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Mondo sensibile ed ethos vergognoso di sé

Umanesimo e singolarità

1. Mondo sensibile ed ethos vergognoso di sé

Alcuni appunti mettono in risalto riferimenti polemici marxiani nei confronti di Feuerbach441. Il mondo sensibile è prodotto dell’industria e delle condizioni sociali, prodotto storicamente determinato, risultato dell’attività delle generazioni. Seguiamo alcuni brani dell’Ideologia

tedesca:

«[...] il primo presupposto di ogni esistenza umana, e dunque di ogni storia, il presupposto [è che] per poter “fare storia” gli uomini devono essere in grado di vivere. Ma il vivere implica prima di tutto il mangiare e bere, l’abitazione, il vestire e altro ancora. La prima azione storica è dunque la creazione dei mezzi per soddisfare questi bisogni, la produzione della vita materiale stessa, e questa è precisamente un’azione storica, una condizione fondamentale di qualsiasi storia, che ancora oggi, come millenni addietro, deve essere compiuta ogni giorno e ogni ora semplicemente per mantenere in vita gli uomini. [...] In ogni concezione della storia dunque il primo punto è che si osservi questo dato di fatto fondamentale in tutta la sua importanza e in tutta la sua estensione e che gli si assegni il posto che gli spetta.»442

A partire da questo assunto, la critica a Feuerbach concerne l’incapacità di considerare il mondo sensibile come il prodotto dell’industria e delle condizioni sociali. Mondo come prodotto storico, risultato di attività. Per Marx ed Engels «Feuerbach non parla mai del mondo umano, ma ogni volta si rifugia nella natura esterna, e proprio in quella natura che non è stata ancora sottomessa al dominio degli uomini»443. Anche gli oggetti della più semplice “certezza sensibile” sono dati attraverso lo sviluppo sociale.

441

FM, br. 231-2 pp. 423-5

442

K. Marx e F. Engels, L’ideologia tedesca, cit., pp. 18-9.

443

De Martino sintetizza così il «mondo sensibile» secondo Marx ed Engels:

«Il mondo sensibile – il mondo, come diremo noi oggi, della percezione quotidiana – è inteso da Marx come l'insieme dell'attività sensibile vivente degli uomini che lo formano, nella successione delle generazioni il m o n - d o d a t o, il mondo nel quale veniamo a trovarci, è l'appaesamento risultante dall'attività sensibile nella sua storia, l'indice di comportamenti possibili che rimanda a concreti capitoli operativi, e, al tempo stesso, lo sfondo domestico su cui si staglia con vario risalto il particolarissimo capitolo operativo che richiede, qui ed ora, di essere continuato dalla nostra iniziativa. Ma è anche un mondo di “limiti”, di percorsi nell’esteriorità e di corpi resistenti, che dettano le condizioni al potere o al non-potere utilizzare, anche qui secondo un nesso che, attraverso la nostra biografia personale, la educazione ricevuta, e le abilità acquisite ci ricollega alla società vivente, alla catena delle generazioni, infine alla intera storia dell’uomo e dell’universo.»444

Naturalmente sono individuati anche i limiti del mondo e il mondo dei limiti. Quello che a noi ora interessa non è esclusivamente la datità del mondo, il mondo nel quale veniamo a trovarci, bensì ciò che possiamo definire «legame sociale», che delimita l’attività sensibile, sedimentata negli oggetti utilizzabili, questa «odologia vivente della utilizzazione racchiusa nel mondo dei corpi esterni e delle loro proprietà». Entro il legame sociale non solo gli oggetti fabbricati dall’uomo, i prodotti dell’industria umana, ma anche la cosiddetta «natura vergine» e anche «gli astri del cielo», e in generale tutto il percepibile «naturale» o «artificiale». Il confine fra naturale e artificiale è mobile in rapporto all’attività sensibile e alla «produzione

materiale della vita», che riplasma e configura anche ciò che appare più lontano, segnandone a volte il limite. Marx ed Engels, annota de Martino, sembrano dire qualcosa in più: nessuna argomentazione a favore della «natura in sé», «prima dell’uomo e senza di esso» è possibile ricavare dalla fisica, piuttosto che dalla chimica o dall’astronomia, poiché la natura è inclusa nell’attività sensibile, a tal punto che «sottraendo alla natura la storia della produzione materiale della vita si dissolve con la società umana anche la natura»445.

Quello che noi chiameremmo oggi mondo della percezione è l’«insieme dell’attività sensibile umana» nell’attività delle generazioni che si susseguono. Seguendo le unici tesi su Feuerbach, de Martino definisce, con Marx, l’attività umana sensibile, ovvero la prassi come l’oggetto, la realtà, il sensibile (tesi I)446; tale attività viene decisa praticamente, mediante l’azione efficace mondana447. «L’essenza umana non è qualcosa di astratto che sia immanente all’individuo

singolo. Nella sua realtà essa è l’insieme dei rapporti sociali» (tesi

VI); la vita sociale, questa vita sociale è essenzialmente pratica (tesi VIII)448. Questa attività pratica è essenzialmente – per Marx – e innanzitutto – per de Martino – «a t t i v i t à e c o n o m i c a , cioè il distacco inaugurale della “natura” mercé una modalità definita della produzione sociale di beni materiali»449.

444

FM, br. 232 p. 425.

445

Ivi, p. 426. Secondo de Martino occorre, tuttavia, mettere in rilievo una certa oscillazione di concetti secondo cui questa risoluzione della natura nell’attività sensibile e nella produzione materiale della vita convive con il permanere della «natura in sé», della «natura che precede la storia umana». Per de Martino vi sono, in nuce, temi positivistici e scientistici che, in seguito, travaglieranno il marxismo dando luogo al materialismo dialettico e alla dialettica della natura.

446

K. Marx, Tesi su Feuerbach, in Opere scelte, cit., p. 187.

447

FM, br. 236 p. 429.

448

K. Marx, Tesi su Feuerbach, in Opere scelte, cit., p. 189, corsivi nostri.

449

Mondo «dato», nel quale «veniamo a trovarci», è prodotto dell’attività umana e dei suoi risultati: appaesamento e «domesticazione plurimillenaria, nell’indice sensibile di comportamenti che rinviano a concreti capitoli operativi ora immersi nell’ombra di una generica potenzialità, ora ridotti ad esecuzioni ovvie e abitudinarie, ora in varia misura emergenti in una operazione che impegna la nostra iniziativa attuale»450. Mondo quale «insieme dei possibili percorsi del nostro agire utilizzante, e, al tempo stesso, l'insieme dei limiti e delle resistenze di tale agire»451. È proprio relativamente alla valorizzazione dell'esserci che la datità si dà anche come limite, segna il «trovarsi» nel mondo452: si tratta di oggetti, fenomeni, soggetti, corpi davanti all'io; rappresenta il trovarsi, appunto, e segna il comportarsi quotidiano. Il quid è la valorizzazione e, dunque, l'ethos del trascendimento valorizzante della vita: da sola la datità nulla sarebbe. A questo livello de Martino concentra una efficace critica proprio inerente il dover essere per il valore. Secondo Marx ed Engels la prima azione storica è dunque la creazione dei mezzi per soddisfare i bisogni, la produzione della vita materiale stessa: questa è un’azione storica, una condizione fondamentale di qualsiasi storia. In una nota marginale al testo dell’Ideologia tedesca si sostiene: «Gli uomini hanno una storia perché devono produrre la loro vita, e lo devono, precisamente, in una maniera determinata: ciò è dovuto alla loro organizzazione fisica; così come alla loro coscienza»453. L’osservazione critica di de Martino è estremamente pertinente e disvela come l’unica dimensione della valorizzazione

450FM, br. 233 p. 427. 451 Ibidem.. 452 FM, br. 344-6 pp. 636-40.

dell’economico sia insufficiente a cogliere la complessità dell’umano. Il principio che rende intellegibile il distacco dell’umano e del culturale dal meramente naturale è, come abbiamo visto, l’ethos trascendentale del trascendimento della vita nel valore. De Martino riconosce un trascendimento inaugurale della produzione della vita materiale, ma non esclusivo, non l’univoco e unico: così si perdono altri trascendimenti culturali e altre valorizzazione come il diritto, la politica, la morale, l’arte, la religione, la filosofia, la scienza, ecc. la nota di Marx occulta e perde tutto questo. «Il p r o d u z i e r e n sta in primo piano: il dovere è inteso come un ovvio essere obbligato in virtù della organizzazione fisica»454. Attraverso sapiente ricerca filologica, de Martino richiama la figura della «maschera» per sostenere che il «dover produrre» è camuffato nel «dover produrre». Richiama l’originale tedesco455 e scrive testualmente che «con ogni probabilità il “devono” sarà un müssen e non un sollen (ma il principio trascendentale del müssen è nel sollen trascendentale dell’in-der-Welt-

sein-sollen: onde il müssen sarebbe un sollen vergognoso). In altri

termini: occorre smascherare il principio etico trascendentale del materialismo storico. Il müssen marxiano è un sollen vergognoso, nel senso che ha vergogna del sollen “falso”, “contraddittorio”, ecc. della società borghese»456. Dovere e dovere: müssen e sollen. Il compito analitico di de Martino è proprio quello di compiere uno smascheramento e completare un’intuizione. Se noi liberiamo il sollen vergognoso, il müssen reale, dal sollen falso della società borghese, dobbiamo anche compiere un altro movimento di liberazione, tutto

453K. Marx e F. Engels, L’ideologia tedesca, cit., p. 20. 454

FM, br. 235 p. 429.

interno al materialismo marxiano, ossia la liberazione dalla determinazione eminentemente fisica. Noi dobbiamo ricondurre il

müssen al sollen trascendentale: «senza questo ethos trascendentale

del trascendimento, senza questo principio di intelligibilità, il distacco del “culturale” dal “naturale” – e quindi la storia – restano in generale un mistero, e in particolare la stessa produzione inaugurale della vita in una modalità determinata»457.