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Alcune considerazioni sull’effusum vel deiectum

3. L’evoluzione successiva della connotazione di litem suam facere

1.1. Alcune considerazioni sull’effusum vel deiectum

Senza soffermarsi particolarmente sui vari aspetti dell’istituto che qui non interessano504, è necessario soffermarsi sulle caratteristiche fondamentali dell’actio de effusis vel deiectis.

Il passo delle Instituiones giustinianee che tratta dell’argomento è ripreso in modo testuale, ancora una volta, dal terzo libro degli aurea di Gaio, come è visibile da:

D. 44.7.5.5 (Gai., aurea, 3):

Is quoque, ex cuius cenaculo (vel proprio ipsius vel conducto vel in quo gratis habitabat) deiectum effusumve aliquid est ita, ut alicui noceret, quasi ex maleficio teneri videtur: ideo autem non proprie ex maleficio obligatus intellegitur, quia plerumque ob alterius culpam tenetur ut servi aut liberi…

J. 4.5.1:

Item is, ex cuius cenaculo vel proprio ipsius vel conducto vel in quo gratis habitabat deiectum effusumve aliquid est, ita ut alicui noceretur, quasi ex maleficio obligatus intellegitur: ideo autem non proprie ex maleficio obligatus intellegitur, quia plerumque ob alterius culpam tenetur aut servi aut liberi.[…] de eo vero quod deiectum effusumve est dupli quanti damnum datum sit constituta est actio. ob hominem vero liberum occisum quinquaginta aureorum poena constituitur: si vero vivet nocitumque ei esse dicetur, quantum ob eam rem aequum iudici videtur, actio datur: iudex enim computare debet mercedes medicis praestitas ceteraque impendia, quae in curatione facta sunt, praeterea operarum, quibus caruit aut cariturus est ob id quod inutilis factus est.

Ciò che appare dai due testi è che tale azione si sarebbe potuta esperire nei confronti di chi abitasse nella dimora vel propria ipsius vel conducta vel in quo gratis habitat505, dal cenacolo della quale era stato lanciato un oggetto solido e/o un liquido che aveva provocato un danno506.

503 Cfr. KREMER,Quand l’artifice, cit., p. 125.

504 Si rinvia a MATTIOLI,Ricerche, cit., p. 99 ss. e per un’ampia bibliografia sull’istituto p. 88, n. 15.

505 Il cenaculum era un alloggio autonomo, collocato ai piani superiori degli edifici adibiti ad uso abitativo e si

articolava in un corridoio centrale, detto medianum, sul quale si aprivano stanze adibite a dormitori, chiamate cubicula, e all’exedra, ossia la sala di ritrovo. Cfr. MATTIOLI,Ricerche, cit., p. 89 e in particolare n. 4, nonché per approfondimenti sulla struttura e le parti del cenaculum cfr. G. HERMANSEN, The medianum and the Roman

I due passi proposti, però, presentano delle differenze e la prima, subito evidente, si rinviene nell’aggiunta del testo giustinianeo della pena per la trasgressione della norma, che nella descrizione di Gaio non viene specificata.

Durante l’epoca giustinianea vi erano tre diverse sanzioni a seconda della gravità del fatto: - un risarcimento in duplum nel caso di distruzione o danneggiamento di cose e nel

silenzio del precetto si deve intendere anche l’uccisione dell’animale o dello schiavo507; - quinquaginta aurea per l’uccisione dell’uomo libero;

- actio in quantum aequum videbitur al giudice per il ferimento.

Altra discrasia da dover tener da conto è, inoltre, la dicitura quasi ex maleficio obligatus

intellegitur in J. 4.5.1 in luogo di quasi ex maleficio teneri in D. 44.7.5.5508, ma su questo punto ci soffermeremo in seguito.

Si deve, poi notare come, in epoca classica, sicuramente, tale azione fosse stata inserita nell’editto, a differenza del iudex qui litem suam fecerit e ciò è visibile dai continui riferimenti alle parole del pretore su specifici aspetti dell’actio de effusis et deiectis509. Una di queste testimonianze è:

D. 9.3.1.pr. (Ulp., ad edictum, 23):

Praetor ait de his, qui deiecerint vel effuderint: ‘Unde in eum locum, quo vulgo iter fiet vel in quo consistetur, deiectum vel effusum quid erit, quantum ex ea re damnum datum factumve erit, in eum, qui ibi habitaverit, in duplum iudicium dabo. si eo ictu homo liber perisse dicetur, quinquaginta ‘aureorum’510

iudicium dabo. si vivet nocitumque ei esse dicetur, quantum ob eam rem aequum iudici videbitur eum cum quo agetur condemnari, tanti iudicium dabo. si servus insciente domino fecisse dicetur, in iudicio adiciam: aut noxam dedere.

Apartment in Phoenix 24, 1970, p. 342 ss. e S. SETTIS,«Esedra»e «ninfeo»nella terminologia architettonica del mondo

romano. Dall’età repubblicana alla tarda antichità in ANRW I, 4, Berlino-New York, 1973, p. 661 ss.

506 Vi era poi per l’habitator la possibilità di effettuare un’azione di rivalsa nei confronti del responsabile

materiale del danneggiamento: cfr. D. 9.3.5.4 (Ulp, ad edictum, 23).

507 Cfr. MATTIOLI, Ricerche, cit., p. 90.

508 Già era stato segnalato da MATTIOLI,Ricerche, cit., p. 91, n. 7 è la sostituzione di quasi ex maleficio teneri

videtur con quasi ex maleficio obligatus intellegitur, che testimonierebbe il definitivo superamento di ogni distinzione concettuale tra obligari e teneri.

509 Cfr. D. 9.3.1 (Ulp., ad edictum, 23); D. 9.3.5.6-12(Ulp., ad edictum, 23), mentre in D. 9.3.5.7 (Ulp., ad

edictum, 23) e in D. 9.3.6 (Pau., ad edictum, 19) si fa esplicito riferimento all’editto.

510 La valuta degli aurea è sicuramente una modifica post-edittale e, infatti, già LENEL,Das edictum perpetuum3,

e se ne rinviene che la disciplina pretoria fosse sostanzialmente identica, con i dovuti aggiustamenti, a quella descritta in J. 4.5.1, applicabile invece per il diritto dell’età giustinianea.

Dalle fonti che abbiamo a disposizione, che come detto, in parte riportano le parole dell’editto, se ne deduce, sotto la vigenza della procedura formulare, l’assenza di qualsivoglia indagine sull’elemento soggettivo dell’habitator, dal momento che era sufficiente l’elemento oggettivo, ossia l’effusio o la deiectio e il nesso di causalità col danno cagionato511.

In D. 44.7.5.4, poi, si fa riferimento all’alterius culpa, ossia quella dell’autore materiale dell’atto, ma è solo con l’epoca severiana che si inizia a parlare di culpa dell’habitator512.

Ciò è deducibile da:

D. 9.3.1.4 (Ulp., ad edictum, 23):

Haec in factum actio in eum datur, qui inhabitat, cum quid deiceretur vel effunderetur, non in dominum aedium: culpa enim penes eum est. nec adicitur culpae mentio vel infitiationis, ut in duplum detur actio, quamvis damni iniuriae utrumque exiget.

Qui, infatti, si capisce come la richiesta di risarcimento all’habitator sia un’actio in factum

accomodata Legi Aquiliae, come in precedenza avevamo visto essere anche per la categoria di iudex qui litem suam fecerit, che non poteva rientrare in un’azione di ius civile derivante ex Lege Aquilia, perché per l’actio in duplum prevedeva l’infitiatio del convenuto e la culpa513.

Secondo Ulpiano, dunque, all’habitator sarebbe stata imputata una presunzione di colpa, che in realtà non c’è, o almeno che non deve essere verificata.

Solo Paolo in:

D. 9.3.6.2 (Pau., ad edictum, 19):

Habitator suam suorumque culpam praestare debet.

tratta esplicitamente di colpa per l’habitator514.

511 Sul punto cfr. MATTIOLI,Ricerche, cit., p. 94. e KREMER,Quand l’artifice, cit., p. 132. 512 Di tale avviso anche MATTIOLI,Ricerche, p. 96.

513 Cfr. ZIMMERMANN,Effusum vel deiectum, cit., p. 307 ss.

514 Diversamente vi è chi ritiene il passo interpolato cfr. MITTEIS-PETERS, Index interpolationum I, cit., c. 158;

GORDON,The Roman Class, cit., p. 304; R. WITTMANN, Die Körperverletzung an Freien im klassischen römischen Recht,

Monaco, 1972, p. 64; E. VALIÑO, Actiones utiles, Pamplona, 1974, p. 345; GIMÉNEZ-CANDELA,Los llamados cuasidelitos, cit., p. 77; ZIMMERMANN, Effusum vel deiectum, cit., 306; H. ANKUM,L’édit du préteur «de his qui effusis vel deiecerint» in Studia Iuridica 41, 2003, p. 7 ss. (11, n. 37).

Non sarebbe, dunque, peregrino ipotizzare che, sotto la vigenza della dinastia severiana, il ragionamento giuridico fosse progredito a tal punto da superare la presunzione colposa per porre le basi della teorizzazione della culpa in vigilando in questo caso, o della culpa in eligendo515.

Sebbene inizialmente il rimedio pretorio, come abbiamo visto, prescindesse totalmente da qualsiasi valutazione sull’elemento psicologico dell’habitator516, si è passati prima a teorizzare una presunzione di colpa per il fatto altrui, per poi tracciare i confini di una vera e propria

culpa nel non aver controllato i propri ospiti, vista la situazione di potenziale pericolo. Su

questo punto approfondiremo più compiutamente in seguito.

1.2. Elementi fondamentali dell’actio de posito aut suspenso e la stretta connessione con l’effusum