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LA FILIERA AGROINDUSTRIALE CINESE

Nel documento La sicurezza alimentare in Cina (pagine 95-99)

DOMANDA DI CONSUMO

3.6 LA FILIERA AGROINDUSTRIALE CINESE

La Cina si attesta come il principale produttore e consumatore di cibo al mondo. Le profonde trasformazioni che hanno investito la domanda di consumo della popolazione cinese a partire dagli anni Ottanta e specialmente Novanta, sono imputabili a diversi fattori tra cui l’urbanizzazione, l’aumento della ricchezza pro capite e i cambiamenti della catena agroalimentare cinese che si è andata modificando in ogni sua componente: dalla produzione agricola, commercio e lavorazione alla vendita al dettaglio dei beni alimentari e consumo fuori casa (ristoranti e fast-food) passando per la commercializzazione dei prodotti alimentari.

Lo sviluppo del mercato alimentare al dettaglio ha contribuito a migliorare la disponibilità di cibo, ora reperibile anche in luoghi che nel passato era impensabile riuscire a rifornire, influenzando così la quantità di cibo consumato; mentre, l’attività di promozione e di marketing delle grandi aziende alimentari hanno influenzato radicalmente i gusti e le preferenze di una popolazione sempre più sensibile al marchio. Supermercati e ipermercati hanno fatto la loro comparsa a partire dalla metà degli anni Novanta dapprima concentrandosi nelle grandi metropoli delle aree costiere per poi espandersi anche nelle città di secondo e terzo livello collocate nel nord e nel vasto occidente del paese (USDA-FAS, 2013b).

I canali di rivendita dei beni alimentari sono molteplici: accanto alle grandi catene di distribuzione quali Wal-Mart (沃尔玛, Wò'ērmǎ), Tesco (乐购, Lègòu), Metro (麦德龙,

Màidélóng) e Carrefour (家乐福, Jiālèfú) che vantano una copertura nazionale capillare,

mercati urbani dove vengono commercializzati prodotti agricoli e animali ancora vivi (Hu, Reardon, Rozelle, Timmer, Wang, 2004)

Oltre ai grandi supermercati gestiti da operatori nazionali quali Lianhua (联华, Liánhuá) e China Resources Vanguard (华润万家, Huárùnwànjiā) che mirano a soddisfare la domanda di una clientela più sensibile al prezzo, vi è anche un numero crescente di boutique indirizzate ad una clientela di lusso desiderosa di acquistare prodotti di alta gamma, per la maggior parte importati (www.funggroup.com).

Lo sviluppo del mercato dei beni alimentari ha reso disponibile un maggior quantitativo di cibo e una più vasta gamma di scelta sia per l’acquirente rurale, che agli inizi degli anni Novanta acquistava solamente il 46% del cibo che consumava producendo il resto da sé (Huang, Rozzelle, Rosegrant, 1999), sia per l’acquirente urbano sempre più attento e sensibile alla qualità del cibo acquistato.

La quantità di cibo consumato è cresciuta anche grazie alla proliferazione di ristoranti e catene di fast food che, a partire dalla metà degli anni Novanta, hanno invaso le città cinesi (Gale, 2003).

Il consumo di cibo fuori casa è aumentato di 178 volte dal 1978 al 2008 e ha riguardato principalmente la classe medio-alta (Hawkes, 2008) che ha iniziato a destinare una quota crescente della spesa in cibo al consumo in ristoranti, bar e fast food di catene sia nazionali che internazionali come McDonald's, Kentucky Fried Chicken o Pizza Hut. Conseguentemente il consumo di alimenti ad alto contenuto di grassi e poveri di nutrienti è cresciuto provocando un aumento della persone sovrappeso, circa il 5,6% della popolazione (Food Security Index 2014)

Tuttavia, se in America tale fenomeno si è acutizzato con la crisi economica del 2008 a testimonianza del fatto che l’obesità è sempre più legata alla nuova classe di poveri che non possono permettersi alimenti ricchi di nutrienti perché più costosi, in Cina l’obesità è un fenomeno tipicamente urbano legato all’accresciuta prosperità delle famiglie (www.telegraph.co.uk).

Nonostante le profonde trasformazioni della filiera agroalimentare tra cui il miglioramento dei sistemi di stoccaggio, trasporto e refrigerazione degli alimenti e

l’ampliamento dei canali distributivi, lo spreco e la perdita di cibo rimangono un grosso ostacolo che grava sull’offerta di beni agricoli, limitandone la disponibilità.

Lo spreco di cibo maggiore avviene durante la fase di stoccaggio e di lavorazione rispetto alla fase post-consumo: nella fase che segue l’acquisto, la quantità di cibo sprecata è minima e si aggira intorno al 5%, indice di un comportamento frugale e parsimonioso da parte delle famiglie cinesi, al contrario la percentuale sale al 19% nel caso dei ristoranti (www.ccafs.cgiar.org).

Le 27,5 milioni di tonnellate di cibo perse ogni anno sono quindi imputabili alle cattive condizioni di immagazzinaggio e di trasporto; nel caso dei cereali la quantità persa sale a ben 35 milioni di tonnellate, un ammontare in grado di sfamare ben 200 milioni di persone (www.businessweek.com).

Se negli Stati Uniti, tre quarti del cibo consumato è refrigerato dal momento in cui lascia la fattoria o il macello al momento in cui è riposto sugli scaffali dei supermercati, in Cina il sistema di trasporto non è ancora in grado di garantire tale livello di efficienza: si stima infatti che solamente un quarto della carne venduta sia mantenuta al fresco durante il trasporto (www.usa.chinadaily.com.cn).

Tra i fattori fondamentali che influenzano la domanda di consumo della popolazione rientrano la qualità e la sicurezza degli alimenti: sempre più cinesi si dicono preoccupati della sicurezza degli alimenti e per questo tendono a prediligere l’acquisto di articoli importati o prodotti localmente da aziende straniere che, anche se più costosi, sono ritenuti più sicuri per la salute rispetto ai prodotti cinesi.

Gli scandali del latte alla melamina, del riso al mercurio, dell’olio riciclato dalle acque di scarico (地沟油,dìgōuyóu) e dai canali di scolo e usato per cucinare (Forehead, 2014)

sono solamente alcuni dei casi più eclatanti che hanno scosso l’opinione pubblica. La mancanza di un efficace sistema di sorveglianza che vigili sull’effettiva applicazione delle più basilari norme igieniche nasce anche dalla difficoltà di monitorare l’attività di un settore agricolo ancora troppo poco verticalmente integrato ed estremamente frammentato.

Notevoli sono stati i progressi fatti per garantire una migliore disponibilità e accessibilità di cibo alla popolazione, è importante sottolineare che la Cina vanta uno

dei più bassi livelli di volatilità della produzione agricola al mondo, tuttavia per garantire la completa sicurezza alimentare al paese sia nel senso di “food security” che nel senso di “food safety”, la strada è ancora lunga.

Confucio affermò che la ricetta per governare bene un popolo, risiede in tre ingredienti chiave: cibo, esercito e fiducia del popolo (www.corriere.it). La fiducia della popolazione nella capacità del governo di garantire la sicurezza dei consumatori sta venendo meno a causa dei ripetuti scandali alimentari, e se il governo non sarà in grado di conservare l’autosufficienza produttiva conquistata duramente nell’ultimo decennio, sarà difficile per il Partito Comunista Cinese mantenere ancora a lungo il potere.

CAPITOLO 4:

UNA CATASTROFE MALTHUSIANA

Nel documento La sicurezza alimentare in Cina (pagine 95-99)