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su MATLAB e che permette di creare dei modelli per simulare un sistema dinamico (anche Simulink è un marchio registrato da The MathWorks, Inc.).
3.1 Algoritmi di beamforming adattativo
Nell’ambito delle telecomunicazioni tradizionali sono stati sviluppati diversi algoritmi per il beamforming adattativo, ma la loro efficacia in campo radioastronomico non è stata ancora del tutto chiarita. Un caso emblematico viene offerto dai satelliti LEO (Low Earth Orbit) per telecomunicazioni (quelli, ad esempio, dei sistemi Globalstar ed IRIDIUM), i quali talvolta operano su bande di frequenze particolarmente interessanti per le osservazioni radioastronomiche: sono satelliti artificiali caratterizzati da una quota orbitale media relativamente bassa e dunque da un’elevata velocità angolare (per ulteriori approfondimenti si consulti l’Appendice B). In questo caso le interferenze satellitari possono essere più problematiche di quelle terrestri perché non hanno una direzione di provenienza fissa e possono in breve tempo attraversare sia il main beam del radiotelescopio, sia i suoi lobi laterali. Tali interferenze, in combinazione con quelle terrestri, contribuiscono alla creazione di uno scenario non stazionario, che pertanto richiede un approccio adattativo per un’efficace mitigazione.
A differenza delle telecomunicazioni tradizionali, la radioastronomia soffre di: 1. SNR estremamente bassi, anzi quasi sempre il segnale utile risulta essere
immerso (buried) nel rumore di sistema e, per essere rilevato, necessita di lunghi periodi di integrazione (anche dell’ordine di diverse ore);
2. lobi di gratings dovuti all’eccessiva spaziatura (maggiore di λ/2) tra gli elementi che compongono l’array;
3. elevata direttività dei sensori che compongono l’array, mentre la teoria del beamforming ne richiede una certa omnidirezionalità;
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4. interferenze significative raccolte anche dai lobi secondari dell’antenna; 5. necessità di conoscere il guadagno assoluto del sistema ricevente
(calibrazione), al fine di certificare le misurazioni effettuate (es. temperatura di brillanza di una radiosorgente o estensione angolare
della stessa).
Numerosi studi ([6],[7],[8],[9]) sono stati effettuati per capire quali algoritmi potessero essere più consoni ad un uso in campo radioastronomico. I criteri di selezione sono stati: la capacità di reiettare/mitigare le RFI ed il livello medio di distorsione introdotto sul beam.
I principali algoritmi presi in considerazione sono stati:
1) MVDR (Minimum Variance Distortionless Response); 2) GSC (Generalised Sidelobe Canceller);
3) MSC (Multiple Sidelobe Canceller); 4) Max SNR (Max Signal to Noise Ratio).
Gli algoritmi MVDR e GSC pongono dei vincoli sulla risposta spaziale del beamformer, in modo tale che i segnali provenienti dalle direzioni di interesse vengano lasciati passare con determinati guadagni (e fasi, eventualmente). Gli zeri del beampattern si formano dinamicamente, in corrispondenza dei segnali interferenti che provengono da direzioni diverse da quelle specificate nei vincoli. In particolare l’approccio del GSC consiste nel trasformare il problema di calcolo di minimo vincolato del MVDR in un problema di calcolo di minimo assoluto. In tal caso con un array da N elementi possono essere cancellati fino ad N-1 interferenti e non viene richiesto l’inseguimento meccanico (tracking) della radiosorgente interferente. L’MSC invece usa un’antenna singola ad alto guadagno per osservare la radiosorgente astronomica ed uno o più canali ausiliari caratterizzati da un alto rapporto interferenza/segnale.
Tale metodo richiede che le antenne ausiliarie vengano orientate in direzione delle RFI e ciò costituisce il principale limite di applicabilità di questo metodo, in
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particolare quando le DOA delle RFI non sono note a priori, sono di difficile stima o, come nel caso dei satelliti LEO, risultano essere variabili.
Per tali ragioni, sebbene la tecnica MSC sia in grado di notevoli prestazioni ([10]), viene generalmente preferita una tecnica blind, come appunto l’MVDR. In ultimo si distingue il metodo Max SNR, che però richiede la stima delle matrici di covarianza del rumore (correlato e non) Ri+n = Ri +Rn e del segnale radioastronomicoR . Tale stima potrebbe risultare particolarmente ardua o s richiedere delle ipotesi a priori non sempre corrette riguardo la natura dei segnali in gioco.
Gli algoritmi sopra citati sono stati sottoposti a diverse simulazioni statistiche ([7]), nelle quali i dati riproducevano l’osservazione di una debole radiosorgente che emetteva sulla riga dell’OH e veniva disturbata dal passaggio di un satellite GLONASS. E’ stata usata una grande varietà di geometrie e di livelli di emissione per le sorgenti di RFI per determinare quali algoritmi avessero le migliori prestazioni in ogni situazione. La matrice di covarianza e gli altri parametri statistici richiesti dagli algoritmi sono stati tutti stimati dai dati osservati.
In sintesi i risultati ottenuti in merito alle varie problematiche in gioco sono i seguenti:
x attenuazione delle RFI in prossimità dei lobi di grating. In tale condizione
porre uno zero in direzione dell’interferenza causa anche un’inevitabile soppressione del segnale desiderato. Per affrontare tale tipologia di problema, l’MSC ([10]) è risultato essere l’algoritmo migliore, in quanto è quello che si lascia influenzare meno dai lobi di grating, mentre gli algoritmi MVDR, GSC e Max SNR hanno riportato tutti praticamente le stesse prestazioni. Questi ultimi tre algoritmi consentono un miglioramento anche fino a 100 dB del SINR (Signal to Interference and
Noise Ratio) all’uscita del beamformer ma, come si può ben capire, non
sono in grado di apportare alcun miglioramento quando la direzione di provenienza dell’RFI cade proprio in corrispondenza di un lobo di grating;
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x sensibilità agli errori di calibrazione. Gli errori di calibrazione (sia di fase
che di guadagno) sono inevitabili. Algoritmi come l’MVDR ed il GSC richiedono accurate condizioni di calibrazione per funzionare correttamente; le ricerche hanno mostrato che, sebbene gli errori di calibrazione possano compromettere il livello di attenuazione delle interferenze, il miglioramento complessivo del SINR risulta comunque notevole;
x distorsione del lobo principale. Un punto essenziale per la
radioastronomia è la consistenza di forma del beam, al fine di evitare polarizzazioni nelle misure. Con l’MVDR, il GSC ed il Max SNR la forma del lobo principale può essere notevolmente distorta, se l’interferenza entra dal beam stesso o da un lobo di grating. Questo succede perché l’algoritmo tenta di porre uno zero sull’interferente, ignorando il beampattern finale che se ne ottiene, affinché comunque il SINR in uscita raggiunga il suo massimo.
L’algoritmo MSC sembra essere quello in grado di fornire le prestazioni migliori in termini di reiezione alle RFI. Tuttavia, per via della sua necessità di possedere un sistema di osservazione ausiliario costantemente puntato in direzione della sorgente (o, peggio ancora, delle sorgenti) di RFI, ed eventualmente di un sistema di tracking nel caso di sorgenti mobili, non risulta essere la soluzione più conveniente. Il miglior compromesso in termini di costo/prestazione viene dunque fornito dall’MVDR, che tuttavia richiede un’accurata calibrazione del complesso ricevente.
Un buon algoritmo adattativo deve avere le seguenti proprietà: 1. guadagno costante nella direzione di osservazione θ0;
2. zeri orientati in direzione di tutti gli altri segnali interferenti θ1,
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L’algoritmo MVDR non ha la capacità di reiettare le interferenze che hanno altri metodi come l’MSC ma, in compenso, è semplice e diretto da implementare e soddisfa i due requisiti espressi sopra.
Sono stati compiuti notevoli sforzi per cercare di risolvere il problema dell’accuratezza della calibrazione. In [11] ed in [12] vengono descritte delle versioni robuste di MVDR, che cercano di smorzare gli effetti dovuti agli errori di puntamento ed alle perturbazioni casuali sui parametri dei sensori.