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UN MODELLO DI SVILUPPO INSOSTENIBILE

Nel documento La sicurezza alimentare in Cina (pagine 49-54)

2.3 “GRAIN MIRACLE”

2.5 UN MODELLO DI SVILUPPO INSOSTENIBILE

Dal 1978 al 2014 la produzione cerealicola è passata da 305 milioni di tonnellate a 607 milioni (www.stats.gov.cn) per un aumento complessivo del 99%; parallelamente la produzione agricola misurata dal FAO Net Production Index dal 1978 al 2012 è cresciuta ad un tasso annuale mediamente superiore al 3% (www.faostat.fao.org), circa il doppio del valore registrato a livello mondiale pari all’ 1,7% (OCSE FAO, 2013). L’incremento della produzione agricola si è quindi mantenuto ad livello superiore rispetto al tasso di crescita della popolazione cinese che è passato da una media dell’1,4% durante gli anni Sessanta allo 0,6% dei primi anni Duemila (China Statistical Yearbook 2013).

Fig. 2.8 “Confronto tasso crescita annuale popolazione cinese e produzione agricola

1978-2012”

Fonti: FAOSTAT, National Bureau of Statistics

Tale crescita ragguardevole della produzione si è verificata grazie ad un aumento della produttività a fronte tuttavia di un sostenziale calo sia della forza lavoro che di terreno arabile (Zhang, Mount, Boisvert, 2000).

La migrazione di forza lavoro dal settore primario al settore secondario e terziario (industria e servizi) è avvenuta parallelamente ad un calo di importanza del settore agricolo in quanto attività economica in un processo naturale cha accomuna la Cina alle economie dei paesi sviluppati: la percentuale di forza lavoro impiegata in agricoltura di conseguenza è calata, passando dal 70% del 1978, a circa il 30% nel 2014 (Hooper, Spencer, Sloke, 2014).

Tale fenomeno è direttamente collegato allo spopolamento delle campagne e alla massiccia ondata migratoria interna registrata a partire dagli anni Novanta: si stima che tra il 1990 e il 2010 ben 260 milioni di Nóngmíngōng 农民工 (Hooper, Spencer, Sloke, 2014) ovvero lavoratori migranti aventi status rurale abbiano abbandonato la campagna cinese e si siano stabiliti in città alla ricerca di migliori opportunità di lavoro e salari più alti.

0 2 4 6 8 10 12 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012

Fig. 2.9 “Percentuale di forza lavoro impiegata nei tre settori dell’economia in Cina

1990-2012”

Fonte: National Bureau of Statistics

Se il calo della forza lavoro in agricoltura è un dato certo, quello riguardante la supeficie coltivata del paese lo è meno: le prime stime precise risalgono solamente al 1996 anno in cui venne condotto il primo rilevamento topografico della superficie coltivata, utilizzando l’impiego di tecnologia fotografica satellitare; da tale indagine risultò che il totale di superficie arabile ammontava a 130 milioni di ettari (Gale, 2013). Dal 1997 al 2003, tuttavia, venne registrato un calo pari a 6,6 milioni di ettari che portò la superficie coltivabile a 123.392.000 ettari (China Statistical Yearbook 2005).

Tale calo ebbe forti ripercussioni sulla produzione agricola che soffrì di un ribasso del 18% (Brown, 2005) nel giro di otto anni: i leader cinesi preoccupati per il ritmo veloce a cui stava procedendo la conversione della superficie coltivabili ad altri scopi, fissarono una cosiddetta soglia rossa (耕地红线, gēngdìhóngxiàn) pari a 120 milioni di ettari (OCSE FAO, 2013) sotto la quale la superficie arabile non deve e dovrà scendere, pena l’insufficienza alimentare. Grazie alla rinnovata attenzione posta dal governo, l’estensione di superficie coltivabile, in base alle stime rilasciate dal Ministero della

Terra e delle Risorse ( 中 华 人 民 共 和 国 国 土 资 源 部

60,10% 52,20% 50% 44,80% 36,70% 33,60% 21,40% 23% 22,50% 23,80% 28,70% 30,30% 18,50% 24,80% 27,5% 31,40% 34,60% 36,10% 1 9 9 0 1 9 9 5 2 0 0 0 2 0 0 5 2 0 1 0 2 0 1 2

Zhōngguórénmíngònghéguóguótǔzīyuánbù) a fine 2012, sembra essersi attestatata

intorno ai 121,7 milioni di ettari (www.mlr.gov.cn), al di sopra della soglia rossa . La crescita della produzione agricola è perciò stata possibile grazie all’integrazione di due modelli di sviluppo: un modello input-based basato su un crescente impiego in termini quantitativi ed intensivi dei tradizionali input (tra cui capitale, pesticidi, fertilizzanti, sementi,etc) e un modello basato su un’accresciuta produttività dei fattori impiegati che hanno permesso di compensare sia il calo della forza lavoro che la diminuzione di superficie arabile (Gale e Wang, 2013).

L’utilizzo dei cosiddetti input chimici quali fertilizzanti, pesticidi e erbicidi, l’impiego di sementi ad alta resa, l’aumento della superficie irrigata sul totale della superficie coltivata e un’accresciuta meccanizzazione misurata dalla potenza in wat di macchine agricole impiegate per ettaro sono stati il motore propulsore dello sviluppo della moderna agricoltura cinese (Xu, 2014).

Tuttavia molti studiosi sostengono che da un punto di vista ecologico il moderno sistema agricolo sia insostenibile: monoculture su larga scala, impiego massiccio di fertilizzanti chimici e dissodamento del terreno condotto con metodi meccanici provocano una progressiva erosione del suolo, mentre un sistema di irrigazione perenne provoca oltre al fenomeno della salinizzazione anche il depaperuamento delle falde acquifere (Xu, 2014).

Un esempio emblematico è rappresentato dall’impiego di fertlizzanti chimici e pesticidi: la Cina, infatti, è diventato il principale consumatore con più di 327 kg per attaro utilizzati nel 2000, circa tre volte tanto la media globale pari a 99,5 chili per ettaro quantità che nel 2012 è arrivata a ben 570 kg/ha (OCSE FAO, 2013) per un aumento complessivo dell’11%. Il consumo di pesticidi ha seguito un trend molto similie: dal 2000 al 2008 l’impiego totale ha raggiunto quota 1,3 milioni di tonnellate superiore di 2,5 volte alla media mondiale (Cui e Kattumuri, 2011).

L’impiego massiccio di questi input ha causato erosione del suolo, contaminazioni delle acque e della terra che nel luogo periodo minano la produttività del terreno, compromettendo anche la sicurezza alimentare degli beni agricoli. Alle sempre più evidenti esternalità negative create da un modello improntato sulla quantità “ad ogni

costo” e non sulla qualità dello sviluppo, si aggiunge il fatto che nel lungo periodo, gli input applicati al processo produttivo soffrono di rendimenti crescenti.

Fig. 2.10 “ Resa cereali e impiego dei fertlizzanti kg/ha nel periodo 1980-2012”

Fonti: FAOSTAT, World Bank

Dal 1980 al 1996, la resa dei cereali è crescita ad una media annuale di 109 kg per ettaro, mentre l’applicazione dei fertilizzanti è cresciuta ad un ritmo annuale di circa 10,3 kg all’attaro (Zhun, 2014). Nel periodo 1996-2012, il rendimento degli stessi input è pian piano diminuito: la resa dei cereali è cresciuta solamente di 51 kg all’ettaro e l’applicazione dei fertilizzati ad un più modesto 6,6 kg all’ettero (Xu, 2014).

La stessa crescita della produttività totale dei fattori (TFP in inglese) è lentamente diminuita, infatti, nel periodo 1996-2000 ha toccato il picco pari ad un aumento annuo del 5,1% per poi passare ad un più modesto 3,2% tra il 2000 e il 2005, calando del 3,7% tra il 2005 e il 2007 (Wang e Gale, 2013).

L’agricoltura intensiva ha così permesso al paese di avere per le colture cerealicole una resa media ad ettaro di gran lunga superiore alla media mondiale (Zolin e Braggion, 2013) per cui è molto probabile che non sia rimasto molto margine per un ulteriore aumento. La Cina sembra quindi aver raggiungere la frontiera massima delle possibilità produttive per quanto riguarda le colture cerealicole.

0 100 200 300 400 500 600 0 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 6.000 7.000 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 Resa cereali (kg/ha) Impiego di fertlizzanti (kg/ha)

La possibilità del paese di soddisfare la futura domanda di cibo di una popolazione prevalentemente urbana e dalle abitudini alimentari molto più occidentali tramite un aumento della produzione domestica sembra esser messa a rischio anche da una serie di fattori economici, sociali ed ambientali.

2.6 URBANIZZAZIONE, INDUSTRALIZZAZIONE: CAMBIAMENTI DELLE

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