2.3 “GRAIN MIRACLE”
2.4 ALCUNE INCONGRUENZE
Mentre i leader cinesi celebrano nel 2014 l’undicesimo anno consecutivo di crescita della produzione cerealicola, le preoccupazioni degli studiosi riguardo all’effettiva autosufficienza alimentare del paese crescono esacerbate da evidenti considerazioni. In primis, l’aumento delle importazioni: nei primi dieci mesi del 2014, l’import di cereali che includono grano, mais, riso e soia è arrivato a quota 72,5 milioni di tonnellate in aumento del 19% rispetto all’anno precedente (www.chinadaily.com.cn) a conferma di un trend crescente che si è andato palesando con forza a partire dal 2011 (www.earth-policy.org).
La maggior diversificazione dei cereali provenienti dall’estero, unitamente a prezzi dei beni alimentari stranieri mediamenti più bassi sarebbero, secondo il governo cinese, le vere ragioni alla base delle importazioni (www.moa.gov.cn).
Per giustificare la corsa recente alle importazioni, lo stesso presidente Xi Jinping (习近 平) nel dicembre 2013 in occasione della Conferenza Annuale sull’Economia ha dato il via libera ad una nuova startegia di sicurezza alimentare basata su una maggiore interconnessione con i mercati internazionali: il paese manterrà sempre come prioritaria l’autosufficienza nella produzione di grano e riso, tuttavia potrà ricorrere in misura “moderata” alle importazioni di cereali destinati ai mangimi animali (USDA-FAS, 2014).
Tale recente inversione di tendenza sembra aver avuto l’obbiettivo di calmare le preoccupazioni internazionali circa le massicce importazioni cinesi registrate a partire dal 2011 alleviando in parte la pressione esercitata sul sistema agricolo nazionale fino ad ora responsabile del nutrimento di 1,3 miliardi di persone.
Tuttavia, è proprio nel momento in cui si cerca di valutare la mole delle importazioni del paese che sorgono i primi problemi: si rilevano infatti sostanziali discrepanze tra i dati riportati dall’USDA ovvero il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e i dati rilasciati dal governo cinese.
Tab. 2.1 “Dati importazioni cinesi di grano, riso, mais e cereali (tonnellate/mille)
2008-2013”
FONTI GRANO RISO MAIS CEREALI
(MAIS+RISO+ GRANO) USDA 2008 481 201 47 729 NBS China 2008 40 330 14 384,8 USDA 2009 1.394 388 1.296 3.078 NBS China 2009 900 360 83,5 1.343,5 USDA 2010 927 540 979 2.446 NBS China 2010 1.123 390 1.573,2 3.086 USDA 2011 2.933 1.790 5.231 9.954 NBS China 2011 1.260 600 1.750 3.610 USDA 2012 2.960 3.100 2.702 8.735 NBS China 2012 3.689 2.370 5.207,4 11.212,4 USDA 2013 8.500 3.400 5.000 16.900 NBS China 2013 5.540 2.270 3.260 11.070
Fonti: Foreign Agricultural Service (USDA5), National Bureau of Statistics China6
Verificare l’attendibilità dei dati emessi dal governo cinese è ulteriormente complicato dal fatto che le autorità non rilasciano alcuna informazione riguardo al livello delle scorte di cereali stoccate nei magazzini di proprietà statale.
L’International Grain Council ritiene che tali scorte ammontino a circa un terzo del
consumo annuale di riso, grano e cereali secondari: se così fosse, la Cina disporrebbe del livello più alto di riserve di cereali al mondo (OCSE, 2013)
5 USDA: United States Department of Agriculture (Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti)
Alcuni studiosi hanno addirittura avanzato l’ipotesi che la Cina importerebbe cereali intenzionalmente in misura minore rispetto alle reali necessità, coprendo il fabbisogno restante con le riserve domestiche, dando così l’illusione di una situazione ben più rosea e prospera della realtà (Ju, 2013).
Gli studiosi ritengono che le divergenze potrebbero riguardare non solo i dati relativi all’import ma soprattutto le statistiche ufficiali dietro il tanto declamato “Grain Miracle” della produzione cerealicola.
Jiang Gaoming (蒋高明), eminente ecologista e agronomo cinese, nel 2012 affermò che le statistiche ufficiali governative sovrastimarono i reali livelli di produzione cerealicola del 2011.
Supponendo un certo livello di rigidità della domanda di cereali, Jiang calcolò che tra mangimi, impiego nell’industria delle bevande alcoliche, consumi urbani e rurali la domanda cerealicola nel 2011 fosse ammontata a 420,5 milioni di tonnellate e se effettivamente nel 2011 fossero state prodotte 571 milioni di tonnellate, come sostenuto dal governo, ciò avrebbe implicato un surplus pari a circa 150 milioni di tonnellate (blog.sciencenet.cn).
A fronte di tale presunto surplus, i dati riguardo le importazioni risultano ancora più inspiegabili: l’import di soia, cereali (mais e grano) e di olii alimentari (ricavati da cereali) fu pari a 140 milioni di tonnellate nel 2011 (Zhun, 2014).
Jiang quindi sostiene, e non è l’unico, che i governi locali siano stati incoraggiati a sovrastimare la produzione di cereali, evitando intenzionalmente di verificare i dati relativi alla produzione e all’effettiva estensione dei terreni seminati, in maniera tale da ottenere i sussidi governativi per la produzione di cereali.
Vi è anche un’altra possibile spiegazione alla base delle incongruenze che vengono alla luce dal confronto tra i dati relativi al consumo e alla produzione interna: il sistema di calcolo che viene infatti utilizzato per valutare il livello di produzione nazionale è dedotto da un campione ridotto, circa 480.000 famiglie rurali ovvero lo 0,2% del totale nazionale (China Statistical Yearbook, 2013), esemplificativo per cui eventuali
sovrastime delle aree seminate o delle rese per coltura su tale campione altererebbero le stime nazionali.
Jiang avverte che eventuali errate valutazione della reale produzione cerealicola del paese potrebbero avere conseguenze pericolose: la grande carestia che portò milioni di cinesi alla morte tra il 1959 ed il 1960 fu dovuta proprio alla negligenza di molti funzionari locali che, per soddisfare gli obbiettivi di sviluppo posti dal governo, riportarono stime di produzione esagerate e non fedeli alla realtà tali da ridurre le importazioni del paese costringendo alla fame milioni di contadini.
Oltre all’ammontare delle importazioni, ciò che suscita una certa perplessità negli studiosi riguardo allo stato della produzione cerealicola del paese è il fatto che tale aumento esponenziale sia avvenuto nonostante la perdità di fertilità, la diminuzione di superficie coltivabile, la crescente competizione tra terreni agricoli e costruzioni industriali/residenziali, lo spopolamento delle campagne e relativo invecchiamento della forza lavoro rurale: importanti fattori che esercitano e eserciteranno nel prossimo futuro una notevole pressione sulla capacità del paese di poter sfamare la propria popolazione in maniera autosufficiente.