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ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL ’ EVOLUZIONE DEMOGRAFICA DI MESTRE ,

sull’evoluzione

demografica

di

Mestre, sui numeri del turismo e

sull’evoluzione storica degli stessi

Nonostante sia citata anche nel capitolo XXVI del Principe7 di

Machiavelli, in relazione ad un momento drammatico della

regionale. Il lavoro è stato redatto nel 1996 dai diversi uffici urbanistici del Comune e ha coinvolto una pluralità di consulenti per le diverse materie specifiche. Due i temi principali: la disciplina della città storica; la città bipolare. Website: www.benevolo.it, data di consultazione 03.09.2017.

7 È il capitolo conclusivo del trattato, in cui l'autore si appella

storia veneziana e peninsulare, quale furono i primi decenni del Cinquecento, Mestre, più che luogo di continuità storica è quasi un emblema della discontinuità.

Lambita in epoca romana dalla via Popilia-Annia, castello nel medioevo, zona di orti e primo approdo in terraferma per la Serenissima, paesotto agrario e commerciale nell’Ottocento, è con il secolo successivo che cambia del tutto forma e sostanza, tanto da diventare la più grande new town8 europea

movimento di riscossa nazionale per scacciare i domini stranieri dal suolo italiano, riunificando così politicamente la Penisola sotto la loro egida: con tono acceso e a tratti divinatorio Machiavelli esprime tutto il suo disprezzo per il "barbaro dominio" degli Stati stranieri che occupano il nord Italia e invoca l'intervento dei Medici paragonati a epici condottieri del passato incaricati di restituire la libertà agli italiani, nel momento (secondo l'autore) più favorevole per un'azione di questo tipo. Nonostante il carattere ambizioso e decisamente chimerico dell'auspicio espresso dallo scrittore, la pagina rappresenta una presa di posizione risentita e appassionata contro la crisi politica che affliggeva l'Italia del primo Cinquecento, di cui Machiavelli ha una comprensione assolutamente obiettiva e razionale.

8A partire dagli anni cinquanta tutti i maggiori centri urbani d'Italia subirono una rapida e disordinata crescita demografica, che ebbe luogo nelle rispettive periferie. Venezia certamente non sfuggì a tale fenomeno, ma con la sottile differenza che il capoluogo veneto, situato nel cuore di una laguna, non disponeva di una fascia territoriale esterna che potesse garantire lo spazio di crescita. Lo sviluppo urbano si verificò pertanto nelle aree terraferma e in particolare a Mestre, che in pochi anni passò da piccolo centro agricolo di 10.000 abitanti a cittadina di circa 200.000 abitanti, complice il flusso migratorio dal centro storico e dalla campagna circostante. La crescita demografica crebbe ulteriormente a partire dagli anni Sessanta e la massima espansione edilizia e demografica venne raggiunta negli anni Settanta, periodo in cui Mestre e la terraferma toccarono i 210.000 abitanti.

del Novecento, con una crescita di popolazione in cento anni pari a 20 volte, passando dai 10.000 abitanti iniziali ai 200.000 sul finire del millennio.

Il suo tumultuoso sviluppo novecentesco è inscindibilmente intrecciato a quello di Porto Marghera, parallelamente alla progressiva emigrazione della popolazione dal centro storico veneziano.

L’espansione della terraferma non è avvenuta ovviamente solo in termini quantitativi, c’è stato anche un processo di miglioramento qualitativo della vita.

Tutto ad un tratto Mestre, storicamente punto di transito verso altre destinazioni, sembra essere diventata un posto dove è piacevole trattenersi, in virtù di una nuova dimensione metropolitana che è andata via via definendosi. Mestre è diventata una metropolitana stricto sensu, ovvero ha assunto una sempre crescente importanza slegata dalla mera crescita demografica della popolazione, o dalla rilevanza politica ed economica, ma che riconosce il valore della sua storia. Ancora agli inizi degli anni Duemila, pensare a Mestre in una dimensione turistica appariva un’idea alquanto bizzarra, ma a dispetto di ogni previsione gli ultimi dati sui pernottamenti ci dicono che ora Mestre è fra le prime dieci città turistiche italiane con oltre tre milioni di persone che pernottano per poco più di due giorni. La terraferma si conferma meta del 30 percento del turismo veneziano. Nonostante la città storica accolga tutt’ora il 60 percento degli

arrivi (con oltre 6 milioni 800mila presenze), parallelamente alla crescita delle presenze nella città d’acqua (+6,1% rispetto al 2014)9, è cresciuta però la capacità attrattiva e

ricettiva di Mestre. La ragione principale è naturalmente in primis quella economica: qui a parità di offerta la spesa è inferiore, considerando anche la comodità e la velocità dei trasporti che collegano la terraferma alla Venezia storica. Una ricerca condotta dal Centro di Studi sull’Economia Turistica (CISET)10 di Ca Foscari certifica la piena soddisfazione dei

turisti che soggiornano a Mestre, per la facile accessibilità, che si tratti di auto propria, aereo o treno, e per la partenza agevolata verso altre mete. Inoltre, altro fattore importate è la possibilità di fare buoni acquisti, grazie alla grande varietà di centri commerciali o di negozi più centrali e altrettanto curati, attorniati da bar e locali con differenti caratteristiche. La città in quanto tale può essere presa sul serio, per la possibilità di riconoscervi, attraverso percorsi storico-monumentali, storico-naturalistici o più legati al contemporaneo, le stratificazioni storiche che dal Medioevo giungono fino ai giorni nostri.

La sperimentazione industriale avvenuta in questo luogo è stata anche viatico dell’instaurarsi di nuovi rapporti sociali, e, pertanto, creazione di un nuovo immaginario. L’insediamento produttivo collocato in terraferma, esattamente di fronte alla

9 Fonte: quinta edizione dell’Annuario del Turismo a Venezia, presentato in data 23.09.2016 e accessibile dal sito del Comune di Venezia all’indirizzo https://www.comune.venezia.it

Venezia “storica”, determinava opportunità lavorative impensabili e probabilmente anche insperate in una regione segnata dall’emigrazione. Ciò portò all’indifferenza per le condizioni di lavoro, ed essendo ben lontani dall’idea di sviluppo sostenibile, causò ingenti danni sia all’ambiente che ai lavoratori stessi.

Il primo Piano Regolatore di Mestre risale al 1962 – ma centinaia di concessioni edilizie furono rilasciate nei pochi giorni intercorsi fra l’approvazione e la sua applicazione – questo ci da una misura di quanto la città sia cresciuta a dismisura in funzione di Porto Marghera, senza un progetto alla base. Oggigiorno, con la crisi dell’industria, ha saputo sostituire la sua storica occupazione con lavoro di altro tipo, diventando leader della grande “industria” dei servizi con uffici, centri commerciali, scuole, università, ospedali, banche. Mestre è dunque il luogo delle contraddizioni che diventano sfidanti e la sua forza risiede anche nella sua morfologia unica, divisa fra terra e acqua, glorioso passato e ridente futuro.

Impossibile d’altro canto osservare Mestre senza altresì collegarla a Venezia, perché in questo preciso luogo la contemporaneità ha l’opportunità di nutrirsi della ricchezza del suo trascorso, fatto non solamente di grandi artisti ma anche di personaggi dotati di rilevanti abilità di governo, diplomazia e capacità commerciali.

Mestre è senz’altro una delle città più giovani d’Europa, nonché un luogo dai repentini mutamenti socioeconomici, alla luce anche delle recenti trasformazioni delle attività produttive dal settore secondario e terziario a quelle della logistica, delle infrastrutture e del terziario avanzato. Se nel secondo Dopoguerra, come accennato, attratti dalla grande industria i nuovi residenti provenivano principalmente da Venezia centro storico, poi dagli altri paesi del Veneto e infine da altre regioni italiane, oggi gli immigrati sono soprattutto extracomunitari giunti soprattutto dall’est-europeo e dal Bangladesh per ricoprire le mansioni più basse del settore turistico e della ristorazione, lavorare nei cantieri navali, stradali, edili, e nella cura dei malati e degli anziani. Mentre grazie agli stranieri più dinamici e meglio inseriti si sta sviluppando una nuova imprenditoria.

Più avanti tratteremo anche il tema dell’identità della città, più o meno scarsa, ma che ha consentito a culture e speranze diverse di stabilirsi senza tensioni e senza radicati pregiudizi, permettendo all’elemento umano di diventare il tratto più sintomatico della città, per quanto segnali positivi anche riguardanti le valenze architettoniche e l’estetica urbana, la dotazione di aree verdi e l’importante sistema delle infrastrutture, con i collegamenti ad ampio raggio che sono una grande occasione per la città, si comincino a delineare con nitidezza.

2.3 Breve excursus storico-sociale