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CAPITOLO 3: DA IMBRATTAMENTO AD ARTE TUTELATA?

3.1 Lotta al deturpamento

3.1.3 Alcuni casi esemplari

Daniele Nicolosi in arte BROS:

Un esempio dell’incertezza è presente anche nell’ambiente giuridico e ci aiuta a capire come sia difficoltoso definire la sottile linea che distingue arte, legalità, scritte e illegalità. BROS è un writer milanese di

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36 anni (Daniele Nicolosi), divenuto famoso grazie ai suoi murales e alla partecipazione a numerose mostre, una al PAC e una a Palazzo Reale nel 2007.

Nello stesso anno fu anche candidato all’Ambrogino d’Oro. Nel 2010 si è ritrovato processato a causa dei suoi lavori sparsi per la città. Si tratta del primo caso di processo ad un writer dopo che furono inasprite le pene per il reato di imbrattamento viste nell’articolo 639 del Codice Penale, inoltre ci fu il passaggio della competenza dai giudici di pace a quelli dei tribunali ordinari. Nella prima udienza i legali di Nicolosi, Giuseppe Iannacone e Guido Chiarloni dichiararono che l’accusa aveva dei punti non chiari, in quanto non erano stati specificati i luoghi imbrattati. Il processo fu quindi rinviato a maggio dello stesso anno. Nella terza seduta l’artista è stato anche prosciolto perché i fatti erano prescritti o improcedibili in quanto la querela era stata rimossa o addirittura mancava151.

Va tuttavia affermato che nonostante l’artista alla fine sia stato prosciolto, il giudice Guido Piffer non ha espresso nessun giudizio in riferimento se si tratti di arte o vandalismo.

L’allora vice sindaco di Milano Riccardo De Corato sostenne la propria delusione, affermando che la decisione del Giudice poteva essere fraintesa e interpretata come messaggio diseducativo portando ad un abbassamento della guardia nei confronti di tali comportamenti. Elencò anche le spese sostenute dall’amministrazione per ripulire gli edifici dalle sue opere che ammontarono a quasi seimila euro, ma considerando tutti i 17 casi iniziali la stima globale era di 65 mila euro. Di contro anche l’artista accusò l’amministrazione di essersi accanita eccessivamente contro gli street artist. Il comune di Milano si costituì

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quindi parte civile al processo, documentando alcuni episodi di imbrattamento attribuiti all’artista. Il magistrato infine decise di considerarne solo due152 per l’azione penale.

L’Amministrazione da tale processo aveva chiesto infatti 18 mila euro di risarcimento, in modo da poter coprire almeno in parte le spese sostenute per la pulitura dei muri e come consolazione per i danni d’immagine, sostenendo che le “opere” di Bros erano chiaramente casi di deturpamento e imbrattamento di edifici destinati all’attività pubblica e privata. Il vice sindaco ha successivamente dichiarato che la proprietà è difesa dalla Costituzione e il principio quindi vale per tutti, in quanto un privato o un ente ha il diritto di non volere un proprio edificio variopinto153.

Al contrario, la difesa invece sosteneva che si trattava di arte e non di imbrattamento, e che in ogni caso la responsabilità sarebbe dovuta essere di materia civile (art. 2043 del C.C.) e non penale. Nella deposizione degli atti della sentenza, che come detto si è conclusa con il proscioglimento dell’accusato per mancanza o difetto di querela, si riscontra un principio che mette al bando i graffiti in quanto il giudice chiarisce subito che la questione non è se i graffiti si possano o meno definire arte. Il reato infatti non si può misurare sulla pretesa patente di “natura artistica dell’opera d’arte, stante l’impraticabilità di una tale categoria”, troppo legata alla definizione di un certo momento storico154. Per il giudice era rilevante invece la tipologia della cosa su

cui ricade la condotta di chi fa i graffiti. Per il giudice a salvare i writers può essere solo la condizione in cui il bene sia lasciato in rovina dal

152 Il primo era quello realizzato sulla tettoia della fermata della metro in Piazzale Lodi e la seconda era quella sulle mura parietali del carcere di San Vittore.

153 Baldacci Cristina, op. cit.

154 Eleonora Tagliazucchi, La Street Art in Italia. Problemi Giuridici tra arte e tutela dello spazio urbano, Università Cà Foscari, Venezia, 2012-2013.

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legittimo proprietario i quanto sarebbe più complesso determinare il deterioramento in ciò che è già deteriorato; in via di massima quindi la posizione del giudice è rigida, la tolleranza c’è se è presente da parte del proprietario o lo stabile è in rovina.

L’imbrattamento della pensilina era avvenuto nel 2007, prima dell’inasprimento delle pene e la normativa permetteva la procedura davanti al giudice solo per le cose presenti all’interno del centro storico. Per quanto riguarda le opere create sulle pareti del carcere di San Vittore, in tal caso la procedibilità era d’ufficio, ma Bros si giova della prescrizione della legge ex Cirielli155, in quanto il reato è avvenuto

cinque anni prima del processo. Per quel che riguarda il palazzo e i proprietari, essi si cono accordati con l’artista e hanno infine ritirato l’iniziale querela.

Con questa sentenza, molto simbolica anche per la città, il giudice ha precisato che senza il volere dei legittimi proprietari non è possibile creare alcuna modifica, anche se esteticamente migliorativa, il writer però non può essere punito se utilizza una superficie che viene lasciata liberamente in rovina.

Per il giudice interessato al caso in riferimento, scrivere, disegnare e incollare stencil su una superficie qualsiasi, a meno che non sia specificatamente appositamente destinata, equivale ad imbrattare e quindi a commettere un reato. Non è rilevante quindi se sia o meno considerata arte, in quanto nella generalità, se effettuata con le pratiche sopra esplicitate, è perseguibile penalmente.

155 Legge n. 251 del 5 Dicembre 2005. Sono previsti termini prescrizionali minimi: 6 anni in caso di delitto; 4 anni in caso di contravvenzione; 3 anni in caso si tratti di reato attribuito alla cognizione del Giudice di Pace.

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Alice Pasquini in arte AliCè:

Opera di Alice Pasquini, www.alicepasquini.com

Alice Pasquini è un’artista romana di 35 anni che gira il mondo per lasciare impressa la sua arte; ma anche chiamata per creare opere su commissione, come a Roma, ingaggiata per un progetto sul lungomare di Ostia, e in altre capitali; ha lavorato per Nike, Range Rover, Toyota e Microsoft ed è stata segnalata dal New York Times come artista risanatrice di luoghi urbani lasciati da tempo in balia del degrado. La denuncia è scattata dopo che l’artista aveva rilasciato un’intervista per il quotidiano locale Corriere di Bologna il 29 settembre 2013 in cui aveva affermato che alcuni giorni prima era stata sotto le Due Torri e aveva lasciato le tracce del suo passaggio disegnando alcune opere nel centro, dando anche le indicazioni precise nei luoghi in cui erano collocate: in Via Centotrecento in una fermata della zona Bolognina e in Via Mascarella, in via del Pratello e in Via Zamboni. L’artista aveva deciso di firmare le proprie opere assumendosi le prevedibili conseguenze. Così l’allora sindaco di Bologna Virgilio Merola non aveva lasciato passare l’accaduto, in quanto impegnato assieme ad una squadra di vigili a limitare i vandali che continuavano a deturpare

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la città. Una volta constatata la presenza delle opere, l’amministrazione ha così proceduto a depositare presso la Procura della Repubblica un esposto contro l’artista, sempre appellandosi al reato di imbrattamento contenuto nell’articolo 639 del Codice Penale. L’artista, saputo l’accaduto, ha ribadito che pensava di aver contribuito all’abbellimento e alla valorizzazione della città e non all’imbrattamento, soprattutto per via del fatto che le opere furono realizzate in aree della città degradate156. Il Pm d’udienza, un

viceprocuratore onorario, aveva chiesto l’assoluzione, ma per il giudice monocratico Gabriella Castore la situazione era più complessa in quanto non ci si può basare su «valutazioni personalissime e perciò stesso sindacabili legate al valore artistico di un disegno, trattandosi di un parametro legato al gusto e a sentimenti sociali o individuali variabili e spesso influenzato dalle mode», quel che interessa al giudice è quindi applicare la legge a prescindere che si tratti di arte o meno. Come nel caso di Bros anche qui ci troviamo di fronte ad un atto che ha violato il volere del proprietario dell’immobile su cui l’artista ha creato l’opera. La street art risulta lecita solo se fatta su muri “autorizzati”, altrimenti viene severamente punita. Nonostante la difesa dell’artista si sia ancorata al fatto che i palazzi fossero già precedentemente deteriorati e coperti di scritte, l’accusa ha risposto affermando che anche se rovinati e deteriorati dal tempo non perdono l’importanza architettonica e la loro bellezza.

156 F. Q., Bologna, Alicè condannata:” Imbrattò muro”. Multa di 800 euro per la street artist consacrata dal New York Times, 15 febbraio 2016 (consultato il 25 gennaio 2017), www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/15/bologna-alice-condannata-imbrattato-muro-multa- di-800-euro-per-la-street-artist-consacrata-dal-new-york-times/2468233/

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