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PATTO COMMISSORIO, AUTONOMIA NEGOZIALE E ASCESA DEL PATTO MARCIANO

1. Divieto di patto commissorio e autonomia negoziale: alla ricerca di un delicato equilibrio

1.1. Le alienazioni a scopo di garanzia

Sulla possibilità di una reductio ad unum tra patto commissorio autonomo e alienazione a scopo di garanzia ci siamo già occupati quando abbiamo indagato sulla funzione della convenzione commissoria.

Il problema, adesso, si pone sotto una diversa prospettiva. Ed infatti, a prescindere dal profilo funzionale che si voglia riconoscere al patto commissorio è innegabile che tale meccanismo negoziale chiami in causa la categoria delle alienazioni a scopo garanzia.

In altri termini, quand’anche, come sostenuto dall’orientamento prevalente, si volesse conferire una funzione solutoria o di autotutela esecutiva, la convenzione commissoria si sostanzia in un patto autonomo, eventuale che correda e, dunque, presuppone un’alienazione di garanzia. Da qui, la necessità di indagare sull’ammissibilità di tale figura giuridica.

La validità della vendita a scopo di garanzia rappresenta, senza dubbio, uno dei dibattitti più controversi del nostro ordinamento giuridico tutt’oggi rimasto irrisolto. Nonostante il problema sia stato da sempre attenzionato dalla dottrina, e nonostante il rinnovato interesse da parte della giurisprudenza in conseguenza al correlato tema del divieto di patto commissorio, purtroppo, non si è ancora addivenuti ad una soluzione pacificamente condivisa. Ciò probabilmente è dovuto al fatto che l’argomento in esame non solo coinvolge una serie di istituti particolarmente complessi come il negozio indiretto, i trasferimenti fiduciari e la frode alla legge, ma si intreccia, altresì, con le altrettante controverse questioni ermeneutiche sulla ratio e portata del divieto dell’art. 2744 c.c.104

Tradizionalmente la dottrina ha individuato due ostacoli di carattere dogmatico all’ammissibilità dell’alienazioni de quibus; i) l’inidoneità della funzione di garanzia a “supportare”105, in termini causali, il trasferimento

104 A. Luminoso, La vendita con riscatto, in Comm. Schlesinger, Milano, 1987 p. 224.

105 Secondo la tesi tradizionale e più risalente nel nostro ordinamento le uniche cause legittime di trasferimento possono essere: la causa solvendi, la causa donandi, o credendi. Sull’(in)ammissibilità delle alienazioni a scopo di garanzia, cfr., per tutti, S. Pugliatti, Precisazioni

della proprietà ed ii) il principio di tipicità e numerus clausus dei diritti reali.

In merito al primo profilo, si è osservato che nel nostro sistema lo scopo di garanzia si realizza tramite appositi negozi costitutivi, per l’appunto, di diritti reali di garanzia. Pertanto, il trasferimento di un bene sotteso a tale

obiettivo si traduce nell’adozione di un mezzo eccessivo rispetto al fine106.

In tal modo, inoltre, si verrebbe a configurare un negozio traslativo astratto, inammissibile in un ordinamento come il nostro governato dal principio di necessaria giustificazione degli spostamenti patrimoniali, o, ancora, di una vicenda traslativa causa fiduciae, operazione inaccettabile secondo le più risalenti (ed ormai superate) elaborazioni dottrinali in materia di negozio

fiduciario107. Nel primo caso la nullità dell’alienazione discenderebbe

dall’assenza di causa (nullità strutturale ex art. 1418 c.c.), nel secondo dall’ illiceità della stessa ex art. 1343 c.c.

In realtà, è stato rilevato che l’inidoneità della funzione di garanzia a giustificare causalmente la fattispecie traslativa costituisce una petizione di principio priva di fondamento nel diritto positivo in virtù dell’esistenza di

in tema di vendita a scopo di garanzia, cit., pp. 298 e ss.; Id., Diritto civile. Metodo Teoria Pratica. Saggi, Milano, 1951, pp. 334 ss.

106

Sull’eccedenza del mezzo rispetto allo scopo, nel senso che il risultato giuridico ottenuto mediante la conclusione del contratto eccede il reale intento delle parti, si v. F. Ferrara, Della simulazione dei

negozi giuridici, Roma, 1992, pp. 57 e ss.; F. Santoro – Passerelli, Dottrine generali del diritto civile,

Napoli, 1997, p. 182; N. Nitti, voce Negozio fiduciario, in Novissimo Digesto Italiano, vol. XI, 1965, p.204; V.M. Trimarchi, Negozio fiduciario, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1987, 37, il quale, più precisamente, con riferimento all’alienazione fiduciaria adotta la seguente locuzione paradigmatica “nella fiducia si ha un negozio più forte per raggiungere uno scopo più debole”. 107

La fiducia cum creditore integra un caso emblematico di fattispecie elusiva del divieto di patto commissorio e, pertanto, nulla ex art. 1344 c.c. Per l’orientamento più arcaico il negozio fiduciario, non potrebbe avere cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico in quanto contrastante con il principio di perpetuità della proprietà (si v.S.Pugliatti, Fiducia e rappresentanza indiretta, in Diritto

civile. Saggi, pp. 201e ss.) e giacché si configurerebbe alla stregua di un negozio astratto.

L’operazione posta in essere dalle parti, infatti, risulterebbe avere una causa diversa rispetto a quella prevista dalla legge con conseguente nullità per assenza causa. In altri termini, la causa fiduciae si risolverebbe in un’inammissibile astrazione parziale dalla causa del negozio tipico. Cfr. F. Santoro- Passerelli, Dottrine generali del diritto civile, cit., p. 180.

una serie di figure negoziali tipiche con indubbio profilo causale di garanzia (si vedano; il pegno di crediti, art. 2800 c.c., il pegno irregolare art. 2803, cessione pro solvendo art. 1198 c.c.) che non si sostanziano in negozio fiduciario e la cui ammissibilità non è mai stata messa in discussione. Alla luce di un’analisi sistematica non pare, dunque, irragionevole ritenere che la causa di garanzia abbia raggiunto “la dignità

di figura negoziale autonoma”, come tale idonea a supportare anche le

vicende traslative senza dover scomodare la controversa categoria del

negozio fiduciario108. A ciò si aggiunge che la presunta insufficienza della

funzione di garanzia a sottendere operazioni traslative si traduce in un ingiustificato limite all’autonomia negoziale giacché l’art. 1322 c.c.

richiede solo la meritevolezza degli interessi perseguiti. 109

Quanto, invece, alla violazione del principio di tipicità e numero chiuso dei diritti reali110 si è sostenuto che l’alienazione in esame creerebbe un diritto

dominicale temporaneo, precario, funzionalmente collegato

all’adempimento o inadempimento del debitore e, pertanto, fortemente limitativo dei poteri di godimento e di facoltà tipicamente riconosciuti al proprietario ex art. 832 c.c. Di contro, è stato prontamente obiettato che è

108

In tale direzione, si v. F. Anelli, L’alienazione in funzione di garanzia, cit., p. 210, il quale occupandosi più precisamente della cessione dei crediti a scopo di garanzia rileva come per l’orientamento dominante è ormai implicitamente o esplicitamente “ammessa l’autonoma rilevanza

e meritevolezza della causa di garanzia”.

109 Cfr. N. Cipriani, Patto commissorio e patto marciano, cit., p. 80.

110 Si v. S. Pugliatti, Scritti giuridici, III, 1947-1957, Diritto civile. Metodo- teoria- pratica. Saggi., Milano, 2010, p. 516. In particolare, l’Autore muove dall’assunto che l’alienazione con funzione di garanzia si può configurare o come negozio traslativo o come negozio costitutivo di garanzia. Nel primo caso “l’innesto della funzione di garanzia influisce sugli effetti del trasferimento, e trasforma la proprietà in proprietà fiduciaria”, nel secondo “l’investitura nella proprietà prodotta dal negozio traslativo, trasforma la garanzia (reale) pura in una garanzia più intensa” venendosi, così, a creare “alternativamente o contemporaneamente: una proprietà attenuata o una garanzia rafforzata, figure di diritti reali entrambe ignote al nostro ordinamento positivo”. L’inammissibilità delle alienazione a scopo di garanzia discenderebbe, pertanto, dalla circostanza che la stessa darebbe “luogo a due nuove figure di diritti reali, non riconosciute dall’ordinamento positivo, le quali sono poste tra loro in relazione tale per cui si influenzano a vicenda, snaturandosi correlativamente” (corsivo aggiunto).

lo stesso ordinamento ad ammettere tali limitazioni ove riconosce, in generale, la possibilità di apporre ad un negozio traslativo una condizione sospensiva o risolutiva che ne determina una relativa precarietà sul piano

effettuale111. Non manca, inoltre, chi112 autorevolmente evidenzia che

l’effetto traslativo è una vicenda di una situazione giuridica soggettiva che non altera il contenuto, bensì il rapporto che intercorre tra il soggetto e la situazione medesima. In sostanza, ciò che muta non è la situazione trasferita, ma il relativo titolare. Orbene, la titolarità può essere piena ovvero limitata da un punto di vista temporale, strutturale o funzionale. In quest’ultimo caso i poteri e le facoltà del titolare saranno ridimensionati senza che possa, tuttavia, ritenersi che la situazione giuridica abbia subito una modifica nel suo contenuto. La differenza tra titolarità definitiva e temporanea dipende dalla causa adquirendi e, non già, dalla situazione in sé considerata113.

Infine, com’è stato anticipato in precedenza, il principio di tipicità e numero chiuso dei diritti reali non rappresenta più, ad oggi, un dogma intangibile, ma una regola tramontata essendo, ormai, ammesse delle note di atipicità del diritto dominicale che, senza snaturarne l’essenza, consentono di sfruttare la vocazione economica della proprietà.

Diversamente dalla dottrina, la giurisprudenza non ha mai preso posizione

expressis verbis in merito all’ammissibilità della alienazioni a scopo di

garanzia giacché quando si è occupata della questione non si è mai pronunciata sulla invalidità di tale figura negoziale ex se, ma solo quale

111 Cfr. G. D’Amico, Alienazioni a scopo di garanzia, cit., p. 587; D. Giglio, Il divieto del patto

commissorio ed il problema delle alienazioni in funzione della garanzia, alla luce delle novità introdotte dal D.L. 3 Maggio 2016 n. 59, cit., p. 201.

112 Cfr. N. Cipriani, Patto commissorio e patto marciano, cit., p. 82.

113 Nello stesso senso (in aggiunta a N. Cipriani, Patto commissorio e patto marciano, cit., p.82), cfr. P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, II ed., Napoli, 1991, pp. 283 e ss.

strumento elusivo del divieto di patto commissorio.

L’evoluzione giurisprudenziale sul punto può essere sinteticamente suddivisa in due fasi e, per la ragione anzidetta, va di pari passo con quella in materia di divieto di patto commissorio. In un primo momento, come

illustrato nei paragrafi che precedono, i giudici di legittimità114

distinguevano tra alienazioni sospensivamente condizionate, senz’altro invalide in quanto integranti un mutuo con patto commissorio, e vendite risolutivamente condizionate, valide atteso che l’immediatezza dell’effetto traslativo, secondo l’impostazione tradizionale, consentiva di superare il giudizio di illiceità sotteso all’alienazione commissoria. Ne conseguiva che la nullità della alienazioni sospensivamente condizionate discendeva dalla configurazione di un negozio in frode alla legge in base al combinato disposto degli artt. 1344 c.c. e 2744 c.c. Diversamente, i trasferimenti in funzione di garanzia immediatamente traslativi transitavano nell’area dell’invalidità solo ove simulassero una vendita sospensivamente condizionata. Tuttavia, come già precisato a suo tempo, non si deve incorrere nell’errore di ritenere che la validità delle alienazioni immediatamente traslative, ma risolutivamente condizionate si traducesse, da parte della giurisprudenza, in una generale ammissibilità delle alienazioni a scopo di garanzia. I giudici di legittimità hanno, infatti, da sempre manifestato una considerevole diffidenza verso tale categoria negoziale giustificando la legittimità delle alienazioni immediatamente traslative mediante una relegazione della garanzia su un piano meramente economico ovvero conferendo all’operazione la veste legale della vendita con patto di riscatto.

A seguito della svolta giurisprudenziale segnata dalle pronunce del 1983 e del 1989, cui supra, viene meno l’anzidetta distinzione e l’indagine si sposta sul profilo funzionale. L’accertamento della causa “in concreto”, diviene, così, la ratio decidendi comune a tutte le pronunce della Suprema Corte chiamata a valutare l’ammissibilità di operazioni negoziali che corrono pericolosamente lungo i confini dell’alienazione commissoria. Come osservato, le vendite a scopo di garanzia, siano esse sospensivamente o risolutivamente condizionate, sono nulle ogniqualvolta lo scopo concretamente perseguito dalle parti si identifica con il risultato vietato ex art. 2744 c.c. Ecco, quindi, che la giurisprudenza di legittimità, lungi dal decretare la nullità ex se delle alienazioni de quibus, ricorrono allo strumento della frode alla legge, ovvero, dell’illiceità della causa.

Se quanto appena detto è vero, non va, tuttavia, sottaciuta l’ormai consolidata tendenza giurisprudenziale a far salve quelle alienazioni con causa di garanzia qualora integrino schemi negoziali che escludono qualsiasi sopraffazione a danno del debitore, prima fra tutte, la convenzione marciana. Quest’ultima, infatti, come si avrà modo di vedere più avanti, riporta la funzione di garanzia entro i limiti consentiti dalla legge (in virtù della clausola di proporzionalità e conseguente obbligo di restituzione dell’eccedenza) così che l’alienazione sottesa a tale fine non viola più in

ogni caso il divieto di patto commissorio, ma solo ove determini una

sproporzione a carico del debitore confermando, in tal modo, l’effettiva

ratio del divieto115. Tale ultimo assunto sembra, altresì, trovare conferma negli ultimi arresti normativi come dimostra il nuovo art. 48 bis del

115 In tale direzione si v. C. De Menech, Il patto marciano e gli incerti confini del divieto di patto

T.U.B116 il quale, in materia di contratti di finanziamento, ha espressamente tipizzato una fattispecie di alienazione a scopo di garanzia corredata da un congegno marciano. In maniera parzialmente analoga e nei limiti che si avrà modo di precisare, lo stesso può dirsi anche riguardo alla disciplina in materia di contratti di garanzia finanziaria secondo la definizione di cui all’art. 1 lett. d) del D. Lgs. 170/2004117.