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Alla ricerca del 'modello': presenze patristiche varie

L'ORGANIZZAZIONE DEL PENSIERO: AMBROGIO

I. Alla ricerca del 'modello': presenze patristiche varie

Nella storia degli studi su Orienzio, una modesta attenzione è stata riservata al problema dei 'modelli' su cui il vescovo costruisce il suo Commonitorium. La ripresa di materiale letterario dagli autori classici (Ennio, Cicerone, Lucrezio, Catullo, Calpurnio, Virgilio, Orazio, Ovidio, Seneca, Silio, Plinio, Persio176) è comprensibile se si valuta il fatto che “nei primi decenni del V secolo la Gallia gode di una grande fioritura letteraria: […] una quantità di scrittori di tutto rispetto sta a significare il livello e l'importanza lì assunti dalle lettere, espressione di un'aristocrazia molto forte di proprietari terrieri, le cui ambizioni culturali trovano riscontro e fondamento in un'ottima organizzazione scolastica”177. La conoscenza della letteratura classica, quindi, è presupposta dalla

carriera scolastica degli autori galloromani, donde le citazioni di opere pagane non sorprendono in quanto espressione di un fenomeno culturale all'insegna della continuità; piuttosto è opportuno chiedersi verso quali autori cristiani si sia orientata la scelta di Orienzio: quale autore, cioè, sia stato il suo 'modello pastorale-culturale' di riferimento.

Un rapido richiamo alla storia degli studi

A riguardo bisogna richiamare i contribuiti degli studiosi.

) Bellanger dedica il c. III della seconda parte della sua opera a “La compoistion et le

style”178: all'interno di una riflessione su stilemi e tecniche compositive, figurano citazioni di

Virgilio, Lucrezio, Prudenzio, Ausonio, Sedulio, Prospero senza una valutazione organica sulle fonti. Questa, invece, compare nel c. II della terza parte “Sources de ses idées”179:

seguendo alcune linee teologiche presenti nel Commonitorium, Bellanger individua la matrice evangelica o paolina o apocalittica o agostiniana o prudenziana.

) La Tobin si limita ad un'elencazione generica delle fonti non bibliche, in cui concentra autori

classici e cristiani: tra questi ultimi figurano – con riferimento al De vitiis – Girolamo, Giovenco, Minucio Felice180.

) Rapisarda, nella prima edizione, inserisce, tra la bibliografia, una sezione dedicata a “i

176 Sono solo alcune delle principali voci riportate nella tabella 'Non-Biblical sources' in TOBIN 1945, pp. 13-22. 177 SIMONETTI 2006a, p. 125.

178 BELLANGER 1902, pp.180-203. 179 Op. cit., pp. 262-275.

modelli e le fonti”181: gli articoli qui citati vertono esclusivamente sul rapporto tra Orienzio

e Lattanzio182.

) Sciuto indaga sulla presenza di Tertulliano nel poema orienziano183.

) La Bianco, dopo aver indagato sui rapporti del Commonitorium con altre opere coeve o,

comunque, che presentano il riflesso delle invasioni in Gallia184, si concentra su tracce

semipelagiane ed echi dei dibattiti teologici provenzali in Orienzio185.

) Adkin dedica uno studio alle citazioni geronimiane presenti in alcuni punti del Commonitorium186: il suo contributo è molto importante perché mette in luce tutte le presenze di Girolamo (attinte in gran parte da de verginitate servanda e Vita Pauli) soprattutto nella sezione de luxuria.

) Cutino affronta in maniera diretta il problema dei 'modelli', senza ricorrere ad un'elencazione

priva di argomentazione, come, invece, hanno fatto i precedenti. Lo studioso, dopo aver messo in luce l'affinità del contesto ascetico tra il Commonitorium e il De contemptu mundi di Eucherio di Lione187, concentra la sua attenzione su due testi: Pelag., epist. ad Demetr. 28188, già segnalata da Rapisarda189 e su cui già si era soffermata la Bianco190; Paul. Nol., espist. 8,3, del quale sottolinea la fondamentale importanza, essendo – a suo dire - “il primo

esempio di protrettico alla conversione”191.

E' altamente significativa l'osservazione di Cutino, che propone il testo di Paolino quale fonte del

Commonitorium. Scrive, infatti, il Nolano rivolgendosi a Licenzio, anch'egli di scuola agostiniana: Hoc tamen et repetens iterumque iterumque monebo,

ut fugias durae lubrica militae.

Blandum nomen honos, mala servitus, exitus ager, quem nunc velle iuvat, mox voluisse piget.

181 RAPISARDA 1958, pp. 75-76.

182 Tobin riconosce la presenza di Lact., Div. Inst. 6,24,1ss in 1,404 e di Opif. 7,6 in 2,305 (cfr. TOBIN 1945, p. 16); Rapisarda di Div. Inst. 6,4,3-10 in 1,1-4; 7,5,16-18 in 1,43-58; 7,6,1 in 1,59-64; 6,1,5-6 in 1,65-70; di Opif. 7,6 in 2,305 (cfr. RAPISARDA 1970, in apparato rispettivamente a pp. 22, 24, 26, 90). Si è ritenuto non soffermarsi sul presente aspetto perché, per buona parte, le presenze lattanziane segnalate non ineriscono al De vitiis. La loro presenza, infatti, è spiegabile con la pur presente esigenza di Orienzio di appoggiarsi ad un'elaborazione teologica che non fosse esclusivamente d'impianto morale, come, invece, risulterà la 'base' fornitagli da Ambrogio, di cui si dirà in seguito.

183 SCIUTO 1959a, pp. 415ss.; SCIUTO 1959b, pp. 25ss. 184 RAPISARDA 1970, p. 74; BIANCO 1987, pp. 44-48. 185 BIANCO 1987, pp. 48-53.

186 ADKIN 1994, pp. 165ss. 187 CUTINO 2006, pp. 319-322. 188 Art. cit., pp. 329-330.

189 RAPISARDA 1970, p. 74 (in apparato). 190 BIANCO 1987, pp. 50-51.

Scandere celsa iuvat, tremor est descendere celsis. Si titubes, summa peius ab arce cades.

Nunc tibi falsa placent bona, nunc rapit omnibus auris ambitus et vitreo fert cava fama sinu.

[…] Quid retrahis fera colla iugo? 'Mea sarcina levis, suave iugum' Christi est vox pia, crede deo

et caput adde iugis, da mollibus ora capistris demissoque levi subde humeros oneri.

Nunc potes hoc, dum liber agis, dum nulla retentant vincula, nulla tori cura nec altus honos192.

Per Cutino, l'invito che Paolino pone a Licenzio circa il rifiuto dei “falsi valori del mondo” è fondato “su una radicale scelta di campo che prevede la rinunzia ai valori mondani e l'adesione integrale alla sapientia Christi”193. Il messaggio culturale alla base dell'epistola di Paolino è lo stesso, invero, che è a fondamento del progetto compositivo di Orienzio, il quale, però, a livello ideologico si esprime “manifestando quasi un atteggiamento 'sincretistico'”194; a livello di forme del

testo, opta per una variazione: “Rispetto al modello paoliniano, Orienzio sul piano formale innova conferendo all'epistola protrettica alla conversione lo statuto di poema didascalico, mantenendo però come metro il distico elegiaco”195. La riflessione condotta da Cutino, quindi, non solo ha il

merito di rappresentare un punto di svolta nella storia degli studi: si passa, finalmente, dalla semplice elencazione di fonti alla valutazione, di più ampio respiro, del 'modello' che possa esser stato alla base dell'intero progetto compositivo di Orienzio. In tale prospettiva, poi, viene proposta una fondata ipotesi che rimanda a Paolino. Questa ipotesi chiarisce bene sia l'intuizione che anche il vescovo guascone ebbe quando decise di affidare ai versi il contenuto della sua predicazione sia la scelta, compiuta da Orienzio, di offrire “una più blanda proposizione della dicotomia sapientia

Christi/sapientia mundi […] al fine di rendere più accessibile da perseguire l'ideale proposto”,

rispetto alla rappresentazione paoliniana della “discontinuità del cristianesimo sul piano etico rispetto alla sapienza profana”196, tuttavia non è esauriente.

192 Paul. Nol., epist. 8, 11-18. 27-32. 193 CUTINO 2006, pp. 346-437.

194 Art. cit., p. 349. Sulle ragioni del 'sincretismo': “... rispetto a Paolino, che mette in evidenza la discontinuità del cristianesimo sul piano etico rispetto alla sapienza profana, egli [ndr: Orienzio] sembra insistere meno sullo specifico del cristianesimo, evidentemente per rendere più accessibile da perseguire l'ideale proposto. Ciò si nota soprattutto nel ruolo conferito dal poeta ad un argomento parenetico come la perfetta rispondenza della fede cristiana a norme già codificate nell'intimo dell'uomo – la percezione innata di Dio principio dell'universo e della legge morale- ed operanti in tutte le epoche storiche” (Ibid.).

195 Art. cit.. p. 348. 196 Ibid.

Osservazioni sicuramente importanti quelle finora presentate, sì, ma il modello ideologico-pastorale propongo sia da ricercare in un altro Autore, il cui carisma e il cui ministero lo hanno portato ad agire quale vero e proprio protagonista dell'orbe tardoantico occidentale. A tali caratteristiche risponde Ambrogio, pastore della diocesi milanese: per quanto non sia emerso dagli studi finora condotti, l'impianto del Commontorium – e più specificatamente del De vitiis – non solo appare strutturato su tematiche tipiche della predicazione ambrosiana, ma sembra, inoltre, manifestare finanche lo stesso orientamento pastorale che Ambrogio seppe dare alla chiesa milanese. Urge, pertanto, dapprima render ragione della misura in cui le tematiche del De vitiis siano nutrite dal magistero del vescovo milanese; in un secondo momento, quindi, interrogarsi su perché proprio Ambrogio sia stato assurto a modello da Orienzio.