emi-lia-Romagna (1.739 immigrati, 1.668 emigra-ti). Le altre principali regioni per entità dei fl ussi migratori con la nostra provincia sono:

la Campania (573 immigrati, 191 emigrati), la Puglia (495 immigrati, 199 emigrati), la Sicilia (332 immigrati, 166 emigrati) e la Lombar-dia (329 immigrati, 178 emigrati). Per quan-to riguarda il valore netquan-to dei nuovi arrivi dalle varie regioni (cioè il saldo fra immigrati ed emigrati), quello più signifi cativo riguar-da la Campania (+382), seguita riguar-dalla Puglia (+296), dalla Sicilia (+166), dalla Lombardia (+151) e dalla Calabria (+142).

Gli immigrati dall’estero ammontano in totale a 2.851, mentre gli emigrati sono 456.

I principali Paesi di provenienza sono:

la Cina, che con 373 immigrati supera, ri-spetto all’anno precedente, l’Albania, da cui provengono 361 immigrati; seguono poi la

Romania con 342, il Marocco con 286, la Polonia con 227 e l’Ucraina con 145. Il prin-cipale Paese di destinazione degli emigrati è la Cina con 53.

Secondo i dati Istat, aggiornati al 1° gennaio 2007, gli stranieri residenti in Emilia-Roma-gna ammontano a 317.888, pari al 7,5% dei residenti. La crescita annua regionale è sta-ta del 10,1%. La graduatoria delle province per numerosità di presenza straniera vede ai primi posti Reggio Emilia (9,3% sul tota-le dei residenti), Modena (8,9%) e Piacenza (8,8%). La nazionalità più numerosa è quella marocchina (53.571 residenti in regione), seguita da quella albanese (44.218), rumena (21.786), tunisina (19.178) e cinese (16.549).

Secondo i dati del Rapporto Caritas 2007 sull’immigrazione, l’Emilia-Romagna è anche la regione con più alta incidenza di alunni stranieri nelle scuole: il 9,5% contro il 4,8%

nazionale nell’anno scolastico 2005/2006.

Gli stranieri sono attirati dalle possibilità di lavoro in agricoltura e industria, soprattutto nelle basse qualifi che, dove gli italiani tendo-no a tendo-non lavorare più.

Il Quaderno Popolazione con dati al 31/12/2006, pubblicato dall’Uffi cio Studi della Camera di Commercio, riporta il dato

MOVIMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE PROVINCIA DI FORLI’-CESENA

DA GENNAIO A SETTEMBRE 2007 C O M U N I

CESENA 94.078 628 682 1.978 1.383 94.619 +5,7‰

FORLI’ 113.605 812 952 2.726 1.695 113.397 -1,8‰

PROV. DI FORLI’-CESENA 378.011 2.731 2.880 10.469 6.918 381.413 +9,0‰

COMPRENSORIO DI FORLI’ 180.623 1.297 1.550 4.957 3.339 181.988 +7,5‰

COMPRENSORIO DI CESENA 197.388 1.434 1.330 5.512 3.579 199.425 +10,3‰

MONTAGNA 13.934 88 161 280 197 13.944 +0,7‰

COLLINA 59.173 395 499 2.034 1.345 59.758 +9,9‰

PIANURA 304.904 2.248 2.220 8.155 5.376 307.711 +9,2‰

Fonte: Comuni della Provincia di Forlì-Cesena

Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

DEMOGRAFIA

Camera di Commercio I.A.A.

di Forlì-Cesena

della consistenza della popolazione stranie-ra residente nei Comuni e nelle aggregazio-ni territoriali della provincia di Forlì-Cesena.

Al 31 dicembre 2006, su una popolazione totale di 378.011 abitanti, risultano residen-ti in provincia 25.757 stranieri. L’incidenza dei residenti stranieri sul totale della popo-lazione continua ad aumentare: è infatti sa-lita dal 2,7% del 31 dicembre 2001 al 6,8%

del 31 dicembre 2006. Nel comprensorio di Forlì l’incremento è stato maggiore di quel-lo di Cesena: nel primo si è passati infatti da un’incidenza del 6,3% a fi ne 2005 al 7,2%

di fi ne 2006; nel secondo invece dal 5,9% al 6,4%. Lo stesso fenomeno si presenta nei due Comuni capoluogo di Provincia: a For-lì si è passati dal 6,1% di fi ne 2005 al 7,1%

di fi ne 2006, mentre a Cesena dal 5,3% al

POPOLAZIONE RESIDENTE E STRANIERI NELLA PROVINCIA DI FORLÌ-CESENA

COMUNI

Popolazione Stranieri % Stranieri su popolazione residente al

31/12/06

residenti al 31/12/06

residente al

31/12/05 residente al 31/12/06

Bagno di Romagna 6.075 215 3,3 3,5

Bertinoro 9.830 464 4,7 4,7

Borghi 2.348 112 4,5 4,8

Castrocaro-Terra del S. 6.393 542 7,9 8,5

Cesena 94.078 5.452 5,3 5,8

Cesenatico 23.780 1.531 6,0 6,4

Civitella di Romagna 3.783 440 10,8 11,6

Dovadola 1.709 165 9,3 9,7

Forlì 113.605 8.088 6,1 7,1

Forlimpopoli 12.511 816 5,2 6,5

Galeata 2.491 428 15,8 17,2

Gambettola 9.977 667 5,7 6,7

Gatteo 7.787 608 6,6 7,8

Longiano 6.381 299 3,1 4,7

Meldola 9.774 800 7,5 8,2

Mercato Saraceno 6.569 423 6,3 6,4

Modigliana 4.820 338 6,6 7,0

Montiano 1.641 64 3,8 3,9

Portico - S.Benedetto 817 31 3,2 3,8

Predappio 6.395 407 5,9 6,4

Premilcuore 833 72 9,9 8,6

Rocca S.Casciano 2.102 87 4,1 4,1

Roncofreddo 3.113 227 7,0 7,3

S. Mauro Pascoli 10.508 993 8,9 9,4

Santa Sofi a 4.245 343 7,4 8,1

Sarsina 3.659 148 4,4 4,0

Savignano sul Rub. 16.447 1.702 9,2 10,3

Sogliano al Rubicone 3.061 221 6,0 7,2

Tredozio 1.315 25 1,5 1,9

Verghereto 1.964 49 2,4 2,5

Comprensorio di Forlì 180.623 13.046 6,4 7,2

Comprensorio di Cesena 197.388 12.711 5,9 6,4

TOTALE FORLI’-CESENA 378.011 25.757 6,1 6,8

Fonte: Comuni della provincia di Forlì-Cesena

Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

DEMOGRAFIA

5,8%.

La quota di stranieri è in crescita nella mag-gior parte dei comuni della provincia; fanno eccezione Premilcuore, dov’è scesa dal 9,9%

all’8,6%, e Sarsina, dov’è scesa dal 4,4% al 4%. Risulta poi stabile a Bertinoro (4,7%) e a Rocca San Casciano (4,1%). Con l’1,9%, Tredozio è il comune con più bassa inciden-za di stranieri nella provincia.

Come già gli anni scorsi, la presenza stranie-ra e la relativa crescita tendono a polariz-zarsi in alcuni Comuni del comprensorio di Forlì (soprattutto nella fascia collinare-mon-tana) e nell’area del basso Rubicone, ma si riscontrano crescite signifi cative anche in al-tri Comuni.

del 2006, Savignano sul Rubicone (dal 9,2%

al 10,3%), Dovadola (dal 9,3% al 9,7%) e San Mauro Pascoli (dall’8,9% al 9,4%). Infi ne a Castrocaro e Terra del Sole gli stranie-ri sono saliti dal 7,9% del 2005 all’8,5% del 2006, a Meldola dal 7,5% all’8,2% e a Santa Sofi a dal 7,4% all’8,1%.

La densità demografi ca provinciale a fi ne 2006 è pari a 159 abitanti per kmq, in aumento rispetto al 2005 (158 ab/kmq). Il comprensorio cesenate presenta una densi-tà maggiore di quello forlivese: 177 ab/kmq contro 143.

Esaminando i principali indici demografi ci provinciali relativi al 2006, si osserva una ri-presa dell’indice generico di natalità, salito

Esaminando i principali indici demografi ci provinciali relativi al 2006, si osserva una ri-presa dell’indice generico di natalità, salito