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Alienazione e valorizzazione

Umanesimo e singolarità

2. Alienazione e valorizzazione

Come abbiamo già avuto modo di vedere l’«antica ideologia della alienazione è sostanzialmente mitico-religiosa; narra il distacco dell’uomo dall’essere assoluto e la successiva reintegrazione umana in esso»458. Anche la tradizione giudaico-cristiana ha la sua alienazione, che abbiamo anch’essa indagata: dalla creazione alla caduta, dalla incarnazione alla seconda parusia. In Hegel assume la forma idealistica e immanentistica dell’idea che fa esperienza di sé: l’idea che si aliena nella natura e la progressiva realizzazione dell’idea nel corso della storia umana459. Feuerbach assegna, invece, un significato rovesciato all’alienazione: l’idea che si aliena nella natura o Dio che si aliena nel mondo, ora diventano l’uomo che per ragioni pratiche di protezione e di conforto aliena la propria essenza in Dio, rovesciando i termini reali, e proiettando in un essere altro da sé le qualità più alte, nonché attribuendo all’essere altro la creazione dell’uomo medesimo e

456 FM, br. 234 p. 428. 457 Ivi, p. 429. 458 FM, br. 238 p.432. 459

G. W. F. Hegel, Die Phänomenologie des Geistes (1807); trad. it. Fenomenologia

della natura460. Marx «assegna alla alienazione economico-sociale la radice della alienazione religiosa: la perdita di essenza che si manifesta nella alienazione religiosa dipende in ultima istanza dalla perdita di attività umana che ha luogo nel lavoro alienato delle società divise in classi e soprattutto nella società capitalistica, la quale conduce la contraddizione del lavoro alienato al punto di soluzione definitiva»461. Cosa significa soluzione definitiva? Che la dialettica interna alla società capitalistica consente lo sviluppo del proletariato, cioè di una classe che sempre più acquista coscienza di classe. L’esasperazione di questa alienazione arriva a tal punto che la coscienza di classe si fa coscienza rivoluzionaria e «la contraddizione fa il carattere “universale” della produzione e quello “individuale” della “appropriazione” acquista, attraverso il proletariato e i suoi ideologi, il movimento risolutivo verso la società comunista»462.

L’alienazione per Marx ha due significati diversi, ma connessi: «p e r d i t a d e l p r o d o t t o» e « p e r d i t a d e l l a v o - r o»: nel primo caso il prodotto diventa estraneo rispetto al lavoratore e ad esso ostile; nel secondo l’attività lavoratrice non appartiene più al lavoratore, ma ad un altro. Ora in quanto l’attività lavoratrice è il manifestarsi dell’uomo nella sua essenza, ciò significa che tale essenza non appartiene più a se stesso, ma ad un altro. Si tratta di duplice perdita, di duplice spossessamento, di duplice espropriazione. Questa perdita del prodotto del lavoro, questa perdita della stessa attività del produrre «non soltanto estranea l’uomo a se stesso, ma anche l’uomo

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L. Feuerbach, Das Wesen des Christentums (1846); trad. it. L’essenza del

cristianesimo, Ponte alle Grazie, Firenze 1994.

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FM, br. 238 p. 432.

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rispetto all’altro uomo»463. L’uomo alienato rispetto alla sua essenza, gli uomini alienati gli uni rispetto agli altri: questo significa che una classe di uomini è spossessata dalla sua attività da parte di un’altra classe di uomini. Proletariato e borghesia.

Seguiamo adesso un passo dei Manoscritti economico-filosofici del

1844 relativamente al rapporto fra alienazione e valorizzazione:

«L’operaio diventa tanto più povero quanto maggiore è la ricchezza che produce, quanto più la sua produzione cresce di potenza e di estensione. L’operaio diventa una merce tanto più vile quanto più grande è la quantità di merce che produce. La svalorizzazione del mondo umano cresce in rapporto diretto con la valorizzazione del mondo delle cose. Il lavoro non produce soltanto merci; produce se stesso e l’operaio come una merce, e proprio nella stessa proporzione in cui produce in generale le merci.

Questo fatto non esprime altro che questo: l’oggetto che il lavoro produce, il prodotto del lavoro, si contrappone ad esso come un essere estraneo, come

una potenza indipendente da colui che lo produce. Il prodotto del lavoro è il

lavoro che si è fissato in un oggetto, è diventato una cosa, è l’oggettivazione del lavoro. La realizzazione del lavoro è la sua oggettivazione. Questa realizzazione del lavoro appare nello stadio dell’economia privata come un

annullamento dell’operaio, l’oggettivazione appare come perdita e asservimento dell’oggetto, l’appropriazione come estraniazione, come alienazione.»464

Che cosa significa svalorizzazione del mondo umano e

valorizzazione del mondo delle cose? Significa produrre merci e farsi

merce fra le merci. Il dare e togliere valore al mondo umano attraverso quella che abbiamo individuato come «attività sensibile umana»,

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FM, br. 238, p. 433.

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oggettiva, ovvero come «a t t i v o a n d a r o l t r e l a n a t u r a e la immediata vita della natura», si trasforma nel dare e togliere valore alle cose. A supporto di questo Ernesto de Martino riporta un altro passo del Marx dei Manoscritti: «Che l’uomo vive della natura significa: che la natura è il suo corpo, rispetto al quale egli deve rimanere in continuo progresso per non morire»465. Per questo, secondo de Martino, progresso, ovvero distacco, trascendimento, permette all’uomo di sdoppiarsi attivamente, realmente e vedere un mondo fatto da lui: «pertanto quando, in regime di l a v o r o a l i e n a t o , viene sottratto all’uomo l’oggetto della produzione, gli viene sottratto il suo principio costitutivo fondamentale, la sua essenza, la sua oggettiva spontaneità modificante, e allo sdoppiamento attivo del lavoro subentra lo sdoppiamento servile della alienazione spossessante, del l a v o r a - r e p e r u n p a d r o n e»466.

Ecco dove sta, per de Martino, la verità della teoria marxiana: il «concetto di essenza dell’uomo come attività, come “andar oltre”»467, che però non si identifica con la «utilizzazione» come esclusiva valorizzazione. Utilizzazione come valorizzazione fra le valorizzazioni, poiché l’andar oltre è dato dall’ethos del trascendimento della vita nel valore: «attività dunque, ma ethos, dover-essere-nel-mondo per il valore, per la valorizzante attività che fa mondo il mondo, e lo fonda e lo sostiene»468.

De Martino riconosce a Marx l'aver individuato che, «nella vita della cultura, l'economia costituisce la valorizzazione inaugurale, la

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Qui preferiamo l’edizione di Manoscritti, riportata nelle Opere scelte di Marx ed Engels, curata da L. Gruppi, per Editori Riuniti (1966): scegliamo il termine “progresso” in luogo di “rapporto” della traduzione di N. Bobbio per Einaudi (1968).

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FM, br. 238, p. 433.

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testimonianza prima che condiziona tutte le altre testimonianze di una vita p e r il valore»469, anche se evidenzia come questo inaugurale dell'utilizzabile sia onnivoro poiché non solo inaugurale, ma unico trascendimento dell'utilizzabile anche rispetto alle altre valorizzazioni. La sintesi:

«La r i d u z i o n e della attività essenziale dell'uomo alla soggettività economica costituisce il limite del materialismo storico, mentre è da dire che la stessa dottrina marxiana non sarebbe stata possibile senza l'ethos che l'attraversa e la sostiene, anche se si tratta di un ethos vergognoso di sé, e che non si riconosce come fondamento trascendentale della stessa presa di coscienza rivoluzionaria e della stessa praxis che trasforma il mondo “borghese” in mondo “migliore”.»470

Eppure se da un lato la soggettività economica è limite del materialismo storico, dall’altro l’attività economica assume una posizione privilegiata nel progetto comunitario dell’utilizzabile: abbiamo detto che ne è la «testimonianza inaugurale». Tale testimonianza inaugurale con cui il doverci-essere-nel-mondo si manifesta è costituita dal modo di produzione dei beni materiali e dalla forma della società: «il progetto comunitario dell’utilizzabile, in quanto inaugurale distacco dell’umano dal naturale, segna il limite per entro il quale potranno aver luogo gli altri trascendimenti valorizzanti, e le stesse influenze che questi altri trascendimenti esercitano sul regime di produzione dei beni materiali e sulla forma della società»471. Qui de Martino sembra voler ribaltare una vulgata del marxismo

468 Ivi, p. 434. 469 FM, br. 349 p. 642. 470 Ibidem, br. 238 p. 434. 471

secondo cui prima viene la “struttura” data dall’economico, dal regime di produzione dei beni materiali, dai rapporti di produzione, e poi la sovrastruttura, ovvero la cultura, l’arte, la letteratura, la poesia, i costumi e le credenze. Più avanti ribadisce il fatto che una seria interpretazione storiografica non può non tenere conto di una ben precisa metodologia secondo cui si deve confrontare sempre quanto gli uomini credono di fare con quanto fanno realmente e di leggere quanto essi fanno realmente, tenendo presente i reali rapporti economico-sociali. In relazione alla trasformazione del mondo questo significa che la rivoluzione deve iniziare con il «testimoniare di sé» attraverso la trasformazione economico-sociale e che essa trasformazione non è possibile, se non sono maturate le forze produttive reali per promuoverla.