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Esempi numerici mediante MATLAB

Nel documento Università degli Studi di Bologna (pagine 173-187)

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4.5 Esempi numerici mediante MATLAB

Giunti a questo punto, non rimane che sottoporre l’algoritmo FD-LCMV ad alcune prove di simulazione, per stabilire se quest’ultimo è effettivamente idoneo al beamforming adattativo in ambito radioastronomico.

Proprio come è stato fatto nel capitolo 3, a proposito dell’algoritmo MVDR, anche nel presente paragrafo verranno esaminati alcuni esempi ritenuti significativi, proponendo costantemente il confronto con l’algoritmo già studiato. Dapprima saranno considerate situazioni con sorgenti di interferenza posizionate in punti fissi dello spazio, successivamente verranno casi più complicati con interferenti sia fissi che mobili.

4.5.1 Caso statico

Per questo tipo di simulazioni verranno prese in considerazione solo sorgenti di RFI in posizioni fissate dello spazio.

4.5.1.1 Esempio 1

Si cominci con il considerare la situazione schematizzata in tabella 4.2.

La configurazione di riferimento è ancora quella che veniva presa in esame nei primi esempi del capitolo 3, caratterizzata cioè da 8 sensori ideali, equispaziati di

λ/2 alla frequenza fM. L’implementazione di questo algoritmo comporta l’introduzione di due nuovi parametri: la lunghezza temporale delle linee di ritardo J ( [sec] ) e la dimensione del passo di aggiornamento dei coefficienti µ. Per quanto concerne il primo, è stato scelto il valore 10 in maniera arbitraria: ci si è comunque orientati su una quantità che si mantenesse entro lo stesso ordine di grandezza di quelle utilizzate nelle prove sperimentali di [17]; si tenga presente che valori di ordini di grandezza superiori comportano un carico, a livello computazionale, più elevato.

Riguardo al secondo parametro, µ, si è mantenuto lo stesso valore indicato in [17], in cui, a seguito di varie prove, è stato determinato empiricamente.

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

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Tab. 4.2: valori assunti dai parametri principali nell’Esempio 1

Con i tre segnali interferenti di tab. 4.2, il beamformer FD-LCMV produce il seguente andamento del guadagno (fig. 4.2).

Fig. 4.2: beampatterns ottenuti attraverso gli algoritmi FD-LCMV e MVDR per l’Esempio 1

Parametro Valore

Numero sensori 8

Tipo sensore ideale

Spaziatura sensori λ/2 @ fM Lunghezza linee di ritardo [sec] 10 Tempo di osservazione [campioni] 1000 Campioni usati per Rˆ 200

DOA puntamento +20°

DOA RFI -50° -10° +50°

Ampiezze RFI 2 4 3

Frequenze RFI 0.10f 0.25c f 0.30c f c Passo di aggiornamento coefficienti 5.9106

Varianza rumore naturale 2 n

σ 0.001 Varianza rumore artificiale 2

a

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

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Dal confronto tra i beamformers FD-LCMV e MVDR, è evidente come il beampattern si mantenga pressoché immutato, seppur con qualche lieve differenza nei lobi secondari; si noti come, nel caso FD-LCMV, gli zeri abbiano una profondità maggiore, dovuta all’imposizione dei vincoli lineari sul vettore dei coefficienti per cancellare i segnali interferenti.

Si proceda ora all’aggiunta progressiva di due RFI: la prima è contraddistinta da °

= 30

4

θ , ampiezza 5 [V] e frequenza 0.40 f ; la seconda invece da c θ5 = 40+ °, ampiezza 4 [V] e frequenza 0.20 f . c

Mano a mano che vengono introdotte queste due interferenze, si ottengono i risultati di fig. 4.3 (a fianco di ciascun beampattern viene mostrato l’ingrandimento del relativo beam).

Fig. 4.3: beampatterns, e ingrandimenti dei relativi beams, ottenuti aggiungendo in sequenza 2 RFI con: 1) θ4 = 30 °, amp. 5[V] e freq. 0.40 fc; 2)θ5 = 40+ °, amp. 4[V] e freq. 0.20 fc per l’Es 1

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

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In entrambi i casi, i beampatterns, prodotti dai due algoritmi, presentano andamenti molto vicini fra loro in prossimità del puntamento; si osserva invece un discreto scostamento in corrispondenza dei lobi alle due estremità dei grafici. Continuando ad aggiungere altre due interferenze (sempre in sequenza), caratterizzate da: θ6 = 80+ °, ampiezza 2 [V], frequenza 0.35f e c θ7 = 0°, ampiezza 1 [V], frequenza 0.15 f , i beampatterns risultanti (da FD-LCMV e c

MVDR), per tutte e due le situazioni considerate, assumono un aspetto praticamente identico fra loro su tutto l’asse spaziale (fig. 4.4).

Fig. 4.4: beampatterns, e ingrandimenti dei relativi beams, ottenuti aggiungendo in sequenza altre due RFI con: 1) θ6 = 80+ °, ampiezza 2 [V], frequenza 0.35 fc; 2) θ7 = 0°, ampiezza 1 [V], frequenza 0.15 fc, oltre a quelle già aggiunte in fig. 4.3, per l’Es 1

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

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4.5.1.2 Esempio 2

Proprio come è stato fatto nell’Esempio 2 del capitolo 3 (par. 3.5.1.2), si vuole controllare come viene distorto il lobo principale a causa di una RFI che proviene da una DOA vicina a quella del segnale desiderato. Inizialmente vengono considerate 4 interferenze che arrivano tutte da direzioni esterne all’apertura BWFN del beam, come riportato in tab. 4.3.

Tab. 4.3: valori assunti dai parametri principali nell’Esempio 2

Dai grafici ottenuti (fig. 4.5), si rileva una notevole vicinanza tra i beampatterns dei due algoritmi, sebbene il beamformer FD-LCMV presenti una maggiore capacità nel cancellare le interferenze, per il motivo già menzionato.

Fig. 4.5: beampatterns (e ingrandimento dei relativi beams) ottenuti con i 2 algoritmi per l’Es. 2

Numero sensori 8

Tipo sensore ideale

Spaziatura sensori λ/2 @ fM

Lunghezza linee di ritardo [sec] 10 Tempo di osservazione [campioni] 1000 Campioni usati per Rˆ 200

DOA puntamento +20°

DOA RFI -50° -10° +50° +5°

Ampiezze RFI 2 4 3 5

Frequenze RFI 0.10 f 0.25c f 0.30c f 0.40c f c

Passo di aggiornamento coefficienti 5.9106

Varianza rumore naturale 2 n

σ 0.001 Varianza rumore artificiale 2

a

σ 0.001

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

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Successivamente, la quarta interferenza, indicata in tab. 4.3, viene sostituita prima da una con DOA θ4 = 10+ ° (ha comunque stessa ampiezza e frequenza) e poi da un’altra con DOA θ4 = 15+ ° (i risultati conseguiti a seguito di queste due sostituzioni sono presenti in fig. 4.6).

Fig. 4.6: beampatterns, e ingrandimenti dei relativi beams, ottenuti sostituendo la quarta RFI di tab. 4.3 con, dapprima, una avente θ4 = 10+ ° e poi con un’altra avente θ4 = 15+ °, per l’Es 2

Innanzitutto, analogamente a quanto accadeva nel caso dell’algoritmo MVDR, si riscontra, anche per il beamformer FD-LCMV, uno spostamento laterale del beam di pari misura. Inoltre si può rimarcare, nel beampattern dell’algoritmo FD-LCMV, un, seppur molto leggero, abbassamento dei lobi laterali in certi tratti dell’asse spaziale, rispetto a quelli dell’algoritmo MVDR.

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

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I prossimi 3 esempi, che verranno presi in esame, ricalcano lo stesso modus operandi seguito nel capitolo 3, rispettivamente negli esempi 5, 6, 7, per

analizzare e caratterizzare il comportamento del beamformer FD-LCMV nel contesto specifico del sistema BEST-1, in varie situazioni particolari.

4.5.1.3 Esempio 3

I parametri di simulazione sono indicati in tabella 4.4.

Tab. 4.4: valori assunti dai parametri principali nell’Esempio 3

In fig. 4.7 è riportato il confronto tra i beampattern complessivi ottenuti tramite l’algoritmo FD-LCMV e l’MVDR.

In generale non si evidenziano particolari differenze nei due casi; l’ingrandimento presente in figura 4.7 mostra un livello del beam leggermente più alto per quel che riguarda l’MVDR.

Parametro Valore

Numero antenne 4

Tipo antenna array di 16 dipoli equispaziati di λ/2

Spaziatura antenne 8λ @ fM Lunghezza linee di ritardo [sec] 10 Tempo di osservazione [campioni] 1000 Campioni usati per Rˆ 200

DOA puntamento +2°

DOA RFI +19° -50° +30°

Ampiezze RFI 2 4 6

Frequenze RFI 0.05 f 0.25c f 0.15c f c Passo di aggiornamento coefficienti 5.9106

Varianza rumore naturale 2 n

σ 0.001 Varianza rumore artificiale 2

a

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

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Fig. 4.7: beampatterns (e ingrandimento dei relativi beams) ottenuti con i 2 algoritmi per l’Es. 3

4.5.1.4 Esempio 4

Si consideri il caso schematizzato in tab. 4.5.

Tab. 4.5: valori assunti dai parametri principali nell’Esempio 4

In questo esempio l’interferenza che risulta provenire da θ2 = 24+ °, proprio in corrispondenza di un lobo di grating del fattore di gruppo dell’array, causa una forte distorsione del lobo principale (di ugual misura) nei beampattern di entrambi

Parametro Valore

Numero antenne 4

Tipo antenna array di 16 dipoli equispaziati di λ/2

Spaziatura antenne 8λ @ fM

Lunghezza linee di ritardo [sec] 10 Tempo di osservazione [campioni] 1000 Campioni usati per Rˆ 200

DOA puntamento +2°

DOA RFI +12° +24°

Ampiezze RFI 2 4

Frequenze RFI 0.05 f 0.25c f c

Passo di aggiornamento coefficienti 5.9106

Varianza rumore naturale 2 n

σ 0.001 Varianza rumore artificiale 2

a

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

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i metodi esaminati: per essi è impossibile un’osservazione radioastronomica corretta mediante sole tecniche di filtraggio spaziale.

4.5.1.5 Esempio 5

Si vuol mostrare ora come rispondono i due algoritmi adattativi, in una situazione con tre segnali interferenti (ciascuno dei quali proviene da una DOA esterna ai lobi di grating del fattore di gruppo dell’array) e ancora nella stessa configurazione propria dell’array BEST-1 (tab. 4.6).

Tab. 4.6: valori assunti dai parametri principali nell’Esempio 5

Parametro Valore

Numero antenne 4

Tipo antenna array di 16 dipoli equispaziati di λ/2

Spaziatura antenne 8λ @ fM Lunghezza linee di ritardo [sec] 10 Tempo di osservazione [campioni] 1000 Campioni usati per Rˆ 200

DOA puntamento +2°

DOA RFI +6° +28° -2°

Ampiezze RFI 2 4 6

Frequenze RFI 0.05 f 0.25c f 0.15c f c Passo di aggiornamento coefficienti 5.9106

Varianza rumore naturale 2 n

σ 0.001 Varianza rumore artificiale 2

a

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

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Come si può verificare dalla figura 4.8, la presenza di 3 RFI causa un piccolo spostamento (≈ 0.2°) del main lobe nei beampattern di entrambi gli algoritmi.

Fig. 4.8: beampatterns (e ingrandimento dei relativi beams) ottenuti con i 2 algoritmi per l’Es. 5

Cambiando la seconda interferenza con una dotata di DOA θ2 = 27° (al posto di

° = 28

2

θ ) e mantenendo gli stessi valori degli altri parametri elencati in tab. 4.6, ciò che si ottiene è presentato in fig. 4.9.

Fig. 4.9: beampatterns (e ingrandimento dei relativi beams) ottenuti con i 2 algoritmi per l’Esempio 5, dopo la sostituzione della seconda interferenza con una avente θ2 = 27°

La variazione di un solo grado nella DOA di un interferente è causa di un’ulteriore traslazione del beam (≈ 0.3°), sia per quanto riguarda il metodo FD-LCMV che per l’MVDR..

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

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4.5.2 Caso dinamico

In questa categoria di simulazioni verranno considerate radiointerferenze sia fisse che in movimento.

4.5.2.1 Esempio 6

Questa prova fa riferimento allo scenario descritto in tab. 4.7.

Tab. 4.7: valori assunti dai parametri principali nell’Esempio 6

Con i parametri riportati in tab. 4.7, è stata avviata una simulazione che però non ha dato i risultati attesi, in quanto ci si è accorti che l’algoritmo non era in grado di convergere alla soluzione statisticamente ottima. Infatti, nell’arco dell’intera simulazione, l’interferente in movimento non veniva dinamicamente cancellato, dal momento che i nulli di ricezione rimanevano nelle stesse posizioni dal primo all’ultimo istante della prova.

Più precisamente, ci si è accorti che, fin dalle prime iterazioni, il termine additivo di aggiornamento dei coefficienti (si veda la formula 4.34) assumeva valori molto prossimi a 0, rendendo di fatto inutile il calcolo ciclico dei coefficienti, i quali

Parametro Valore

Numero sensori 8

Tipo sensore ideale

Spaziatura sensori λ/2 @ fM Lunghezza linee di ritardo [sec] 10 Tempo di osservazione [campioni] 100000 Campioni usati per Rˆ 2000

DOA puntamento +30°

DOA RFI -80° -60° [-50° 9.6667°]

Ampiezze RFI 2 4 3

Frequenze RFI 0.05 f 0.25c f 0.30c f c Passo di aggiornamento coefficienti 5.9106

Varianza rumore naturale 2 n

σ 0.001 Varianza rumore artificiale 2

a

Capitolo 4 Algoritmo LCMV adattativo nel dominio della frequenza

172

rimanevano pressoché inalterati al termine di ogni iterazione. Purtroppo a nulla sono valsi notevoli sforzi profusi per correggere questo problema.

Quindi ci si è trovati costretti a scartare questo algoritmo e a considerarlo come non idoneo per il beamforming adattativo in ambito radioastronomico.

CAPITOLO 5

ANALISI AGLI AUTOVALORI ED

AUTOVETTORI DELLA MATRICE DI

COVARIANZA

L’obiettivo principale di questo capitolo è quello di stabilire se ed, eventualmente, in quale misura gli autovalori ed autovettori della matrice di covarianza R possono essere sfruttati nel contesto del filtraggio spaziale.

La ragione che ha spinto a portare avanti questo tipo di indagine è nata dal desiderio di sapere se esistono le condizioni per l’applicazione della trasformata KLT (Karhunen-Loève Transform) anche al caso particolare del beamforming. Sulla KLT, assieme al legame tra quest’ultima ed autovalori, autovettori, si discuterà ampiamente nel capitolo seguente; inoltre, si precisa che (anche di questo se ne parlerà diffusamente nel capitolo 6) attualmente la KLT viene impiegata con ottimi risultati nel campo del filtraggio spettrale del segnale (anche se ancora oggi è argomento di studio).

Dopo aver brevemente introdotto, dal punto di vista teorico, alcune proprietà della matrice di covarianza, vengono riportate alcune prove significative che testimoniano quanto sia importante analizzare gli autovalori ed autovettori di quest’ultima. In seguito vengono proposti due metodi adattativi di beamforming

Capitolo 5 Analisi agli autovalori ed autovettori della matrice di covarianza

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che si basano sulle informazioni fornite dall’analisi agli autovalori ed autovettori della matrice di covarianza.

5.1 Autostruttura della matrice di covarianza

In questo paragrafo viene spiegato il significato degli autovalori ed autovettori della matrice di covarianza R.

Gli elementi ri,j (con i,j =1,2,K,N) della matrice di covarianza rappresentano le uscite dei correlatori per le coppie di antenne i e j. Dal momento che ri,j =rji,, la matrice è Hermitiana. I valori della diagonale principale rappresentano le uscite

total power. Per lunghi periodi di osservazione R deve essere determinata

ripetutamente mediando i valori dei dati ricevuti su intervalli di tempo sufficientemente brevi da pensare che le DOA delle interferenze non abbiano subito variazioni notevoli (si ricordi la formula 3.14); nella pratica questo intervallo di tempo ha un valore compreso tra pochi millisecondi e pochi secondi. La matrice R può essere scomposta, tramite SVD (Singular Value

Decomposition), nel seguente modo ([13], [22]):

H

U U

R= Λ (5.1)

dove U è una matrice delle stesse dimensioni di R (N×N ), le cui colonne sono gli autovettori di R, mentre Λ è una matrice diagonale che ne contiene gli autovalori, disposti in ordine decrescente. Si assume che, su intervalli di tempo così brevi, i segnali astronomici all’uscita dei correlatori siano piccoli in rapporto al livello RMS (Root Mean Square, valore quadratico medio) di rumore. Pertanto,

gli autovettori corrispondenti agli autovalori maggiori del livello RMS di rumore

rappresentano le interferenze. In teoria si potrebbe anche fare distinzione tra interferenze e segnali astronomici mediante l’angolo di incidenza: ogni autovettore, infatti, rappresenta una componente da una distinta direzione spaziale.

Capitolo 5 Analisi agli autovalori ed autovettori della matrice di covarianza

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E’ chiaro che questo criterio, che stabilisce la corrispondenza tra autovettori e interferenze o segnale astronomico (rumore), è valido fintanto che il numero delle sorgenti interferenti rimane inferiore ad N.

Poiché R è Hermitiana, gli autovettori sono ortogonali tra loro e possono essere estratti, formando in tal modo degli zeri nelle direzioni corrispondenti alle sorgenti di segnale. Eliminando le colonne di U corrispondenti agli autovalori maggiori del livello RMS del rumore, è possibile costruire una matrice UN. Le colonne della matrice H

N NU

U descrivono il sottospazio occupato dal rumore e dai segnali astronomici. Si può così ricavare una versione filtrata della matrice di covarianza: H N N H N N N U U RU U R = (5.2)

dalla quale sono state estratte le interferenze. Le stime di RN, ottenute su brevi intervalli di tempo, includono i dati liberi dalle interferenze, dai quali può essere ricavata l’immagine astronomica (imaging). Dal momento che, però, ogni

elemento di RN viene ottenuto da una combinazione lineare degli elementi di R, non c’è più una semplice relazione di trasformata di Fourier tra RN e l’immagine richiesta. Tuttavia i coefficienti della combinazione lineare sono noti e, pertanto, sono ancora possibili delle procedure di imaging. Per ulteriori approfondimenti a riguardo, si consultino i testi indicati in bibliografia ([18], [19], [20], [21]).

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